Il non vedente benestante non ha diritto alla pensione di invalidità

Il diritto dei ciechi civili al trattamento pensionistico di invalidità previsto dalla l. n. 66/1962 recante Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili , che assolve una funzione assistenziale, è subordinato alla sussistenza di uno stato di bisogno, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite reddituale previsto dalla legge.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7151, depositata il 9 aprile 2015. Il caso. La Corte d’appello di Salerno, confermando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di un lavoratore non vedente diretta ad ottenere il ripristino del trattamento pensionistico di invalidità di cui alla l. n. 66/1962 c.d. pensione non reversibile , sospeso dall’INPS a seguito della sua assunzione come centralinista e del conseguente superamento dei limiti di reddito previsti per la relativa erogazione. I Giudici di merito ritenevano applicabili alla fattispecie gli artt. 8, comma 1 bis , l. n. 638/1983 e 68 l. n. 153/1969 a mente dei quali, per i soggetti affetti da cecità totale che abbiano riacquistato una capacità di guadagno ed un reddito da lavoro anche alto , non opera la perdita del trattamento pensionistico, poiché il requisito reddituale di cui all’art. 6 l. n. 638/1983 si riferisce esclusivamente al diritto alla integrazione del minimo della pensione medesima. Contro tale pronuncia l’Istituto ricorreva alla Corte di Cassazione, formulando un unico ed articolato motivo. La pensione non reversibile ha natura assistenziale. In particolare, ad avviso dell’Istituto, la deroga introdotta dalle disposizioni cui i Giudici di merito avevano fatto riferimento riguarda esclusivamente la pensione di invalidità a carico dell’A.G.O. ovvero quella spettante ai non vedenti che, nonostante l’invalidità, abbiano svolto attività lavorativa e versato la relativa contribuzione e non, attesa la sua natura assistenziale, una prestazione quale la pensione non reversibile per i non vedenti di cui alla l. n. 66/1962. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso decidendo nel merito la controversia. Se il non vedente lavora non ha diritto alla pensione non reversibile. Ed infatti, ad avviso della Corte, il diritto dei ciechi civili alla pensione non reversibile è tuttora subordinato - diversamente da quanto previsto per l’indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti - alla sussistenza di uno stato di bisogno , individuato nella titolarità di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito per le persone fisiche di ammontare inferiore ad una determinata soglia nello stesso senso, Cass. nn. 24192/2013 14811/2001 10335/2000 . Ciò in quanto, ad avviso della Corte, la pensione non reversibile rientra tra le prestazioni assistenziali di cui al comma 1 dell’art 38 Cost In questo contesto, prosegue la Cassazione, non sono applicabili le norme - pure utilizzate dai Giudici di merito – dettate per la pensione di invalidità erogata dall’INPS che consentono, attesa la sua natura previdenziale, l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione il cui fondamento deve rinvenirsi nel secondo comma dell’art. 38 Cost. e tese a favorire il reinserimento del pensionato non vedente nel mondo del lavoro nello stesso senso Cass. nn. 24026/2014 24022/2014 24011/2014 24003/2014 8752/2014 . Alla luce di quanto sopra, la Corte, richiamando un orientamento da lei stessa definito consolidato , conclude ribadendo come, rispetto alla pensione non reversibile, non possano trovare applicazione le norme riferite dai Giudici di merito relative, appunto, alla pensione di invalidità a carico dell’INPS , in quanto queste ultime presuppongono un rapporto contributivo ed hanno quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 gennaio – 9 aprile 2015, numero 7151 Presidente Coletti De Cesare – Relatore De Marinis Svolgimento del processo Con sentenza del 16 febbraio 2009, la Corte d'Appello di Salerno, confermava la decisione con cui il Tribunale di Vallo Della Lucania, in accoglimento della domanda proposta da L.M. nei confronti dell'INPS, volta ad ottenere, in quanto non vedente, il riconoscimento del diritto al ripristino del trattamento pensionistico di invalidità sospeso dall'Istituto, a seguito della sua assunzione come centralinista, a motivo del superamento dei limiti di reddito da lavoro previsti dalla legge, dichiarava sussistere il diritto a pensione senza integrazione al minimo e condannava l'Istituto al pagamento dei ratei maturati a decorrere dal 28.9.1994, oltre interessi. La decisione della Corte territoriale discende dalla ritenuta applicabilità alla fattispecie dell'art. 8, comma 1 bis, l. numero 638/1983 e della norma di cui all'art. 68, 1. numero 153/1969, ivi richiamata, che, con riferimento ai soggetti affetti da cecità totale, stabilisce che il riacquisto di una capacità di guadagno, nonché di un reddito da lavoro anche alto, non comporta la perdita della pensione, operando il requisito reddituale di cui all'art. 6 1. numero 638/1983 con esclusivo riferimento al diritto all'integrazione al minimo della pensione medesima. Per la cassazione di tale decisione ricorre l'INPS, affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso il M. Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione I due motivi cui l'INPS affida l'impugnazione proposta sono entrambi intesi a censurare l'unica statuizione resa dalla Corte territoriale sulla base di un percorso argomentativo articolato su due proposizioni, la prima, secondo cui la deroga, introdotta per i non vedenti dal combinato disposto degli artt. 6 e 8 1. numero 638/1983 e dell'art. 68 1. numero 153/1969, alla regola generale della non cumulabilità della pensione di invalidità con il reddito da lavoro riguarda esclusivamente la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria ovvero quella spettante ai non vedenti che, nonostante la grave menomazione invalidante hanno svolto attività lavorativa e versato i relativi contributi previdenziali e non una prestazione di natura assistenziale quale la pensione in favore dei ciechi civili prevista dalla legge 10 febbraio 1962, numero 66 la seconda, per la quale se, ai sensi dell'art. 6 d.l. numero 30/1974 convertito dalla legge 114/1974 e successivamente dell'art. 14 septies d.l. numero 663/1979 convertito dalla legge numero 33/1980, il diritto dei ciechi civili alla pensione reversibile è rimasto subordinato alla sussistenza di uno stato di bisogno quale individuato dall'art. 5 1. numero 382/1970 non è possibile estendere la deroga di cui sopra essendo questa finalizzata a consentire al pensionato di invalidità a carico dell'a.g.o. di conservare, la pensione già ottenuta in virtù del versamento dei contributi assicurativi nell'ipotesi di svolgimento di un'attività lavorativa, proposizioni cui corrispondono i formulati motivi appunto intesi a denunciare, il primo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 1. numero 638/1983 e dell'art. 68 1. numero 153/1969 in relazione all'art 12 delle preleggi, il secondo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge 10 febbraio 1962, numero 66 in relazione all'art. 5 1. numero 382/1970 e all'art. 14 septies d.l. numero 663/1979 convertito dalla legge numero 33/1980, come interpretato dalla legge numero 600/1984. Entrambi i motivi, che, per quanto detto, è qui opportuno trattare congiuntamente, devono ritenersi fondati Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile avente una funzione assistenziale , introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 numero 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'art. 5 della legge numero 382 del 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche di un ammontare inferiore a un certo limite art. 6 D.L. numero 30 del 1974, convertito dalla legge numero 114 del 1974, e poi art. 14 septies del D.L. numero 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge numero 33 del 1980 , Cass. numero 10335\00, Cass. numero 14811\O1, Cass. numero 24192\13. In tale ultima pronuncia è stato evidenziato che la pensione non reversibile avente natura assistenziale per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, numero 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, numero 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, numero 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, numero 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, numero 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi avente natura previdenziale che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica. Nello stesso Cass. numero 8752\14, Cass. ord. nnumero 24003-2401 1\14, nnumero 24022-24026\14, sicché il principio può dirsi consolidato. In tali ultime pronunce la Corte ha ribadito, valorizzando la natura di prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi assoluti, che ad essa non possono applicarsi le disposizioni, quali la L. numero 153 del 1969, art. 68 come, del resto, quella di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, numero 636, art. 10, comma 2 e il D.L. numero 463 del 1983, art. 8, comma 1 bis, dettate nella materia delle prestazioni previdenziali erogate dall'I.N.P.S. ed a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, in quanto presuppongono un rapporto contributivo in particolare il R.D.L. numero 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi ed hanno quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa. 4.-Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dal M Le alterne fasi del giudizio ed il solo recente stabilizzarsi dell'orientamento di legittimità, consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal M. in primo grado. Compensa le spese dell'intero processo.