Gestione anomala del ‘Fondo cassa’ dell’ufficio postale: niente licenziamento

Acclarata la condotta tenuta dalla dipendente, in qualità di reggente dell’ufficio. Ma essa è valutabile solo come illecito disciplinare, non di gravità tale da giustificare la perdita del posto di lavoro.

‘Fondo cassa’ gestito in maniera anomala dalla reggente dell’ufficio postale di un piccolo paese siciliano. Addebito assolutamente non contestabile, e che, però, non può condurre all’estremo provvedimento del licenziamento. Vittoria per la dipendente, quindi, che conserva il proprio posto di lavoro Cass., sentenza n. 3917/2015, Sezione Lavoro, depositata oggi . Negligenza. Chiarissima la contestazione mossa da ‘Poste Italiane’ nei confronti della dipendente quest’ultima, in qualità di reggente dell’ufficio , ha redatto un rendiconto irregolare di esborsi per poco più di 700 euro . Ciò legittima, secondo i vertici aziendali, l’allontanamento definitivo della lavoratrice. Di avviso opposto, invece, i giudici di merito, i quali sanciscono l’illegittimità del licenziamento, ritenendo la condotta della dipendente non di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro . E tale valutazione viene ritenuta corretta ora dai giudici della Cassazione, i quali, respingendo le obiezioni mosse da ‘Poste Italiane’, ‘salvano’ definitivamente il posto di lavoro della donna. Decisivo è il ‘peso specifico’ riconosciuto all’azione compiuta dalla lavoratrice. In sostanza, la contestazione disciplinare , da parte dell’azienda, di una anomala gestione del ‘Fondo cassa’ ha rivelato, sostengono i giudici del ‘Palazzaccio’, soltanto una negligenza di carattere contabile, non trasmodante nella sfera dell’illecito doloso . Di conseguenza, si può parlare sì di illecito disciplinare , ma esso, concludono i giudici, non giustificava la sanzione espulsiva .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 dicembre 2014 – 26 febbraio 215, n. 3917 Presidente/Relatore Roselli Svolgimento del processo Con ricorso del 4 febbraio 2010 al Tribunale di Trapani M.F. esponeva di essere stata licenziata il 31 luglio 2009 dalla datrice di lavoro s.p.a. Poste italiane con l'addebito di avere redatto, quale reggente dell'Ufficio di San Vito Lo Capo, un rendiconto irregolare di esborsi per poco più di settecento euro, documentando spese per prodotti e servizi estranei alle esigenze aziendali. La F. chiedeva dichiararsi l'illegittimità del licenziamento poiché il detto rendiconto concerneva spese effettuate realmente nell'interesse dell'ufficio, ancorché prive di documentazione fiscale. Costituitasi la convenuta, il Tribunale accoglieva la domanda e la decisione veniva confermata con sentenza del 12 ottobre 2011 dalla Corte d'appello di Palermo, la quale escludeva la realizzazione della fattispecie prevista dall'art. 56 c.c.n.l. di settore, che comminava il licenziamento per illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di spettanza o di pertinenza della Società di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro e richiedeva così un comportamento doloso. La sola contestazione disciplinare di anomala gestione/utilizzo del fondo cassa rivelava soltanto una negligenza di carattere contabile non trasmodante nella sfera dell'illecito doloso e perciò, pur potendo essere qualificata come illecito disciplinare, non giustificava la sanzione espulsiva. Contro questa sentenza ricorre per cassazione la s.p.a. Poste it. mentre la F. resiste con controricorso. Memoria della ricorrente. Motivi della decisione Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per ultra - o extrappetizione, poiché la lavoratrice aveva lamentato, nell'atto introduttivo e nel corso del processo, la non giustificazione del licenziamento per assenza dell'intento appropriativo o distrattivo, mentre la Corte d`appello avrebbe accolto la domanda per genericità della contestazione disciplinare, così immutando la causa etn endi. Col secondo motivo essa prospetta la violazione dell'ari. 7 1. n. 300 del 1970, 1362, 1175, 1375 cod. civ., attribuendo ancora alla Corte di merito una censura di illegittimità del licenziamento per difetto di specificità della contestazione e riproducendo col mezzo fotografico atti processual4, 2 documenti attinenti alla fattispecie sostanziale. Detta riproduzione è inammissibile in quanto estranea al contenuto dei due connessi motivi. Questi sono a loro volta inammissibili perché non colpiscono la decisione di merito, la quale ha ritenuto illegittimo il licenziamento perché sproporzionato rispetto all'illecito disciplinare accertato, espressivo di negligenza contabile , ossia non caratterizzato dal dolo richiesto dall'ari 56 del c.c.n.l. ratio decidendi non è perciò la genericità della contestazione. Rigettato il ricorso, le spese possono essere compensate, per l'incertezza della lite quando essa fu iniziata, trattandosi di illecito oggettivamente esistente, ancorché rivelatosi colposo invece che doloso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.