L’indennità sostitutiva della reintegrazione è dovuta fino all’estinzione del rapporto di lavoro

In caso di licenziamento illegittimo, ove il lavoratore opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 18 della l. n. 300/1970, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la l. n. 92/2012, il rapporto di lavoro si estingue con l’esercizio di tale opzione e non con il pagamento dell’indennità sostitutiva, sicché l’indennità compete al lavoratore solo fino al momento dell’esercizio dell’azione.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3237, depositata il 18 febbraio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, revocava il decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro, per il pagamento di somme a titolo di indennità sostitutiva della reintegra, per la quale il lavoratore, illegittimamente licenziato, aveva optato ex art. 18, comma 5, dello Statuto dei lavoratori. Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore, con il quale solleva la questione inerente l’eventuale persistenza dell’obbligo datoriale retributivo, in caos di esercizio dell’opzione ex art. 18, comma, 5 della l. n. 300/1970, fino al momento di effettivo pagamento dell’indennità medesima. Indennità sostitutiva della reintegrazione. Tale questione, a lungo dibattuta nella giurisprudenza di legittimità, è stata risolta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno affermato che in caso di licenziamento illegittimo, ove il lavoratore, nel regime della c.d. tutela reale, opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 18 della l. n. 300/1970, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la l. n. 92/2012, il rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di tale scelta, si estingue senza che debba intervenire il pagamento dell’indennità stessa e senza che permanga alcun obbligo retributivo . Il Collegio ha, pertanto, deciso di dare continuità a tale principio, al quale tra l’altro si è correttamente attenuta anche la sentenza impugnata. Per tale ragione, la S.C. ha rigettato il ricorso e, data la particolarità della questione, ha compensato le spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 ottobre 2014 – 18 febbraio 2015, n. 3237 Presidente Lamorgese – Relatore Buffa 1. Con sentenza 14/7/2010, la corte d'appello di Roma, in riforma della sentenza del 5/10/2006 del tribunale della stessa sede, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto -nei confronti di Rete ferroviaria italiana s.p.a.- da S.G., per il pagamento di somme a titolo di indennità sostitutiva della reintegra, per la quale il lavoratore, illegittimamente licenziato, aveva optato ex art. 18, co. 5, stat. lav. 2. In particolare, mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto che il rapporto di lavoro fosse continuato fino al giorno dell'effettiva corresponsione dell'indennità sostitutiva ed aveva accordato conseguentemente il pagamento di tutte le retribuzioni maturate e non percepite nell'intervallo di tempo intercorso tra la data di esercizio dell'opzione e quella di effettivo pagamento dell'indennità sostitutiva della reintegra, la corte territoriale ha affermato che il rapporto di lavoro doveva considerarsi risolto con l'esercizio del diritto di opzione e non già con il pagamento dell'indennità sostitutiva, sicché l'indennità competeva al lavoratore solo fino al momento dell'esercizio dell'opzione. 3. Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore con un motivo, cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, il datore. 4. Con unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1285, 1286 e 1287 c.c. nonché 18 1. 300/1970, per aver trascurato che la struttura dell'art. 18 è molto diversa dallo schema legale dell'obbligazione alternativa, essendo oggetto dell'obbligo datoriale unicamente la reintegrazione del dipendente illegittimamente licenziato e venendo meno tale obbligo solo con il pagamento effettivo dell'opzione. 5. La controversia ha ad oggetto la questione dell'eventuale persistenza dell'obbligo datoriale retributivo, in caso di esercizio dell'opzione ex art. 18 co. 5 stat. lav., fino al momento di effettivo pagamento dell'indennità medesima. Tale questione, a lungo dibattuta anche nella giurisprudenza di legittimità, che era pervenuto, ad esiti opposti tra le tante, da un lato Cass. n. 15869 del 2012 Rv. 624341, n. 16228 del 2012 Rv. 626235, n. 1810 del 2013 Rv. 625431 e, dall'altro lato, Cass. n. 6342 del 2009 Rv. 607435, n. 24199 del 2009 Rv. 610915, n. 20420 del 2012 Rv. 624854 , è stata oggi risolta dalle sezioni unite di questa Corte. 6. Queste, con sentenze n. 18353 e 18354 del 27/08/2014 Rv. 631789-631790 , hanno affermato che, in caso di licenziamento illegittimo, ove il lavoratore, nel regime della cosiddetta tutela reale nella specie, quello, applicabile ratione temporis , previsto dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la legge 28 giugno 2012, n. 92 , opti per l'indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 18, quinto comma, cit., il rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di tale scelta, si estingue senza che debba intervenire i1 pagamento dell'indennità stessa e senza che permanga - per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro - alcun obbligo retributivo. Ne consegue che l'obbligo avente ad oggetto il pagamento della suddetta indennità è soggetto alla disciplina della mora debendi in caso di inadempimento, o ritardo nell'adempimento, delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, con applicazione dell'art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., salva la prova, di cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore. 7. A tale principio, al quale va data continuità, si è attenuta la sentenza impugnata, sicché il ricorso deve essere rigettato. 8. La particolarità della questione, che ha dato luogo ad un contrasto di giurisprudenza anche in sede di legittimità, dà ragione della compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio dei 15 ottobre 2014.