Cerca aiuto prima nello Statuto, poi nel codice civile, ma la domanda di risarcimento non cambia

Nell’ipotesi in cui il risarcimento del danno da licenziamento illegittimo venga richiesto, nel ricorso introduttivo e nelle conclusioni di primo grado, sulla base dell’art. 18 l. n. 300/1970 e successivamente, in sede di appello, sulla base della disciplina di diritto comune, ai sensi degli artt. 1218 e 1453 c.c., non si verifica alcun mutamento della causa petendi, poiché la ragione della domanda si basa in entrambi i casi sull’illegittimità del licenziamento.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3120, depositata il 17 febbraio 2015. Il caso. Il tribunale di Roma dichiarava illegittimo un licenziamento e accoglieva, quindi, la domanda di un lavoratore, che aveva fatto riserva di agire in separata sede per la reintegra ed il risarcimento del danno. Questa sentenza diveniva definitiva. Nel successivo giudizio per il risarcimento dei danni, la Corte d’appello di Roma rigettava la domanda del lavoratore, ritenendo inapplicabile l’art. 18 Statuto dei Lavoratori nei confronti dei lavoratori ultrasessantenni ed in possesso dei requisiti pensionistici, che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto alle condizioni di legge, ai sensi dell’art. 4, comma 2, l. n. 108/1990. Questa era la condizione dell’attore. Inoltre, la domanda veniva rigettata, in quanto la Corte territoriale riteneva non ricompresa nella domanda introduttiva del giudizio la richiesta, proposta per la prima volta in appello, di risarcimento del danno secondo la tutela comune. Il lavoratore ricorreva in Cassazione, contestando la pronuncia nella parte in cui aveva reputato non ricompresa la domanda risarcitoria di diritto comune nella domanda introduttiva del giudizio avente ad oggetto i danni da licenziamento illegittimo. Causa petendi immutata. La Corte di Cassazione ricorda che, nell’ipotesi in cui il risarcimento del danno da licenziamento illegittimo venga richiesto originariamente, cioè nel ricorso introduttivo e nelle conclusioni di primo grado, sulla base dell’art. 18 l. n. 300/1970 e successivamente in sede di appello sulla base della disciplina di diritto comune, ai sensi degli artt. 1218 e 1453 c.c., non si verifica alcun mutamento della causa petendi , poiché la ragione della domanda si basa in entrambi i casi sull’illegittimità del licenziamento. Infatti, per gli Ermellini, ogni atto di recesso di cui venga riconosciuta l’antigiuridicità configura un inadempimento cui è da ricollegare il diritto al risarcimento dei danni, anche se, cambiando il regime di tutela, il risarcimento si configura in modo diverso. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione alla Corte d’appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 ottobre 2014 – 17 febbraio 2015, n. 3120 Presidente Lamorgese – Relatore Buffa Svolgimento del processo 1. Con sentenza 12/7/2000, il tribunale di Roma ha dichiarato illegittimo il licenziamento di C.M. da parte del suo datore di lavoro Aeritalia cui poi è subentrata Finmeccanica s.p.a. , accogliendo la domanda formulata dal lavoratore, che aveva fatto invece riserva di agire in separata sede per la reintegra ed il risarcimento del danno. Tale sentenza è divenuta definitiva essendo passata in giudicato la sentenza della Corte d'appello del 24/6/2005 che ha dichiarato improcedibile l'impugnazione . 2. Nel giudizio per il risarcimento dei danni successivamente intrapreso dal lavoratore, la corte d'appello di Roma, con sentenza 28/1/2011, confermando la sentenza del 24/4/2007 del tribunale capitolino, ha rigettato la domanda del lavoratore all'epoca del licenziamento ultrasessantenne ed in possesso dei requisiti pensionistici volta al risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, ritenendo da un lato inapplicabile l'articolo 18 stat. lav. nei confronti dei lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto alle condizioni di legge, a norma dell'articolo 4 co. 2 1. 108/90 e, dall'altro lato, non ricompresa nella domanda introduttiva del giudizio la richiesta, proposta per la prima volta in appello, di risarcimento del danno secondo la tutela comune. 3. Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore con tre motivi, cui resiste con controricorso il datore le parti hanno presentato memorie. 4. Con il primo motivo del ricorso, si deduce ai sensi dell'articolo 360 n. 3 e c.p.c. violazione degli articolo 437 co. 2 e 112 c.p.c., per aver ritenuto non ricompresa la domanda risarcitoria di diritto comune nella domanda introduttiva del giudizio avente ad oggetto i danni da licenziamento illegittimo. 5. Con il secondo motivo del ricorso principale, si deduce ai sensi dell'articolo 360 n. 3 e 4 c.p.c. violazione degli articolo 99 e 112, e -ai sensi dell'articolo 360 n. 5 c.p.c. vizio di motivazione, per aver ritenuto che il danno da inadempimento non fosse stato allegato nemmeno in appello, laddove era stato invece richiesto il danno commisurato alle retribuzioni non percepite dalla data del recesso. 6. Con il terzo motivo del ricorso, si deduce -ai sensi dell'articolo 360 n. 4 c.p.c. violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul terzo motivo di appello riguardante il rigetto da parte del tribunale della domanda di pagamento dell'indennità di preavviso e del t.f r. per intervenuta prescrizione. 7. Il primo motivo di ricorso è fondato. Questa Corte ha già affermato infatti Sez. L, Sentenza n. 16163 del 23/12/2000, Rv. 542887 il principio -che qui va ribadito secondo il quale, nell'ipotesi in cui il risarcimento del danno da licenziamento illegittimo venga chiesto originariamente nella specie nel ricorso introduttivo e nelle conclusioni di primo grado sulla base dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970 e successivamente nella specie in sede di appello sulla base della disciplina di diritto comune di cui agli articolo 1218 e 1453 cod. civ., non si verifica alcun mutamento della causa petendi in quanto la ragione del domandare il bene della vita ossia il risarcimento si fonda in entrambi i casi sulla illegittimità del licenziamento non essendo dubbio che ogni atto di recesso di cui venga riconosciuta l'antigiuridicità configuri inadempimento cui è da ricollegare il diritto al risarcimento dei danni ancorché, cambiando il regime di tutela, il risarcimento si configuri in modo diverso. Nel medesimo senso, anche Sez. L, Sentenza n. 22342 del 18/10/2006 Rv. 592331 , secondo la quale nel caso di scioglimento del rapporto di lavoro per iniziativa del datore, fondata sull'esistenza di una clausola risolutiva nulla perché contraria a norme imperative , la domanda di risarcimento del danno erroneamente basata sull'articolo 18, comma quinto, della legge n. 300 del 1970 diretta all'ottenimento dell'indennità sostitutiva della reintegrazione , può essere considerata come azione di risarcimento da illecito contrattuale di diritto comune, poiché restano immutati i fatti dedotti dall'attore nella domanda causa petendi e il giudice muta soltanto la qualificazione giuridica. 8. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, che riguarda l'entità del danno risarcibile. 9. Il terzo motivo è del pari fondato, non avendo la corte territoriale pronunciato sullo specifico motivo di appello relativo al preavviso ed al t.f.r. ritenuti prescritti in primo grado , con il quale il lavoratore ha dedotto -dimostrando in tal modo la decisività dell'eccezione relativa al vizio di omessa pronuncia cfr. per tutte, Sez. 6 5, Ordinanza n. 5344 del 04/03/2013, Rv. 625408 Sez. L, Sentenza n. 18936 del 21/09/2004, Rv. 577277 l'invio di lettere con le quali si richiedeva il pagamento di ogni altro credito derivante dal rapporto di lavoro in oggetto. 10. La sentenza impugnata deve per quanto detto essere cassata e la causa va rinviata alla corte d'appello di Roma in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese di lite. P.Q.M. la Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d'appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 ottobre 2014.