Audizione orale del lavoratore: quando il suo diritto di difesa può dirsi consumato?

In tema di procedimento disciplinare a carico del lavoratore, le garanzie dell’art. 7 della l. n. 300/1970, per consentire all’incolpato di esporre le proprie difese in relazione al comportamento addebitatogli, non comportano per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l’audizione orale, ma solo un obbligo correlato alla richiesta del lavoratore di essere sentito di persona. Pertanto, le discolpe fornite per iscritto dall’incolpato consumano il suo diritto di difesa quando dalla dichiarazione scritta emerge la rinuncia di esser sentito o quando la richiesta appaia ambigua o priva di univocità.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26241, depositata il 12 dicembre 2014. Il fatto. La Corte d’appello di Caltanissetta rigettava l’appello del lavoratore proposto contro la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto la domanda di accertamento di illegittimità del licenziamento intimatogli dall’Inail, sua datrice di lavoro, in esito a procedimento penale. Il lavoratore ricorre per la cassazione di tale sentenza, deducendo vizio di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 300/1970, per la mancata assicurazione di adeguato esercizio del suo diritto di difesa, lamentando, inoltre, contraddittoria motivazione, per non esatta comprensione della sua richiesta di personale audizione contenuta nella lettera di risposta alla convocazione ricevuta per la personale audizione a Roma. La volontà del lavoratore di essere sentito personalmente. I motivi di ricorso del lavoratore sono valutati come infondati, manca, infatti, a parere del Collegio, o è comunque ambigua la volontà del lavoratore di recarsi a Roma per essere sentito personalmente, per le ragioni di sostanziale inutilità pratica, carenza di documentazione idonea e di mezzi finanziari, meglio impiegabili per le necessità della famiglia come si legge nella lettera del ricorrente, correttamente valutata dalla Corte d’appello . Procedimento disciplinare a carico del lavoratore e sue garanzie. È noto, ricorda la S.C., in tema di procedimento disciplinare a carico del lavoratore, che le garanzie dell’art. 7 della l. n. 300/1970 per consentire all’incolpato di esporre le proprie difese in relazione al comportamento addebitatogli non comportino per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l’audizione orale, ma solo un obbligo correlato alla richiesta del lavoratore di essere sentito di persona. Pertanto, le discolpe fornite per iscritto dall’incolpato consumano il suo diritto di difesa solo quando dalla dichiarazione scritta emerge la rinuncia di esser sentito o quando la richiesta appaia ambigua o priva di univocità. Da tali argomentazioni la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso del lavoratore, con la condanna dello stesso al pagamento delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 novembre – 12 dicembre 2014, n. 26241 Presidente Macioce – Relatore Patti Svolgimento del processo Con sentenza 23 aprile 2008, la Corte d'appello di Caltanissetta rigettava l'appello di G.C. avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto la domanda di accertamento di illegittimità del licenziamento intimatogli in esito a procedimento penale che gli aveva comportato sospensione dal servizio e dallo stipendio il 1° giugno 2005 e del trasferimento disposto alla ripresa del procedimento disciplinare dopo il giudicato penale dall'Inail da Agrigento a Caltanissetta e del diritto, in subordine, di trattenere le somme percepite a titolo di assegno alimentare arbitrariamente trattenutegli in sede di liquidazione del T.f.r., compensando le spese del grado. A motivo della sentenza, la Corte territoriale escludeva le prospettate ragioni di illegittimità del licenziamento, sia per l'assicurazione di una congrua difesa dell'incolpato alla luce dello scrutinato tenore della sua lettera 23 maggio 2004, di risposta alla convocazione ricevuta per la personale audizione il 24 maggio 2005 a Roma, sia per la dipendenza del termine dilatorio di quindici giorni per l'assunzione di provvedimento disciplinare più grave del rimprovero verbale, stabilito dall'art. 55 d. 1g. 16512001, dall'inutile loro decorso dalla convocazione per la difesa del dipendente, nel caso di specie esercitata con la lettera recapitata ritenendo quindi coerente la reiezione delle ulteriori domande dal rigetto dell'impugnazione del licenziamento. G.C. ricorre per cassazione con due motivi, cui l'Inail replica con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo, complesso e articolato, il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 7 1. 30011970 e 55, quinto comma d. 1g. 16512001, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., per mancata assicurazione di adeguato esercizio del proprio diritto di difesa, con citazione nella sentenza impugnata di precedenti di legittimità non pertinenti, sull'erroneo rilievo della propria consapevolezza di ineluttabilità del licenziamento subito ed omessa concessione di termine per ulteriori difese in esito ad acquisizione documentale, in contrasto con le norme denunciate, contemplanti l'obbligo datoriale di sentire oralmente il dipendente e di osservare il termine dilatorio di quindici giorni prima di erogare la sanzione. Con il secondo, il ricorrente deduce vizio di contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la Corte territoriale frainteso, in esito a lettura non corretta e lacunosa della propria lettera 23 maggio 20051 riportata con rilevanti omissioni e travisamenti, la manifestazione di volontà di essere personalmente sentito con proprio difensore e supporto di documentazione prodotta nel processo penale. Il primo motivo, relativo a vizi di motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 7 1. 30011970 e 55, quinto comma d. 1g. 165/2001, in relazione all'ars. 360 n. 3 e n. 5 c.p_c., per mancata assicurazione di adeguato esercizio del diritto di difesa del lavoratore, deve essere esaminato congiuntamente con il secondo, relativo a vizio di contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., per non esatta comprensione della richiesta del lavoratore di personale audizione, sulla base di non corretta e lacunosa lettura della lettera 23 maggio 2005, siccome intimamente connessi, per loro comune convergenza nella doglianza di manchevole garanzia del diritto di difesa, sotto i concorrenti profili illustrati. Essi sono entrambi inammissibili. Ed infatti, non sussistono le violazioni di legge solo formalmente enunciate, in difetto dei requisiti propri, non avendo il ricorrente proceduto, come pure avrebbe dovuto, ad una verifica di correttezza dell'attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, né nella sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell'ipotesi normativa Cass. 28 novembre 2007, n. 24756 neppure avendo specificato le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla corte regolatrice di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento della violazione denunziata Cass. 26 giugno 2013, n. 16038 Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010 Cass. 31 maggio 2006, n. 12984 . Esse pure si declinano come vizio di motivazione, quale profilo di censura, in sede di legittimità, dell'allegata erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, siccome esterna all'esatta interpretazione della nonna, inerendo alla tipica valutazione del giudice di merito Cass. 4 aprile 2013, n. 8315 . Ma anche i vizi di motivazione denunciati si risolvono in una richiesta, nella sostanza, di riesame dell'accertamento operato in fatto dalla Corte territoriale in ordine alla manifestazione di volontà del lavoratore rispetto alle difese svolte nel procedimento disciplinare. E quindi di riesame nel merito della vicenda processuale, come noto indeferibile al giudice di legittimità, cui spetta la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197 Cass. 19 marzo 2009, n. 6694 Cass. 5 marzo 2007, n. 5066 nel caso di specie assolutamente corretto ed esente da vizi logico-giuridici, invero neppure denunciati. In ogni caso, essi sono infondati. Manca, infatti, o è comunque assolutamente ambigua la volontà del lavoratore di recarsi a Roma per essere sentito personalmente, per le prospettate ragioni di sostanziale inutilità pratica, carenza di documentazione idonea e di mezzi finanziari, meglio impiegabili per le necessità della famiglia come chiaramente si legge nell'ampio stralcio della lettera 23 maggio 2005 del ricorrente a pgg. da 7 a 9 della sentenza, con particolare riferimento ai seguenti passaggi Sono stato convocato a Roma il giorno 24 maggio per il procedimento disciplinare che mi riguarda So cosa mi aspetta perché la legge dice che se uno si fa condannare è licenziato. Con la presente preannuncio che non verrò a Roma perché è lontano. è inutile raccontare cose se la legge dice che se uno è condannato viene licenziato. Se il mio destino è già stato deciso che vengo a buttare soldi e toglierli alla mia famiglia che ne ha bisogno? E' inutile che vengo a Roma a non dire niente per giustificare cose senza provarle perché vi farei solo pietà , attentamente e correttamente valutata dalla Corte territoriale, in esito a critico scrutinio, senza persuasiva confutazione, anzi infondata, da parte di G.C., sulla base della riproduzione del testo della lettera, con trasposizione letterale a fronte a pgg. da 13 a 16 del ricorso . É noto, infatti, in tema di procedimento disciplinare a carico del lavoratore, che le garanzie apprestate dall'art. 7 1. 30011970 per consentire all'incolpato di esporre le proprie difese in relazione al comportamento addebitatogli non comportino per il datore di lavoro un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l'audizione orale, ma solo un obbligo correlato alla richiesta del lavoratore di essere sentito di persona sicchè le discolpe fornite dall'incolpato per iscritto consumano il suo diritto di difesa solo quando dalla dichiarazione scritta emerga la rinuncia ad essere sentito o quando la richiesta appaia, sulla base delle circostanze del caso, ambigua o priva di univocità al di fuori di tali ipotesi, non può ritenersi consentito un sindacato del datore di lavoro in ordine all'effettiva idoneità difensiva della richiesta di audizione orale, neppure alla stregua dell'obbligo delle parti di conformare la propria condotta a buona fede e lealtà contrattuale, il quale può assumere rilievo ai fini della valutazione in ordine all'ambiguità della richiesta, ma non consente di dare ingresso ad una valutazione di compatibilità della facoltà di audizione esercitata dal lavoratore incolpato alla luce delle difese già svolte e della sua idoneità ad utilmente integrare queste ultime Cass. 11 marzo 2010, n. 5864 . Dalle superiori argomentazioni discende coerente l'inammissibilità del ricorso, con la condanna alle spese del giudizio, secondo il regime di soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna G.C. alla rifusione, in favore dell'Inail, delle spese del presente giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 3.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.