Due maglioni dall’azienda sottoposta a controllo, sospensione per il direttore tributario

Smentita l’ottica adottata dai giudici di secondo grado, i quali avevano ritenuto illegittimo il provvedimento adottato dal Ministero delle Finanze. Riferimento è il divieto di accettare regali che possano essere posti in connessione con l’attività lavorativa. E irrilevante è il richiamo al modico valore del dono

Due maglioni posson bastare Fatale, difatti, il dono fatto da un’azienda – operativa nel settore della moda – a un direttore tributario, che proprio quella struttura imprenditoriale stava analizzando in dettaglio per il Fisco. Legittima, di conseguenza, la sanzione della sospensione dal servizio, con privazione della retribuzione, per dieci giorni inflitta dal Ministero delle Finanze Cass., sent. n. 20461/2014, Sezione Lavoro, depositata oggi . Piccolo dono Netta, come detto, la posizione assunta nei confronti del direttore tributario in servizio presso l’Ufficio delle Entrate sospensione dal servizio per dieci giorni, con privazione della retribuzione , questa la decisione del Ministero delle Finanze. Casus belli il fatto che l’uomo abbia ricevuto in omaggio, in due distinte occasioni, due maglioni, del valore di circa 70mila lire ciascuno, presso lo ‘spaccio’ dell’azienda da lui sottoposta a controllo. Tale condotta, secondo i giudici del Tribunale, è stata legittimamente sanzionata dal Ministero. Ma questa visione viene ribaltata completamente dai giudici della Corte d’Appello, i quali evidenziano il modico valore del ‘presente’ ricevuto dal dipendente, comparabile ad uno sconto sul prezzo di acquisto di merce di più alto valore, sconto di cui avrebbe comunque avuto diritto in virtù di tessera di cui era in legittimo possesso . Peraltro, aggiungono i giudici di secondo grado, è insussistente il presupposto del divieto di ricevere regali da parte di funzionari dell’amministrazione finanziaria, e costituito dall’eventualità che il donante possa trarre profitto da decisioni o attività inerenti l’ufficio . Sospensione. Ma in Cassazione vi è un ulteriore cambiamento di prospettiva per i giudici di terzo grado, difatti, è da accogliere il ricorso proposto dal Ministero delle Finanze, perché, alla luce della normativa del 1995, fra i doveri del dipendente vi è anche quello di non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa . Tale divieto, chiariscono i giudici, rappresenta l’unico riferimento normativo utile, e non, come prospettato in Appello, una semplice integrazione della previsione più limitativa datata 1994. Ciò comporta, inevitabilmente, la legittimità del provvedimento adottato dal Ministero – anche se, comunque, sulla vicenda dovranno nuovamente esprimersi i giudici di secondo grado –, provvedimento che, peraltro, non può essere messo in discussione dalla argomentazione assurda secondo cui il beneficio economico ricavato dal direttore tributario sarebbe irrilevante in quanto corrisponderebbe al valore di uno sconto . Su questo punto, in particolare, i giudici di terzo grado si soffermano spiegando, a chiare lettere, che è ovvia la diversa natura intrinseca di uno sconto legittimamente concesso, indipendentemente dalla qualifica ricoperta dal cliente e di un regalo personale di cui potrebbe essere affermata la connessione con la prestazione lavorativa .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 maggio – 29 settembre 2014, n. 20461 Presidente Lamorgese – Relatore Maisano Svolgimento di processo Con sentenza del 21 aprile 2007 la Corte d'appello di Perugia, in riforma della sentenza del Tribunale di Perugia 457/04, ha dichiarato illegittimo il provvedimento disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni inflitto dal Ministero delle Finanze al proprio dipendente L.M. direttore tributario in servizio presso l'Ufficio delle Entrate di Perugia per avere ricevuto in omaggio, in due distinte occasioni, due maglioni del valore di circa £ 70.000 ciascuno presso lo spaccio della Brunello Cucinelli s.p.a. La Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede, ha motivato tale pronuncia considerando il modico valore del presente ricevuto dal dipendente comparabile ad uno sconto sul prezzo di acquisto di merce di più alto valore, sconto di cui avrebbe comunque avuto diritto in virtù di tessera di cui era in legittimo possesso. Inoltre la medesima Corte d'appello ha pure ritenuto insussistente il presupposto del divieto di ricevere regali da parte di funzionari dell'amministrazione finanziaria e costituito dall'eventualità che il donante possa trarre profitto da decisioni o attività inerenti l'ufficio. Il Ministero del'Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi. II L. è rimasto intimato. Motivi della decisione Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del CCNL comparto Ministeri sottoscritto il 16 marzo 1995 e dell'art. 3 del d.m. 30 marzo 1994 in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che il comportamento del L. avrebbe comunque violato il dovere indicato dall'art. 23 citato lett. m di non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre attività in connessione con la prestazione lavorativa. Con il secondo motivo si assume insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si assume che i regali ricevuti dal L. sarebbero comunque di valore non del tutto trascurabile, e comunque il medesimo L. si trovava in rapporto di controllante rispetto alla società da cui aveva ricevuto i regali in questione. Con il terzo motivo si lamenta contraddittorietà della motivazione in relazione all'art. 360, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento all'affermazione secondo cui i regali ricevuti sarebbero comparabili ad un normale sconto che il L. avrebbe potuto avere tramite una tessera di cui era in legittimo possesso, affermazione illogica ed irrilevante. Il primo motivo è fondato. L' art. 23 lett. m del CCNL del comparto Ministeri del 1995 fra i doveri del dipendente recita non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa Nella motivazione della sentenza impugnata il giudice dell'appello non tiene conto di tale previsione contrattuale considerando un precedente decreto del Ministero della funzione pubblica del 31 marzo 1994 a cui, anche a voler seguire l'argomentazione della sentenza impugnata secondo cui la previsione limiterebbe la portata del divieto, la successiva contrattazione collettiva ha evidentemente derogato. Va dunque affermato il principio di diritto secondo cui il divieto previsto dall'ars. 23 lett. m del comparto Ministeri del 1995, di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa, non integra la previsione, più limitativa, di cui al decreto del Ministero della Funzione Pubblica del 31 marzo 1994, ma prevale su di esso quale fonte sovraordinata e successiva. Fondato è anche il terzo motivo di ricorso. L'argomentazione svolta nella sentenza impugnata secondo cui il beneficio economico ricavato dal L. sarebbe irrilevante in quanto corrisponderebbe al valore di uno sconto di cui avrebbe avuto comunque diritto appare illogica stante l'ovvia diversa natura intrinseca di uno sconto legittimamente concesso, indipendentemente dalla qualifica ricoperta dal cliente, ed un regalo personale di cui potrebbe essere affermata la connessione con la prestazione lavorativa. Il secondo motivo è assorbito. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio ad altra Corte d'appello che, adeguandosi al suddetto principio di diritto, procederà al riesame della controversia alla luce del divieto posto dal suddetto art. 23 lett. M del CCNL di categoria. Il regolamento delle spese sarà operato dal medesimo giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Firenze.