Meno interventi e più compiti di controllo: legittima la ricollocazione del dipendente

Respinta la tesi del lavoratore, il quale aveva lamentato la dequalificazione professionale. Alla prova dei fatti emerge l’affinità tra le mansioni svolte dal dipendente prima e dopo il trasferimento deciso dall’azienda.

Scelta aziendale legittima il processo di manutenzione e riparazione delle macchine viene affidato a una ditta esterna. Ciò comporta, però, la ricollocazione del dipendente, inquadrato in origine come perito elettronico, con mansioni di addetto alla riparazione e manutenzione dei sistemi di lettura e smistamento automatico e poi ‘riciclato’ per il controllo delle apparecchiature per interventi manuali in caso di ingorgo sulle macchine. Tale conseguenza, frutto delle politiche aziendali, è assolutamente accettabile per il lavoratore, che non può lamentarsi per una ipotetica dequalificazione professionale . Alla prova dei fatti emerge, in sostanza, che comunque il lavoratore ha continuato ad operare come perito tecnico per l’assistenza agli impianti , seppur con caratura tecnica limitata Cassazione, sentenza n. 19991, sez. Lavoro, depositata oggi . Ricollocazione. Protagonisti della contesa sono Poste Italiane e un dipendente, utilizzato dall’azienda, originariamente, come perito elettronico con mansioni di addetto alla riparazione e manutenzione dei sistemi di lettura e smistamento automatico della corrispondenza. Casus belli è la ricollocazione del lavoratore – a seguito della ‘esternalizzazione’, a una società privata, del processo di manutenzione e riparazione delle macchine –, impiegato, ora, solo per il controllo delle apparecchiature e per gli interventi manuali in caso di ingorgo . Evidente, per il lavoratore, la dequalificazione professionale subita . E questa valutazione viene condivisa dai giudici di primo grado, i quali dichiarano illegittimo il mutamento di mansioni e condannano Poste Italiane alla reintegrazione del dipendente in mansioni equivalenti e al risarcimento del danno nella misura del 50 per cento della retribuzione percepita . Di avviso opposto, invece, i giudici di secondo grado, i quali ritengono corretta la strategia aziendale, soprattutto perché era emerso che il lavoratore prima si era occupato di attività tecniche di manutenzione ordinaria e di controllo delle apparecchiature utilizzate per lo smistamento postale e successivamente era stato impiegato per il controllo delle stesse apparecchiature per lo smistamento della corrispondenza, con intervento nell’eventualità di ingorgo ed esecuzione dello smistamento manuale . Professionalità. E, purtroppo per il lavoratore, anche in ultima battuta, in Cassazione, la linea d’azione seguita da Poste Italiane viene ritenuta assolutamente pulita e lineare. Non vi è, quindi, nessuna possibilità di riconoscere al dipendente il risarcimento del danno da dequalificazione professionale ciò, spiegano i giudici del ‘Palazzaccio’, perché è emersa la affinità professionale delle mansioni svolte dal lavoratore prima e dopo il trasferimento deciso dall’azienda. Difatti, viene ricordato, il lavoratore ha continuato ad essere impiegato in quell’area di competenza specifica afferente allo smistamento automatico della corrispondenza ed al funzionamento dei relativi apparati , e quindi non solo il bagaglio professionale non era andato disperso, ma non emergeva un mutamento peggiorativo della posizione lavorativa , trovandosi di fronte a uno spostamento da compiti più operativi a compiti maggiormente di controllo del funzionamento di apparati , concretizzatisi, comunque, anche con piccoli interventi , mentre per le operazioni più complesse doveva intervenire la ditta privata. Di conseguenza, non emerge, concludono i giudici, un apprezzabile e significativo peggioramento della posizione lavorativa , e, allo stesso tempo, pare legittimamente esercitato lo ius variandi riconosciuto al datore di lavoro .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 luglio – 23 settembre 2014, n. 19991 Presidente Macioce Relatore Bronzini Svolgimento del processo A.C. esponeva al Tribunale del lavoro di Roma di aver svolto per Poste Italiane mansioni inerenti la qualifica di perito elettronico VI livello funzionale da ultimo presso il Centro meccanico postale di Fiumicino Aeroporto con mansioni di addetto alla riparazione e manutenzione dei sistemi di lettura e smistamento automatico e che, dal 1999, aveva invece, svolto mansioni presso lo stesso reparto CMP di Fiumicino mansioni esecutive o d'ordine per lo smistamento della posta controllo apparecchiature e intervento manuale in caso di ingorgo , dopo che le Poste avevano esternalizzato alla società Enlag il processo di manutenzione e riparazione delle macchine. Allegava l'illegittimo mutamento di mansioni e la natura dequalificante di quelle attribuite nel 1999, chiedendo anche il risarcimento del danno da dequalificazione professionale. Si costituivano le Poste che contestavano la fondatezza della domanda. Il Tribunale di Roma dichiarava illegittimo il mutamento di mansioni e condannava le Poste alla reintegrazione dell’A. in mansioni equivalenti ed al risarcimento del danno nella misura del 50% della retribuzione percepita. La Corte di appello di Roma con sentenza del 10.7.2010 accoglieva l'appello delle Poste e rigettava la domanda dell'A La Corte territoriale osservava che la prova espletata aveva dimostrato che il ricorrente sino al 1.4.1999 si era occupato di attività tecniche di manutenzione ordinaria e di controllo della apparecchiature utilizzate per lo smistamento postale con interventi per guasti elettrici ed elettromeccanici, mentre per gli interventi sui programmi e per gli interventi più complessi interveniva una ditta esterna. Successivamente era stato impiegato presso il CMP di Fiumicino per il controllo delle stesse apparecchiature per lo smistamento della corrispondenza con intervento nell'eventualità di ingorgo ed esecuzione dello smistamento manuale. Il teste luppa aveva riferito di un'attività di sostituzione cinghie e dello schede dei pannelli elettronici, di riparazione dei cuscinetti e di effettuazione di piccole riparazioni . Il teste Bucci a sua volta aveva riferito che lo scioglimento del servizio ETM era conseguito alla decisione di affidare alla società ENLAG l'intero processo di manutenzione e riparazione delle apparecchiature in discorso, il che aveva determinato l'adibizione dell'A. alle mansioni prima descritte. Per la corte territoriale non vi era stata alcuna dequalificazione in quanto nuove e vecchie mansioni erano affini. Non si era determinato alcun significativo declassamento dei compiti perché l'A. interveniva prima e dopo il mutamento dei compiti come perito tecnico per l'assistenza agli impianti, ma con caratura tecnica limitata attraverso operazioni manuali piuttosto semplici.ll mutamento della mansioni aveva peraltro a monte solide e comprovate esigenze di riorganizzazione produttiva. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l'A. con tre motivi, corredati da memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. resistono le Poste con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega l'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nella parte in cui la Corte di appello di Roma, dopo aver ricostruito attraverso il riferimento alltrisultanze probatorie il contenuto dell'attività lavorativa svolta dal sig. A sino all'1.4.1999 e dei compiti di nuova assegnazione, come due figure professionali distinte ha escluso in modo del tutto incoerente ed illogico la sussistenza di una fattispecie di dequalificazione professionale. Il motivo appare infondato non sussistendo la allegata carenza motivazionale della sentenza impugnata. La sentenza impugnata ha infatti analiticamente ricostruito le mansioni svolte prima e dopo il trasferimento, anche alla luce delle dichiarazioni di alcuni testi che sono stati specificamente indicati, ed ha valutato che tra i compiti assegnati al ricorrente prima e dopo il 1.4.1999 sussisteva affinità professionale posto che l'A. ha continuato ad essere impiegato in quell'area di competenza specifica afferente allo smistamento automatico della corrispondenza ed al funzionamento dei relativi apparati non solo il bagaglio professionale del lavoratore non era andato disperso, ma non emergeva un mutamento peggiorativo della posizione lavorativa di consistenza significativa e giuridicamente apprezzabile pag. 3 della sentenza impugnata . La Corte ha anche aggiunto che, in base alle prove espletate, era comunque emerso che l'A. prima del 1.4.1999 interveniva come perito tecnico per una assistenza all'impianto di caratura tecnica limitata, con operazioni manuali piuttosto semplici, e dopo il trasferimento l'oggetto della prestazione era rimasta invariata ed il suo contenuto si era spostato da compiti più operativi a compiti maggiormente di controllo del funzionamento di apparati. La motivazione appare congrua e logicamente coerente ed ancorata a precisi elementi di ordine processuale ed il Giudice di appello appare aver idoneamente motivato il potere di valutazione in ordine alla correttezza dell'esercizio dello ius variandi pacificamente spettante al Giudice di merito e come tale incensurabile in cassazione ove sorretto da una completa e razionale motivazione cfr. cass. n. 6326/2005 . Con il secondo motivo si allega l'insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio erronea valutazione di risultanze istruttorie in ordine ai compiti svolti dall'A. sino al 1.4.1999. Il motivo appare infondato. La Corte di appello ha richiamato le dichiarazioni rese dai testi N., B. e l. ed ha tratto quelle conclusioni in ordine all'affinità professionale tra i compiti affidati all'A. prima e dopo il 1.4.1999 già ricordate, posto che anche nella prima fase antecedente al 1.4.1999 per interventi più complessi necessari per il corretto funzionamento del macchinario per lo smistamento della posta interveniva una ditta esterna. La motivazione in ordine all'equivalenza sostanziale tra le mansioni affidate la cui valutazione, come detto, spetta al Giudice del merito all'A. prima e dopo la data del 1.4.1999 appare congruamente e logicamente motivata mentre le censure appaiono di merito, dirette ad una rivalutazione del fatto , come tale inammissibile in questa sede. La Corte di appello ha già osservato che compiti di intervento di piccole riparazioni sul macchinario sono stati in parte sostituiti da compiti di controllo sul corretto funzionamento delle stesse macchine per lo smistamento della posta, ma che nell'insieme l'A. si è sempre occupato della funzionalità delle apparecchiature ricordate provvedendo anche a piccoli interventi operativi su di queste anche dopo il 1.4.1999. II contestato giudizio di affinità appare ancorato ad una ricostruzione fattuale precisa, razionale e logicamente persuasiva. Con l'ultimo motivo si allega l'omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio omessa ed errata valutazione di risultanze probatorie in relazione ai compiti svolti dall'A. a decorrere dal 1.4. 1999. Non sussiste la dedotta carenza motivazionale in quanto, come detto, la valutazione compiuta dlà Giudici di appello è stata congruamente e logicamente motivata. La Corte di appello ha già osservato che, pur essendo i compiti dell'A. di natura tecnica stati limitati ma non 1 eliminati dopo il 1.4.1999, erano stati, per contro, intensificati quelli di controllo e che non poteva ravvisarsi alcuna dequalificazione professionale, posto che l'A. in realtà si era sempre occupato del corretto funzionamento delle medesime macchine e che anche prima del 1.4.1999, gli interventi tecnici direttamente operati dal ricorrente avevano una caratura limitata con operazioni manuali semplici in quanto per operazioni più complesse interveniva una ditta esterna. Pertanto non emerge, per la Corte territoriale,nella vicenda un apprezzabile e significativo peggioramento della posizione lavorativa e lo ius variandi esercitato dal datore di lavoro rientra nei limiti di cui all'art. 2103 c.c., così come precisato dalla giurisprudenza di legittimità. La motivazione appare congrua e logicamente corretta, mentre le censure sono di merito, dirette ad una rivalutazione del fatto , come tale inammissibile in questa sede. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. le spese di lite del giudizio di legittimità, liquidate come al dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi, nonché in euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.