Postumi rivalutati: da restituire le somme corrisposte in eccesso, è la sentenza a dirlo

Il diritto dell’INAIL alla restituzione delle somme corrisposte in eccedenza rispetto a quelle dovute al titolare di rendita per postumi da infortunio sul lavoro sorge direttamente dalla riforma della sentenza che elimina, con efficacia retroattiva, l’obbligazione di pagamento ed impone la restituzione della situazione patrimoniale anteriore.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 19496, depositata il 16 settembre 2014. Il caso. Il titolare di rendita INAIL per postumi da infortunio sul lavoro, riconosciutagli nella misura del 52 %, otteneva il riconoscimento del Tribunale del diritto alla superiore percentuale del 60% dei predetti postumi. La decisione veniva parzialmente riformata in secondo grado l’aggravamento dei postumi veniva accertato nella minor misura del 57%. L’obbligo di restituzione. L’INAIL, avendo posto in esecuzione la sentenza di primo grado, agiva per il recupero delle somme corrisposte in eccedenza rispetto a quelle dovute. Il Tribunale e la Corte d’appello spiegavano che il diritto dell’istituto assicurativo alla restituzione sorgeva direttamente dalla sentenza di secondo grado che aveva fatto venir meno, con efficacia retroattiva, l’obbligazione di pagamento dei ratei della prestazione rapportata alla percentuale di postumi al 60 %. L’obbligo di restituzione si fondava sull’art. 336, comma 2, c.p.c. effetti della riforma o della cassazione . Proponeva ricorso in Cassazione l’uomo, contestando l’impugnata sentenza in ordine alla ritenuta validità dell’operazione di recupero del credito da parte dell’INAIL sui ratei della rendita. La disciplina delle compensazioni Il motivo è infondato. E’ pacifico in sede di legittimità Cass., n. 19832/2000 che i limiti alla reperibilità di prestazioni previdenziali indebite, poste dalla normativa in materia, non trovano applicazione in relazione ai pagamenti effettuati dall’istituto previdenziale in esecuzione di sentenze non passate in giudicato, riformate in sede di impugnazione, poiché in tal caso l’obbligo di restituzione si fonda sul disposto dell’art. 336, comma 2, c.p.c, e sull’assoggettamento del percettore al rischio dell’attuazione della tutela giurisdizionale invocata L’eventuale mancata erogazione da parte dell’istituto previdenziale delle prestazioni successivamente maturate, ai fini del recupero delle somme risultate non dovute, è riconducibile alla disciplina delle compensazioni, che presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti. Cass., n. 1128/2003 . presuppone l’autonomia dei rapporti a cui si riferiscono i crediti. Inoltre, chiarisce la Cassazione, l’istituto della compensazione e la relativa normativa codicistica presuppongono l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti, mentre non opera quando essi nascano dal medesimo rapporto come nel caso in esame , il quale può comportare solo un compensazione in senso improprio, ovvero un accertamento contabile di dare e avere Cass., n. 5024/2009 . I giudici territoriali avevano applicato correttamente i principi. La Cassazione riconosce la corretta applicazione dei principi richiamati da parte della Corte territoriale, avendo confermato la decisione di primo grado, secondo la quale la ripetizione di somme erogate dall’INAIL in esecuzione di una sentenza successivamente riformata non si inquadra nell’ipotesi dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., e non è nemmeno disciplinata dalla normativa previdenziale, dal momento che si ricollega ad una esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza. Il diritto alla restituzione sorge direttamente dalla riforma della sentenza che elimina, con efficacia retroattiva, l’obbligazione di pagamento ed impone la restituzione della situazione patrimoniale anteriore. Per i crediti originati dal medesimo rapporto compensazione impropria. In maniera sempre corretta i Giudici territoriali avevano evidenziato che nel caso in esame non si era di fronte all’istituto della compensazione, ma a quella della compensazione impropria, traendo i rispettivi crediti origine dal medesimo rapporto. Sulla base di questi argomenti, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 giugno – 16settembre 2014, n. 19496 Presidente Roselli – Relatore Berrino Svolgimento del processo G.G. , titolare di rendita Inail per postumi da infortunio sul lavoro riconosciutigli nella misura del 52%, ottenne dal giudice del lavoro del Tribunale di Genova il riconoscimento del diritto alla superiore percentuale del 60% dei predetti postumi a decorrere dal mese di novembre del 2005. In seguito tale decisione venne parzialmente riformata in secondo grado, ove venne accertato un aggravamento dei postumi nella diversa minor misura del 57% a decorrere dal mese di febbraio del 2008. L'Inail, che aveva posto in esecuzione la sentenza di primo grado, agì per il recupero delle somme corrisposte in eccedenza rispetto a quelle dovute in misura inferiore, così come accertata in sede d'appello, e a tal fine operò la trattenuta di 1/5 sul rateo mensile della rendita. Il G. propose ricorso al Tribunale di Genova, in funzione di giudice del lavoro, per far affermare che non poteva esservi compensazione del credito vantato dall'Inail con l'ammontare della rendita inizialmente liquidatagli in misura maggiore. Il giudice adito rigettò la domanda e tale decisione fu poi confermata dalla Corte d'appello di Genova che rigettò l'impugnazione dell'assicurato. Ha spiegato la Corte territoriale sentenza n. 254 del 18.3 - 23.3.2011 che il diritto dell'istituto assicurativo alla restituzione sorgeva direttamente dalla sentenza di secondo grado che aveva fatto venir meno, con efficacia retroattiva, l'obbligazione di pagamento dei ratei della prestazione rapportata alla percentuale di postumi al 60%, a nulla valendo i limiti alla ripetibilità di prestazioni previdenziali indebite di cui all'art. 110 del T.U. n. 1124/1965, poiché l'obbligo di restituzione si fondava sul disposto di cui all'art. 336, comma 2, c.p.c Per la cassazione della sentenza ricorre G.G. con un solo motivo. Resiste con controricorso l'Inail. Motivi della decisione Con un solo motivo il ricorrente, dopo aver richiamato la norma di riferimento di cui all'art. 110 del d.p.r. n. 1124 del 10 giugno 1965 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., contesta l'impugnata sentenza in ordine alla ritenuta validità dell'operazione di recupero del credito da parte dell'Inail sui ratei della rendita adducendo le seguenti motivazioni - Ai fini della intangibilità o meno della rendita, di cui all'art. 110 del d.p.r. n. 1124/65, sarebbe ininfluente la semplice indicazione della maturazione di un determinato credito dell'istituto assicuratore, così come del tutto inconferente, rispetto alla predetta norma speciale, sarebbe il riferimento effettuato dai giudici di merito alla consapevolezza del ricorrente di aver inizialmente ricevuto una prestazione subordinata alla condizione risolutiva dell'eventuale esito sfavorevole del giudizio d'appello. Egualmente inconferente, ai fini della intangibilità della rendita sancita dalla norma speciale di cui al citato art. 110 del d.p.r. n. 1124/65, che non contempla deroghe interpretative, si rivelerebbe la distinzione operata in sentenza tra compensazione tecnica e compensazione impropria, dal momento che il codice civile disciplina un'unica forma di compensazione. Il motivo è infondato. Invero, questa Corte ha già avuto occasione di affermare Cass. Sez. lav. n. 10832 de! 16/8/2000 che i limiti alla ripetibilità di prestazioni previdenziali indebite, poste dalla normativa in materia, non trovano applicazione in relazione ai pagamenti effettuati dall'istituto previdenziale in esecuzione di sentenze non passate in giudicato riformate in sede di impugnazione, poiché in tal caso l'obbligo di restituzione si fonda sul disposto dell'art. 336, secondo comma, cod. proc. civ. e sull'assoggettamento del percettore indipendentemente dalla ravvisabilità o meno di un suo dolo al rischio dell'attuazione della tutela giurisdizionale invocata. Né l'eventuale mancata erogazione da parte dell'istituto previdenziale delle prestazioni successivamente maturate, ai fini del recupero delle somme risultate non dovute, è riconducibile alla disciplina della compensazione, che presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti. in senso conf. v. anche Cass. Sez. lav. n. 11208 del 17/7/2003 D'altra parte è consolidato l'orientamento di questa Corte sul fatto che l'istituto della compensazione e la relativa normativa codicistica - ivi compreso l'art. 1246 cod. civ. sui limiti della compensabilità dei crediti - presuppongono l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti e non operano quando essi nascano dal medesimo rapporto come nella fattispecie in esame , il quale può comportare soltanto una compensazione in senso improprio, ossia un semplice accertamento contabile di dare e avere in tal senso v. fra tante Cass. Sez. lav. n. 5024 del 2/3/2009 e Cass. Sez. lav. n. 16349 del 24/7/2007 . Orbene, la Corte d'appello di Genova si è attenuta correttamente a tali principi nel momento in cui ha confermato la statuizione di primo grado, ribadendo che la ripetizione di somme erogate dall'Inail in esecuzione di una sentenza successivamente riformata non si inquadra nell'ipotesi dell'indebito oggettivo di cui all'art. 2033 cod. civ., né è disciplinata dalla normativa speciale prevista per gli indebiti previdenziali, perché si ricollega ad un'esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza, per cui il diritto alla restituzione sorge direttamente dalla riforma della sentenza che fa venir meno, con efficacia retroattiva, l'obbligazione di pagamento ed impone la restituzione della situazione patrimoniale anteriore. In maniera altrettanto corretta la Corte di merito ha posto in evidenza che nella fattispecie non operava l'istituto della compensazione, bensì quello della compensazione impropria, giacché i rispettivi crediti delle parti traevano origine dal medesimo rapporto In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c. nel nuovo testo vigente all'epoca della proposizione della domanda giudiziaria. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.