Assegno mensile? Solo se la casalinga era iscritta nelle liste speciali di collocamento

Ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità, fino al primo gennaio 2008 data di entrata in vigore della L. n. 247/2007 , è necessario che il beneficiario sia incollocato al lavoro” ovvero sia iscritto nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio, ma non abbia conseguito un’occupazione in mansioni compatibili.

Così la Cassazione con sentenza n. 18134 depositata il 22 agosto scorso. Il fatto. La ricorrente, casalinga che aveva ottenuto l’assegno di invalidità dal 2003 data in cui aveva domandato l'iscrizione nelle liste speciali di collocamento , chiedeva il riconoscimento dell’assegno mensile dal primo gennaio 1997, primo giorno del mese successivo a quello in cui aveva presentato domanda di accesso al beneficio. In Cassazione, la donna chiedeva se la prova dell’incollocamento al lavoro per una casalinga potesse avvenire con l’ammissione di ogni mezzo di prova atto ad accertare la non occupazione, e non solo con l’iscrizione negli elenchi speciali. Stato d’incollocamento e stato di mera disoccupazione. La Suprema Corte, rigettando il motivo di ricorso, richiama la sentenza n. 203/1992, resa a Sezioni Unite, con la quale si era affermato il principio secondo cui ai fini del diritto all’assegno di invalidità previsto dall’art. 13 legge n. 118/1971, l’invalido è da ritenersi incollocato al lavoro”, non per effetto del mero stato di disoccupazione o non occupazione nel quale versi, ma solo quando – essendo iscritto o avendo presentato domanda d’iscrizione nelle liste speciali degli aventi diritto al collocamento obbligatorio – non abbia conseguito un’occupazione in mansioni compatibili. La mancanza dell’iscrizione, hanno precisato le Sezioni Unite nel 1992, comporta la mancanza di uno dei fatti costitutivi del diritto e non solo la mancanza di una prova in relazione alla quale possa essere richiesta l’ammissione di un altro mezzo di prova. A nulla rileva, nel caso di specie, la novella dell’art. 13 ad opera della L. n. 247/2007 che ha eliminato il requisito dell’incollocazione al lavoro, poiché entrata in vigore il primo gennaio 2008. Casalinga e lavoratore domestico. Considerato, da un lato, che i compiti della casalinga risultano di maggiore ampiezza e responsabilità rispetto a quelli di un addetto ai servizi familiari e, dall’altro, che non sussiste un rapporto di lavoro, la Cassazione afferma che l’attività svolta dalle casalinghe non può costituire una tipologia di lavoro equiparabile a quella dei lavoratori domestici, per i quali l’iscrizione nelle liste di collocamento non è obbligatoria. Casalinga e studente maggiorenne invalido. La ricorrente denunciava altresì una disparità di trattamento rispetto ai maggiorenni invalidi che frequentano la scuola, esonerati dall’iscrizione negli elenchi speciali. Gli Ermellini non ritengono le due posizioni assimilabili in quanto la necessità di iscrizione alle liste di collocamento, nel caso degli studenti, viene integrata dalla frequenza scolastica che dimostra la volontà di inserirsi nella società e nel mondo del lavoro, come richiesto dalla legislazione in tema di soggetti disabili Corte Cost., sent. n. 329/2002 . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso. fonte lavoropiù

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 giugno – 22 agosto 2014, numero 18134 Presidente De Cesare – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d'Appello delle Marche, con la sentenza numero 671/08, decidendo, sull'impugnazione proposta da F.A. nei confronti dell'INPS e del Ministero dell'economia e delle finanze, avverso al sentenza del Tribunale di Ancona numero 644 del 2005, rigettava l'impugnazione. 2. Con ricorso del 16 gennaio 1998, la F. , casalinga, aveva chiesto il riconoscimento dell'assegno di invalidità, oltre interessi legali maturati, con effetto a partire dal 1 gennaio 1997, primo giorno del mese successivo a quello in cui era stata presentata la domanda 23 dicembre 1996 . L'assegno le era stata riconosciuto dal Tribunale solo a decorrere dal 16 giugno 2003, data in cui essa ricorrente aveva domandato l'iscrizione nelle liste speciali per il collocamento, requisito ritenuto indispensabile a detti fini ai sensi dell'art. 13 della legge numero 118 del 1971. 3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre F.A. , prospettando un motivo di ricorso e sospettando di illegittimità costituzionale il citato art. 13. 4. Resiste l'INPS con controricorso. 5. Il Ministero è rimasto intimato. Motivi della decisione 1. A fronte della sentenza del Tribunale di Ancona che accertava il diritto di F.A. all'assegno di invalidità solo dalla domanda di iscrizione agli elenchi speciali per il collocamento obbligatorio, quest'ultima, in sede di appello, ha sostenuto non necessaria detta iscrizione in quanto casalinga, e ha chiesto di provare per testi l'essere la stessa casalinga e, ai sensi dell'art. 437 cpc, con ogni mezzo di prova, la non occupazione. 2. La Corte d'Appello ha rigettato l'impugnazione precisando che l'incollocazione è elemento costitutivo del diritto all'assegno per cui l'iscrizione nelle liste speciali non atteneva ad un profilo probatorio e la necessità della stessa essendo comunque necessario uno stato di disoccupazione è esclusa solo quando la stessa non è possibile. Richiamava, quindi la sentenza della Corte costituzionale numero 329 del 2012 che, nell'interpretare l'art. 13, comma 1, della legge numero 118 del 1971, ha ritenuto che per il disabile maggiorenne che frequenti la scuola, l'ipotesi della frequenza scolastica può essere considerata come condizione per fruire dell'assegno mensile, in luogo dell'iscrizione nelle liste speciali, poiché rivolta favorire il diritto all'istruzione funzionale ad un più proficuo successivo inserimento nella società e nel mondo del lavoro, atteso che la legislazione in materia di soggetti disabili era rivolta a favorire una effettiva integrazione, valorizzando le abilità residue di soggetti affetti da gravi minoranze. La tesi della ricorrente, che escludeva la necessità dell'iscrizione alle liste speciali non perché tale iscrizione non fosse possibile, ad avviso della Corte d'Appello contrastava con la richiamata finalità di integrazione nel mondo del lavoro del disabile, che invece era garantita dalla frequenza scolastica. 3. La ricorrente censura la suddetta sentenza d'appello prospettando la violazione e/o mancata applicazione dell'art. 13 della legge numero 118 del 1971, e degli artt. 421-437 cpc. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione. 3.1. Il quesito è così formulato in merito all'applicazione dell'art. 13 della legge numero 118 del 1991, se la prova del requisito dell'incollocamento al lavoro per una casalinga possa avvenire, in applicazione dell'art. 437 cpc, con l'ammissione di ogni mezzo di prova atto ad accertare la non occupazione e la mancanza dell'attività lavorativa senza che venga, altresì, richiesta la domanda di iscrizione nelle liste speciali di collocamento. 3.2. A sostegno del suddetto motivo, la ricorrente illustra le seguenti argomentazioni. Il lavoro svolto dalla casalinga costituisce una tipologia di lavoro equiparabile a quello degli addetti ai servizi familiari per i quali l'iscrizione non è esclusa ma neanche obbligatoria. La Corte di cassazione, con la sentenza numero 1343 del 2009 ha assoggettato a tutela il lavoro della casalinga. Sussisterebbe disparità di trattamento tra il maggiorenne invalido che frequenta la scuola e la casalinga, atteso che solo il primo per ottenere l'assegno sarebbe esonerato dall'iscrizione negli elenchi speciali. Tenuto conto delle fattispecie in cui l'iscrizione non è richiesta poiché si tratta di soggetti a cui non si applica la disciplina sulle assunzioni obbligatorie, ove la prova della inoccupazione può essere offerta con gli ordinari mezzi, comprese le presunzioni, la domanda di iscrizione sarebbe richiesta solo al fine di precostituire una prova della incollocazione. Il requisito dell'incollocazione non ha carattere teorico ma deve potersi desumere da tutti i fatti e gli indizi, e l'eventuale valutazione di essi nel loro insieme, come risultante dagli atti. Il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 cpc, ove reputi insufficienti le prove in merito, dovrebbe provvedere d'ufficio agli atti istruttori sollecitati dal materiale probatorio e idoneo a superare l’incertezza sui fatti costitutivi del diritto. 2. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. 3. Nella presente controversia viene in rilievo l'art. 13, comma 1, della legge numero 118 del 1971, come modificato dal d.lgs. 23 novembre 1988, numero 509, art. 9, nel testo da applicare ratione temporis, che prevede ai mutilati ed invalidi civili di età compresa tra il diciottesimo ed il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato, un assegno mensile . 4. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza numero 203 del 1992, sul presupposto che Io stato d'incollocamento si riferisce ad una condizione diversa dallo stato di mera disoccupazione, hanno affermato il seguente principio di diritto ai fini del diritto all'assegno d'invalidità previsto dall'art. 13 della legge numero 118 del 1971, l'invalido è da ritenersi incollocato al lavoro , non per effetto del mero stato di disoccupazione o non occupazione nel quale versi ma, solo quando - essendo iscritto o avendo presentato domanda l’iscrizione nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio - non abbia conseguito un'occupazione in mansioni compatibili . Hanno statuito le Sezioni Unite che la mancanza dell'iscrizione non da luogo alla mancanza di una prova qualificata dello stato di disoccupazione in relazione alla quale possa porsi il problema dell'ammissibilità di altri mezzi di prova , ma da luogo alla mancanza di uno dei fatti costitutivi del diritto. Secondo la Corte, peraltro, sono evidenti i nessi di complementarità intercorrenti fra l'iscrizione in tali elenchi e le provvidenze della legge numero 118 del 1971 il citato art. 13 prevede infatti fra l'altro, che l'assegno agli invalidi civili di cui al precedente comma può essere revocato su segnalazione degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, qualora risulti che i beneficiari non accedano a posti di lavoro adatti alle loro condizioni fisiche . Quest'ultimi sono gli uffici addetti agli elenchi speciali previsti dall'art. 19 della legge numero 482 del 1968, ai quali debbono essere rivolte le richieste di assunzione da parte delle imprese tenute alle assunzioni obbligatorie. Ove l'invalido che chiede l'assegno di cui all'art. 13 della legge numero 118 del 1971 fosse svincolato dall'onere di iscrizione nelle speciali liste di collocamento, il meccanismo delineato dal secondo comma dello stesso articolo sarebbe destinato a rimanere pressoché inattuato, venendo meno i presupposti che consentono ai suddetti uffici di rilevare il mancato accesso degli invalidi alle opportunità di lavoro loro offerte. L'obbligo di iscrizione nelle liste di collocamento di cui all'art. 19 legge numero 482 del 1968 trova fondamento nell'aspirazione del lavoratore invalido ad essere avviato al lavoro sulla base di un canale privilegiato, e ad essere destinato ad una attività lavorativa compatibile con le sue ridotte condizioni fisiche cfr., Cass. 19 gennaio 1999 numero 473 . 5. Tale principio non può trovare applicazione nei confronti degli invalidi ultracinquantacinquenni ma infrasessantacinquenni non aventi diritto, ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge numero 482 del 1968, all'iscrizione nelle liste predette cfr., ex multis, Cass. numero 9604 del 1997 numero 4555 del 2002, numero 11977 del 2014 , essendosi osservato che il richiamato principio affermato dalle Sezioni Unite, presupponendo la giuridica possibilità di iscrizione negli elenchi dell'art. 19 della legge numero 482 del 1968, non è utilizzabile con riguardo ai soggetti per i quali tale iscrizione è preclusa, ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della stessa legge, per il superamento del cinquantacinquesimo anno di età. A tale ipotesi l'art. 1, comma, 2, legge numero 482 del 1968, affianca quella di coloro che abbiano perduto ogni capacità lavorativa, o che, per la natura ed il grado della loro invalidità, possono riuscire di danno alla salute e alla incolumità dei compagni di lavoro o alla sicurezza dei compagni cfr., Cass. numero 2564 del 2001, citata Cass.,numero 11977 del 2014 . 6. In particolare, nella vigenza della legge numero 482 del 1968, veniva chiarito che ai fini dell'attribuzione dell'assegno mensile di invalidità la incollocazione al lavoro assumeva due diversi significati rispettivamente per gli invalidi infracinquantacinquenni e per gli invalidi che avessero, invece, superato i cinquantacinque anni di età ma non ancora i sessantacinque, questo essendo il limite preclusivo per beneficiare della prestazione in argomento . Con riguardo ai primi, infatti, per incollocato al lavoro deve intendersi colui che, essendo iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio, non abbia trovato una occupazione compatibile con le sue condizioni psico-fisiche a nulla rilevando il fatto che non abbia ancora ottenuto il riconoscimento della percentuale di riduzione della sua capacità di lavoro da parte delle competenti commissioni sanitarie, ma essendo comunque necessaria, in questo caso, la presentazione della domanda di iscrizione nelle predette liste, non potendosi supplire alla mancanza di tale elemento con la prova dello stato di disoccupazione . Con riferimento, invece, agli invalidi ultracinquantacinquenni ma infrasessantacinquenni - che non hanno diritto all'iscrizione nelle suddette liste – l’ incollocazione al lavoro deve essere intesa come stato di effettiva disoccupazione o non occupazione ricollegato ad una riduzione di capacità di lavoro che di detto stato è causa e che non consente il reperimento di una occupazione adatta alla ridotta capacità lavorativa dell'invalido la cui prova può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni , senza che sia necessaria alcuna iscrizione o la domanda di iscrizione nelle liste del collocamento ordinario Cass., numero 28852 del 2008 . 7. La necessità dell'iscrizione alle liste speciali è stata ribadita anche in presenza della sopravvenienza della legge numero 68 del 1999, che ha abrogato a decorrere dal 17 gennaio 2000 la legge numero 482 del 1968, introducendo per i soggetti disabili il collocamento mirato , previsto dall'art. 2, e la specifica disciplina di cui al successivo art. 8. La disciplina in questione risulta più complessa di quella dettata dalla legge numero 482 del 1968, perché, in base alla stessa, si può richiedere l'iscrizione negli elenchi previsti dall'art. 8 solo se è stata esperita una fase preliminare volta all'accertamento dei requisiti sanitari previsti dal primo comma dell'art. 1 della medesima legge numero 68 del 1999. Come sottolineato dalla S.C., la novella ha ancor più accentuato il rilievo da attribuire all'iscrizione o alla domanda di iscrizione nelle liste speciali abolendo, da un lato, il limite di età per usufruire del collocamento obbligatorio ed essendo, dall'altro, finalizzata a favorire l'attuazione di un collocamento mirato degli invalidi, la cui buona riuscita presuppone, appunto, l'iscrizione nelle suddette liste. Cass. numero 7432 del 2000, numero 8573 del 2000 . Essendo rimaste identiche le finalità a cui tende la prescrizione dell'incollocazione al lavoro quale requisito per il conseguimento dell'assegno di invalidità, questa Corte ha affermato, anche nella nuova disciplina di cui alla legge numero 68 del 1999, che non prevede più il limite dei cinquantacinque anni ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale, la necessità dell'iscrizione o quanto meno della domanda di iscrizione dell'invalido nell'elenco speciale cfr., Cass., numero 12916 del 2009, numero 5085 del 2012, numero 9155 del 2012, che pongono in evidenza come nella vigenza della legge numero 68 del 1999 assuma rilievo il limite del sessantacinquesimo anno di età, quale età lavorativa con identica valenza sia per l'uomo che per la donna, indipendentemente dalla diversa età pensionabile . 7.1. Tuttavia le novità relative alla procedura di iscrizione di cui alla legge numero 68 del 1999, hanno fatto affermare a questa Corte, nel confermare la necessità dell'iscrizione nelle liste speciali, che il disabile che richiede l'assegno d'invalidità civile deve provare non solo di non aver lavorato, ma anche di essersi attivato per essere avviato al lavoro nelle forme riservate ai disabili. Questa attivazione, sino a quando le commissioni mediche competenti all'accertamento delle condizioni sanitarie per l'iscrizione negli elenchi non si sono pronunciate circostanza prodromica all'iscrizione nelle liste speciali , può essere provato dimostrando di aver richiesto detto accertamento una volta intervenuto l'accertamento positivo, dimostrando di essere stato iscritto negli elenchi o quanto meno di aver richiesto l'iscrizione Cass., numero 9502 del 2012, numero 19833 del 2013 . 8. L'art. 13 è stato sostituito dal comma 35 dell'art, 1, della 24 dicembre 2007, numero 247. In particolare, in ragione della novella, l'assegno è concesso agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantacinquesimo, anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste. Con la modifica introdotta dalla citata legge numero 247 del 2007, art. 1, comma 35, il requisito occupazionale è cambiato non si richiede più la incollocazione al lavoro , ma semplicemente lo stato di inoccupazione, in quanto la legge individua il requisito in questi termini disabili che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste . Tra i due concetti vi è evidente differenza, perché il disabile incollocato al lavoro, come si è detto, non è semplicemente disoccupato è il disabile che, essendo privo di lavoro, si è iscritto o ha chiesto di iscriversi negli elenchi speciali per l'avviamento al lavoro e ha, quindi, attivato il meccanismo per l'assunzione obbligatoria. Come si è accennato la novella, che si è riportata per ragioni di completezza della disciplina in esame, non trova, tuttavia, applicazione, ratione temporis, nel caso di specie. 9. Così ricostruito il quadro normativo, rileva il Collegio che la Corte d'Appello nel ritenere l'incollocazione elemento costitutivo del diritto all'assegno d'invalidità, con la conseguente necessità dell'iscrizione negli elenchi speciali, ove ciò sia possibile, senza che quest'ultima possa essere supplita da altri mezzi di prova, ha fatto corretta e congrua applicazione della giurisprudenza, consolidata, di legittimità sopra richiamata. Correttamente, quindi, il giudice di appello non ha dato corso alle richieste istruttorie relative alla sussistenza della condizione di casalinga, il cui accertamento non integrando alcune delle ipotesi di deroga al suddetto principio, non avrebbe escluso la necessità dell'iscrizione, né ha esercitato i propri poteri officiosi ex art. 437 cpc, e ha, altresì, ritenuto che la condizione di casalinga non fosse assimilabile a quella dello studente maggiorenne invalido parziale. 9.1. La ricorrente nel censurare la sentenza della Corte d'Appello, come si è riportato in sintesi nell'illustrare il motivo di ricorso, per sostenere l'esclusione della necessità di iscrizione agli elenchi speciali, prospetta l'assimibilità della posizione della casalinga ai lavoratori domestici è richiamata Cass., numero 11487 del 1999 , per i quali l'iscrizione al collocamento non è esclusa ma neanche è obbligatoria. Occorre precisare che la disciplina del rapporto di lavoro domestico si rinviene negli artt. 2240-2246 cc, nella legge numero 339 del 1958, nel d.P.R. numero 1403 del 1971 e nel CCNL di settore. Ai sensi dell'arti, secondo periodo, della citata legge numero 339 del 1955, s'intendono per addetti ai servizi personali domestici i lavoratori di ambo i sessi che prestano a qualsiasi titolo la loro opera per il funzionamento della vita familiare sia che si tratti di personale con qualifica specifica, sia che si tratti di personale adibito a mansioni generiche. Il successivo art. 2 stabilisce che l'assunzione del personale domestico avviene direttamente. 9.2. Il principio richiamato dalla ricorrente secondo il quale i lavoratori subordinati addetti ai servizi familiari rapporto di lavoro domestico , per i quali l'iscrizione al collocamento non è esclusa ma neanche è obbligatoria, possono dimostrare il loro stato di incollocazione al lavoro con gli ordinari mezzi di prova, comprese le presunzioni, dato che per detti lavoratori l'iscrizione al collocamento obbligatorio o la relativa richiesta sarebbe diretta al solo scopo di precostituire la prova formale del requisito della incollocabilità, è stato espressamente ritenuto non applicabile alla casalinga, che tale non è Cass. numero 11487 del 1999, numero 12036 del 2003 . Ad avviso del Collegio, premesso che i compiti della casalinga risultano di maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un lavoratore domestico, possono ricomprendere o meno lo svolgimento in proprio delle faccende domestiche cfr, 17977 del 2007, Cass. numero 16896 del 2010 , e sono compatibili con lo svolgimento anche di attività lavorativa retribuita alle dipendenze di terzi o lavoro autonomo cfr., Cass., numero 18092 del 2005 , la rilevante differenza fra la casalinga ed il lavoratore domestico riguarda il regime di prestazione dell'attività, che per la casalinga non si svolge nell'ambito di un rapporto di lavoro, non prevede subordinazione né retribuzione, bensì è svolta a mero titolo di assistenza e solidarietà familiare. Tali significativa differenza esclude che si possano assimilare la casalinga e il lavoratore subordinato addetto ai servizi familiari, di cui alla giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, ai fini delle modalità di attestazione dell'incollocamento al lavoro di cui all'art. 13, comma 1, della legge numero 118 del 1971. 9.3. Ciò, peraltro, non incrina la consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale fa riferimento la ricorrente, che ritiene risarcibile alla casalinga il danno per la menomazione della propria attività, e ai congiunti il danno subito per la riduzione o la perdita delle prestazioni attinenti alla cura ed assistenza fornite dalla casalinga, le quali, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente Cass., numero 22909 del 2012 . 9.4. Né la posizione della casalinga è assimilabile a quella dello studente maggiorenne invalido parziale, in quanto in ordine a quest'ultimo non si è esclusa tout court la necessità dell'iscrizione negli elenchi, ma si è ritenuto che la stessa potesse essere integrata dalla frequenza scolastica, idonea a dimostrare la volontà di inserirsi convenientemente nel mondo del lavoro, senza adagiarsi passivamente sulla propria condizione di invalido. Ed infatti, la Corte costituzionale con la sentenza numero 329 del 2002, ha affermato che l'interpretazione dell'art. 13, comma 1, che permette di considerare l'ipotesi della frequenza scolastica come condizione per la fruizione dell'assegno mensile per l'invalido maggiorenne, in quanto rivolta a favorire il diritto all'istruzione contro ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona umana, si rivela funzionale ad un più proficuo successivo inserimento nella società e nel mondo del lavoro. La norma, così ricavata, risponde senz'altro allo scopo prioritario della legislazione in tema di soggetti disabili rivolta a favorire una effettiva integrazione lavorativa, valorizzando le abilità residue di soggetti affetti da gravi minorazioni. Questa Corte, con la sentenza numero 2034 del 2006, ha condiviso, tale interpretazione, costituzionalmente orientata, ed ha affermato l'equiparazione della regolare frequenza scolastica in scuole dell'ordinamento scolastico dello Stato, all'iscrizione nelle liste di collocamento, ai fini della incollocabilità, in quanto entrambi i comportamenti dimostrano la volontà di inserirsi convenientemente nel mondo del lavoro, senza adagiarsi passivamente sulla propria condizione di invalido. Da una parte, non si può pretendere che l'invalido già menomato fisicamente si sobbarchi, durante la frequenza scolastica, all'eventuale lavoro derivante dal collocamento obbligatorio dall'altra la frequenza scolastica è propedeutica al lavoro come l'iscrizione nelle liste degli invalidi. 10. Le argomentazioni sopra esposte escludono la non manifesta infondatezza del dubbio di costituzionalità prospettato, peraltro, in modo generico e senza la formulazione del quesito di diritto, dalla ricorrente cfr., Cass., numero 1707 del 2013 , in riferimento agli artt. 2, 3, comma 2, 31, comma 1, e 32, Cost., in relazione alla diverse condizioni dell'incollocamento per la casalinga e per lo studente maggiorenne invalido parziale. 11. Il ricorso deve essere rigettato. 12. Nulla spese nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze rimasto intimato. Nulla spese nei confronti dell'INPS ai sensi dell'art. 152, disp. att. cpc, nel testo anteriore alla novella introdotta dall'art. 42, comma 11, del decreto-legge 30 settembre 2003 numero 269, applicabile ratione temporis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.