Anche se dura anni, la trasferta resta trasferta

Non osta al requisito della temporaneità della trasferta il protrarsi dello spostamento del lavoratore per un lungo periodo di tempo, finanche di alcuni anni, ogniqualvolta permanga un legame funzionale del dipendente con l’originaria sede di lavoro.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 18479, depositata il 1° settembre 2014. Il caso. La Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, riteneva che le somme corrisposte da una nota testata giornalistica ad alcuni propri corrispondenti inviati in trasferta all’estero a titolo di rimborso del canone di locazione, biglietti aerei ai fini delle ferie, spese scolastiche per i figli, pagamento utenze domestiche, ecc. , fossero da assoggettare analogicamente allo stesso trattamento di esenzione parziale previsto per le indennità di trasferta, poiché a tale ambito era da ricondursi l’invio all’estero dei lavoratori. Contro tale pronuncia l’INPGI proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. La trasferta consiste in un mutamento temporaneo della sede di lavoro. In particolare, l’Ente lamentava la violazione, da parte della sentenza impugnata, dell’art. 12 l. n. 153/1969 e degli artt. 46 e 48 TUIR, per avere applicato in via analogica alle erogazioni in esame lo stesso trattamento previsto per la diversa ipotesi dell’indennità di trasferta, nonostante l’elencazione degli elementi esclusi dalla base imponibile – fiscale e previdenziale – sia da considerarsi tassativa. Sotto altro profilo, l’INPGI riteneva che la mera fissazione di un termine all’assegnazione all’estero del giornalista non fosse sufficiente a qualificare il provvedimento datoriale come trasferta dovendo invece quest’ultimo intendersi, in ragione della sua lunga durata e della perdurante esigenza aziendale di coprire quelle determinate posizioni di lavoro all’estero, a tutti gli effetti come un trasferimento con conseguente inapplicabilità della summenzionata disciplina. Motivi che non vengono condivisi dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ritiene infatti la Corte, richiamando taluni suoi precedenti ex plurimis Cass. n. 6240/2006 , che la differenza tra trasferta e trasferimento non si trovi nella durata del mutamento della sede di lavoro, bensì nella i temporaneità in luogo della definitività del mutamento, indipendentemente dalla relativa tempistica e nel ii permanere di un legame funzionale del lavoratore con l’originaria sede. Deve permanere un legame con la sede di origine . Nel caso di specie, i Giudici di merito avevano adeguatamente valorizzato i requisiti che qualificavano la fattispecie in esame come trasferta in quanto, oltre all’indicazione della durata predeterminata dell’assegnazione all’estero, avevano anche valutato il persistente legame con la sede di origine, rinvenuto nell’espressa indicazione - nella relativa comunicazione aziendale – che all’esito del periodo di assegnazione all’estero il giornalista avrebbe potuto esservi confermato o tornare alla sede precedente . Ê irrilevante l’esigenza aziendale nella sede di destinazione. In questo contesto, prosegue la Corte, è irrilevante la perdurante esigenza aziendale di coprire una determinata posizione di lavoro, in quanto tale necessità – estranea al rapporto tra le parti – ben può essere soddisfatta sia con reiterate assegnazioni in trasferta dello stesso o di diverso dipendente, quanto con l’assegnazione fissa di un unico dipendente . L’ indennità di trasferta non è costituita dalla sola diaria. Sotto altro profilo, la Cassazione – correggendo la motivazione della pronuncia di merito, che aveva erroneamente fatto ricorso ad una vietata interpretazione analogica, poiché i titoli in relazione ai quali vi è esenzione totale o parziale dalla contribuzione non possono essere ampliati né in via analogica né tramite interpretazione estensiva - afferma che la disciplina recata dalla l. n. 153/1969 e dal TUIR si riferisce al trattamento economico di trasferta prescindendo dal nomen iuris utilizzato dalle parti, con l’effetto che costituiscono trattamento o indennità di trasferta tutte quelle erogazioni causalmente collegate al disagio e/o ai maggiori oneri economici anche per l’eventuale necessità di portare con sé la famiglia che il lavoratore affronta allorquando gli venga mutata per un tempo determinato la destinazione di servizio .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 luglio – 1° settembre 2014, n. 18479 Presidente Macioce – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 17.9.10 la Corte d'appello di Roma riformava parzialmente - per quel che interessa nella presente sede - la pronuncia di primo grado del Tribunale capitolino che aveva integralmente rigettato l'opposizione della S.p.A. Il Sole 24 ore contro il verbale di accertamento n. 503/01 con il quale l'INPGI aveva rilevato delle irregolarità contributive in relazione al lavoro prestato da alcuni corrispondenti dall'estero per conto della suddetta società. Statuiva la Corte territoriale l'applicazione, sia pure in via equitativa, dello stesso trattamento di esenzione parziale stabilito dall'art. 48 TUIR per una serie di somme canone locativo, biglietti aerei a fini di ferie, spese scolastiche per i figli, pagamento utenze domestiche, spese assicurative per la casa etc. versate ai predetti giornalisti, sul presupposto che la loro permanenza all'estero fosse avvenuta in via di trasferta, sebbene di lunga durata. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'INPGI affidandosi a quattro motivi. La S.p.A. Il Sole 24 ore resiste con controricorso e a sua volta spiega ricorso incidentale basato su un solo motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi perché aventi ad oggetto la medesima sentenza. Il ricorso principale. 1.1. - Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 12 legge n. 153/69, del d.lgs. n. 314/97, nonché degli artt. 46 e 48 co. 5 TUIR approvato con d.P.R. n. 917/86, nella parte in cui la sentenza impugnata ha in sostanza applicato in via analogica, sia pure attraverso una dichiarata valutazione equitativa, anche ai rimborsi per canone locativo, biglietti aerei a fini di ferie, spese scolastiche per i figli, pagamento utenze domestiche, spese assicurative per la casa etc., lo stesso trattamento di esenzione contributiva parziale che l'art. 48 TUIR stabilisce in ordine alla diversa ipotesi dell'indennità di trasferta, nonostante che - per espressa disposizione di legge - l'elencazione degli elementi esclusi dalla base imponibile sia tassativa. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione per avere la Corte territoriale apoditticamente affermato che, nel caso dei corrispondenti esteri della S.p.A. Il Sole 24 ore , sia chiara la volontà di destinarli solo in via temporanea alla sede estera, mentre in realtà - si obietta in ricorso - la documentazione in atti dimostra esattamente il contrario. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 2114 e 2115 c.c. e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale negato che nel caso di specie i giornalisti siano stati trasferiti e per aver invece ritenuto che la mera fissazione di un termine all'assegnazione all'estero del corrispondente sia sufficiente a connotarla come trasferta, indipendentemente dalla sua durata e dal carattere transitorio o permanente dell'esigenza aziendale di coprire una determinata posizione di lavoro in un paese diverso dal nostro. Con il quarto motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione, degli artt. 432 c.p.c. e 2115 c.c. per avere la gravata pronuncia operato una valutazione secondo equità sostanzialmente elusiva del divieto di applicazione analogica pur riconosciuto dalla stessa Corte territoriale in materia di obblighi previdenziali, nonostante che l'importo dei contributi sia inderogabilmente fissato dalla legge. 1.2. - I motivi del ricorso principale - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - sono infondati. L'accertamento del carattere transitorio o tendenzialmente stabile dell'assegnazione d'un lavoratore all'estero - ovvero dell'essere avvenuta tale assegnazione in via di trasferta o di trasferimento - è riservato al concreto apprezzamento del giudice di merito, così come lo è quello concernente la natura retributiva, risarcitoria o mista dei trattamenti economici aggiuntivi attribuiti al lavoratore che, alle dipendenze di un datore di lavoro italiano, presti la propria opera al di fuori dei confini nazionali. Si tratta di giudizi di fatto che, se congruamente motivati, non sono censurabili in sede di legittimità cfr., ex aliis , Cass. n. 3278/04 . È quanto ha fatto l'impugnata sentenza, che con motivazione immune da vizi logico-giuridici ha valorizzato - ai fini della qualificazione come trasferte delle destinazioni all'estero de quibus - i requisiti che caratterizzano la trasferta secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, vale a dire la previa fissazione d'un termine di durata della destinazione all'estero alla cui scadenza era prevista la possibilità di una nuova e diversa e il permanente legame dei corrispondenti con l'originaria sede di servizio. Ha altresì ritenuto - sempre con motivazione non censurabile in questa sede - che le somme pagate dalla S.p.A. Il Sole 24 ore ai propri corrispondenti esteri per canone locativo, biglietti aerei a fini di ferie, spese scolastiche per i figli, pagamento di utenze domestiche, spese assicurative per la casa etc. avessero natura mista in quanto rientranti nel trattamento di trasferta. Obietta il ricorrente principale che la durata - biennale, poi prorogata - dell'incarico all'estero per i suddetti corrispondenti è tale da confermare che si è trattato di una vera e propria stabile assegnazione e non di una mera trasferta. Ma in contrario deve ricordarsi che - come già questa S.C. ha avuto modo di affermare - non osta al requisito della temporaneità della trasferta il protrarsi dello spostamento del lavoratore per un lungo periodo di tempo, anche per alcuni anni cfr. Cass. n. 6240/06 Cass. n. 14470/01 e ciò perché altro elemento qualificante della trasferta è quello ravvisato dalla gravata pronuncia, vale a dire il permanere d'un legame funzionale dei suddetti corrispondenti esteri con l'originaria sede lavorativa. È noto, invece, che nel trasferimento, a cagione della definitività della nuova collocazione aziendale, il legame con il luogo di provenienza viene meno. Nel caso di specie tale legame - da quanto emerge dalla sentenza impugnata e dalla stesse allegazioni contenute in ricorso - non risulta cessato, atteso che all'esito del periodo di assegnazione era espressamente previsto che il corrispondente all'estero potesse o esservi confermato o tornare alla sede precedente. Tale permanenza del legame con l'originaria sede, proprio perché fondata su una valutazione datoriale delle esigenze aziendali, non cessa per il pur lungo protrarsi della destinazione all'estero, nel caso in esame del lavoratore e non muta la natura dell'atto di gestione del rapporto, che resta una destinazione in trasferta e non un trasferimento. L'accertamento della concreta esistenza di questa permanenza, avendo per oggetto un fatto, rientra nei compiti del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità cfr. Cass. n. 14470/01 cit. , se correttamente motivato. Né il ricorrente principale ha allegato elementi ulteriori - tratti dal contratto individuale e/o da quello collettivo applicabile nel caso di specie - da cui ricavare possibili indici sintomatici della non temporaneità della destinazione all'estero connessi alle mansioni e alla qualifica di corrispondente estero come contrattualmente definite. Né è di per sé decisivo che la destinazione all'estero derivi da una perdurante esigenza aziendale di coprire una determinata posizione di lavoro, ben potendo tale necessità essere soddisfatta tanto con reiterate assegnazioni in trasferta dello stesso o di diverso lavoratore quanto con l'assegnazione fissa d'un unico dipendente. Il ricorso non può accogliersi nemmeno nella parte in cui prospetta un vizio di motivazione della sentenza impugnata a tale riguardo va notato che l'INPGI - al di là della deduzione dei motivi anche come censure di violazioni di legge - in sostanza invoca una nuova valutazione in punto di fatto delle risultanze di causa, nel momento in cui richiama il contenuto di determinati documenti e ne sollecita un nuovo e diverso apprezzamento rispetto a quello operato dalla gravata pronuncia. Ma per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema - da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi - il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c. nel testo ratione temporis applicabile nel caso in esame , sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico - formale la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione cfr., ex aliis , Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi . Né il ricorso isola come invece avrebbe dovuto singoli passaggi, argomentativi per evidenziarne l'illogicità o la contraddittorietà intrinseche e manifeste vale a dire tali da poter essere percepite in maniera oggettiva e a prescindere dalla lettura del materiale di causa , ma ritiene di poter enucleare vizi di motivazione dal mero confronto con i documenti prodotti, vale a dire attraverso un'operazione che suppone un accesso diretto agli atti ed una loro delibazione non consentiti in sede di legittimità. Le considerazioni che precedono impongono il rigetto del secondo e del terzo mezzo. Ancora da disattendersi sono le doglianze relative all'applicazione del regime di parziale esenzione contributiva ai rimborsi per canone locativo, biglietti aerei a fini di ferie, spese scolastiche per i figli, pagamento utenze domestiche, spese assicurative per la casa età a riguardo sostiene l’INPGI - con il primo e con il quarto mezzo - che a tali rimborsi la Corte territoriale avrebbe in sostanza applicato in via analogica, sia pure attraverso una dichiarata e non consentita valutazione equitativa, lo stesso trattamento di esenzione parziale che l'art. 12 legge n. 153/69, il d.lgs. n. 314/97 e gli artt. 46 e 48 TUIR prevedono in via tassativa alla sola e diversa ipotesi dell'indennità di trasferta. In realtà - e a tale proposito si corregge nei termini che seguono, ex art. 384 ult. co. c.p.c., la motivazione dell'impugnata sentenza - la disciplina legislativa si riferisce al trattamento economico di trasferta prescindendo dal nomen iuris adoperato dalle parti, nel senso che costituiscono trattamento o indennità di trasferta non le erogazioni che vengano formalmente definite come tali dalle parti, ma quelle che siano causalmente collegate al disagio e/o ai maggiori oneri economici anche per l'eventuale necessità di portare con sé la famiglia che il lavoratore affronta allorquando gli venga mutata, per un tempo determinato, la destinazione di servizio. Tutte le erogazioni economiche di tal fatta rientrano nel concetto di indennità di trasferta, che può essere composta tanto da un'unica quanto da plurime voci come nel caso in esame . In altre parole, il regime di parziale esenzione contributiva ripete la propria legittimità dalla pura e semplice applicazione delle summenzionate disposizioni normative e non da una loro applicazione analogica o da una valutazione equitativa del giudice ex art. 432 c.p.c. come erroneamente affermato dalla gravata pronuncia . Non a caso, già con sentenza 19.8.03 n. 12155 questa S.C. ha avuto modo di statuire che le eccezioni al principio fissato dall'art. 12 co. 1 legge n. 153/69 secondo il quale costituisce retribuzione imponibile ai fini della contribuzione assicurativa ogni erogazione fatta dai datori di lavoro a favore dei lavoratori in dipendenza del rapporto di lavoro hanno carattere tassativo, sicché i titoli in relazione ai quali vi è esenzione totale o parziale dalla contribuzione, indicati nel co. 2 dello stesso art. 12, non possono essere ampliati né in via analogica né tramite interpretazione estensiva v. anche, più di recente, Cass. 9.11.10 n. 22739, che ha ribadito che nella retribuzione imponibile a fini previdenziali, a norma della legge n. 153/69, nel testo vigente fino al 31.12.97, poi sostituito dal d.lgs. 2.9.97 n. 314, devono essere comprese tutte le erogazioni, in denaro o in natura, provenienti dal datore di lavoro, che trovino la propria giustificazione nella costanza del rapporto, con la sola esclusione delle somme erogate per uno dei titoli tassativamente elencati nel capoverso della norma . Da ultimo, dall'art. 2115 c.c. è agevole evincere che non è consentita alcuna valutazione equitativa nella determinazione dell'importo dei contributi e, quindi, della relativa base imponibile in ciò si concorda con quanto sostenuto dall'INPGI riguardo al fatto che il contrario avviso di Cass. n. 2579/86 è isolato e remoto ma ciò non basta - in ragione delle assorbenti osservazioni che precedono - all'accoglimento del ricorso principale . Il ricorso incidentale. 2.1. - Con unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 116 legge n. 388/2000 per avere l'impugnata sentenza escluso il più favorevole regime sanzionatorio di cui a tale norma sol perché l'INPGI, in quanto ente privatizzato, avrebbe il potere di adottare autonome deliberazioni a riguardo, nonostante che tale pretesa natura privatistica dell'INPGI sia smentita dalla giurisprudenza di questa S.C 2.2. - Il motivo è infondato. Questa S.C. ha ripetutamente statuito, con orientamento ormai consolidato, che in caso di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani INPGI , privatizzato ai sensi del d.lgs. n. 509/94, la disciplina sanzionatoria prevista dall'art. 116 legge n. 388/2000 non si applica automaticamente, poiché l'istituto, per assicurare l'equilibrio del proprio bilancio obbligo previsto dall'art. 2 del citato d.lgs. , ha il potere di adottare autonome deliberazioni in materia di regime sanzionatorio e di condono per inadempienze contributive ed in questo quadro rientra anche la possibilità di modulare il contenuto ed il tempo iniziale di efficacia del predetto art. 116 . Si tratta di deliberazioni assoggettate ad approvazione ministeriale ai sensi dell'art. 3, co. 7, cit. d.lgs. n. 509/94, pur avendo l'istituto l'obbligo, alla stregua dell'art. 76 della summenzionata legge n. 388/2000, di coordinare l'esercizio di questo potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza obbligatoria, sia generali che sostitutive cfr. Cass. 18.1.13 n. 1233 Cass. 6.6.11 n. 12208 Cass. 16.10.07 n. 21612 Cass. 12.5.06 n. 11023 . A tale principio si è correttamente attenuta la gravata pronuncia. La sentenza 16.7.08 n. 19496 delle S.U. di questa S.C., invocata dalla ricorrente incidentale, pur qualificando l'INPGI come ente pubblico, non smentisce però il nucleo dell'argomentazione della giurisprudenza sopra menzionata, che è quello di consentire all'INPGI medesimo, al fine di assicurare l'equilibrio del proprio bilancio così come previsto dall'art. 2 d.lgs. n. 509/94, autonome deliberazioni in materia di regime sanzionatorio e di condono per inadempienze contributive. 3.1. - In conclusione, entrambi i ricorsi sono da rigettarsi, il che consiglia di compensare per intero fra le parti le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Compensa per intero fra le parti le spese del giudizio di legittimità.