Il datore di lavoro dei carcerati è sempre il Ministero della Giustizia: no alla rivalutazione monetaria

Nessuna rivalutazione monetaria per i crediti vantati dai carcerati per i lavori svolti anche in esecuzione di commesse esterne all’interno degli istituti penitenziari, in quanto ciò non esclude che i rapporti di lavoro intercorrano con il Ministero della Giustizia, quale centro di direzione e coordinamento delle strutture aziendali esterne.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17869, depositata in data 11 agosto 2014. Il caso. La Corte di Appello di Roma rigettava il gravame proposto dal Ministero della Giustizia avverso la decisione di primo grado che lo aveva condannato al pagamento, in favore di tre lavoratori, delle somme a titolo di 13° mensilità e della quota dei 3/10 della mercede carceraria. Con la medesima sentenza veniva, inoltre, rigettato l’appello incidentale dei lavoratori che avevano censurato il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulle somme attribuite ai tioli anzidetti. Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso i lavoratori. Il riconoscimento della rivalutazione monetaria. Per quanto concerne il riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla mercede carceraria oggetto della pronuncia di condanna, la Corte di Cassazione osserva che già in passato è stata evidenziata la rilevanza dello svolgimento del rapporto di lavoro carcerario nell’ambito di una struttura aziendale, che fa capo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e che rileva ai fini del radicamento della competenza territoriale Cass., n. 18695/09 . Il rapporto di lavoro con il Ministero della Giustizia. L’aspetto privatistico dell’organizzazione del lavoro, che si svolge anche in esecuzione di commesse esterne all’interno dei singoli istituti penitenziari, non esclude che il Ministero della Giustizia sia il centro di direzione e coordinamento delle strutture aziendali che a detti istituti fanno capo e che i rapporti di lavoro intercorrano col Ministero Cass., n. 18309/09 . A ciò consegue che debba ritenersi corretta la qualificazione pubblica dell’amministrazione nel cui ambito operano i carcerati, che determina il regime degli accessori. Non solo non è controverso che i rapporti di lavoro oggetto di controversia, pur svolgendosi all’interno dei singoli istituti penitenziari, siano intercorsi con il Ministero della Giustizia, ma quest’ultimo, tramite il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, esercita un ruolo fondamentale su rilevanti aspetti organizzativi dell’attività produttiva realizzata nei singoli istituti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 giugno – 11 agosto 2014, n. 17869 Presidente Roselli – Relatore Arienzo Svolgimento del processo Con sentenza del 10.2.2012, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame proposto dal Ministero della Giustizia avverso la decisione di prime cure con la quale quest'ultimo era stato condannato al pagamento, in favore di R.E., O.C. e F.C., delle somme a titolo di 13° mensilità e della quota dei 3/10 della mercede carceraria, oltre interessi legali, ed era stato rigettato l'appello incidentale dei lavoratori che avevano censurato il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulle somme attribuite ai titoli anzidetti. Rilevava la Corte che la mancata indicazione, da parte del Ministero, dei giudice territorialmente competente rendeva non accoglibile l'eccezione formulata di incompetenza per territorio e che, comunque, nella controversie relative al rapporto di lavoro delle persone detenute all'interno degli istituti penitenziari non era applicabile il criterio della competenza funzionale di cui all'art. 413, V comma, c.p.c per i rapporti di pubblico impiego, ma erano applicabili i criteri previsti dall'art. 413, II comma, c.p.c., svolgendosi tali prestazioni nell'ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, il cui carattere limitato non ne impediva l'utilizzazione per radicare la competenza territoriale, agendo il Ministero attraverso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria per gli aspetti organizzativi dell'attività produttiva realizzata nei singoli istituti e venendo pertanto in rilievo, quale criterio di collegamento ai fini dell'individuazione dei giudice competente, la sede dell'azienda. Per quel che interessa nel presente giudizio, era disattesa la censura formulata nel ricorso incidentale, sostenendosi che il diritto alla rivalutazione monetaria sulle somme corrisposte non era da riconoscere per la natura pubblica dell'amministrazione datrice di lavoro, in base al disposto dell'art. 22 comma 36 l. 724/94. La Corte condannava, infine, l'appellante alla rifusione in solido agli appellati delle spese del grado . Con ordinanza del 30.11.2012, la stessa Corte d'appello, sull'istanza di correzione di errore materiale avanzata dal Ministero, rilevava che non era stata indicata una omissione, di un errore materiale o di calcolo nel capo del dispositivo sulle spese, ma un errore di diritto quanto alla liquidazione in solido delle spese di giudizio, e che l'errore non rientrava tra i casi previsti dall'art. 287 c.p.c. Per la cassazione di tale decisione ricorrono i lavoratori con unico motivo, illustrato nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Il Ministero è rimasto intimato. Motivi della decisione I ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell'art. 429, III comma, c.p.c. e dell'art. 22, comma 36, della legge 724/94, nonché dell'art. 11, comma I, del R.D. 16 marzo 1942, n. 262 Disposizioni sulla legge in generale , oltre che della sentenza della Corte Cost. 459/00, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., sostenendo che il rapporto di lavoro con il Ministero sia di natura privatistica e che pertanto debba aversi riguardo a quanto statuito dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'art. 22, comma 36, della l. 724/94 limitatamente alle parole e privati , a ciò conseguendo che doveva trovare accoglimento il proposto ricorso incidentale. Sotto diverso versante, pur ritenendo assorbente il primo rilievo, rilevano che, non avendo la legge effetto retroattivo, i diritti azionati, relativi a pretese economiche maturate in periodi anteriori al 1994, non potevano rientrare nella sfera di operatività dell'art. 22, comma 36, l. 724/94, sicché era dovuta la chiesta rivalutazione monetaria e gli interessi legali dovevano essere calcolati sul capitale rivalutato. Quanto all'ordinanza impugnata osservano che la locuzione in solido agli appellanti , riferita al pagamento delle spese di lite, non aveva un senso compiuto, poichè faceva seguito ad una motivazione nella quale si era argomentato sulla condanna dei Ministero alla rifusione delle spese dei grado, onde il dispositivo doveva considerarsi suscettibile di correzione di errore materiale. Il ricorso è infondato. Per quanto attiene alla doglianza relativa al riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla mercede carceraria oggetto della pronunzia di condanna, deve osservarsi che, con sentenza di questa Corte, n. 18695/2009, è stata evidenziata la rilevanza dello svolgimento del rapporto di lavoro carcerario nell'ambito di una struttura aziendale, che fa capo al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e che rileva ai fini del radicamento della competenza territoriale. L'aspetto privatistico dell'organizzazione dei lavoro, che si svolge anche in esecuzione di commesse esterne v. anche Cass. 18309/2009 all'interno dei singoli istituti penitenziari, non esclude che il Ministero della Giustizia sia il centro di direzione e coordinamento delle strutture aziendali che a detti istituti fanno capo e che i rapporti di lavoro intercorrano con il Ministero. A ciò consegue che debba ritenersi corretta la qualificazione pubblica dell'amministrazione nel cui ambito operano i carcerati, che determina il regime degli accessori. Ciò è in linea con quanto già affermato da questa Corte di legittimità, che ha rilevato come la pronuncia di accoglimento della Corte Costituzionale n. 459 del 2000, per la quale il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi non opera per i crediti retributivi dei dipendenti privati, ancorchè maturati dopo il 31 dicembre 1994, non può trovare applicazione per i dipendenti privati di enti pubblici non economici nella specie, lettori di lingua dell'Università degli Studi , per i quali ricorrono, ancorchè i rapporti di lavoro risultino privatizzati, le ragioni di contenimento della spesa Pubblica che sono alla base della disciplina differenziata secondo la ratio decidendi prospettata dal Giudice delle leggi. cfr. Cass. 10.1.2013, n. 535 Come si e' rilevato, non solo non è controverso che i rapporti di lavoro oggetto di controversia, pur svolgendosi all'interno dei singoli istituti penitenziari, siano intercorsi o intercorrano con il Ministero della Giustizia, ma quest'ultimo, tramite il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, esercita un ruolo fondamentale su rilevanti aspetti organizzativi dell'attivita' produttiva realizzata nei singoli istituti e deve considerarsi il centro di direzione e coordinamento delle strutture aziendali che a detti istituti fanno capo. Quanto alla dedotta antecedenza dei crediti azionati rispetto all'entrata in vigore della legge 724/94, deve osservarsi che non risulta specificato in modo da soddisfare il richiesto requisito dell'autosufficienza del motivo di ricorso quali siano gli anni di riferimento dei crediti, né ciò è rilevabile dalla documentazione allegata agli atti processuali, sicché, in mancanza di elementi idonei a fondare la generica deduzione sull'anteriorità dei crediti azionati, il rilievo deve ritenersi destituito di giuridica rilevanza. Con riferimento a quanto dedotto in ordine alla decisione sulle spese ed all'ordinanza con la quale la statuizione era dichiarata non suscettibile di correzione di errore materiale, deve rilevarsi l'inammissibilità della censura proposta in questa sede, in quanto inconferente rispetto alla condanna in favore degli appellati in solido, dovendo considerarsi in tal senso previsto in dispositivo il vincolo di solidarietà, non essendo logicamente presumibile altra interpretazione, se non quella della liquidazione unitariamente disposta in favore di più parti aventi la stessa posizione processuale, con parcella unica, quanto agli onorari, aumentabile fino venti per cento ai sensi dell'art. 5, comma quarto, del D.M. 31.10.1985 tariffe forensi . Il ricorso va, in conclusione, respinto. Nulla va statuito sulle spese dei presente giudizio, essendo il Ministero rimasto intimato. Va applicata, ration temporis e sussistendone i presupposti, la disposizione di cui all'art. 13, comma 1 quater, dei d.P.R. 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, dei d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.