L’impugnazione dell’avvocato non basta se manca la procura

Il licenziamento può essere impugnato anche da un avvocato sprovvisto di procura, a condizione, però, che il suo operato venga successivamente ratificato per iscritto dal lavoratore e che tale ratifica, come l’impugnativa, sia comunicata o notificata al datore di lavoro prima della scadenza del termine di decadenza di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione del licenziamento.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 9182, depositata il 23 aprile 2014. Impugna il licenziamento tramite il proprio avvocato, ma non comunica tempestivamente la procura l’impugnativa è valida? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio concernente l’impugnazione del recesso intimato al lavoratore nell’ambito di una procedura di riduzione di personale e messa in mobilità ai sensi della legge n. 223/1991. In particolare, il ricorrente eccepiva la mancata comunicazione ai sindacati, da parte del datore di lavoro, dei motivi tecnici ed organizzativi ostativi all’adozione di misure alternative, nonché dell’elenco dei lavoratori licenziati e delle modalità applicative dei criteri di scelta. La società convenuta, a sua volta, eccepiva l’intervenuta decadenza dall’impugnativa del licenziamento ed il giudice adito, accogliendo tale eccezione, dichiarava l’inammissibilità del ricorso ex art. 5, co. 3, l. n. 223/1991, in quanto il licenziamento era stato impugnato con un atto sottoscritto da un avvocato in relazione al quale l’istante non aveva comunicato al datore di lavoro la previa procura o la ratifica nel termine di sessanta giorni. La procura o la ratifica devono essere comunicati al datore entro 60 giorni dal licenziamento. La pronuncia in commento richiama il consolidato orientamento secondo cui, in tema di licenziamento individuale, l’impugnativa – che, secondo l’art. 6, l. n. 604/1966, deve essere proposta dal lavoratore a pena di decadenza entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’atto di recesso datoriale – costituisce un atto negoziale dispositivo e formale essendo richiesta la forma scritta ad substantiam che può essere posto in essere unicamente dal lavoratore medesimo oltre che dall’associazione sindacale, cui quest’ultimo aderisca, in forza del potere di rappresentanza ex lege previsto dall’art. 6 cit. o da un rappresentante del primo munito di specifica procura scritta e, quindi, anche da un terzo, ancorché avvocato o procuratore legale sprovvisto di procura, il cui operato venga successivamente ratificato dal lavoratore, sempre che tale ratifica rivesta la forma scritta e, come l’impugnativa, sia comunicata o notificata al datore di lavoro prima della scadenza del suddetto termine di decadenza cfr. Cass., S.U., n. 2179/1987 . Ne consegue che, ove l’impugnativa del licenziamento sia proposta dal legale del lavoratore senza il rilascio da parte di quest’ultimo della detta procura scritta, il successivo ricorso giudiziario – contenendo, con la relativa procura al difensore stesso che già abbia posto in essere il detto atto, la ratifica scritta del suo operato – deve essere notificato o comunicato al datore di lavoro nel termine di sessanta giorni di cui all’art. 6 cit Al licenziamento si applicano le norme sui contratti in quanto compatibili. La pronuncia in commento ribadisce, poi, che l’impugnativa del licenziamento è un atto giuridico non negoziale unilaterale tra vivi a contenuto patrimoniale, al quale si applicano, in base all’art. 1324 cod. civ., le norme sui contratti in quanto compatibili”. Nell’impugnazione, infatti, si esprime una generica volontà di reagire al licenziamento e di non accettarne le conseguenze, ma gli effetti che scaturiscono dalla suddetta impugnazione non sono ricollegati a detta volontà, ma derivano automaticamente” dalla legge. Il carattere non negoziale dell’atto di impugnativa non impedisce l’applicabilità delle norme generali sulla rappresentanza, che si applicano, giusta quanto stabilito dall’art. 1324 c.c., in quanto compatibili e tale deve ritenersi, secondo la costante giurisprudenza della Cassazione, la norma di cui all’art. 1392 c.c., per la quale si estende alla procura la forma scritta prevista per il contratto che il rappresentante deve concludere tale norma, infatti, risulta perfettamente compatibile con gli atti unilaterali. Al contrario, non è compatibile l’estensione della retroattività della ratifica ex 1399 c.c. all’impugnativa del licenziamento oltre il termine decadenziale previsto per tale atto, tale cioè da fare ritenere tempestiva detta ratifica anche allorquando essa sia stata notificata o comunicata al datore di lavoro oltre il termine di decadenza di sessanta giorni. Ed infatti, con riferimento al licenziamento, per la cui impugnativa vige il suddetto termine di sessanta giorni per evidenti esigenze relative alla definizione della sorte dei rapporti lavorativi, non pare compatibile l’instaurazione di una situazione di pendenza suscettibile di protrarsi ben oltre tale scadenza, con la conseguenza di lasciare al dominus il lavoratore licenziato , la piena disponibilità sui tempi e modi dell’impugnativa, in netto ed eclatante contrasto con l’assetto della disciplina sui licenziamenti cfr. Cass., n. 15888/2012 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 gennaio – 23 aprile 2014, numero 9182 Presidente Stile – Relatore Blasutto Svolgimento del processo Con ricorso al Giudice del lavoro di Nola, C.L. impugnava il licenziamento comunicatogli in data 18 aprile 2003 dalla società Cablauto s.r.l. nel contesto di una procedura di riduzione di personale e messa in mobilità della totalità dei dipendenti in forza presso lo stabilimento di omissis , dove operava anche il Coppola con mansioni di cablatore. Il ricorrente eccepiva la violazione dell'art. 4, commi 2, 3 e 9 della legge numero 223/91, non avendo la società datrice comunicato ai sindacati i motivi tecnici ed organizzativi ostativi all'adozione di misure alternative, né l'elenco dei lavoratori licenziati e le modalità applicative dei criteri di scelta. La società convenuta eccepiva l'intervenuta decadenza dall'impugnativa del licenziamento e il giudice adito, accogliendo tale eccezione, dichiarava l’inammissibilità del ricorso ex art. 5, comma 3, legge numero 223/91, in quanto il licenziamento era stato impugnato in data 14 giugno 2003 con un atto sottoscritto da un avvocato e in relazione al quale l'istante non aveva comunicato al datore di lavoro la previa procura o la ratifica nel termine di sessanta giorni. Il lavoratore proponeva appello deducendo che, ai fini della validità dell'impugnativa del licenziamento, era sufficiente che della procura al difensore fosse fatta menzione in tale atto, non essendo necessaria anche la consegna e/o comunicazione del documento che la conteneva. Con sentenza del 13 luglio 2010 la Corte di appello di Napoli, respinta preliminarmente l'eccezione di parte appellata che aveva dedotto di non avere mai ricevuto la lettera raccomandata recante l'impugnativa del licenziamento, rigettava il gravame del Coppola, richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui l'impugnativa del licenziamento - che deve essere proposta dal lavoratore entro il termine di decadenza di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione dell'atto di recesso datoriale - costituisce un atto negoziale dispositivo e formale che può essere posto in essere unicamente dal lavoratore o da un suo rappresentante munito di specifica procura scritta e quindi anche da un terzo, ancorché avvocato o procuratore sprovvisto di procura, il cui operato venga successivamente ratificato dal lavoratore sempre che tale ratifica rivesta la forma scritta e sia comunicata o notificata al datore di lavoro prima della scadenza del suddetto termine di decadenza. Osservava la Corte territoriale che, attesa la natura di atto negoziale dispositivo dell'impugnativa di cui all'art. 6 legge numero 604/66 e all'art. 5, comma terzo, della legge n 223/91, lo stesso può essere posto in essere da un terzo ma con l'osservanza delle norme in materia di rappresentanza ed in particolare dell'art. 1362 cod. civ., secondo cui la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per l'atto che il rappresentante deve concludere, e dell'art. 1399 cod. civ., in tema di ratifica dell'operato del rappresentante privo di potere, poiché in caso contrario sarebbe possibile porre in essere delle interposizioni senza la effettiva volontà dell'interessato, ovvero la possibilità di ratificare l'attività del falsus procurator senza apparenti limiti di tempo e con conseguente pregiudizio del destinatario dell'impugnativa, che si troverebbe esposto a dover subire un giudizio entro il limite quinquennale di annullabilità del contratto di cui all'art. 1442 cod. civ La tesi di parte appellante secondo cui basterebbe la rappresentazione della procura o della ratifica al datore di lavoro non garantirebbe né l'avente diritto, né tanto meno il destinatario dell'impugnativa circa l'effettività dei poteri negoziali. Per la cassazione di tale sentenza Coppola Luigi propone ricorso affidato a due motivi, cui resiste la società Cablauto s.r.l., che ha altresì proposto ricorso incidentale e depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6 legge numero 604/66 e dell'art. 5, comma 3, della legge numero 223/91 per avere la Corte di appello ritenuto necessario che fosse fornita al datore di lavoro, entro il termine di sessanta giorni, copia della procura rilasciata all'avvocato che aveva sottoscritto l'impugnativa ovvero l'atto di ratifica del suo operato, mentre, come osservato anche nella sentenza numero 11178/99 della Corte di cassazione, oggetto della comunicazione non è l'atto in sé, bensì la rappresentazione della sua effettiva esistenza, in quanto redatto in forma scritta e in data certa, dovendosi pure considerare che il rappresentante deve essere disponibile, in qualsiasi momento, a rilasciare copia dell'atto, ove richiesto dal terzo datore di lavoro art. 1393 cod. civ. , mentre ritenere necessaria la consegna materiale della procura al datore di lavoro nel termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione del licenziamento produrrebbe una ingiustificata duplicazione della tutela dell'affidamento datoriale e conseguentemente un arbitrario vulnus dei mezzi di tutela riconosciuti al prestatore, in violazione degli artt. 4 e 36 Cost Il suddetto onere era stato assolto nella specie, poiché l'impugnativa di cui si discute, seppure sottoscritta dal solo difensore, si apriva con la dicitura ricevo mandato , di per sé idonea a provare l'esistenza del mandato e la certezza del suo conferimento in data anteriore o coeva alla sottoscrizione. Con il secondo motivo si denuncia violazione delle medesime norme di legge, anche in relazione agli artt. 156 e 157 cod. proc. civ. per raggiungimento dello scopo dell'atto. Nel caso di specie, la soc. Cablauto, ricevuta la lettera raccomandata entro il termine di decadenza, non aveva eccepito alcunché al riguardo, sollevando la questione solo al momento della sua costituzione in giudizio, e soprattutto non aveva mai richiesto che fosse fornita la prova di tale requisito e, dunque, l'impugnativa aveva raggiunto lo scopo cui la stessa era diretta. I due motivi, che involgono questioni di diritto tra loro connesse e possono dunque essere trattati congiuntamente, sono infondati. Giova, innanzitutto, richiamare l'insegnamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza numero 2179 del 1987, secondo cui in tema di licenziamento individuale, l'impugnativa che - secondo il disposto dell'art. 6 della legge numero 604 del 1966 - deve essere proposta dal lavoratore a pena di decadenza entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione dell'atto di recesso del datore di lavoro, costituisce un atto negoziale dispositivo e formale essendo richiesta la forma scritta ad substantiam che può essere posto in essere unicamente dal lavoratore medesimo oltre che dall'associazione sindacale, cui quest'ultimo aderisca, in forza del potere di rappresentanza ex lege previsto dall'art. 6 cit. , da un rappresentante del primo munito di specifica procura scritta e quindi anche da un terzo, ancorché avvocato o procuratore legale sprovvisto di procura, il cui operato venga successivamente ratificato dal lavoratore sempre che tale ratifica rivesta la forma scritta e - come l'impugnativa - sia comunicata o notificata al datore di lavoro prima della scadenza del suddetto termine di decadenza. Consegue che, ove l'impugnativa del licenziamento sia proposta dal legale del lavoratore senza il rilascio da parte di quest'ultimo della detta procura scritta, il successivo ricorso giudiziario contenendo, con la relativa procura al difensore stesso che già abbia posto in essere il detto atto, la ratifica scritta del suo operato, deve essere notificato o comunicato al datore di lavoro nel termine di sessanta giorni di cui all'art. 6 cit. conf. Cass. nnumero 1231/88, 1036/90, 2785/90, 11812/90, 5611/97, 10712/97 e molte altre successive . È dunque principio del tutto pacifico in giurisprudenza che l'impugnativa del licenziamento, ove sia proposta dal legale del lavoratore e in applicazione delle norme generali sulla rappresentanza, in particolare della necessità che la procura abbia forma scritta ex art. 1392 cod. civ. , richiede che colui che si dichiara ed agisce come rappresentante sia munito di specifica preventiva procura scritta o successiva ratifica scritta, e che questi atti procura o ratifica siano portati a conoscenza del datore di lavoro entro il termine di decadenza di sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento. È stato poi ulteriormente precisato da questa Corte sentenza numero 2374/98 , muovendo dalla condivisione di tali principi delle S.U., che l'impugnativa del licenziamento è un atto giuridico non negoziale unilaterale tra vivi a contenuto patrimoniale, al quale si applicano, in base all'art. 1324 cod. civ., le norme sui contratti in quanto compatibili . Tale impugnativa configura una vera e propria opposizione , cioè un atto con cui si manifesta una volontà di resistenza nei confronti di un precedente atto messo in essere da altri nell'impugnazione, infatti, si esprime una generica volontà di reagire al licenziamento e di non accettarne le conseguenze, ma gli effetti che scaturiscono dalla suddetta impugnazione non sono ricollegati a detta volontà, derivando automaticamente per virtù di legge. In particolare l'impedimento della decadenza si verifica in favore del lavoratore a prescindere dallo specifico intento di realizzare detto effetto. Lo stesso tenore testuale dell'art. 6 legge numero 604/66 evidenzia come la volontà dell'impugnante funga da mero presupposto degli effetti regolati dall'ordinamento e non invece, come avviene negli atti negoziali, come causa diretta e determinante di effetti previsti e perseguiti dalle parti, e di cui l'ordinamento stesso assicuri la tutela sent. cit. . Il carattere non negoziale dell'atto di impugnativa non impedisce l'applicabilità delle norme generali sulla rappresentanza, che si applicano, giusta quanto stabilito dall'art. 1324 cod. civ., in quanto compatibili e tale deve ritenersi, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la norma di cui all'art. 1392 cod. civ., per la quale si estende alla procura la forma scritta prevista per il contratto che il rappresentante deve concludere, essendo tale norma perfettamente compatibile con gli atti unilaterali al contrario, non è compatibile l'estensione della retroattività della ratifica ex 1399 cod. civ. all'impugnativa del licenziamento oltre il termine decadenziale previsto per tale atto, tale cioè da fare ritenere tempestiva detta ratifica anche allorquando essa sia stata notificata o comunicata al datore di lavoro oltre il termine di decadenza di sessanta giorni. Con riferimento al licenziamento, per la cui impugnativa vige il suddetto termine di sessanta giorni per evidenti esigenze relative alla definizione della sorte dei rapporti lavorativi, non pare compatibile l'instaurazione di una situazione di pendenza suscettibile di protrarsi ben oltre tale scadenza, con la conseguenza di lasciare al dominus il lavoratore licenziato , la piena disponibilità sui tempi e modi dell'impugnativa in netto ed eclatante contrasto con l'assetto della disciplina sui licenziamenti. Sulla medesima linea interpretativa si pone la recente sentenza numero 15888 del 20 settembre 2012, secondo cui all'impugnativa del licenziamento ex art. 6 legge numero 604 del 1966 , che costituisce un atto giuridico non negoziale unilaterale tra vivi a carattere patrimoniale, si applicano le norme sui contratti in quanto compatibili. È quindi ammissibile l'impugnativa mediante un rappresentante investito del relativo potere con procura rilasciata in forma scritta, mentre deve escludersi la retroattività della ratifica dell'impugnativa fatta dal rappresentante senza poteri. Ne consegue che, anche la preventiva specifica procura o la successiva ratifica, cui è equiparata la proposizione del ricorso giudiziario con cui è impugnato il recesso datoriale, devono essere portate a conoscenza del datore di lavoro entro il termine di decadenza applicabile all'impugnativa del licenziamento. Parte ricorrente argomenta che, in tema di impugnativa di licenziamento, non è richiesto che la preventiva procura, anche ad litem , rilasciata al difensore o la successiva ratifica sia tempestivamente portata a conoscenza del datore di lavoro mediante la consegna di copia dell'atto, essendo sufficiente la comunicazione dell'esistenza dell'atto stesso e della sua data certa. Dunque, tale impugnativa potrebbe essere efficacemente eseguita in nome e per conto del lavoratore licenziato dal suo difensore previamente munito di apposita procura, senza che il suddetto rappresentante abbia l'onere di comunicarla o documentarla, nel termine di cui al citato art. 6, al datore di lavoro, salvo che questi non gliene faccia richiesta ai sensi dell'art. 1393 cod. civ., applicabile ex art. 1324 cod. civ. anche agli atti unilaterali. Il rappresentante non sarebbe tenuto ad indicare, nel negozio che pone in essere, la fonte del potere rappresentativo di cui è investito, essendo sufficiente che egli manifesti di agire in nome e per conto altrui e non in proprio. E se non è tenuto, nel momento in cui compie l'atto, ad indicare la fonte del potere di rappresentanza già preventivamente conferitogli, a maggior ragione non è obbligato a farlo in un secondo momento, sempre che il terzo non gliene faccia richiesta ex art. 1393 cod. civ Tale soluzione interpretativa non può condividersi laddove consente di estendere all'impugnativa del licenziamento, che costituisce un atto giuridico non negoziale unilaterale tra vivi a carattere patrimoniale, la previsione di cui all'art. 1393 cod. civ., che riguarda l'ipotesi del terzo che contratta col rappresentante , e tale non può certo ritenersi il datore di lavoro che è privo di un potere negoziale a fronte dell'impugnativa del licenziamento. Inoltre tale norma prevede che il terzo può sempre esigere che colui che agisce come giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che ne dia una copia da lui firmata la norma esprime, per il terzo, una facoltà e non un obbligo cfr., ex plurimis , Cass. nnumero 9289 del 2001, 15743/2004 , sicché il semplice comportamento omissivo non è di per sé sufficiente per costituire il terzo in colpa, né comunque dalla mancata richiesta di giustificazione dei poteri del rappresentante potrebbero conseguire effetti sfavorevoli per il datore. Tanto meno la mancata richiesta, ossia un comportamento omissivo, può integrare gli estremi della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo, in relazione alla disciplina - richiamata dal ricorrente - di cui agli artt. 156 e 157 cod. proc. civ., peraltro dettata in materia di atti processuali. Il ricorso è dunque infondato e va respinto, restando assorbito l'esame del ricorso incidentale, da ritenere condizionato. Tenuto conto che i rilievi interpretativi sollevati nel ricorso trovano parziale sostegno in talune pronunce anche di questa Corte, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso dichiara assorbito il ricorso incidentale compensa le spese del giudizio di legittimità.