Calamità naturali: il lavoratore non ne trae alcun beneficio

In seguito a delle calamità naturali, la previsione, contenuta nelle ordinanze della protezione civile, del beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali, assistenziali, e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati, che hanno sede legale ed operativa nei comuni individuati.

afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9093, depositata il 22 aprile 2014. Il caso. La Corte d’appello di Campobasso confermava la sentenza di primo grado, con cui era stata accolta la domanda di un portalettere, nei confronti di Poste Italiane, ad ottenere il rimborso di contributi previdenziali mensili, come effetto della sospensione dei versamenti contributivi disposta in dipendenza della normativa emergenziale. Questa era stata disposta, in seguito ad una calamità naturale, in favore della provincia di Campobasso, zona in cui rientrava il comune dove lavorava l’attore. Secondo i giudici d’appello, la sospensione disposta con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri dei versamenti dei contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite da tali eventi era finalizzata ad agevolare la condizione economica dei lavoratori delle zone danneggiate e, pertanto, il concetto di residenza, previsto nella norma, doveva essere inteso in senso estensivo, includendo, quindi, anche i lavoratori presenti operativamente nei territori colpiti. La società ricorreva in Cassazione, deducendo che la locuzione di sede operativa, contenuta nella normativa emergenziale per individuare i beneficiari, dovesse essere riferita solo alle persone giuridiche, non a quelle fisiche. Casi di emergenza. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’art. 5, comma 2, l. n. 225/1992 stabilisce che, per l’attuazione degli interventi di emergenza, si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti. Il d.l. n. 263/2006, convertito nella l. n. 290/2006, ha poi chiarito che la prima norma si interpreta nel senso che la previsione del beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali, assistenziali, e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati, che hanno sede legale ed operativa nei comuni individuati dalle ordinanze della protezione civile. Efficacia retroattiva. A giudizio della Cassazione, questa è una norma di interpretazione autentica e, di conseguenza, ha portata retroattiva. Scopo della disposizione era quello di favorire la liberazione di risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali. Secondo la Corte Costituzionale, che riteneva legittima tale norma di interpretazione autentica nella sentenza n. 325/2008, corrisponde ad un principio di non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore la scelta di limitare il beneficio della sospensione del versamento contributivo ai soli datori di lavoro privati. Questi, infatti, a differenza delle amministrazioni pubbliche, spesso non dispongono di sufficienti risorse per fronteggiare adeguatamente delle emergenze naturali. Nel caso specifico, l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri prevedeva che il versamento dei contributi previdenziali venisse sospeso solo a beneficio dei datori di lavoro privati, non dei loro dipendenti, essendo, appunto, finalizzata a liberare delle risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali, non ad incrementare le retribuzioni. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 dicembre 2013 – 22 aprile 2014, n. 9087 Presidente Lamorgese – Relatore Blasutto Svolgimento del processo La Corte di appello di Campobasso, con la sentenza impugnata, rigettava l'appello proposto dalla soc. Poste Italiane e così confermava la sentenza di primo grado con cui era stata accolta la domanda di A.A. diretta ad ottenere il rimborso di contributi previdenziali mensili, quale effetto della sospensione dei versamenti contributivi disposta in dipendenza di normativa emergenziale conseguente a calamità naturale emessa in favore della provincia di Campobasso, e ciò perché l'A. prestava attività lavorativa quale dipendente di Poste Italiane con mansioni di portalettere nel comune di , nella provincia di Campobasso. Nel confermare la soluzione interpretativa seguita dal primo giudice, la Corte territoriale riteneva che la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite dagli eventi sismici delle province di Campobasso e Foggia, disposta con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3253 del novembre 2002, fosse finalizzata ad agevolare la condizione economica dei lavoratori delle zone danneggiate e che, pertanto, il concetto di residenza ivi previsto dovesse essere inteso in senso estensivo, come inclusivo anche dei lavoratori presenti operativamente nei territori interessati dall'ordinanza. Tale sentenza è ora impugnata dalla soc. Poste italiane sulla base di un solo motivo, cui resiste con controricorso A.A. . La soc. Poste Italiane ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. in particolare per rappresentare che la norma interpretativa di cui all'art. 1 bis del d.l. n. 263/2006, aggiunta dalla legge di conversione n. 290/2006, ha superato il vaglio di costituzionalità sentenza n. 325/2008 e successiva ordinanza n. 302/2009 della Corte costituzionale . Motivi della decisione Con unico motivo la ricorrente, denunciando error in indicando in relazione alla normativa di cui all'O.P.C.M. n. 3253 del 2002, art. 7, e all'art. 43 c.c., deduce che la locuzione sede operativa , contenuta a specificazione dei soggetti beneficiari della normativa emergenziale, è da intendere come riferita unicamente alle persone giuridiche e non alle persone fisiche, come invece ritenuto dalla Corte di appello nella sentenza impugnata. Il ricorso è fondato. La L. 24 febbraio 1992, n. 225, art. 5, comma 2, prevede che per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1 alla deliberazione dello stato di emergenza, si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico . Il D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito in L. n. 290 del 2006, ha successivamente chiarito che La L. 24 febbraio 1992, n. 225, si interpreta nel senso che le disposizioni delle ordinanze di protezione civile che prevedono il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile . Trattasi di norma di interpretazione autentica, secondo quanto esplicitato dal dato testuale e, come tale, di portata retroattiva. La ratio della disposizione è individuabile nell'intento di favorire la liberazione di risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali. La norma di interpretazione autentica è stata inoltre ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale cfr. Corte Cost., sentenza n. 325/2008 , la quale ha rilevato che corrisponde ad un principio di non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore la scelta di limitare il beneficio della sospensione del versamento contributivo ai soli datori di lavoro del settore privato, posto che questi ultimi, a differenza delle amministrazioni pubbliche, spesso non dispongono di sufficienti risorse e di idonea capacità organizzativa per fronteggiare in modo adeguato emergenze come quelle originate dall'evento sismico, e che neppure sussiste un'ingiustificata disparità di trattamento, perché eventuali agevolazioni previste per i datori di lavoro privati ben possono, non irragionevolmente, non essere estese anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, stante la non omogeneità dei due termini che vengono presi a paragone. L'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3253 del 2002, all'art. 7, comma 1, ha previsto, a sua volta, che Nei confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa alla data degli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002 nel territorio di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2002 e dell'8 novembre 2002, sono sospesi, fino al 31 marzo 2003, i versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti, nonché di quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Per lo stesso periodo sono sospesi i termini per l'effettuazione degli adempimenti connessi al versamento dei contributi di cui sopra i suddetti termini sono stati poi prorogati dalle OOPCM nn. 3279/2003, 3300/2003 e 3308/2003. La questione dell'ambito operativo della riferita normativa emergenziale è stata esaminata da questa Corte con le sentenze n. 4526 del 24 febbraio 2011 e n. 4963 del 28 marzo 2012, in fattispecie in cui - al pari di quella oggetto del presente giudizio - i lavoratori avevano agito per il pagamento delle somme trattenute dalle loro spettanze a titolo di recupero dei contributi sospesi. Le sentenze dei giudici di merito che avevano accolto le pretese sono state cassate da questa Corte che ha enunciato il principio secondo cui la sospensione del versamento dei contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite dagli eventi sismici dell'ottobre del 2002, ai sensi dell'art. 7, comma 1, dell'O.P.C.M. n. 3253 del 2002, interpretato alla luce dall'art. 6, comma 1 bis, del d.l. n. 263 del 2006, convertito in legge n. 290 del 2006, va a beneficio dei datori di lavoro privati, e non dei loro dipendenti, essendo finalizzata a liberare risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali, e non ad incrementare le retribuzioni . In applicazione del medesimo principio di diritto, va accolto il ricorso proposto da Poste Italiane e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la controversia viene essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda originaria. Le incertezze ermeneutiche relative alla portata applicativa della disciplina legale di riferimento, che hanno condotto all'adozione di una norma di interpretazione autentica, consigliano la compensazione delle spese relative all'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda. Compensa le spese dell'intero processo.