Coordinatrice sì ma di un ufficio tecnico ‘minimal’: nessun inquadramento superiore

Vittoria solo parziale per la dipendente di un centro sportivo nazionale sì alla declaratoria di illegittimità del licenziamento, no alla richiesta di reinquadramento. Di conseguenza azzerato il risarcimento a livello di differenze retributive riconosciuto in primo grado. Fatale la valutazione delle mansioni svolte e della complessità della struttura diretta dalla donna.

Semplice impiegata, da collocare, contrattualmente, nel secondo livello” previsto per le aziende del terziario. Quindi, nessun risarcimento, a livello di differenze retributive, per la donna, che, alla luce delle mansioni svolte, aveva rivendicato il primo livello”. Decisive proprio le mansioni operative della lavoratrice, a capo sì di un ufficio tecnico ma composto da due sole persone. Cassazione, sentenza n. 9091, sez. Lavoro, depositata oggi Inquadramento. Vittoria piena, in primo grado, per la dipendente di un centro sportivo nazionale i giudici, difatti, le riconoscono il diritto, quale impiegata con funzioni direttive, all’inquadramento nel ‘primo livello’ del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende del terziario –con relative differenze retributive –, e, allo stesso tempo, dichiarano illegittimo il licenziamento disposto dalla struttura, stabilendo, in alternativa, o la riassunzione o il pagamento di quasi 5mila euro. Meno schiacciante in secondo grado, invece, il trionfo della lavoratrice confermata la statuizione di illegittimità del licenziamento , da un lato, e rigettata la domanda relativa al superiore inquadramento dall’altro. Su quest’ultimo punto, in particolare, i giudici ritengono che le mansioni svolte dalla donna non fossero riconducibili a quelle di un impiegato di primo livello . Mansioni. E, come immaginabile, proprio le superiori mansioni – prima riconosciute, poi negate – rappresentano l’argomento centrale del ricorso proposto dalla donna in Cassazione. Obiettivo è ‘riagganciare’ i quasi 54mila euro concessi, come differenze retributive , in Tribunale, e connessi a un presunto diritto a un superiore inquadramento . Ma ciò che in primo grado era stato riconosciuto alla donna, viene negato, definitivamente, dai giudici del ‘Palazzaccio’ non si può parlare di compiti operativi tali da legittimare la collocazione della donna nel ‘primo livello’ del contratto previsto per le aziende del terziario, quello più elevato dell’attività impiegatizia, essendo in esso compresi i dipendenti con funzioni direttive . Ebbene, in questa vicenda vi sono elementi che portano, logicamente, ad escludere il riconoscimento del ‘primo livello’ su tutto, la constatazione che l’ufficio tecnico , di cui la donna era coordinatrice, era costituito solo dalla medesima e da un’altra unità , e, quindi, esso avuto riguardo alle sue dimensioni, non costituiva una unità produttiva come previsto a livello contrattuale. Inoltre, viene aggiunto, le mansioni svolte dalla donna – tra l’altro, attività di organizzazione dei campionati e riordino dell’archivio informatico – non risulta fossero di ‘alto contenuto professionale’ o che comportassero particolari responsabilità . Evidentemente, il ruolo della donna nell’attività del centro sportivo è ridimensionato , e ciò, concludono i giudici, ha avuto un ‘peso specifico’ notevole rispetto alla valutazione del suo inquadramento a livello lavorativo e di contratto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 febbraio – 22 aprile 2014, n. 9091 Presidente Vidiri – Relatore Venuti Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma, su ricorso di M.R., dipendente del Centro Nazionale Sportivo Libertas, con sede in Roma, dichiarava che la medesima aveva diritto, quale impiegata con funzioni direttive, addetta prima alla segreteria di presidenza e poi al settore tecnico, all'inquadramento nel primo livello del CCNL delle aziende del terziario, anziché nel secondo livello, e condannava il datore di lavoro al pagamento, a favore della ricorrente, delle relative differenze retributive. Dichiarava altresì illegittimo il licenziamento disposto dal Centro anzidetto nei confronti della dipendente, condannandolo alla sua riassunzione o, in alternativa, al pagamento della somma di f, 4.875,81, ai sensi della legge n. 604 del 1966. Proponeva impugnazione il datore di lavoro e la Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata in data 11 giugno 2007, in parziale riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda relativa al superiore inquadramento e confermava la statuizione di illegittimità del licenziamento. Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la lavoratrice sulla base di due motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste il Centro sportivo con controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato ad un solo motivo. Motivi della decisione 1. I ricorsi devono essere riuniti ex art. 335 cod. proc. civ. in quanto proposti avverso la stessa sentenza. 2. Con il primo motivo del ricorso principale, cui fa seguito il relativo quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore ma applicabile ratione temporis, la ricorrente, denunziando violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., deduce che la Corte di merito nel riformare la sentenza di primo grado, negandole il riconoscimento delle superiori mansioni, ha omesso di pronunziarsi sulle domande relative al lavoro straordinario e all'indennità di trasferta, che erano state accolte dal primo giudice. 3. Il motivo non è fondato. La Corte di merito, in apertura della motivazione, ha affermato che il Tribunale erroneamente ha accolto la domanda relativa alle differenze retributive per complessivi C 53.746,93 connesse con un preteso diritto a superiore inquadramento . Successivamente, nel ribadire che la domanda per differenze retributive doveva essere rigettata, ha nuovamente affermato foglio 4 che tali differenze erano collegate con il superiore inquadramento. Il giudice d'appello, quindi, non è incorso nel vizio di omessa pronunzia, ma ha rigettato la domanda relativa alle differenze retributive, ritenendo che queste fossero dipendenti da quella relativa al superiore inquadramento, pure respinta. Ha dunque errato la ricorrente nel denunziare la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. La ricorrente ha altresì violato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, avendo omesso di trascrivere il ricorso introduttivo e le relative conclusioni, nelle parti in cui asseritamente era stata chiesta la condanna del datore di lavoro al pagamento del lavoro straordinario e dell'indennità di trasferta, indipendentemente dall'accoglimento della domanda relativa al superiore inquadramento, non rappresentando così a questa Corte gli esatti termini delle questioni controverse e non ponendo questa Corte in grado di esercitare la funzione nomofilattica che le è propria. 4. Con il secondo motivo è denunziata violazione dell'art. 2103 cod. civ. nonchè vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si afferma che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che le mansioni svolte dalla ricorrente non fossero riconducibili a quelle di un impiegato di primo livello, non valutando correttamente la documentazione in atti e le risultanze della prova testimoniale. In particolare dalle dichiarazioni dei testi era emerso che le mansioni svolte dalla ricorrente rientravano nel primo livello del CCNL delle aziende del terziario, il quale comprende i lavoratori con funzioni ad alto contenuto professionale, anche con responsabilità di direzione esecutiva, che sovraintendono alle unità produttive o ad una funzione organizzativa, con carattere di iniziativa e di autonomia operativa, nell'ambito delle responsabilità ad essi delegate. Tra tali lavoratori, aggiunge la ricorrente, rientrano il capo di servizio e di ufficio tecnico, amministrativo, commerciale nonché i lavoratori con qualifiche di valore equivalente con espressamente comprese nella predetta elencazione . 5. Il motivo non è fondato. La Corte di merito, premesso che il primo livello costituisce il grado più elevato dell'attività impiegatizia essendo in esso compresi i dipendenti con funzioni direttive, ha affermato che l'ufficio tecnico di cui la ricorrente era coordinatrice era costituito solo dalla medesima e da un'altra unità che, avuto riguardo alle sue dimensioni, esso non costituiva una unità produttiva nel senso ritenuto dalla declaratoria contrattuale che dalla descrizione delle mansioni contenuta nel ricorso e dalle dichiarazioni rese dai testi non risultava che esse fossero di alto contenuto professionale o che comportassero particolari responsabilità che l'attività di organizzazione dei campionati o il riordino dell'archivio informatico non comportavano lo svolgimento di mansioni rientranti nel primo livello che la sentenza di primo grado, nell'accogliere la domanda di superiore inquadramento, aveva omesso di compiere un raffronto tra le mansioni descritte dai testi e la declaratoria contrattuale di primo livello. La ricorrente ha criticato tale motivazione, affermando che il giudice d'appello ha ritenuto attendibili le dichiarazioni dei testi che avevano ridimensionato il suo ruolo nell'ambito del Centro, mentre non ha attribuito il giusto rilievo alle dichiarazioni di altri testi, che peraltro trovavano riscontro nella documentazione prodotta. Ma, deve al riguardo obiettarsi che la valutazione delle prove è operazione riservata al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo in presenza di vizi logici e giuridici contenuti nella motivazione della sentenza, elementi questi non ricorrenti nella specie avendo la Corte di merito dato adeguatamente conto delle ragioni poste a sostegno della decisione. A tale ultimo proposito va rammentato che il vizio di motivazione non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello auspicato dalle parti, posto che, diversamente, i motivi del ricorso si risolverebbero in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e, perciò, in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia di merito, estranea alla natura e alla finalità del giudizio di cassazione. Spetta infatti solo al giudice del merito di individuare le fonti del proprio convincimento ed all'uopo valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvi i casi tassativamente previsti dall'ordinamento. Il motivo in esame deve pertanto essere rigettato. 6. Con l'unico motivo del ricorso incidentale è denunziata omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si deduce che, a seguito della sentenza di primo grado, la ricorrente, procedendo ad esecuzione forzata, ha ottenuto il pagamento della somma di £ 53.746,93 per differenze retributive, oltre le spese legali, conseguenti al superiore inquadramento. Il pagamento di tali somme, per effetto dell'accoglimento, sul punto, dell'appello proposto dal Centro sportivo, è divenuto indebito, onde la Corte d'Appello avrebbe dovuto disporre la restituzione di detti importi a favore del Centro. A tale omissione, ad avviso del ricorrente incidentale, deve porre riparo questa Corte ai sensi dell'art. 384, comma 2, cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. 7. Il motivo è inammissibile. La questione qui dedotta non risulta infatti affrontata dalla sentenza impugnata né il ricorrente deduce di averla sottoposta all'esame di tale giudice ed in quali termini il motivo fa riferimento alla richiesta di sospensione dell'esecuzione, accolta in parte dalla Corte d'appello . Peraltro, il ricorrente incidentale non produce, unitamente al ricorso, i documenti sui quali il motivo è fondato art. 371, comma 3, in relazione all'art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. , produzione richiesta a pena di improcedibilità. 8. In conclusione vanno rigettati entrambi i ricorsi, previa compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, avuto riguardo all'esito dello stesso. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.