Dimissioni frettolose, pensione non maturata. Comunicazioni errate dall’INPS, ma il lavoratore avrebbe dovuto aprire gli occhi

Respinta la richiesta di risarcimento del danno avanzata dall’uomo, un lavoratore che aveva dato le dimissioni, alla luce dei dati comunicati dall’INPS, scoprendo poi di non avere ancora i requisiti per la pensione. L’uomo avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione ai contenuti delle comunicazioni fornitegli dall’Istituto, soprattutto nella parte relativa al consiglio di rivolgersi agli uffici per avere un quadro preciso sulla sua posizione previdenziale.

Sorpresa poco gradita – eufemismo – per il lavoratore le dimissioni, appena date, si sono rivelate un clamoroso boomerang, perché egli non ancora i requisiti per passare all’incasso della pensione di anzianità. Tutta colpa dell’INPS, sostiene l’uomo, richiamando le erronee comunicazioni fornitegli dall’Istituto. Ma questo alibi non regge egli avrebbe dovuto leggere con più attenzione i documenti ‘firmati’ dall’INPS, e ciò gli avrebbe consentito di ‘scoprire’ una significativa avvertenza, quella di rivolgersi direttamente agli uffici dell’Istituto per verificare il raggiungimento dei requisiti per la pensione. Ciò trasferisce il ‘peso’ della colpa dalla struttura dell’Istituto nazionale di previdenza sociale alle spalle dell’uomo, il quale avrebbe dovuto essere più cauto e più razionale. Cass., sent. n. 8972/2014, Sezione Lavoro, depositata oggi Dimissioni. Vittoria, in primo grado, per l’uomo, il quale vede accolta, in Tribunale, la richiesta di condannare l’INPS al pagamento di quasi 3mila e 500 euro a titolo di risarcimento del danno, causato da errata comunicazione dei dati relativi alla propria posizione contributiva e consistito nelle anticipate dimissioni dal posto di lavoro . Fatale la convinzione , poggiata su dati contributivi comunicati dall’INPS , di avere diritto alla pensione . Ma l’oramai ex lavoratore ha poco da festeggiare Perché i giudici d’Appello ritengono illegittima la pretesa dell’uomo ciò perché le comunicazioni inviate dall’Istituto avevano natura di ‘estratti-conto’ a titolo puramente informativo , per giunta con l’esplicito avvertimento della mancanza di valore certificativo e con l’invito a verificare il raggiungimento dei requisiti della pensione . Disattenzione. Nessuna responsabilità , quindi, è addebitabile all’INPS, secondo i giudici d’Appello, perché, in sostanza, l’uomo avrebbe potuto evitare il danno – ossia dimissioni dal posto di lavoro nella convinzione , erronea, di aver diritto alla pensione di anzianità – con una semplice richiesta di certificazione ufficiale all’Istituto. Questa visione viene condivisa, e confermata, anche dai giudici del Palazzaccio. Ciò perché le comunicazioni ricevute dall’uomo non avevano valenza certificativa , e per capirlo sarebbe stato sufficiente leggere i documenti rilasciati dall’INPS difatti, nel primo degli ‘estratti’ inviati era evidenziato, con una lunga striscia di colore blu, un elenco di ‘avvertenze’, tra cui quella così formulata se ha bisogno di verificare il raggiungimento dei requisiti per la pensione deve rivolgersi agli uffici dell’Inps o ad un ente di patronato ” nel secondo ‘estratto era segnalato che questo ‘estratto’ non ha valore certificativo”. Evidente la richiesta di collaborazione dell’assicurato per il riscontro del corretto versamento dei contributi , sottolineano i giudici, richiesta però rimasta completamente inascoltata, e che pure avrebbe dovuto instillare un ragionevole dubbio circa la esattezza e la definitività dei dati comunicati . Di conseguenza, il comportamento superficiale, e per nulla cauto, tenuto dall’ex lavoratore è valutabile come causa di esenzione della responsabilità dell’Istituto . Azzerato, perciò, il nesso causale tra l’erroneità delle comunicazioni ed il pregiudizio subito dall’assicurato . Tutto ciò conduce alla conferma della decisione assunta in secondo grado nessuna colpa è addebitabile all’INPS per le dimissioni ‘frettolose’ del lavoratore, e quest’ultimo, ovviamente, non può ambire a un risarcimento del danno.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 28 gennaio – 17 aprile 2014, n. 8972 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Marotta Svolgimento del processo Con ricorso al giudice del lavoro di Firenze, O.S. conveniva in giudizio l'I.N.P.S. per sentirlo condannare al pagamento in suo favore della somma di euro 3.495,65 a titolo di risarcimento del danno causato da errata comunicazione dei dati relativi alla propria posizione contributiva e consistito nella anticipate dimissioni dal posto di lavoro nella convinzione - indotta dai dati contributivi comunicati dall'I.N.P.S. - di avere diritto a pensione. Il Tribunale accoglieva il ricorso. A seguito di impugnazione da parte dell'I.N.P.S., la Corte di appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, respingeva la domanda del S. sul rilievo che le comunicazioni inviate a quest'ultimo ed in particolare quelle del 27/6/2003 e dell'8/10/2003 avessero a differenza della successiva datata 11/3/2004 la natura di estratti-conto inviati dall'Istituto a titolo puramente informativo e contenenti l'esplicito avvertimento della mancanza di valore certificativo e l'invito a verificare il raggiungimento dei requisiti della pensione e che, come tali, non fossero riconducibili alla fattispecie di cui all'art. 54 della legge n. 88 del 1989 certificazione rilasciata a domanda dell'assicurato e sottoscritta dal funzionario responsabile . In conseguenza, secondo la Corte territoriale, tali comunicazioni non potevano fondare una responsabilità dell'I.N.P.S. per il danno cagionato dalla loro inesattezza dimissioni dal posto di lavoro nella convinzione di aver diritto alla pensione di anzianità con una certa decorrenza , danno che l'interessato poteva evitare chiedendo la prevista certificazione ai sensi di legge. Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il S. con due motivi. L'I.N.P.S. resiste con controricorso e deposita memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Con i due motivi il ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione dell'art. 54 della legge 9 marzo 1989, n. 88 del 1989 art. 360, comma 3, cod. proc. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360, comma 5, cod. proc. civ. . Sostiene che le comunicazioni dell'Istituto concernenti i dati relativi alla posizione previdenziale e pensionistica hanno sempre natura certificativa e non possono essere ritenute informative generiche e non vincolanti in tal senso è formulato il quesito di diritto che il giudice del merito aveva omesso di considerare che nessuna significativa differenza vi era tra la comunicazione avente valore certificativo dell'11/3/2004 e quella del 27/6/2003. Quest'ultima, infatti, rispetto alla prima non conteneva solo la dicitura la lettera risponde alla richiesta n. 24700085 ed anche l'invito a verificare il raggiungimento dei requisiti della pensione , contenuto nel documento del 27/6/2003, ben poteva riferirsi a versamenti mancanti piuttosto che all'inesatta indicazione dei versamenti registrati. Tale invito, dunque, non era idoneo ad elidere la responsabilità contrattuale derivante dall'inesattezza delle comunicazioni. 2. I motivi sono infondati alla luce dell'orientamento di questa Corte espresso in controversie del tutto analoghe cfr. Cass. 8 novembre 1996, n. 9776 18 novembre 2000, n. 14953 19 maggio 2001, n. 6867 22 maggio 2001, n. 6995 17 dicembre 2003, n. 19340 28 marzo 2008, n. 8118 30 marzo 2010, n. 7683 3 febbraio 2012, n. 1660 1 marzo 2012, n. 3195 e la più recente Cass. 16 dicembre 2013, n. 28023 . E' stato precisato che il danno subito dal lavoratore che sia stato indotto alla anticipata cessazione del rapporto di lavoro, a seguito di errata comunicazione dell'I.N.P.S. sulla propria posizione contributiva, e che si sia visto poi rigettare la domanda di pensione di anzianità per insufficienza dei contributi versati, in quanto fondato sul rapporto giuridico previdenziale, è riconducibile ad illecito contrattuale. Si è in particolare evidenziato l'obbligo che fa carico all'Istituto, ai sensi della L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 54, di comunicare all'assicurato che ne faccia richiesta, i dati relativi alla propria situazione previdenziale e pensionistica. L'ultimo periodo di questa norma così dispone La comunicazione da parte degli enti ha valore certificativo della situazione in essa descritta . E' stato, al riguardo, ritenuto che la violazione dell'obbligo di comunicazione cui fa riferimento la norma di cui all'art. 54. cit., presuppone una specifica richiesta dell'interessato, e proprio per la indicata funzione attribuita dalla legge alla comunicazione cui l'ente previdenziale è tenuto in ordine alla situazione previdenziale e pensionistica dell'assicurato, legittimamente costui fa affidamento sulla esattezza dei dati a lui forniti. Senza specifica richiesta, quindi, si versa fuori della fattispecie prevista dalla legge. Alla luce degli indicati principi e conformemente al dettato normativo, la sentenza impugnata ha correttamente escluso che le comunicazioni dalle quali il S. pretende di far derivare il danno causatogli dall'induzione in errore e cioè quelle del 27/6/2003 e dell'8/10/2003 avessero valenza certificativa. E' pur vero che il suddetto consolidato orientamento ha, di recente, formato oggetto di riflessione critica con la sentenza di questa Corte n. 21454 del 19 settembre 2043. Con tale sentenza si è affermato che, a prescindere da ogni valutazione in merito alla richiesta di emissione di certificati di estratto conto contributivo, deve comunque essere tutelato l'affidamento che l'assicurato ripone nella correttezza delle informazioni che, a qualunque titolo, gli siano rilasciate dall'ente. E' stato, infatti, precisato che la salvaguardia del legittimo affidamento del cittadino è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni limitandone l'attività legislativa e amministrativa. Tuttavia, come precisato nella più recente Cass. n. 28023 del 16 dicembre 2013, la motivazione della sentenza che sembra integrare un arresto giurisprudenziale è incentrata su due rationes decidendi diverse da un lato si è richiamato il primo orientamento della giurisprudenza di legittimità sopra ricordata e quindi la non responsabilità dell'I.N.P.S. in relazione a richieste non formalmente proposte dall'interessato e dall'altra si sono evidenziati elementi che avrebbero dovuto condurre l'assicurato ad approfondire i dati attestati nel documenti, se avesse esercitato l'ordinaria diligenza. Anche applicando tali principi, la sentenza impugnata resiste alle censure di parte ricorrente. La Corte territoriale ha infatti osservato che nel primo degli estratti inviati era evidenziato con una lunga striscia di colore blu un elenco di avvertenze tra cui quella così formulata se ha bisogno di verificare il raggiungimento dei requisiti per la pensione deve rivolgersi agli uffici dell'I.N.P.S. o ad un Ente di patronato . e che nel secondo estratto - ancora più chiaramente - in calce a sinistra era segnalato che questo estratto non ha valore certificativo . Dunque, nello specifico, il giudice del merito non solo ha negato che i due estratti conto comunicati al ricorrente potessero avere l'effetto di certificare la posizione contributiva, in base al rilievo che si trattava di estratti non contenenti alcuna indicazione circa la specifica richiesta di cui al sopra citato art. 54, ma ha anche accertato che si richiedeva pure esplicitamente la collaborazione dell'assicurato per il riscontro del corretto versamento dei contributi. La sottolineatura, effettuata dalla sentenza impugnata, circa la possibile presenza di errori negli estratti conto che il controllo tendeva ad eliminare, giustifica in modo esauriente e con argomentazioni conformi al criterio della plausibilità logica la decisione per cui non solo doveva essere escluso il valore certificativo dei documenti perché non rilasciati ad istanza dell'interessato ma andava comunque ritenuto che, in presenza di espressioni tali da ingenerare nel destinatario un ragionevole dubbio circa la esattezza e definitività dei dati comunicati, il comportamento da questi assunto senza le dovute cautele fosse rilevante come causa di esenzione della responsabilità dell'Istituto con la conseguenza che non sussisteva, sotto entrambi i profili, il nesso causale tra l'erroneità delle comunicazioni ed il pregiudizio subito dall'assicurato. Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali tutte le altre eccezioni o obiezioni devono considerarsi assorbite, in conclusione, il ricorso deve essere respinto. 3. Infine, stante la non completa uniformità delle posizioni nella giurisprudenza anche di legittimità e l'esito alterno delle fasi di merito, è da ritenersi che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.