Notifica del decreto eseguita al difensore deceduto: il processo si interrompe

La morte del procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza.

Lo ha ribadito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24271/13, depositata il 28 ottobre scorso. Il caso. Dopo che la Corte di appello aveva accolto la domanda dell’INPS nei confronti di una società agricola, condannando quest’ultima al pagamento di 1.470.220,17 euro per pretese contributive oltre sanzioni ed interessi, la stessa società proponeva ricorso per cassazione. La ricorrente deduce di non aver avuto contezza dell’appello proposto dall’INPS, essendo stato il relativo atto notificato al procuratore costituito in primo grado quando questi era ormai deceduto. La morte del procuratore interrompe il processo? La S.C., nel decidere sul ricorso, ribadisce un suo consolidato orientamento secondo il quale la morte del procuratore determina sempre l’effetto interruttivo del processo, rendendo irrilevante il fatto che l’evento morte riguardi il procuratore di una parte costituitasi nel precedente grado di giudizio, ma non ancora nel nuovo, in quanto il requisito della già avvenuta costituzione rileva solo in relazione alla fase processuale del precedente giudizio Cass., SSUU, n. 12060/1998 . Diritto alla difesa tecnica. E poi, secondo l’affermazione della Corte Costituzionale sent. n. 41/1986 , il diritto alla difesa tecnica non è tutelabile solo all’interno delle singole fasi processuali ma si estende, sotto il profilo specifico della continuità dell’assistenza tecnica anche nelle fasi di acquiescenza, di passaggio da un grado all’altro, in quanto scandite da adempimenti assoggettati a preclusioni ed esposte al rischio, non più soltanto endoprocessuale, del giudicato . Il decreto notificato al difensore deceduto non è idoneo ad una regolare instaurazione del contraddittorio. Nel caso di specie, il decesso del difensore del ricorrente è intervenuto dopo il deposito nella cancelleria della Corte territoriale dell’atto di appello proposto dall’INPS e prima del decreto di fissazione dell’udienza di discussione. In conclusione – si legge nel dispositivo - la morte del procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina automaticamente l’interruzione del processo , anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza e, inoltre, tale interruzione preclude ogni ulteriore attività processuale, la quale, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza . Per tali ragioni, la Cassazione annulla con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 settembre – 28 ottobre 2013, numero 24271 Presidente Roselli – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello di Potenza, con la sentenza di cui si chiede la cassazione, in riforma della sentenza del Tribunale di Matera, accoglieva, la domanda, proposta in via riconvenzionale, dall'INPS, nei confronti, tra l'altro, della società Agricola Giovannidi Berardino Fuina & amp C., condannando quest'ultima al pagamento di Euro 1.470.220,17 per pretese contributive oltre sanzioni ed interessi. La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, nella contumacia della predetta società, la condannava, condividendo gli accertamenti espletati dal consulente tecnico d'ufficio nominato nel corso del giudizio di secondo grado, al pagamento in favore dell'INPS appellante della precitata somma a titolo di contributi omessi trovando i rispettivi crediti fondamento nelle denunce trimestrali presentate dallo stesso datore di lavoro. Per l'annullamento di tale sentenza la società anzidetta propone ricorso affidato a tre motivi. L'INPS deposita delega in calce al ricorso notificato. Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso la società in epigrafe, denunciando, ex art. 360 numero 4 cpc, nullità del processo di appello e nullità derivata della sentenza, deduce di non aver avuto contezza dell'appello proposto dall'INPS essendo stato il relativo atto notificato in data 18 aprile 2008 al procuratore costituito in primo grado quando questi in data 21 dicembre 2007 era già deceduto. Prospetta al riguardo la società, richiamando la sentenza numero 12060 del 1998 delle Sezioni Unite di questa Corte, la violazione del diritto di difesa non avendo, tra l'altro, essa società potuto proporre impugnazione incidentale. La censura è fondata. È oramai acquisito alla giurisprudenza di questa Corte l'orientamento interpretativo secondo il quale la morte del procuratore determina sempre l'effetto interruttivo del processo, rendendo irrilevante il fatto che l'evento morte riguardi il procuratore di una parte costituitasi nel precedente grado di giudizio, ma non ancora del nuovo, in quanto il requisito della già avvenuta costituzione rileva solo in relazione alla fase processuale del precedente giudizio Cass. S.U. 27 novembre 1998 numero 12060 . Ciò proprio in considerazione della priorità dei valori costituzionali garantiti dall'art. 24 Cost., i quali conducono a ritenere che nelle fasi dinamiche del processo, caratterizzate da cogenti termini di decadenza, deve essere attribuita efficacia interruttiva ad ogni evento, di natura involontaria, in grado di alterare l'effettività dell'esplicarsi delle possibilità dell'esercizio del diritto di difesa della singola parte Cfr. Cass. S.U. 8 febbraio 2010 numero 2714 . Né può non venire in considerazione, con riferimento al caso in esame, l'affermazione della Corte costituzionale secondo cui il diritto alla difesa tecnica non è tutelabile solo all'interno delle singole fasi processuali ma si estende, sotto il profilo specifico della continuità dell'assistenza tecnica anche nelle fasi di quiescenza, o più esattamente, di passaggio da un grado all'altro del giudizio, in quanto scandite da adempimenti assoggettati a preclusioni ed esposte al rischio, non più soltanto endoprocessuale, del giudicato sentenza numero 41 del 1986 . Ed è innegabile che questa Corte è tendenzialmente orientata a privilegiare una interpretazione funzionale alla priorità dei valori costituzionali garantiti dall'art. 24, rispetto ad ogni altro possibile modello, nel senso del principio generale di responsabilità delle parti e dei loro oneri di attivazione, consolidando il risultato di far corrispondere nell'ambito delle fasi dinamiche del processo, caratterizzate da cogenti termini di decadenza l'effetto interruttivo ad ogni evento, di natura involontaria, in grado di alterare la effettività dell'esplicarsi delle possibilità di esercizio del diritto di difesa della singola parte Cfr. sent., S.U. 27 novembre 1998 numero 12060 e 8 febbraio 2010 numero 2714 cit. . Avuto riguardo al caso di cui trattasi, nel quale il decesso del difensore dell'attuale ricorrente è intervenuto dopo il deposito nella cancelleria della Corte di Appello di Potenza dell'atto di appello proposto dall'INPS ed in epoca antecedente al decreto di fissazione dell'udienza di discussione ex art. 435 cpc, non vi è dubbio che la notifica del detto atto di appello e del relativo precitato decreto notificato al difensore deceduto dell'appellato non può essere considerato idoneo ad una regolare instaurazione del contraddittorio. Invero, trattandosi di controversia soggetta al rito del lavoro il cui processo di appello s'instaura con il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte di appello, il decesso del procuratore della parte già costituita nel precedente grado di giudizio determina l'interruzione del processo di appello in senso proprio. Diversamente il diritto di difesa dell'appellato rimarrebbe vulnerato risultando impedito l'adempimento del dovere di informare la parte dell'avvenuta impugnazione e della necessità od opportunità di costituirsi in giudizio approntando, se del caso, un'impugnazione incidentale. Del resto la morte del procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina automaticamente l'interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza e tale interruzione preclude ogni ulteriore attività processuale, la quale, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza Cfr. per tutte Cass. S.U. 8 febbraio 2010 numero 2714 cit. . Trattasi ovviamente di nullità che può essere fatta valere secondo il principio di cui all'art. 161 cpc, per il quale i motivi di nullità della sentenza si convertono in motivi di gravame. La sentenza impugnata va, pertanto annullata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello indicata in dispositivo. Le altre censure,relative rispettivamente alla denuncia di violazione degli artt. 424 e 441 cpc nonché degli artt. 434, 436, 437 cpc e 3 della legge numero 333 del 1995 rimangono assorbite. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Salerno.