Un quesito mal scritto determina l’inammissibilità del ricorso (in Cassazione)

La funzione propria del quesito di diritto, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, è quella di far comprendere alla Corte di Cassazione, all’esito della sua semplice lettura, sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal Giudice di merito che la regola da applicare secondo la prospettazione del ricorrente.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 23238 del 14 ottobre 2013. Il caso . Il Tribunale di Salerno accertava l’illegittimità del licenziamento comunicato da una società ad un proprio dipendente, colpevole di avere lasciato incustodito il furgone aziendale a lui assegnato per lo svolgimento della propria attività lavorativa agevolandone così il furto. A sostegno della propria decisione, il Tribunale riteneva sproporzionata la sanzione del licenziamento rispetto alle circostanze di fatto che caratterizzavano l’episodio ossia lo svolgimento da parte del ricorrente delle mansioni sia di autista, sia di carico e scarico delle merci contenute nel furgone, sia delle operazioni di incasso dei relativi prezzi nonché, non ultimo, della commissione da parte di ignoti del furto in questione . Valutazione che, per quel che qui interessa, veniva successivamente confermata anche dalla Corte di Appello. Contro quest’ultima pronuncia la società ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. Un quesito di diritto formulato male è come se non ci fosse . In particolare la ricorrente lamentava, sotto diversi profili, la violazione dei principi da sempre applicati dalla Cassazione in punto di valutazione della giusta causa di recesso. Doglianze che tuttavia, alla luce del principio esposto in massima, la Corte nemmeno esamina, dichiarandole preliminarmente inammissibili. Ed infatti, ad avviso della Cassazione, i quesiti formulati dal ricorrente risultavano affatto generici oltre a richiedere accertamenti in fatto che non le competevano. La Cassazione detta un vademecum per la formulazione dei quesiti. Richiamando suoi numerosi precedenti, la Corte rammenta che il quesito di diritto, previsto dall’art. 366 bis c.p.c., deve includere i la riassuntiva esposizione dei fatti sottoposti al Giudice di merito ii la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quello stesso Giudice e iii la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, avrebbe dovuto essere applicata al caso di specie Cass. n. 19769/2008 Cass. n. 19892/2007 . La mancanza anche di uno di questi elementi, rende il quesito inidoneo allo scopo per cui è richiesto e come tale tamquam non esset . Dal che discende l’inammissibilità del ricorso o, quantomeno, del profilo di impugnazione sprovvisto di idoneo quesito di diritto. La giusta causa deve essere valutata tenendo conto di tutte le circostanze del caso . Fermo quanto sopra la Corte, incidenter tantum , afferma poi la correttezza della valutazione dei Giudici di merito, i quali hanno applicato il consolidato principio per cui il giudizio di adeguatezza della sanzione all’illecito commesso [ ] si sostanzia nella valutazione della gravità del comportamento imputato al lavoratore in relazione a tutte le circostanze del caso, specie con riferimento alle particolari condizioni ed avvenimenti in cui è posto in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all’intensità dell’elemento psicologico dell’agente . Nel caso di specie, i Giudici di merito avevano tenuto conto, in maniera logicamente coerente, di tutte le circostanze di fatto caratterizzanti l’episodio, giungendo a considerare sproporzionata la sanzione espulsiva.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 giugno - 14 ottobre 2013, numero 23238 Presidente Napoletano – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Salerno, E.O. esponeva quanto segue - di essere stato assunto in data 6 giugno 1990 dalla s.numero c. Il centro di Siano R. & amp C, corrente in Salerno ed esercente l'attività di vendita all'ingrosso di generi alimentari, con qualifica di operaio, inquadrato nel V livello della classificazione del personale prevista dalla contrattazione collettiva per i lavoratori dipendenti da aziende commerciali ed ausiliari del commercio - di essersi occupato, in base alle copie delle commissioni predisposte a seguito degli ordini effettuati dai rappresentanti, di caricare la merce sui furgoni dopo averla prelevata dagli scaffali e dalle celle frigorifere collocate in deposito, poi trasportandola e scaricandola a destinazione, nonché incassando il corrispettivo delle relative vendite - di aver percepito la retribuzione mensile come indicata nei prospetti di paga, senza ricevere nell'anno 1990 i ratei di tredicesima mensilità maturati e, fino all'anno 1994, la quattordicesima mensilità, fruendo, inoltre, di un numero di ferie inferiore a quello contrattuale - che in data 23 giugno 1998, dopo aver effettuato numerose altre consegne, mentre stava scaricando la mercé presso un cliente in omissis , era rimasto vittima del furto del furgone aziendale - che di tale episodio aveva risentito anche il suo stato fisico, tanto che il giorno successivo era stato costretto ad assentarsi dal lavoro - che, dopo essere stato sospeso in via cautelativa, in data 27 giugno 1998, aveva ricevuto contestazione disciplinare per aver lasciato incustodito il detto furgone, con sportelli aperti e chiavi inserite nel cruscotto, così facilitandone il furto - che a ciò aveva fatto seguito, in data 2 luglio 1998, una ulteriore contestazione aziendale in ordine all'assenza dal servizio in data 24 giugno 1998 - che nonostante avesse provveduto a fornire le proprie giustificazioni, venendo anche ascoltato personalmente, era stato licenziato con lettera del 17 luglio 1998. Lamentava la nullità ovvero l'illegittimità del recesso, per l'inosservanza della garanzie procedimentali di cui all'art. 7 L. numero 300/70, e segnatamente per la mancata affissione, in luogo accessibile a tutti, del codice disciplinare ed inoltre per la violazione del principio di immediatezza per avere la datrice di lavoro comunicato il licenziamento dopo oltre 15 giorni dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore per presentare le proprie controdeduzioni art. 153 del c.c.numero l. per i dipendenti delle aziende del terziario del 1994 che il licenziamento era privo di giustificato motivo ed in ogni caso sproporzionato. Reclamava inoltre talune differenze retributive relative all'orario di lavoro osservato, all'indennità di cassa e maneggio denaro, alle ferie non godute, all'indennità sostitutiva del preavviso. Si costituiva la società datrice di lavoro contestando la, fondatezza delle domande, in particolare deducendo l'inapplicabilità al rapporto del c.c.numero l. ex adverso invocato, ed infine opponendo in compensazione la somma di L. 33.091.818 pari al valore del furgone e della merce sottratti. Il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando illegittimo il licenziamento con le conseguenze di cui all'art. 18 L. numero 300/70 e riconoscendo dovuti al lavoratore Euro.6.631,25 per differenze retributive, mensilità aggiuntive e maneggio denaro rigettava la riconvenzionale della società. Quest'ultima proponeva appello resisteva D.A.M. , succeduta all'Orlando, proponendo appello incidentale. La Corte d'appello di Salerno, con sentenza depositata il 6 novembre 2006, in parziale accoglimento di entrambi i gravami, ribadiva l'illegittimità del licenziamento, limitando il risarcimento del danno a tre mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto condannava la datrice di lavoro al pagamento dell'ulteriore somma di Euro.16.683,39 a titolo di lavoro straordinario, indennità sostitutiva del preavviso e t.f.r Per la cassazione propone ricorso Il Centro di Siano R & amp C. s.numero c., affidato a tre motivi. Si costituisce la D. con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a tre motivi, poi illustrato con memoria, cui resiste la società con controricorso. Motivi della decisione Debbono pregiudizialmente riunirsi i ricorsi avverso la medesima sentenza ex art. 335 c.p.c 1. - Con il primo motivo, la società censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2119, 2106, 1455 c.c. 1 e 3 L. numero 604/66, in relazione agli artt. 2104, 1175, 1176, 1362, 1363, 1365, 1366 e 1371 c.c. degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nella parte in cui ha ritenuto non sussistere una giusta causa di licenziamento. Dopo talune teoriche argomentazioni in materia di licenziamento, la ricorrente lamenta che ove valutate più attentamente le circostanze del caso ed i precetti contenuti nelle norme sopra richiamate, il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere sussistente la giusta causa di licenziamento. Formulava il seguente articolato quesito di diritto A dica la Corte di Cassazione se, in materia di licenziamento per giusta causa, l'astratto canone della valutazione comparativa degli interessi contrapposti azienda-prestatore è compatibile con le previsioni ordinamentali del nostro sistema dettate dagli artt. 2119 c.c., 1 e 3 della legge 604/1966 B. dica la Corte di Cassazione se, nello scrutinio di sussistenza di una giusta causa di licenziamento ai sensi della normativa legale di cui al quesito che precede, la valutazione comparativa degli interessi in gioco integra un attendibile criterio valutativo della condotta dell'agente e della denunciata lesione del rapporto fiduciario. C. dica la Corte di Cassazione se nell'ipotesi di inadempienza contrattuale, consistita nella omessa custodia di un bene aziendale, la caduta del vincolo fiduciario debba assumere valenza prioritaria, agli effetti della legittimità del recesso, rispetto alla disponibilità risarcitoria D. dica la Corte di Cassazione se la mera offerta di risarcimento del danno integri una condizione ostativa alla caduta del rapporto fiduciario . Il quesito, e con esso l'intero motivo Cass. sez. unumero 9 marzo 2009 numero 5624, Cass. 7 marzo 2012 numero 3530 , è inammissibile per la sua genericità e non aderenza alle norme denunciate ed alle questioni agitate in ricorso, oltre che formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto Cass. 28 settembre 2007 numero 20360 . Giova infatti rammentare che il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis c.p.c. deve compendiare a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie Cass. 17 luglio 2008 numero 19769 Cass. ord. numero 19892 del 25 settembre 2007 . La funzione propria del quesito di diritto è infatti quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare , Cass. 7 aprile 2009 numero 8463. Per completezza espositiva può aggiungersi che per costante giurisprudenza di questa S.C., in tema di licenziamento individuale per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, ai sensi dell'art. 2119 c.c. o della L. numero 604 del 1966, art. 3, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione dell'illecito commesso - istituzionalmente rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità del comportamento imputato al lavoratore in relazione a tutte le circostanze del caso, specie con riferimento alle particolari condizioni ed avvenimenti in cui è posto in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all'intensità dell'elemento psicologico dell'agente ex plurimis , Cass. 26 gennaio 2011 numero 1789, Cass. 29 ottobre 2010 numero 22170, Cass. 29 marzo 2010 numero 7518, Cass. 22 giugno 2009 numero 14586 . Nella specie la Corte di merito ha tenuto conto, in modo logico, delle concrete circostanze di fatto caratterizzanti l'episodio lo svolgimento da parte dell'E. sia delle mansioni di autista, sia di carico e scarico delle merci contenute nel furgone, sia delle operazioni di incasso dei relativi prezzi, sia, evidentemente, la commissione da parte di ignoti del furto in questione . Trattasi di accertamenti di fatto, valutati in modo logico, il cui riesame, non supportato da adeguate censure, non è possibile in questa sede. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1218, 2043, 2055 e 2697 c.c., 115 c.p.c. in relazione alla domanda riconvenzionale spiegata dalla società resistente, ed in particolare circa il risarcimento del danno causato dal dipendente. Lamenta che la Corte di merito, nel valutare la sussistenza della giusta causa di recesso, ritenne necessaria una non consentita valutazione comparativa degli interessi in gioco , piuttosto che valutare l'oggettiva gravità della condotta del lavoratore aver lasciato incustodito il furgone di lavoro . Formulava i seguenti quesiti di diritto A. dica la Corte di Cassazione se in applicazione dell'art. 2104 c.c., la violazione dell'obbligo di diligenza possa esimere un lavoratore subordinato - in considerazione della forma della responsabilità individuale attribuibile nella causazione dell'evento alla negligenza del lavoratore - dall'obbligo risarcitorio nei confronti del datore di lavoro B. dica la Corte di Cassazione se, in applicazione dell'art. 2697, secondo comma, c.c. a fronte del non contestato furto di un automezzo, certamente imputabile ad un contegno del dipendente omissivo e scarsamente diligente, . senza dubbio incidente nella causazione dell'evento lesivo, competa al danneggiato dimostrare l'inefficacia, l'estinzione o la modificazione dell'obbligo risarcitorio e non piuttosto alla parte che una simile eccezione di mostrarne il fondamento. C. dica la Corte di Cassazione se in applicazione dell'art. 414 c.p.c. nella ipotesi di divergenza valutativa di un automezzo certo nella marca, nel tipo, ed in tutti gli altri tratti specificamente identificativi possa considerarsi indeterminata la domanda di risarcimento contrattuale, consistita nell'omessa custodia di un bene aziendale, per il solo fatto che a quel bene siano assegnati valori diversi ”. Il quesito, e con esso l'intero motivo Cass. sez. unumero 9 marzo 2009 numero 5624, Cass. 7 marzo 2012 numero 3530 , è inammissibile, per le medesime ragioni esposte sub 1 . Per completezza espositiva deve rilevarsi che i giudici di appello hanno escluso la responsabilità risarcitoria del lavoratore per le medesime ragioni collegate all'accertamento dell'insussistenza della giusta causa e della connessa responsabilità attribuibile al lavoratore nella determinazione dell'evento, di cui al precedente punto 1 . 3. Con il terzo motivo la società denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2108 e 2697 c.c. degli artt. 115 e 116 c.p.c. omessa valutazione di elementi decisivi della causa omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistere il diritto al compenso per lavoro straordinario ex art. 360, comma 1, nnumero 3 e 5 c.p.c. . Lamenta che il giudice di appello aveva accolto la domanda del ricorrente relativa alla liquidazione in suo favore di un compenso per lavoro straordinario, rigettata invece dal Giudice di primo grado. Rilevava che la decisione risultava viziata da una macroscopica contraddittorietà ed, al tempo stesso, insufficienza della motivazione. La Corte - pur avendo individuato il principio decisorio in quello consolidato secondo cui il riconoscimento dello stesso id est , lavoro straordinario richiede una prova particolarmente rigorosa senza che all'eventuale difetto di prova possa supplire la valutazione equitativa del giudice, che è consentita solo quando il lavoratore, assolvendo all'onere probatorio posto a suo carico abbia dimostrato di avere lavorato oltre l'orario normale di lavoro fermo restando il dovere del giudice di dare congrua ragione del processo logico attraverso il quale si perviene alla liquidazione del quantum debeatur indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo , aveva poi quantificato equitativamente l'esistenza del credito per lavoro straordinario, pur in difetto dei presupposti nella stessa sentenza indicati. Lamenta ancora che le testimonianze escusse, di cui riportava alcuni brani, non avevano confermato lo svolgimento di lavoro straordinario. Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato. Inammissibile difettando del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., ed inoltre per sottoporre a questa S.C. un diretto apprezzamento delle risultanze probatorie. Infondato in quanto la Corte di merito ha ritenuto provato, sulla base delle emergenze istruttorie, lo svolgimento di lavoro straordinario, quantificando poi lo stesso in base alla disciplina contrattuale collettiva ed alla c.t.u. contabile disposta in primo grado. 4. Con il primo motivo del ricorso incidentale la D. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 della Costituzione, 2099 e 2108 e.e. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c Erronea valutazione dell'istruttoria espletata violazione dell'art. 116 c.p.c Omessa, insufficiente ed, in ogni caso, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360, comma 1, nnumero 3 e 5 c.p.c. , con riferimento al lavoro straordinario espletato. Lamenta che il giudice di appello non valutò esattamente le deposizioni testimoniali rese al riguardo, di cui riproduceva taluni brani. Il motivo è inammissibile, innanzitutto per difettare del quesito di cui all'art. 366 bis c.p.c. In secondo luogo per richiedere a questa Corte un riesame delle emergenze probatorie, precluso al giudice di legittimità. 5. Con il secondo motivo la D. denuncia la violazione e falsa applicazione del primo comma dell'art. 7 L. numero 300/70. Omessa, insufficiente ed, in ogni caso, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360, comma 1, nnumero 3 e 5 c.p.c. . Lamenta che la Corte di merito omise di esaminare la prospetta violazione della norma statutaria, con riferimento alla mancata affissione del codice disciplinare. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, avendo i giudici di appello già ritenuto illegittimo il licenziamento intimato all'E. . 6. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione del principio di immediatezza e tempestività dell'adozione del provvedimento disciplinare. La violazione in particolare dell'art. 153 del c.c.numero l. di categoria prevedente il termine di quindici giorni, dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore per le giustificazioni, per l'adozione del provvedimento disciplinare. Anche tale motivo è inammissibile per difetto di interesse, per le stesse ragioni sub 5, ed inoltre per non essere stato depositato, né riprodotto in ricorso, il c.c.numero l. invocato, in contrasto con l'art. 369 c.p.c. ed il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. 7. Entrambi i ricorsi vanno dunque rigettati. La reciproca soccombenza comporta la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.