No alla disoccupazione per il dipendente assunto con part-time verticale

Ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato part-time , secondo il tipo c.d. verticale a base annua , non spetta l’indennità di disoccupazione per i periodi di inattività, atteso che la stipulazione di un tale contratto – liberamente pattuito dal lavoratore – non dà luogo a disoccupazione involontaria.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22576 del 2 ottobre 2013. Il caso . Il Tribunale, con sentenza successivamente confermata dalla Corte di Appello, accoglieva il ricorso con cui un lavoratore – assunto con un contratto part-time verticale su base annua - chiedeva il riconoscimento del proprio diritto a percepire il trattamento ordinario di disoccupazione per il periodo compreso tra l’ottobre ed il dicembre 2001, corrispondente ad una sosta lavorativa nel periodo autunno-inverno. A sostegno della propria decisione, i Giudici del merito rilevavano come la struttura del contratto in esame fosse caratterizzata dalla stessa ratio dei contratti stagionali, rispetto ai quali viene pacificamente riconosciuto il diritto al trattamento in esame, con la conseguenza che non poteva condividersi la conclusione cui in passato erano giunte le Sezioni Unite della Cassazione circa l’insostenibilità di una generalizzata estensione del principio di indennizzabilità con riferimento ad una figura contrattuale che discendeva dal libero incontro della volontà delle parti . Avverso la pronuncia di secondo grado, l’INPS ricorreva alla Corte di Cassazione. Tra lavoro stagionale e part-time cambia la volontà del lavoratore. Con un unico motivo, l’Istituto lamentava la violazione di legge da parte della sentenza impugnata atteso che, come in passato affermato dalle Sezioni Unite Cass. SS.UU. n. 1732/2003 , l’indennità di disoccupazione è prevista a favore di coloro che non siano più titolari di un rapporto di lavoro, fattispecie affatto diversa da quella del lavoratore assunto con part-time verticale il quale, sulla base del contratto liberamente sottoscritto, subisce solo una temporanea sospensione delle prestazioni lavorative. Dello stesso avviso è la Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, ritiene manifestamente fondato il ricorso. Ed infatti, ad avviso della Corte, ai lavoratori assunti con contratto part-time verticale non può estendersi analogicamente – in mancanza della medesima ratio – la disciplina della disoccupazione involontaria vigente per i contratti stagionali, la cui stipulazione è invece resa necessaria dalle oggettive caratteristiche della prestazione . La disciplina così interpretata è costituzionalmente legittima La Corte dà altresì atto che questa interpretazione, in passato, aveva sollevato dubbi di legittimità costituzionale. Dubbi che tuttavia sono stati fugati proprio dal Giudice delle leggi Corte Cost. n. 121/2006 , il quale aveva ritenuto non fondata la relativa questione di legittimità costituzionale, valorizzando non tanto il dato obiettivo dell’assenza di lavoro nell’arco temporale considerato quanto, piuttosto, l’aspetto relativo alla stabilità e sicurezza retributiva che connotano il lavoro part-time , i cui periodi di sospensione non escludono l’affidamento del lavoratore nella successiva ripresa dell’attività lavorativa. e conforme alla normativa europea . Secondo la Cassazione, inoltre, la disciplina in commento nemmeno contrasta con la direttiva comunitaria sul lavoro a tempo parziale, atteso che la posizione dei lavoratori part-time rimane sensibilmente differenziata rispetto a quella dei lavoratori stagionali e non consente, pertanto, di ritenere che l’applicazione della normativa nazionale determini una discriminazione incompatibile con l’ordinamento comunitario in questo senso si veda anche Cass. n. 8581/2007 Cass. n. 7298/2007 . Ed infatti, conclude la Corte, se è vero che la Direttiva 97/81 CE ha delineato un quadro generale per l’eliminazione delle discriminazioni verso i lavoratori a tempo parziale , tale indicazione deve ritenersi più che altro destinata ad evitare discriminazioni tra il rapporto a tempo parziale e quello a tempo pieno diverso essendo il parallelismo tra rapporto stagionale e rapporto part-time mentre la soluzione adottata dalla Consulta va nel senso dell’evoluzione legislativa .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 settembre - 2 ottobre 2013, n. 22576 Presidente La Terza – Relatore Marotta Fatto e diritto 1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto Con ricorso al Tribunale di Napoli A P. , autista con contratto di part time verticale stipulato con una società che forniva servizio di trasporto ai turisti del Comune di Forio d'Ischia, chiedeva il riconoscimento del proprio diritto al trattamento ordinario di disoccupazione per il periodo dal 4/10/2001 al 31/12/2001, corrispondente ad una sosta lavorativa nel periodo autunno-inverno. Il Tribunale accoglieva la domanda e la decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Napoli. Sosteneva, in sintesi, la Corte territoriale che non poteva condividersi il principio espresso da questa Corte, con sentenza a sezioni unite n. 1732/2003, attesa la mancanza di eadem ratio con la previsione in materia di contratti stagionali, in cui la disoccupazione durante il periodo di sosta o di stagioni morte non poteva considerarsi volontaria, laddove nei contratti part time vi era una volontarietà della limitazione temporale e che, peraltro, doveva aversi presente la necessità di limitare - sulla base di scelte discrezionali del legislatore - l'attribuzione del beneficio ad ipotesi riconducibili ad una ontologica caratteristica di alcuni rapporti c.d. stagionali . Osservava che nel contratto part time la prestazione è resa a tempo parziale nell'interesse del lavoratore, ma che, nell'ipotesi considerata, la struttura del contratto era assimilabile a quella del contratto per adesione, onde non poteva condividersi l'osservazione delle Sezioni Unite sulla insostenibilità di una generalizzata estensione del principio di indennizzabilità con riferimento ad una figura contrattuale sorretta dal libero incontro delle volontà delle parti in ordine alla durata su base annua. In sostanza, ad avviso della Corte partenopea, nella specie, vertendosi in materia di un contratto di part time verticale stipulato tra le parti che trovava la sua ratio nella stagionalità oggettiva del sinallagma lavorativo, risultando così il periodo lavorato imposto dalla natura del servizio e della conseguente prestazione, il periodo non lavorato non poteva ritenersi come di inoccupazione involontaria e pertanto non vi era alcun ostacolo ad equiparare al lavoro stagionale il contratto di lavoro in regime di tempo parziale verticale, essendo imposta tale tipologia contrattuale dalla natura del servizio e della conseguente prestazione. Propone ricorso per cassazione l'I.N.P.S, affidando l'impugnazione a un motivo. Il P. è rimasto intimato. Con unico articolato motivo l'I.N.P.S. lamenta la violazione e la falsa applicazione del R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270, art. 44 e ss. nonché del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 45, comma 3, artt. 76 e 77 in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ Assume che la questione controversa è stata decisa dalla sentenza delle S.U., della Cassazione n. 1732/2003 evidenziando che la tutela di cui al R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 77, è predisposta a favore di coloro che non siano più titolari di un rapporto di lavoro, ancorché non stabile e continuativo nell'arco dell'anno, laddove diversa è la situazione subisce una temporanea sospensione delle prestazioni lavorative. Richiama la pronuncia della Corte Costituzionale n. 121 del 24 marzo 2006 ed i precedenti di questa Corte n. 7589/2011 e n. 7298/2007 per sostenere la differenza rispetto al lavoro stagionale del tipo contrattuale del tempo parziale verticale quale quello in esame. Il motivo si palesa manifestamente fondato alla stregua del principio enunciato in plurime decisione di questa Corte cui va data continuità cfr. Cass. n. 7589 del 1^ aprile 2011 id. nn. 23272-23273 del 3 novembre 2009 n. 10442 del 6 maggio 2009 n. 16315 del 16 giugno 2008 n. 8581 del 5 aprile 2007 n. 7298 del 26 marzo 2007 . Come è noto, sulla questione in esame, a seguito del contrasto verificatosi nella giurisprudenza di legittimità, sono intervenute le Sezioni Unite sentenza 6 febbraio 2003 n. 1732 , le quali hanno affermato che ai lavoratori impiegati a tempo parziale, secondo il tipo cosiddetto verticale a base annua, non spetta l'indennità di disoccupazione per i periodi di inattività, posto che la stipulazione di tale tipo di contratto, dipendendo dalla libera volontà del lavoratore contraente, non da luogo a disoccupazione involontaria nei periodi di pausa, con la conseguenza che a tali lavoratori neanche può estendersi in via analogica, in mancanza di una eadem ratio , la disciplina della disoccupazione involontaria vigente per i contratti stagionali, la cui stipulazione è invece resa necessaria dalle oggettive caratteristiche della prestazione. Una siffatta interpretazione della normativa ha suscitato qualche dubbio di legittimità, ma la Corte costituzionale, con sentenza 24 marzo 2006 n. 121, ha dichiarato non fondata la relativa questione di legittimità costituzionale. In tale decisione - in cui il giudice remittente richiamava anzitutto il diritto vivente , sorto proprio sulla base della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1732 del 2003, secondo la quale la libera accettazione, da parte del lavoratore, del tempo parziale verticale su base annua escludeva che per i periodi di sospensione dell'attività lavorativa potesse ravvisarsi disoccupazione involontaria, ricavandone l'impossibilità di dare della norma impugnata una lettura diversa, e segnalava che la stessa, così interpretata, si poneva in violazione degli artt. 3 e 38 Cost. - la Corte Costituzionale ha esaminato le questioni poste dalla presente controversia, relative allo stato di disoccupazione non volontaria imposto dal tipo di lavoro prestato in regime di part time verticale, valorizzando non tanto tale dato obiettivo, quanto piuttosto l'aspetto relativo alla stabilità e sicurezza retributiva che connotano il lavoro part time , i cui periodi di sospensione non escludono l'affidamento del lavoratore nella successiva ripresa dell'attività lavorativa retribuita, dopo il periodo di pausa. Tanto è sufficiente a confutare ogni affermazione contenuta nella sentenza della Corte del merito relativa alla peculiare struttura del rapporto di lavoro part time del P. , caratterizzato dalla sospensione necessitata del servizio di autista nel periodo autunnale - invernale, valendo a valorizzare la tesi sostenuta dell'Istituto ricorrente la semplice considerazione che, in ogni caso, il rapporto subiva nei detti periodi una mera sospensione che, come tale non escludeva l'affidamento del lavoratore nella ripresa dell'attività lavorativa al termine del periodo suddetto, diversamente che in un rapporto di lavoro connotato dalla stagionalità, in cui, all'esito del periodo di attività, il rapporto cessa a tutti gli effetti. Va, dunque, ribadito che ai lavoratori impiegati a tempo parziale, secondo il tipo cosiddetto verticale a base annua non spetta l'indennità di disoccupazione per i periodi di inattività, posto che la stipulazione di tale tipo di contratto, dipendendo dalla libera volontà del lavoratore contraente, non da luogo a disoccupazione involontaria nei periodi di pausa, con la conseguenza che a tali lavoratori neanche può estendersi in via analogica, in mancanza di una eadem ratio , la disciplina della disoccupazione involontaria vigente per i contratti stagionali, la cui stipulazione è, invece, resa necessaria dalle oggettive caratteristiche della prestazione. Tale interpretazione, oltre a non contrastare con gli artt. 3 e 38 Cost., come affermato dal Giudice delle leggi cfr. la citata Corte cost. n. 121 del 2006 , neppure contrasta con la direttiva comunitaria sul lavoro a tempo parziale, sì da imporre un rinvio alla Corte di Giustizia, atteso che la posizione dei lavoratori part time è pur sempre differenziata rispetto a quella dei lavoratori stagionali e non può, pertanto, ritenersi che l'applicazione della normativa nazionale comporti una discriminazione non compatibile con l'ordinamento comunitario cfr. Cass. n. 7298 del 26 marzo 2007 . Tale principio è stato, in particolare, ribadito con sentenza di questa Corte del 5 aprile 2007 n. 8581, con la quale è stato evidenziato che la pendenza del rapporto di lavoro, non cessato ma unilateralmente sospeso dal datore di lavoro, esclude in ogni caso la spettanza dell'indennità di disoccupazione per il periodo di inattività salvo il diritto del lavoratore di ottenere la retribuzione nello stesso periodo ovvero di opporsi giudizialmente alla sospensione unilaterale, ove disposta illegittimamente , atteso che in mancanza della cessazione del rapporto lavorativo l'esclusione del trattamento di disoccupazione consegue all'esigenza che si colloca nell'ambito del principio di solidarietà di assicurare la tutela sociale ai più bisognosi, compatibilmente con le risorse disponibili, secondo una individuazione dello stato di bisogno giustificativo della prestazione, che coincide non già con la mera inattività, bensì con l'estinzione del rapporto di lavoro, in coerenza con la funzione propria della prestazione di disoccupazione, che è di indennizzo e non di integrazione della retribuzione. Pur, dunque, dandosi atto della Direttiva 97/81 CE che, recependo l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, ha delineato un quadro generale per l'è laminazione delle discriminazioni verso i lavoratori a tempo parziale e di contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parlale su basi accettabili sia ai datori di lavoro che ai lavoratori” e stabilito, alla clausola 4 i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente si è giustificato da ragioni obiettive , deve comunque rilevarsi che l'indicazione suddetta è più che altro destinata ad evitare discriminazioni tra il rapporto a tempo parziale e quello a tempo pieno diverso essendo il parallelismo tra rapporto stagionale e rapporto part time e che la soluzione adottata dalla Consulta va nel senso dell'evoluzione legislativa l'art. 8 del d.lgs. 16/9/1996 n. 564 prevede che i periodi di non effettuazione della prestazione lavorativa nel part time verticale o ciclico non coperti da assicurazione obbligatoria possano essere riscattati a domanda il più recente art. 13 comma 9 del D.L. 55/2005, convertito nella legge 80/2005, a mente del quale viene esteso il trattamento di disoccupazione ordinaria ai lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero a determinate da situazioni temporanee di mercato, con esclusione dei contratti di lavoro a tempo determinato con previsione di sospensioni lavorative programmate e dei contratti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale. In conclusione, si propone l'accoglimento del ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la decisione della causa nel merito con il rigetto della domanda proposta dall'odierno controricorrente volta ad ottenere il pagamento dell'indennità di disoccupazione per il periodo richiesto, con ordinanza, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ., n. 5 . 2 - Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo, soluzione non contrastata da parte ricorrente - che non ha depositato memoria - e condivisa dal Procuratore generale, che ha aderito alla relazione. 3 - Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., la causa può decidersi nel merito, rigettando la domanda proposta dall'odierno controricorrente. 4 - L'esito complessivo del giudizio e la controvertibilità della questione consigliano la compensazione delle spese dell'intero processo. P.Q.M. LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda azionata da P.A. . Compensa le spese dell'intero processo.