I docenti sono soci ... ma osservano l’orario: il rapporto di lavoro è subordinato

In un rapporto di collaborazione reso dai soci di un’Associazione scolastica, si deve ritenere esistente il vincolo di subordinazione laddove siano previsti orari scolastici predeterminati osservati dai docenti predeterminazione della misura e dei contenuti delle prestazioni lavorative entità dell’impegno, costante nell’arco della giornata e della settimana lavorativa entità delle erogazioni corrisposte, incompatibili con meri rimborsi spese. Elementi tutti atti a caratterizzare il vincolo di subordinazione.

Lo afferma la Corte di Cassazione, sezione lavoro con la sentenza n. 11930, pubblicata il 16 maggio 2013. Il caso opposizione a ingiunzione Inps per contributi omessi e sanzioni a seguito di accertamento di rapporto di lavoro subordinato. Un’associazione pedagogica scolastica si opponeva all’ordinanza ingiunzione dell’Inps con cui venivano richieste somme per contributi omessi e sanzioni conseguenti, sul presupposto della sussistenza di rapporto di lavoro subordinato con soci dell’associazione, svolgenti attività di docente e non docente. Il Tribunale respingeva l’opposizione e analogamente la Corte d’Appello rigettava l’appello proposto dall’associazione opponente, ritenendo sussistente il rapporto di lavoro subordinato. Ricorreva così in Cassazione l’associazione, per la riforma della sentenza della Corte di merito. Le prestazioni dei soci sono a carattere gratuito, di natura volontaria La ricorrente censura la motivazione data dalla Corte d’Appello, sostenendo l’assenza di vincolo di subordinazione, posto che i soci svolgevano la propria attività in regime di volontariato gratuito, liberi di scegliere autonomamente l’entità e la collocazione oraria del proprio impegno, ricevendo erogazioni di carattere economico a titolo di meri rimborsi spese. Circostanze che erano emerse, a detta della ricorrente, nel corso del giudizio, ma disattese dalla Corte d’Appello. ma in realtà venivano svolte in osservanza di precise disposizioni. La Suprema Corte non ritiene fondate le argomentazioni portate dalla ricorrente. Correttamente i giudici di merito avevano ritenuta l’esistenza nel caso de quo della subordinazione, in quanto il rapporto era connotato da elementi idonei a far propendere per tale conclusione. In particolare, rileva la Corte, vi era continuità didattica e articolazione dei corsi secondo moduli organizzativi predeterminati, orari scolastici e attribuzioni delle classi a ciascun insegnante, inconciliabili con la libertà di orario sostenuta dalla associazione predeterminazione della misura e dei contenuti delle attività lavorative prestate entità dell’impegno lavorativo, mediamente per 4 – 5 giornaliere per ciascun lavoratore, per 5 giorni la settimana entità delle erogazioni effettuate in favore del personale, inconciliabili con gli asseriti meri rimborsi a forfait, ma vere retribuzioni. Di conseguenza, la presenza degli elementi individuati faceva propendere per la natura subordinata del rapporto, dovendosi supporre la presenza del vincolo gerarchico tipico del lavoro subordinato. Ciò anche se, come affermato dall’associazione ricorrente, le prestazioni rese erano in piena rispondenza con lo scopo associativo. La valutazione delle prove è giudizio di merito. I numerosi motivi di censura proposti riguardano nel loro complesso la valutazione del materiale probatorio acquisito nel giudizio da parte dei giudici d’appello. Motivi che si risolvono sostanzialmente nel mero confronto tra documenti prodotti e deposizioni dei testi, senza formulazione di vizi di motivazione, deducibili in sede di legittimità. Con ciò chiedendo alla Corte un inammissibile accesso diretto agli atti ed al materiale probatorio ed una loro delibazione. Per principio assolutamente costante, la deduzione in cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e logica delle motivazioni rese dal giudice di merito. Le censure mosse dalla ricorrente, affermano i giudici di legittimità, si risolvono sostanzialmente non nella proposizione di questioni di diritto, ma in prospettazioni di un diverso apprezzamento delle prove e dei fatti già valutate dal Giudice di merito, in senso contrario alle aspettative della parte ricorrente. E quindi si traducono in richiesta di nuova valutazione del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità. Nel caso specifico la sentenza impugnata appare correttamente e logicamente motivata, l’iter logico è chiaramente individuabile, privo di contraddizioni o illogicità. Né è censurabile in sede di legittimità la scelta, assolutamente discrezionale per il giudice di merito, di ridurre il numero dei testi, inizialmente ammessi, ove abbia ritenuta già raggiunta la prova, senza ulteriori assunzioni. Tale scelta, ove correttamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità. In conclusione, l’assenza di vizi logici nella sentenza impugnata, rende totalmente infondato il ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 aprile - 16 maggio 2013, n. 11930 Presidente Roselli – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 2.10.07 la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame interposto dall'Associazione Pedagogica Scuola Arcobaleno contro la sentenza del Tribunale capitolino che ne aveva respinto la domanda intesa ad accertare come non dovute le somme richieste dall'INPS in forza di verbale n. a titolo di contributi omessi e relative sanzioni civili, somme pretese dall'istituto previdenziale sul presupposto dell'esistenza di veri e propri rapporti di lavoro subordinato riguardo al personale docente e non docente operante presso la scuola materna ed elementare gestita dall'Associazione medesima, che ora ricorre per la cassazione di tale sentenza affidandosi a nove motivi. L'INPS resiste con controricorso. Motivi della decisione 1- Con il primo motivo si lamenta vizio di motivazione per avere l'impugnata sentenza erroneamente ritenuto la sussistenza di rapporti di lavoro subordinato fra l'Associazione e il personale docente e non docente operante presso la scuola, supponendo l'esistenza del vincolo gerarchico, della predeterminazione dell'orario lavorativo, dell'esclusività della prestazione e della remuneratività della stessa, trascurando che le risultanze documentali e testimoniali e le dichiarazioni rese in sede di verbale ispettivo dimostrano, invece, che si tratta di soci che prestano la propria attività in piena rispondenza con lo scopo associativo e senza vincoli di orario. Con il secondo motivo si denuncia contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che, quand'anche non fosse esistita una struttura gerarchicamente sovraordinata all'Assemblea dell'Associazione che in ricorso viene definita come il centro decisionale dell'Associazione medesima , ciò non avrebbe di per sé escluso la configurabilità di rapporti di lavoro subordinati la ricorrente lamenta l'incompatibilità logica fra le due affermazioni. Con il terzo motivo si prospetta violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle censure che nel proprio atto d'appello l'Associazione ha rivolto alla sentenza di prime cure in relazione ai verbali ispettivi dell'INPS, alle modalità dell'accertamento svolto dagli ispettori e alle loro contestate conclusioni. La stessa doglianza è fatta valere, in subordine, con il quarto motivo sotto forma di vizio di motivazione. Con il quinto motivo si prospetta violazione dell'art. 2094 c.c. per avere la gravata pronuncia ritenuto sussistenti i rapporti di lavoro subordinati nonostante il contrario materiale istruttorio, da cui non emerge l'esercizio di potere direttivo e disciplinare nei confronti dei lavoratori né il loro inserimento stabile ed esclusivo nell'organizzazione aziendale. Con il sesto motivo ci si duole di violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., avendo erroneamente ritenuto l'impugnata sentenza che incombesse sulla ricorrente l'onere di provare l'insussistenza dei rapporti lavorativi ravvisati dagli ispettori, malgrado si versasse in ipotesi di giudizio d'impugnazione d'un verbale di accertamento dell'INPS. Con il settimo motivo si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla censura che nel proprio atto di gravame l'Associazione ha mosso all'istruttoria svolta dal Tribunale, che non ha dato sfogo integrale alle istanze di prova formulate in primo grado e coltivate in appello. La stessa doglianza è fatta valere, in subordine, con l'ottavo motivo sotto forma di vizio di motivazione e con il nono motivo sotto forma di violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché - ancora - sotto forma di vizio di motivazione a tale riguardo la ricorrente si duole del fatto che l'impugnata sentenza abbia ravvisato un quadro indiziario univoco nel senso della subordinazione anziché di mere prestazioni rese affectionis vel benevolentiae causa, senza disporre alcun ulteriore approfondimento oltre ai due soli testi sentiti fra i trentaquattro indicati dall'Associazione a tale proposito la ricorrente lamenta che non può il giudice negare gli approfondimenti istruttori sollecitati da una parte e, poi, addossarle gli effetti negativi del mancato assolvimento dell'onere della prova. 2 - Il ricorso non può trovare accoglimento. Il primo, il secondo, il quarto e il nono motivo nella parte in cui si deduce un vizio di motivazione sono inammissibili in ragione del preliminare ed assorbente rilievo che, essendo stati formulati in relazione all'art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis, vista la data di deposito dell'impugnata sentenza si sarebbero dovuti concludere, per costante giurisprudenza di questa S.C., con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità cfr., ex aliis , Cass. S.U. 1.10.07 n. 20603 Cass. Sez. III 25.2.08 n. 4719 Cass. Sez. III 30.12.09 n. 27680 . A ciò si aggiunga - riguardo al primo, al quarto e al quinto motivo - che per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un fatto decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico - formale la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione cfr., ex aliis , Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi . Né con il primo, il quarto e il quinto motivo il ricorso isola come invece avrebbe dovuto singoli passaggi argomentativi per evidenziarne l'illogicità o la contraddittorietà intrinseche e manifeste vale a dire tali da poter essere percepite in maniera oggettiva e a prescindere dalla lettura del materiale di causa , ma ritiene di poter enucleare vizi di motivazione dal mero confronto con documenti e deposizioni, vale a dire attraverso un'operazione che suppone un accesso diretto agli atti ed una loro delibazione non consentiti in sede di legittimità. Per il resto, nei suddetti motivi il ricorso si dilunga in difformi valutazioni delle risultanze del processo, che l'impugnata sentenza ha esaminato in maniera completa e con motivazione immune da vizi logico-giuridici. 3 - Il terzo motivo non è autosufficiente perché non trascrive le censure avanzate in appello su cui la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata. Invero, per costante insegnamento di questa Corte Suprema, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente nei loro esatti termini nel ricorso per cassazione ciò è dovuto in ossequio al principio di autosufficienza, per consentire al giudice di verificare, in primo luogo, la ritualità e la tempestività di domande ed eccezioni e, in secondo luogo, la loro decisività cfr., ex aliis e da ultimo, Cass. 4.3.13 n. 5344 . Il motivo si palesa altresì infondato nella parte in cui lamenta un'omessa pronuncia su talune deduzioni difensive volte a inficiare le risultanze degli accertamenti ispettivi dell'INPS è noto in giurisprudenza che il giudice del merito non è tenuto a vagliare ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, risultino logicamente incompatibili con la decisione adottata cfr. Cass. 15.4.11 n. 8767 Cass. 20.4.06 n. 9234 . 4 - Ancora da disattendersi sono il sesto, il settimo, l'ottavo e il nono motivo quest'ultimo nella parte in cui si deduce un vizio di legittimità . Si premetta che, nonostante il richiamo alla ripartizione dell'onere probatorio circa la gratuità di una prestazione lavorativa, in realtà l'impugnata sentenza ha esplicitamente ravvisato un univoco quadro indiziario di onerosità delle prestazioni lavorative. Ciò ha affermato in base a circostanze di fatto incompatibili con l'asserita natura meramente volontaristica delle prestazioni, circostanze che l'odierna ricorrente non contesta nella loro storicità e che non formano neppure oggetto delle ulteriori prove testimoniali richieste, il che rende irrilevante la censura inerente alla mancata ammissione degli altri mezzi di prova. Per l'esattezza, i giudici del merito hanno ravvisato l'esistenza della subordinazione in virtù della - continuità didattica e dell'articolazione dei corsi secondo moduli organizzativi previsti dalla legge, per loro stessa natura inconciliabili con la libertà di orario sostenuta dall'odierna ricorrente, secondo cui docenti e non docenti sarebbero stati liberi di scegliere autonomamente entità e collocazione oraria del proprio impegno per altro, proprio il ricorso riferisce nel riportare i capitoli di prova su cui si era chiesto un approfondimento istruttorio in via testimoniale che erano previsti appositi orari scolastici con attribuzione delle classi agli insegnanti e afferma altresì l'irrilevanza della necessità di rispettare determinati standard di prestazione oraria ma - va ricordato - proprio la faciendi necessitas è un connotato della subordinazione - predeterminazione nella misura e nei contenuti anche per quanto concerne gli aspetti accessori delle attività lavorative de quibus - entità dell'impegno lavorativo di ognuno, mediamente destinato ad assorbire 4-5 ore al giorno per 5 giorni alla settimana - entità delle erogazioni effettuate in favore del personale, non accordabile con la natura sostenuta dalla ricorrente di meri rimborsi spese a forfait . Né per fare luogo ad un accertamento presuntivo ex artt. 2727 e ss. c.c. si devono prima necessariamente assumere tutti i testi indicati dalle parti è noto, invece, che nel vigente ordinamento non esiste una gerarchia tra fonti di prova, di guisa che la prova per presunzioni, non collocandosi in posizione sott'ordinata rispetto agli altri mezzi istruttori, consente al giudice di fare ricorso alle presunzioni semplici rifiutando la prova testimoniale offerta da alcuna delle parti cfr. Cass. 1.6.04 n. 10484 Cass. 9.3.2000 n. 2668 Cass. 3.2.99 n. 914 . Nel caso di specie, per altro, la prova testimoniale era stata assunta, ma il numero dei testi ridotto, il che costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità ed esercitabile persino nel corso dell'espletamento della prova, potendo il magistrato non esaurire l'esame di tutti i testi ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga con valutazione che non deve essere necessariamente espressa, potendo desumersi per implicito dal complesso della motivazione della sentenza superflua l'ulteriore assunzione della prova cfr. Cass. 22.4.09 n. 9551 Cass. 16.8.04 n. 15955 . 5 - In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 50,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.