Per stabilire quale dei due contratti vada applicato bisogna anzitutto allegarli al ricorso

E’ inammissibile perché privo di autosufficienza il motivo di ricorso volto a chiedere l’applicazione di un CCNL al posto di un altro, qualora gli stessi contratti non siano stati allegati al ricorso per cassazione.

In tal caso, infatti, la S.C. non può verificare la fondatezza della censura. Lo ha affermato la Corte stessa con la sentenza n. 22797/12, depositata il 12 dicembre. Il caso. Il responsabile del settore amministrativo - contabile nonché fiscale e tributario di una società ricorre contro il licenziamento intimatogli da quest’ultima, chiedendo la reintegra nel posto di lavoro, il risarcimento del danno e il pagamento delle differenze retributive a lui spettanti sull’assunto che la sua qualifica professionale sarebbe stata erronea all’attore, infatti, sarebbe stato applicato il CCNL Commercio in luogo di quello relativo agli Istituti di Credito ed Enti Finanziari. Le pretese dell’uomo sono rigettate in entrambi i gradi di merito e la questione è allora posta all’attenzione dei giudici di legittimità. Licenziamento o recesso del lavoratore? Il ricorrente lamenta anzitutto che la Corte territoriale avrebbe male interpretato le risultanze documentali, giungendo alla conclusione che nel comportamento della società non si ravviserebbe alcuna volontà di licenziare il lavoratore al contrario, questi avrebbe mostrato in una missiva la volontà di recedere dal rapporto di lavoro. Così come formulata, la censura è, a giudizio degli Ermellini, inammissibile in quanto si limita ad asserire in modo apodittico l’esistenza di un licenziamento laddove i giudici di appello hanno motivatamente escluso che si fosse in presenza di tale provvedimento. Quale CCNL andava applicato? Con i due successivi motivi di ricorso, l’ex dipendente lamenta essenzialmente l’errata interpretazione della norma che definisce l’ambito applicativo del CCNL del settore credito basandosi sull’erroneo presupposto della non applicabilità di tale contratto al caso in esame, la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare se l’attività svolta dal ricorrente, così come emersa dall’istruttoria, fosse inquadrabile nel 4° livello del richiamato contratto, corrispondente all’inquadramento attribuito dalla società. I documenti vanno sempre allegati. Anche questi motivi, però, sono ritenuti inammissibili dalla Cassazione in quanto privi del requisito dell’autosufficienza i contratti collettivi, infatti, non sono stati allegati al ricorso e ciò ha impedito la verifica della fondatezza della censura. Nel ricorso si afferma poi che l’attività della società si sarebbe trasformata da commerciale in quella di intermediazione finanziaria, ma l’applicabilità ratione temporis del CCNL Istituti di Credito ed Enti Finanziari rimane non dimostrata il ricorrente, infatti, pur richiamando nel ricorso i documenti sui quali lo stesso si fonda, non ha provveduto ex art. 366, n. 6. c.p.c., a specificare la sede processuale nella quale essi erano stati prodotti, né li ha depositati insieme al ricorso. Non si rinviene, inoltre, la formulazione del quesito di diritto che permetta alla Corte di comprendere, mediante la lettura del solo quesito, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo il ricorrente, la regola da applicare. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 ottobre – 12 dicembre 2012, n. 22797 Presidente Vidiri – Relatore Fernandes Svolgimento del processo M.V. - già dipendente della Trans International Commercial and Services T.I.C.S. s.p.a. dal 1.10.90 al marzo 1998 quale responsabile del settore amministrativo e contabile e del settore fiscale-tributario - adiva il Tribunale di Messina in funzione di giudice del lavoro chiedendo la declaratoria di inefficacia del licenziamento adottato nei suoi confronti con missiva del 26.1.98 per inosservanza dell'art. 7 L. n. 300/70 con condanna di detta società a reintegrarlo nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno. Chiedeva, altresì, la condanna della T.I.C.S. s.p.a. al pagamento delle differenze retributive conseguenti alla diversa qualifica da attribuirgli - quarta Area professionale del CCNL Istituti di Credito ed Enti Finanziari -in luogo di quella nella quale era stato inquadrato - primo livello del CCNL Commercio sull'assunto che alla T.I.C.S., in quanto entità economico-produttiva di intermediazione finanziaria doveva applicarsi il CCNL Istituti di Credito ed Enti Finanziari . L'adito giudice rigettava la domanda e la riconvenzionale svolta dalla società resistente relativa alla richiesta di risarcimento danni per aver il ricorrente costituito altra società avente ad oggetto attività in parte analoghe a quelle dalla TICS svolte. La Corte di appello di Messina, con sentenza pubblicata il 25 giugno 2009, rigettava l'appello proposto dal M. confermando l'impugnata decisione sulla scorta delle seguenti argomentazioni a che nel comportamento tenuto dalla TICS non era ravvisabile la volontà di licenziare il M. il quale, invece, nella missiva inviata all'azienda datata 3 marzo 1998 in risposta ad una lettera della società con la quale gli venivano chiesti chiarimenti in merito alla sua prolungata ed ingiustificata assenza dal lavoro , esposti i motivi per i quali non intendeva rientrare al lavoro, aveva chiesto la liquidazione di tutte le proprie spettanze e del TFR cosi dimostrando la volontà di recedere dal rapporto b che la pretesa al diverso inquadramento non poteva essere accolta non ricorrendo per la T.I.C.S. i presupposti ritenuti indefettibili per l'applicazione del CCNL settore creditizio non essendo stata detta società mai destinataria dei contratti ASSICREDITO e ACRI e non essendo neanche tra quegli enti al loro volta controllati da Enti Creditizi destinatari dei contratti Assicredito e ACRI . Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso il M. affidato a tre motivi. La T.I.C.S. s.p.a. è rimasta intimata. Motivi della decisione Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 7 legge n. 300/1970 ed all'art. 115 c.p.c, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume che erroneamente la Corte di merito aveva interpretato le risultanze documentali ritenendo che dalle stesse emergesse la volontà del M. di recedere dal rapporto di lavoro. Ed infatti, dall'esame congiunto della lettera del 26.1.98 inviata dalla T.I.C.S. al ricorrente, della missiva di risposta inoltrata da questi alla società il 3.3.98 e del successivo telegramma del 9.3.98 non poteva in alcun modo ricavarsi l'esplicitazione di una volontà di non rientrare al lavoro. Con la conseguenza che il licenziamento adottato nei confronti di esso ricorrente era inefficace perché intimato a voce e non nelle forme previste dalla legge, perché in violazione dell'art. 7 dello Stat. Lav. e perché privo di giusta causa e/o giustificato motivo. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 2070 c.c., violazione e falsa applicazione di accordi collettivi nazionali di lavoro in relazione al CCNL di settore Istituti di credito ed enti finanziari omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In particolare si lamenta che la Corte di merito avrebbe ritenuto applicabile alla fattispecie il CCNL settore commercio in luogo di quello del settore Istituti di credito ed enti finanziari sulla scorta di una errata interpretazione della norma che definiva l'ambito applicativo di quest'ultimo contratto collettivo. Secondo detta norma - di cui al capo 1 del capitolo 1 disposizioni generali - erano ricomprese nel perimetro di applicazione del contratto a le entità economico-produttive di intermediazione finanziaria , b quelle attività che siano a tale intermediazione intrinsecamente ordinate e funzionali . Solo, poi, con riferimento a queste ultime era richiesta la sussistenza di due requisiti, uno oggettivo consistente nelle attività elencate nella direttiva comunitaria n. 898/646 ed altro soggettivo che l'ente medesimo sia controllato da una banca o da altro ente finanziario già destinatario dei contratti Assicredito ed Acri . Orbene, nell'assunto del ricorrente, la T.I.C.S. s.p.a. rientrava nella ipotesi sub a e, dunque, ai fini dell'applicazione del CCNL Istituti di credito ed Enti finanziari” non poteva assumere alcuna rilevanza la circostanza che essa non fosse controllata da altro istituto di credito destinatario dello stesso CCNL. Peraltro, la corte territoriale neppure aveva verificato se la predetta società potesse essere considerata una entità economico produttiva di intermediazione finanziaria , quindi rientrante nella previsione sub a del CCNL laddove, dalla documentazione agli atti, emergeva in modo incontestabile che essa aveva cessato, anche formalmente, a decorrere dal 30.1.92, di essere un'azienda commerciale e di servizi per trasformarsi in ente finanziario - espletando attività di factoring, di concessione di mutui ipotecari, prestiti personali, di sconto di effetti cambiali, di intermediazione di cambi - tanto da essere iscritta n. n. 12733 dell'albo tenuto del Ministero del Tesoro tramite l'Ufficio Italiano Cambi prima e tramite la Banca d'Italia poi. Risultava, inoltre, anche iscritta al n. 19090 dell'A.B.I., era abilitata all'esercizio del credito ed era iscritta al n. 52 delle società di factoring. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'art. 2103 c.c. ed all'art. 115 c.p.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si evidenzia che la Corte di merito, sull'erroneo presupposto della non applicabilità al caso in esame del CCNL per gli istituti di credito, aveva omesso di valutare se l'attività svolta da esso ricorrente, cosi come emersa dall'istruttoria espletata, era inquadrabile nel 4 livello del CCNL settore credito e che, comunque, all'inquadramento attribuito dalla T.I.C.S. - primo livello CCNL settore commercio - corrispondeva il menzionato 4 livello come risultava dal confronto delle due declaratorie professionali. Con la conseguenza che i conteggi elaborati dal CTU nominato in primo grado, fondati sull'inquadramento nel 1 livello del CCNL commercio - erano del tutto errati. Osserva il Collegio che il primo motivo è inammissibile. A fronte dell'assunto della sentenza impugnata - secondo il quale mentre non era rinvenibile nel comportamento della società alcuna volontà di licenziare il dipendente, essendosi limitata nella missiva del 26.1.1998 a chiedere chiarimenti in merito alla prolungata assenza dal lavoro del predetto, diversamente era ravvisabile una condotta concludente tenuta dal M. e significativa dell'abbandono volontario del posto di lavoro accompagnata dalla richiesta di liquidazione di tutte le proprie spettanze e del T.F.R. - il motivo non contiene alcuna significativa critica all'interpretazione data dalla Corte di merito alle due missive 26.1.98 e del 3.3.98 rapportata al comportamento tenuto dal ricorrente. Viene, infatti, riportato il contenuto di dette lettere e si sostiene che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto del telegramma del 9.3.98? con il quale veniva impugnato il licenziamento e che, quindi, escludeva la volontà del M. di recedere dal rapporto di lavoro. In effetti, si asserisce apoditticamente l'esistenza di un licenziamento laddove, motivatamente la Corte di appello lo aveva escluso. Peraltro i detti documenti non sono stati neppure allegati al ricorso e neppure viene indicato dove e quando erano stati prodotti in giudizio, ragion per cui non è dato sapere se sono stati trascritti nella loro interezza, il che rende il motivo inammissibile anche perché privo del requisito dell'autosufficienza. Passando al secondo ed il terzo motivo da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, entrambi risultano inammissibili perché privi del requisito dell'autosufficienza. Invero, i contratti collettivi non sono stati prodotti nella loro integrità con l'allegazione al ricorso per cassazione, dovendo essere posti in relazione tra loro per verificare la fondatezza della censura. Inoltre, il ricorso avrebbe dovuto specificare e dimostrare l'applicabilità del CCNL Istituti di credito ed Enti finanziari ratione temporis” visto che si afferma che la società aveva applicato il contratto settore commercio non solo finché aveva esercitato l'attività di scambio di servizi, ma anche successivamente, quando, a dire del ricorrente, l'attività si era trasformata da commerciale in quella di intermediazione finanziaria prova che è mancata in quanto il M. , pur richiamando in ricorso i documenti sui quali lo stesso si fonda, non ha ottemperato all'onere imposto al ricorrente dal n. 6 dell'art. 366 cod. proc. civ., in ossequio al principio di autosufficienza di detto atto processuale, non avendo provveduto anche alla specificazione della sede processuale nella quale essi erano stati prodotti ed omettendone il deposito unitamente al ricorso, cfr. Cass. 13 ottobre 2010 n. 211121 Cass. 12 gennaio 2001 n. 303 Sez. 3, Ordinanza n. 6937 del 23/03/2010 Sez. 6 -3 Ordinanza n. 4220 del 16/03/2012 con riferimento all'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda cfr. SU Sentenza n. 22726 del 03/11/2011 in cui si precisa che detto onere è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell'art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., ferma, in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi. . Ed infatti, dei documenti dai quali desumere lo svolgimento dell'attività di intermediazione finanziaria da parte della T.I.C.S. a decorrere dal 1992 - lo statuto della società, la iscrizione al n. 12733 dell'Albo tenuto dal Ministero del Tesoro nonché nell'elenco generale di cui all'art. 106 D. Lgs n. 38/93 tenuto dalla Banca d'Italia, la iscrizione al n. 19090 dell'A.B.I. al n. 52 della T.I.C.S., - non viene specificato dove e quando sono stati prodotti né sono stati allegati al ricorso. Da ultimo, ulteriore motivo di inammissibilità dei motivi, laddove viene denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, è la mancanza dei requisiti prescritti dall'art. 366 bis c.p.c, applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 e prima del 4 luglio 2009, e quindi anche al ricorso in esame. Ed infatti, ai sensi dell'art. 366 cit., nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c, comma 1, nn. 1 , 2 , 3 e 4 , l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d'inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto idoneo a far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare Cass. 7 aprile 2009 n. 8463 . Nel perseguire tale scopo il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis c.p.c. deve infatti compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie Cass. 12 marzo 2012 n. 3864 . È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge Cass. 17 luglio 2008 n. 19769 , ovvero allorquando il quesito sia formulato in modo implicito, sì da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto Cass. sez. un. 28 settembre 2007 n. 20360 . Nel caso de quo il ricorso è del tutto privo dei quesiti di diritto. Alla luce di quanto esposto il ricorso va rigettato. Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità essendo la T.I.C.S. s.p.a. rimasta intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso nulla per le spese del presente giudizio.