Per poter essere trasferito, il ramo deve essere (preesistente e) funzionalmente autonomo

Il ramo d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., deve consistere in una entità economica organizzata che, in occasione del suo trasferimento, conservi la propria identità. Ciò presuppone una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura creata ad hoc dalle parti.

Il caso. Una lavoratrice ricorreva al Giudice del lavoro lamentando l’illegittimità della cessione del proprio rapporto di lavoro ad un soggetto terzo, avvenuta nell’ambito di una pretesa cessione del ramo d’azienda cui era preposta. Tale trasferimento, ad avviso della lavoratrice, non aveva riguardato un ramo d’azienda vero e proprio bensì un insieme eterogeneo di lavoratori, con conseguente applicazione – in luogo dell’art. 2112 c.c. invocato dal cedente che prevede il trasferimento automatico dei rapporti di tutti i dipendenti addetti al ramo ceduto - dell’art. 1406 c.c., a mente del quale per la cessione del contratto è necessario il consenso del contraente ceduto, nella specie mai prestato. Su tali presupposti, la ricorrente chiedeva quindi l’accertamento della persistenza del proprio rapporto in capo alla cedente con condanna di quest’ultima alla sua riammissione in servizio. Si costituiva in giudizio la convenuta esponendo di avere ceduto, a seguito di procedura sindacale, il ramo d’azienda costituito dai servizi di guardiania, reception e fattorinaggio e che tali servizi, successivamente alla cessione, erano gestiti autonomamente dalla cessionaria con propria organizzazione. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso , respingeva le domande della lavoratrice rilevando come, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 32, D.Lgs. n. 276/2003, l’art. 2112 c.c. non richiedesse più il requisito della preesistenza del ramo d’azienda funzionalmente autonomo rispetto al momento del trasferimento, ritenendo sufficiente la preesistenza di una entità economica suscettibile di divenire articolazione autonoma a seguito del trasferimento, identificata come tale dalle parti . La preesistenza del ramo non è discrezionale. Contro tale pronuncia la dipendente ricorreva alla Corte di Cassazione lamentando la violazione dell’art. 2112 c.c., anche in relazione alla Direttiva n. 23/2011, nella parte in cui i Giudici di merito avevano ritenuto sufficiente, ai fini della configurabilità del ramo, l’identificazione operata dalle parti. Dello stesso avviso è la Cassazione la quale, con ampia argomentazione, cassa la sentenza impugnata. Ad avviso della Corte infatti, tanto la normativa comunitaria i.e. le Direttive nn. 50/1998 e 23/2001 quanto quella nazionale, perseguono il fine di evitare che il trasferimento costituisca semplice strumento di sostituzione del datore di lavoro. Rispetto a tale obiettivo, entrambe le normative richiedono che il ramo oggetto di cessione sia e rimanga un insieme di mezzi organizzati per lo svolgimento di un’attività economica. Deve quindi trattarsi, prosegue la Corte, di un’attività economica organizzata in modo stabile e non destinata all’esecuzione di una sola opera , preesistente al momento del trasferimento. La c.d. Legge Biagi non ha modificato tali presupposti. Tale principio, ad avviso della Corte, nemmeno ha subito deroghe a seguito delle modifiche apportate all’art. 2112 c.c. dall’art. 32, D.Lgs. n. 276/2003. Ciò anche alla luce dell’art. 1 della Direttiva n. 23/2001 che espressamente definisce quale trasferimento di azienda quello di un’entità economica che conserva la propria identità , circostanza che impedisce di considerare superato il requisito della preesistenza, non potendo conservarsi quel che non c’è Cass. n. 21697/2009 . Senza l’art. 2112 c.c. serve il consenso dei lavoratori ceduti . Per tale ragione, quando oggetto di cessione non è un complesso di beni e contratti funzionalmente coordinati per l’esercizio di un’attività di impresa, si esula dall’art. 2112 c.c. e risulta invece applicabile la disciplina prevista per l’ordinaria cessione di un contratto art. 1406 c.c. , che richiede il consenso del contraente ceduto. Il ramo può anche essere leggero . La Corte conclude il proprio ragionamento precisando che l’autonomia funzionale del ramo possa non coincidere con la sua materialità quanto a strutture, beni, etc. , ma possa consistere anche in un ramo c.d. leggero , ossia costituito prevalentemente da rapporti di lavoro, purché organizzati in modo idoneo allo svolgimento di un’attività economica. Circostanza che tuttavia deve essere obiettivamente apprezzabile, quand’anche con possibili interventi integrativi ad opera del cessionario, al fine di verificare l’imprescindibile requisito comunitario della sua conservazione .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 ottobre - 4 dicembre 2012, numero 21711 Presidente Roselli – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Torino, L.S. citava in giudizio la Idea Institute of Development in Automotive Engineering s.p.a., poi Idea Institute s.p.a., esponendo di essere stata dipendente della convenuta, operante nel settore del disegno industriale, progettazione e realizzazione di prototipi di autovetture, e di essere stata adibita a varie mansioni di carattere impiegatizio con inquadramento nel terzo livello di cui al c.c.numero l. per gli addetti all'Industria metalmeccanica che con lettera del 19 marzo 2008 le era stato comunicato che, a decorrere dal giorno successivo, avrebbe prestato la sua attività in favore della Bigiesse s.r.l., che da anni aveva l'appalto del servizio di pulizia dei locali della Idea Institute che tra le due società era intervenuto un contratto di cessione di ramo d'azienda. Sulla base di tali premesse, la ricorrente contestava il provvedimento di trasferimento ed intendeva far valere il suo diritto alla prosecuzione del rapporto presso la Idea Institute s.p.a., rilevando che la cessione alla società Bigiesse non aveva riguardato un ramo d'azienda, ma un insieme eterogeneo di lavoratori, per cui non risultava applicabile l’art. 2112 c.c., ma l'art. 1406 c.c. in tema di cessione del contratto, necessitante il consenso del contraente ceduto, nella specie non espresso. Chiedeva quindi l'accertamento della persistenza del rapporto con Idea Institute s.p.a., la condanna della convenuta a reiscriverla nei libri paga e matricola ed a corrisponderle le retribuzioni dovute dal 19 marzo 2008 sino alla effettiva riammissione in servizio. La Idea Institute s.p.a., costituendosi in giudizio, osservava che a seguito di regolare procedura ex art. 47 legge 428/90, con contratto del 19 marzo 2008, era stato ceduto alla Bigiesse s.r.l. il ramo d'azienda nel quale era inserita la ricorrente, costituito dai servizi di guardiania, reception e fattorinaggio e che dalla data indicata la cessionaria gestiva tali servizi con propria organizzazione evidenziava poi che la Bigiesse aveva ripetutamente invitato la L. a presentarsi per prestare attività lavorativa e che, a fronte del rifiuto della lavoratrice ed all'assenza protratta, previa contestazione disciplinare, l'aveva licenziata rilevava infine che la prospettazione del ricorso introduttivo, inteso a delineare una cessione di contratto, e quindi una fattispecie negoziale trilaterale, comportava la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti della cessionaria. Il Tribunale ordinava l'integrazione dei contraddittorio nei confronti della Bigiesse s.r.l. che si costituiva, confermando le circostanze relative al licenziamento, disciplinare disposto nei confronti della L. che non si era mai presentata al lavoro. Senza disporre attività istruttoria, con sentenza del 20 ottobre 2009, il giudice dichiarava inammissibile il ricorso, compensando le spese di lite. Proponeva appello la L. resistevano le menzionate società. Con sentenza del 9 luglio 2010, la Corte d'appello di Torino respingeva nel merito le domande proposte dalla L. , compensando le spese. Propone ricorso per cassazione quest'ultima, affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Resistono la Idea Institute s.p.a. e la s.r.l. Bigiesse con controricorso, quest'ultima proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Motivi della decisione 1. I ricorsi avverso la medesima sentenza debbono riunirsi ex art. 335 c.p.c 1.1 Con il primo motivo la L. denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 2112 c.c., anche in relazione alla Direttiva numero 232. CE art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c. . Lamenta la ricorrente che la Corte di merito ritenne erroneamente che nel vigore della nuova formulazione dell'art. 2112 c.c. comma 5 , a seguito dell'art. 32, comma 1, del d.lgs 10 settembre 2003 numero 276, il requisito della preesistenza del ramo di azienda rispetto al momento del trasferimento non poteva più ritenersi sussistere, ben potendosi configurare un legittimo trasferimento di una entità economica suscettibile di divenire articolazione autonoma successivamente al trasferimento, identificata come tale dalle parti . 2. Con il secondo motivo la L. denuncia omessa o contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo della controversia, e cioè l'individuazione del ramo di azienda ceduto art. 360, comma 1, numero 5 c.p.c. . Lamenta la ricorrente che la Corte territoriale ritenne sufficiente l'identificazione ad opera delle parti dell'articolazione funzionalmente autonoma di una attività economica organizzata. Lamenta inoltre che né dal contratto di cessione, né dalla documentazione prodotta dalla società entrambi allegati in fotocopia al presente ricorso , risultava alcuna precisa identificazione del ramo d'azienda. 3. I motivi, che per la loro stretta connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati. Questa Corte ha già osservato, in linea con la prevalente dottrina formatasi sul punto, che in materia di trasferimento di parte c.d. ramo di azienda, tanto la normativa comunitaria direttive CE nnumero 98/50 e 2001/23 quanto la legislazione nazionale art. 2112, comma quinto, cod. civ., sostituito dall'art. 32 del d.lgs. 10 settembre 2003, numero 276 perseguono il fine di evitare che il trasferimento si trasformi in semplice strumento di sostituzione del datore di lavoro, in una pluralità di rapporti individuali, con altro sul quale i lavoratori possano riporre minore affidamento sul piano sia della solvibilità sia dell'attitudine a proseguire con continuità l'attività produttiva. La citata direttiva del 1998 richiede, pertanto, che il ramo d'azienda oggetto del trasferimento costituisca un'entità economica con propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati per un'attività economica, essenziale o accessoria, e, analogamente, l'art. 2112, quinto comma, cod.civ. si riferisce alla parte d'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata . Deve, quindi, trattarsi di un'entità economica organizzata in modo stabile e non destinata all'esecuzione di una sola opera cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 24 gennaio 2002, C-51/00 , ovvero di un'organizzazione quale legame funzionale che renda le attività dei lavoratori interagenti e capaci di tradursi in beni o servizi determinati Cass. 8 giugno 2009 numero 13171 . La Corte ha dunque aderito, ed aderisce, alla tesi che l'art. 32 del d.lgs numero 276/03 emanato a seguito della legge delega numero 30/2003 che prevedeva innanzitutto il completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa comunitaria , vada innanzitutto interpretato alla luce di quest'ultima - che presuppone che l'oggetto del trasferimento costituisca un'entità economica con propria identità funzionalmente autonoma che resti conservata con il trasferimento cfr. in particolare le direttive CE numero 98/50 e numero 23/2001 quest'ultima stabilisce, all'art. 1 lett.b è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria . Ne consegue che, nonostante talune difformi opinioni basate sul dato letterale dell'assenza, nelle Direttive comunitarie, del concetto di preesistenza pur essendo previsto quello della conservazione dell'identità , l'entità economica trasferita deve in realtà ritenersi preesistente al trasferimento, non potendo conservarsi quel che non c'è cfr. sul punto Cass. 13 ottobre 2009 numero 21697 . Il concetto di preesistenza deve poi ritenersi necessariamente riferito ad una articolazione funzionalmente autonoma dell'azienda, posto che qualunque lavorazione aziendale, per poter essere ceduta, non potrebbe che preesistere al negozio traslativo, essendone il necessario oggetto contrattuale. Tale conclusione risulta obbligata anche alla luce della legge delega numero 30/2003, considerando che essa prevedeva la sussistenza del requisito dell'autonomia funzionale del ramo d'azienda al momento del suo trasferimento, dovendosi conseguentemente ritenere non consentito attribuire unicamente alle parti imprenditoriali di individuare a quali cessioni si applichi la fondamentale garanzia di cui all'art. 2112 c.c., risultando peraltro arduo sostenere che competa unicamente al datore di lavoro decidere sull'applicabilità di disposizioni inderogabili a garanzia dei lavoratori. Resta dunque che quando oggetto di cessione non sia un complesso di beni e contratti funzionalmente coordinati all'esercizio almeno potenziale ad una attività di impresa, ma solo contratti di lavoro con l'aggiunta eventuale di taluni beni strumentali non legati da un nesso organizzativo - funzionale , si è fuori dall'ipotesi di cui all'art. 2112 c.c., essendo invece applicabile l'art. 1406 c.c., che condiziona l'efficacia della cessione al consenso del contraente ceduto. Ed invero, seppure può oggi ritenersi che l'autonomia funzionale del ramo di azienda ceduto non coincida con la materialità dello stesso quanto a strutture, beni strumentali ed attrezzature, etc. , ma possa consistere anche in un ramo smaterializzato o leggero , costituito in prevalenza da rapporti di lavoro organizzati in modo idoneo, anche potenzialmente od al netto dei supporti generali sussistenti presso l'azienda cedente , allo svolgimento di un'attività economica, ciò non toglie che tale autonomia dell'entità ceduta debba essere obiettivamente apprezzabile, sia pur con possibili interventi integrativi imprenditoriali ad opera del cessionario, al fine di verificarne l'imprescindibile requisito comunitario della sua conservazione . Non può ammettersi invece -alla luce dei principi comunitari, cfr. C.G.E. 24 gennaio 2002, causa C-51/00 - che tale legame funzionale possa derivare soggettivamente solo dalla qualificazione fattane dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento, consentendo ai soggetti stipulanti il negozio traslativo peraltro neppure portatori di superiori interessi pubblici o collettivi , la libera definizione della fattispecie cui la norma inderogabile si applica, e ciò in contrasto con la disciplina comunitaria in ordine all'inderogabilità dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda. D'altro canto è principio consolidato nella giurisprudenza comunitaria cfr. C.G.E. 14 novembre 1996, C-305/1994 quello per cui la vicenda traslativa si perfeziona ipso iure, risultando irrilevante la contraria volontà delle parti del negozio traslativo. Questa Corte ha poi già ritenuto che mentre nell'ipotesi della cessione di ramo di azienda si realizza la successione legale nel rapporto di lavoro del cessionario senza bisogno del consenso dei contraenti ceduti, nel caso della mera esternalizzazione di servizi ricorre la fattispecie della cessione dei contratti di lavoro, che richiede per il suo perfezionamento il consenso dei lavoratori ceduti Cass. 16 ottobre 2006 numero 22125 Cass. 5 marzo 2008 numero 5932 . Deve pertanto ritenersi operante, anche a seguito dell'art. 32 del d.lgs numero 276/03, il principio per cui per ramo d'azienda , ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., come tale suscettibile di autonomo trasferimento vi riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità - come del resto previsto dalla prima parte dell'art. 32 del d.lgs numero 276/03- pur potendosi individuare, nel contratto di cessione, una porzione o frazione produttiva che precedentemente era strettamente legata ai supporti logistici e materiali presenti nell'azienda cedente. Ciò presuppone comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma potendo conservarsi solo qualcosa che già esiste , e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell'imprenditore cfr. Cass. 9 ottobre 2009 numero 21481 e non dall'inerenza del rapporto ad una entità economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità. Ne consegue che può applicarsi la disciplina dettata dall'art. 2112 cod. civ. anche in caso di frazionamento e cessione di parte dello specifico settore aziendale destinato a fornire il supporto logistico sia al ramo ceduto che all'attività della società cessionaria, purché esso presenti, all'interno della più ampia struttura aziendale oggetto della cessione, la propria organizzazione di beni e persone al fine della fornitura di particolari servizi per il conseguimento di obiettive finalità produttive, sicché i reciproci rapporti vengono trasferiti dal cedente al cessionario, ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., senza necessità di un loro consenso cfr. già Cass. 1 febbraio 2008 numero 2489 Cass. 17 marzo 2009 numero 6452 Cass. 13 ottobre 2009 numero 21697 . Nella specie la Corte di merito ha ritenuto che a seguito della modifica del 5 comma dell'art. 2112 c.c. ad opera del d.lgs. numero 276/03, il requisito della preesistenza del ramo d'azienda funzionalmente autonomo rispetto al momento del trasferimento, non poteva più considerarsi sussistente pagg. 14-15 sentenza impugnata , ritenendo sufficiente la preesistenza di una entità economica suscettibile di divenire articolazione autonoma a seguito del trasferimento, identificata come tale dalle parti pag. 18 sentenza impugnata . Ha inoltre accertato che i servizi ceduti non si ponevano come un'articolazione autonoma funzionante come tale nell'ambito organizzativo di Idea Institute . Ha tuttavia ritenuto, con motivazione sul punto assolutamente insufficiente alla luce dei principi esposti, che le funzioni di reception, guardiania, fattorinaggio, costituivano entità economiche potenzialmente idonee a divenire autonome .a seguito dell'identificazione operata nell'ambito della cessione ibidem , sicché il ricorso principale va accolto. 4. Passando all'esame del ricorso incidentale condizionato, si osserva. La società Bigiesse censura la sentenza impugnata per aver riconosciuto sussistente l'interesse ad agire della L. . Con il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1421 c.c. e 100 c.p.c., deducendo che nessun pregiudizio causato dalla vicenda traslativa era stato dedotto dalla lavoratrice. Con il secondo motivo denuncia una omessa motivazione in ordine alla sussistenza o meno dell'interesse ad agire anche a fronte della pacifica estinzione del rapporto di lavoro con la società Bigiesse, recesso non impugnato, sicché risultava anche inammissibile la domanda della L. accertamento dell'attuale esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la società Idea Institute. I due motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Questa Corte ha più volte osservato che l'interesse ad agire, in termini generali, si identifica nell'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice. In particolare esso presuppone uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico, tale da arrecare all'interessato un pregiudizio concreto ed attuale, che si sostanzia in un'illegittima situazione di fatto continuativa e che, perciò, si caratterizza per la sua stessa permanenza Cass. 9 maggio 2012 numero 7096 Cass. ord. 27 gennaio 2011 numero 2051 Cass. 17 maggio 2006 numero 11536 . La sentenza impugnata risulta in linea con i principi esposti, versandosi in ipotesi di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico, non eliminabile senza l'intervento del giudice, tale da arrecare all'interessato un pregiudizio concreto ed attuale, tanto più, come evidenziato dalla Corte di merito, a seguito di licenziamento da parte di soggetto la cui natura di datore di lavoro era anch'essa incerta, dipendendo dall'accertamento richiesto circa la validità ed efficacia della cessione del dedotto ramo d'azienda. 5. Il ricorso incidentale va pertanto rigettato, mentre va accolto i ricorso principale la sentenza impugnata cassata, con rinvio, per l'ulteriore esame della controversia e la quantificazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità, ad altro giudice in dispositivo indicato. P.Q.M. La Corte La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso incidentale ed accoglie quello principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Genova.