La Cassa può annullare i periodi contributivi? Si dovrà pronunciare il Massimario

La S.C. ha rilevato i persistenti contrasti giurisprudenziali esistenti in materia di annullamento dei periodi contributivi per incompatibilità con l’esercizio della libera professione.

Per questo motivo gli Ermellini, con l’ordinanza interlocutoria n. 21268/12, depositata il 29 novembre, hanno disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per acquisire una relazione dell’Ufficio del Massimario. Il caso. La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti annulla alcune annualità contributive a un iscritto che nel periodo in oggetto era stato socio accomandatario di una s.a.s La carica in questione, secondo i giudici di merito, è incompatibile con l’esercizio della libera professione e pertanto il gravame presentato dall’attore non trova accoglimento. La questione è allora posta all’attenzione della S.C A chi compete l’annullamento dei periodi contributivi? Il problema fondamentale è accertare se la Cassa, in assenza di una norma attributiva di tale potere, possa annullare periodi contributivi durante i quali la professione di commercialista sia stata svolta in situazione di incompatibilità, ove questa situazione non abbia condotto alla cancellazione del professionista dall’albo. Alcune pronunce della Cassazione, infatti, negano questo potere, mentre altre lo riconoscono. Al Consiglio dell’Ordine . In particolare, nella sentenza n. 13853/09 si afferma che ogni verifica sulla legittimità dell’esercizio della professione implica la verifica del diritto di iscrizione all’albo, il che trascende i poteri della Cassa tale potere, infatti, è di competenza del Consiglio dell’Ordine e va esercitato rispettando le garanzie previste, ad esempio l’audizione dell’interessato. Dal regolamento della Cassa, inoltre, non si ricava alcuna previsione volta ad attribuirle il potere di rendere inefficaci alcuni periodi ai fini previdenziali, in ragione della rilevata esistenza di situazioni di incompatibilità. . o alla Cassa di Previdenza? Osservazioni di segno diverso sono contenute nella sentenza n. 5344/03 in questa pronuncia, infatti, gli Ermellini rilevano che la legge di riforma della Cassa di Previdenza l. n. 21/1986 , impone alla Cassa stessa di verificare la sussistenza del requisito del legittimo esercizio della professione prima di erogare i trattamenti previdenziali e assistenziali. Tale previsione comprende senza dubbio anche la verifica dell’assenza di situazioni incompatibilità. Per questi motivi, rilevati i persistenti contrasti giurisprudenziali, la Cassazione dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo per acquisire una relazione dell’Ufficio del Massimario.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza interlocutoria 25 ottobre – 29 novembre 2012, n. 21268 Presidente Miani Canevari – Relatore Manna Con sentenza depositata il 4.12.06 la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame contro la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva respinto la domanda di R. S. contro l'annullamento, disposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti, delle annualità contributive dal 1983 al 1998 per incompatibilità dell'esercizio della libera professione di dottore commercialista con l'assunzione nel periodo suddetto, da parte dell'attore, della carica di socio accomandatario della S.a.s. ASA. Per la cassazione di tale sentenza ricorre lo S. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 22 legge n. 21/86 nonché vizio di motivazione nella parte in cui l'impugnata sentenza ha ritenuto che, ai fini dell'integrazione del requisito dell'esercizio continuativo della libera professione richiesto per l'iscrizione alla Cassa di previdenza, la mera investitura formale della carica di socio accomandatario di una S.a.s. escluda di per sé la libertà dell'attività professionale espletata in favore della società medesima e in favore di altri. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 22 legge n. 21/86 e 3 d.P.R. n. 1067/53, nonché vizio di motivazione, laddove la Corte territoriale ha ritenuto che la suddetta Cassa di Previdenza possa, pur in assenza di una norma attributiva del relativo potere, annullare periodi contributivi durante i quali la professione di dottore commercialista sia stata svolta in situazione di incompatibilità, ove detta situazione non abbia condotto alla cancellazione dall'albo del professionista. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 d.P.R. n. 1067/53 in combinato disposto con l'art. 420 c.p.c, nonché vizio di motivazione, per mancata ammissione della prova testimoniale con cui il ricorrente aveva chiesto di dimostrare che, ad onta della formale assunzione della carica di socio accomandatario della S.a.s. ASA, in realtà non aveva esercitato alcuna attività commerciale per conto della società medesima, limitandosi a svolgere nel suo interesse meri compiti di amministrazione del patrimonio aziendale e incarichi di consulenza contabile e fiscale, all'uopo emettendo regolari parcelle caricate del contributo del 2%. Deve osservarsi che sul secondo motivo, che riveste carattere sostanzialmente pregiudiziale ed assorbente rispetto alle ulteriori censure, persistono contrasti nella giurisprudenza di questa S.C., nel senso che alcune pronunce negano il potere della Cassa di annullare periodi contributivi durante i quali la professione di dottore commercialista sia stata svolta in situazione di incompatibilità, ove detta situazione non abbia condotto alla cancellazione dall'albo del professionista cfr ad esempio, Cass. 13.4.96 n. 3493 Cass. 12.7.88 n. 4572 Cass. 6.7.56 4441 , mentre altre sentenze lo riconoscono cfr., ad esempio, Cass. 25.1.88 n. 618 Cass. 4.4.03 n. 5344 od affermano il potere di accertare il requisito dell'esercizio della professione, periodicamente e comunque prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali od assistenziali cfr. Cass. 15.4.05 n. 7830 Cass. 13.3.03 n. 5344 . L'ultima pronuncia esattamente in termini - vale a dire riguardo alla possibilità, per la Cassa, di accertare autonomamente l'esistenza di cause di incompatibilità prima di erogare il trattamento richiestole - emessa dalla Sezione Lavoro di questa S.C. è la n. 13853 del 15.6.09, che ritiene che ogni verifica non solo sullo svolgimento in punto di fatto, dell'esercizio della professione, ma anche sulla legittimità di quell'esercizio, implica inevitabilmente la verifica del diritto all'iscrizione all'albo, il che trascende i poteri della Cassa di Previdenza, trattandosi di potere proprio del solo Consiglio dell'Ordine e da esercitarsi con le garanzie previste dall'art. 34 d.P.R. n. 1067/1953 in tema di Cancellazione dall'albo o dall'elenco vale a dire audizione dell'interessato e possibilità di proporre ricorso al Consiglio nazionale, ricorso avente efficacia sospensiva del provvedimento di cancellazione . Sempre la summenzionata sentenza n. 13853/09 ritiene che il potere della Cassa di rendere inefficaci alcuni periodi, ai fini previdenziali, in ragione della rilevata esistenza di situazioni di incompatibilità non può ricavarsi dal regolamento emanato dalla Cassa medesima il 24.6.94, giacché il potere regolamentare delegato atteneva solo - ai sensi dell'art. 22 co. 3° legge 29.1.86 n. 21 - all'accertamento della sussistenza dei requisito dell'esercizio della professione, per cui la Cassa poteva sì determinare detti criteri, anche nel modo più ampio, ma non poteva decidere su questioni, come l'esistenza di cause di incompatibilità, attribuite, senza deroghe di sorta, ad un organo diverso e cioè al Consiglio dell'Ordine. Infine, la citata sentenza n. 13853/09 aggiunge che manca, nell'ordinamento della Cassa Dottori commercialisti, una disposizione analoga a quelle vigenti per la Cassa Avvocati e Procuratori, e per la cassa Geometri. Per i primi, l'art. 2 co. 3° legge n. 319/1975 così recita In ogni caso l'attività professionale svolta in una delle situazioni di incompatibilità di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, e successive modificazioni, ancorché l'incompatibilità non sia stata accertata e perseguita dal Consiglio dell'Ordine competente, preclude sia l'iscrizione alla Cassa, sia la considerazione, ai fini del conseguimento di qualsiasi trattamento previdenziale forense, del periodo dì tempo in cui l'attività medesima è stata svolta . Per i Geometri l'art. 22 co. 4° legge n. 773/1982 dispone E’ inefficace a tutti gli effetti l'iscrizione alla cassa di coloro che siano o siano stati illegittimamente iscritti all'albo professionale in violazione delle disposizioni di cui al R.D.L. 11 febbraio 1929, n. 274, art. 7 . Osserva, invece, Cass. 4.4.03 n. 5344 che in casi analoghi a quello per cui oggi è causa non si pone una questione di verifica anche solo incidentale di legittimità dell'iscrizione all'albo, quanto di titolarità del potere di verifica, da parte della Cassa, dell'esercizio della libera professione, che costituisce, per gli iscritti all'albo, requisito fondamentale, ma non esclusivo per l'iscrizione alla Cassa medesima ex art. 2, l. n. 100/63 . Secondo, infatti, l'art. 3 del d.P.R. n. 1067/53, sull'Ordinamento della professione di Dottore commercialista, per esercitare la professione è necessaria artt. 2 e 6 , oltre al titolo professionale, l'iscrizione nell'albo del circondario in cui viene esercitata l'attività professionale, incompatibile - tra altre - con l'esercizio del commercio, in nome proprio o in nome altrui. D'altra parte, prosegue la sentenza n. 5344/03, se la legge istitutiva della Cassa si limitava a prevedere art. 11, lettera b, 1. n. 100/63 che per esservi iscritti occorreva, oltre all'iscrizione all'albo, l'esercizio della libera professione, la legge di riforma della Cassa 29.1.1986 n. 21 contiene due disposizioni che abilitano e, anzi, impongono alla Cassa di verificare la sussistenza del requisito del legittimo esercizio della professione. Infatti, per gli articolo 20 e 22, co. 3°, di tale ultima legge, la Cassa accerta la sussistenza del requisito dell'esercizio della professione comunque prima dell'erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali effettuando, all'atto della domanda di pensione , controlli finalizzati ad accertare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate le e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume di affari degli ultimi quindici anni anche per conoscere elementi rilevanti quanto all'iscrizione e alla contribuzione . In altre parole, sempre secondo Cass. 4.4.03 n. 5344, la Cassa, prima dell'erogazione dei trattamenti, è tenuta ex lege a verificare l'esistenza del requisito del legittimo esercizio della professione, che si manifesta, tra l'altro, nell'assenza di situazioni d'incompatibilità. In conclusione, poiché sulla questione oggetto del giudizio si riscontrano persistenti contrasti giurisprudenziali, la causa va rinviata a N.R. per acquisire una relazione dell'Ufficio del Massimario. P.Q.M. Rilevato che sulla questione oggetto del giudizio si riscontrano persistenti contrasti giurisprudenziali, dispone il rinvio della causa a N.R. per acquisire una relazione dell'Ufficio del Massimario.