Assente in azienda per la lombosciatalgia, cameriere per la pizzeria di un amico: legittimo il licenziamento. Anche per il lungo e tortuoso percorso su due ruote...

Confermato in toto il provvedimento adottato da un’azienda, che punisce severamente il dipendente ‘beccato’ a lavorare come cameriere mentre risultava assente giustificato per una lombosciatalgia. Possibile discutere la compatibilità fra l’attività ‘occulta’ e le condizioni di salute, ma aggiungere anche un tragitto di 20 chilometri in moto è troppo

Dolori alla schiena, da leggere come manifestazione della lombo-sciatalgia. Almeno sulla carta Difatti, la malattia, denunciata dal lavoratore, è smentita dalla operatività nella pizzeria di un amico. O, meglio ancora, dal lungo tragitto per arrivarci Con conseguente licenziamento. Perché l’attività lavorativa ‘occulta’ può essere sì compatibile con le condizioni fisiche che hanno ‘bloccato’ quella svolta alla luce del sole – ossia addetto all’imballaggio in un’azienda –, ma non altrettanto può dirsi all’idea di percorrere ben 20 chilometri in moto su un percorso accidentato Cassazione, sentenza n. 17094/2012, Sezione Lavoro, depositata oggi . Riposo temporaneo. La lunga pausa richiesta dal lavoratore alla propria azienda per affrontare la lombo-sciatalgia che lo affligge si rivela essere una ‘bufala’ L’uomo, difatti, viene ‘beccato’ a lavorare come cameriere nella pizzeria di un amico. Logica, quasi scontata, la reazione dell’azienda licenziamento. La cui legittimità viene confermata sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello. Per i giudici la situazione è cristallina, quindi di facilissima lettura la occupazione in pizzeria, proprio nel periodo di assenza dal posto di lavoro per inabilità temporanea assoluta , e lo spostamento, a bordo di una motocicletta lungo un percorso impegnativo di circa 20 chilometri per raggiungere la pizzeria, costituiscono, assieme alle modalità della prestazione lavorativa di cameriere , circostanze non compatibili con la lombo-sciatalgia. Evidente, quindi, il comportamento colpevolmente inadempiente, di gravità tale da inficiare radicalmente il rapporto fiduciario con l’azienda. Pericolo su due ruote. Ma è davvero acclarata la non compatibilità tra l’operatività come cameriere e i problemi provocati dalla lombo-sciatalgia? Su questa domanda è centrato il ricorso proposto per cassazione dal lavoratore, soprattutto tenendo presente che le valutazioni dei giudici, evidenzia il legale dell’uomo, sono state messe ‘nero su bianco’ senza un approfondimento medico-legale. Lacuna troppo evidente, secondo il lavoratore. Anche perché il lavoro, ribadisce l’uomo, era stato limitato a un arco di poche ore e qualche sera con mansioni paragonabili a quelle di un direttore di sala, senza perciò avere aggravato la patologia o ritardato la guarigione . Potenzialmente, riconoscono i giudici, questa visione può avere una sua legittimità. Perché un approfondimento avrebbe potuto rivelarsi utile. Ma resta un particolare assolutamente non trascurabile il ricorso, da parte del lavoratore, alla motocicletta per compiere il tragitto di 20 chilometri per arrivare alla pizzeria. Su questo punto i giudici della Cassazione mostrano di condividere le riflessioni fatte in Appello anche la percorrenza di una tratta di diversi chilometri, a bordo di un motociclo, con fondo stradale difficoltoso rappresenta un comportamento pregiudizievole per le possibilità e i tempi della guarigione . Anche questo dato di fatto ha spinto a ritenere legittimo il licenziamento operato dall’azienda. E su questo elemento nessun dubbio è plausibile, né ipotizzato dal lavoratore. Ecco perché il provvedimento dell’azienda è da confermare.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 luglio – 8 ottobre 2012, n. 17094 Presidente Stile – Relatore Blasutto Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 18.8.2008, la Corte di Appello di L’Aquila rigettava il gravame proposto da P.E. avverso la sentenza del Tribunale di Teramo che, in accoglimento della domanda di accertamento proposta dalla Novelli Legno s.p.a., aveva dichiarato la legittimità del licenziamento irrogato all’appellante dalla predetta società datrice di lavoro. La giusta causa si riferiva allo svolgimento dell’attività di cameriere presso una pizzeria in giornate nelle quali il P. era rimasto assente dal lavoro per un episodio di lombosciatalgia acuta da sforzo. Osservava la Corte territoriale che costituivano dati pacifici in giudizio lo svolgimento della suddetta occupazione per numerosi giorni nel periodo di assenza dal posto di lavoro per inabilità temporanea assoluta e lo spostamento, effettuato a bordo di una motocicletta lungo un percorso impegnativo di circa venti chilometri, che il P. doveva compiere per il raggiungimento della pizzeria. Tali circostanze, unitamente alle modalità della prestazione lavorativa di cameriere, richiedente un impegno fisico presumibilmente non inferiore a quello tipico delle mansioni di addetto all’imballaggio svolte alle dipendenze della soc. Novelli legno, erano incompatibili, alla stregua del notorio, con la dedotta lombosciatalgia, con la conseguenza che o la suddetta patologia non era realmente esistente o, se lo era, il lavoratore avrebbe dovuto astenersi da qualsiasi comportamento che potesse pregiudicare le sue prospettive di guarigione in entrambi i casi era ravvisabile un comportamento colpevolmente inadempiente, di gravità tale da inficiare radicalmente il rapporto fiduciario. A tale conclusione era possibile pervenire senza dare ingresso all’istanza istruttoria del P., volta all’ammissione di una c.t.u. medico-legale. Per la cassazione di tale sentenza P.E. propone ricorso, affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la società Novelli Legno. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c Successivamente si è costituito il Fallimento della Novelli Legno s.p.a., in persona del curatore, autorizzato a resistere in giudizio con decreto emesso dal giudice delegato il 3 luglio 2012. Motivi della decisione Con il primo motivo, si denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale accolto l’istanza di ammissione di c.t.u. medico-legale al fine di stabilire se il lavoro svolto presso la pizzeria avesse potuto aggravare le condizioni di salute del ricorrente o ritardarne la guarigione. La Corte di appello, senza avvalersi di alcun accertamento tecnico, aveva espresso un giudizio di non compatibilità - tra l’espletamento di dette attività e la lombo sciatalgia - privo di qualsiasi obiettivo riscontro, mentre nella memoria di costituzione in primo grado il P. aveva specificamente dedotto che le posture tipiche del cameriere posizioni della regione tronco-dorsale, brevi camminamenti, effettuazione di soste e periodo di riposo ben potevano essere assunte da un soggetto lombosciatalgico senza aggravamento né ritardo nella guarigione. Con il secondo e il terzo motivo, si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale affermato che l’incompatibilità della condotta del lavoratore con i doveri scaturenti dal rapporto di lavoro poteva essere ritenuta sussistente alla stregua del notorio. Al contrario, il fatto notorio - inteso come fatto acquisito alle conoscenze della Collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile - non poteva essere richiamato nella fattispecie sia perché quello che il giudice di merito aveva così qualificato era in realtà un giudizio di valore implicante una serie di accertamenti di natura tecnica, sia comunque per non costituire la affermata incompatibilità” una circostanza rientrante nella conoscenza comune della collettività, ma al più il frutto di conoscenze o esperienze particolari di quel giudice. In ogni caso, la mancata ammissione della c.t.u. medico-legale aveva impedito al ricorrente di potere vincere la presunzione che il giudice aveva affermato derivare dal fatto notorio difatti, il ricorrente aveva allegato di essere affetto da lombosciatalgia cronica e di avere lavorato solo per poche ore e per qualche sera presso la pizzeria con mansioni paragonabili a quelle di un direttore di sala senza perciò avere aggravato la patologie e/o ritardato la guarigione. Tutte circostanze che, attraverso l’accertamento tecnico, avrebbero consentito di disattendere il suddetto giudizio solo presuntivo. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata laddove questa ha affermata la possibilità di due sole alternative o il dipendente era in grado di lavorare ed allora aveva il dovere di non sottrarsi alla obbligazione di rendere la sua prestazione, ovvero non era in grado, ed aveva il dovere di astenersi da qualsiasi comportamento che potesse pregiudicare le sue prospettive di guarigione”. A tale alternativa il giudice di appello era pervenuto sulla base del presupposto - privo di riscontro oggettivo - che l’impegno fisico richiesto per il compimento dell’attività di cameriere fosse presumibilmente non inferiore” a quella richiesta per lo svolgimento delle mansioni cui il ricorrente era adibito presso la società appellata attività di imballaggio . Tale ragionamento era inficiato dal vizio logico di non avere considerato come possibile l’ipotesi data dallo svolgimento di un’attività richiedente un minore sforzo fisico rispetto a dette mansioni. Con il quinto ed ultimo motivo, il ricorrente, sulla premessa di avere subito una grave lesione del diritto di difesa per effetto della decadenza dalla prova testimoniale dichiarata in primo grado a causa dell’assenza del suo originario difensore, deduce che il giudice di appello avrebbe dovuto ammettere in secondo grado i mezzi di prova da ritenere indispensabili ai fini della decisione, quale la prova per testi vertente sulle modalità indicate al punto 2 del ricorso in appello. Con i primi quattro motivi, si denunziano errores in iudicando e vizi di motivazione unitariamente riconducibili al giudizio valutativo espresso dal giudice di appello che, senza acquisire elementi di cognizioni attraverso una c.t.u. medico-legale, oggetto di specifica istanza istruttoria, aveva ritenuto di potere comunque affermare l’incompatibilità dell’impegno fisico richiesto dallo svolgimento dell’attività di cameriere con il dovere del P., assente dal posto di lavoro per infortunio, di non aggravare con il proprio comportamento durante l’assenza le possibilità di guarigione. A tale carenza il giudice di merito aveva poi ovviato facendo ricorso improprio al fatto notorio e comunque non consentendo all’appellante di vincere la presunzione derivante dalla prova indiziaria. I motivi sono infondati. L’oggetto dell’accertamento medico-legale invocato dall’appellante, per quanto si desume dal ricorso, stante il principio di autosufficienza dello stesso, era interamente incentrato sulle caratteristiche dei movimenti tipici che può assumere un cameriere nell’espletamento dei suoi compiti di servizio ai tavoli, quali 1 posizione tronco-dorsale sia in piedi che seduto 2 posizione tronco-dorsale piegata la massime per la consegna delle singole portate su un tavolo avente altezza non minore di mt 1,00/1,15 3 brevi camminamenti per brevi minuti 4 prevalente postura della regione tronco-dorsale eretta, per il controllo dei clienti 5 effettuazione di soste e di periodi di riposo”. Tale attività era poi messa a confronto con quella propria delle mansioni da ultimo assegnate al ricorrente e consistenti nell’espletamento dell’attività di imballaggio, che - secondo quanto dedotto dalla stessa parte - comporta pericolose sollecitazioni della regione tronco dorsale e sono altamente lesive per un soggetto affetto da malattia lombosciatalgica. Deve tuttavia osservarsi che, se è vero che l’accertamento richiesto avrebbe consentito un approfondimento delle circostanze su cui si incentra l’attuale impugnazione, è altrettanto vero che il relative riscontro, quand’anche effettuato, non avrebbe esaurito la serie logico-giuridica delle argomentazioni su cui la sentenza impugnata si fonda. Questa ha, difatti, evidenziato come anche la percorrenza di una tratta di diversi chilometri a bordo di un motociclo con fondo stradale difficoltoso costituisse l’altro comportamento pregiudizievole per le possibilità e i tempi della guarigione, in nesso causale diretto con la patologia lombosciatalgica. Anche tale condotta era indicata nella lettera di contestazione e nel successivo licenziamento per giusta causa. La sentenza ha dunque valutato unitariamente le due componenti di sollecitazione nell’apparato osteoarticolare, quella insita nella necessità di percorrere lunghe e non agevoli tratte stradali a bordo di un motociclo e quella connessa allo svolgimento dell’attività di cameriere. Il ricorso per cassazione si incentra solo sul secondo fattore, del quale si lamenta la mancata verifica di incidenza causale, omettendo di considerare la prima componente, che la stessa sentenza impugnata chiaramente indica come causalmente efficiente, al pari dell’altro fattore. Non solo non è stato censurato tale essenziale passaggio motivazionale della sentenza, tale da far degradare a fatto non decisivo per il giudizio da cui l’insussistenza del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. il mancato accertamento dell’incidenza dello svolgimento dell’attività di cameriere sulle possibilità di guarigione della lombosciatalgia acuta, ma pure le censure con cui si assume l’error in indicando, essendo incentrate esclusivamente sulla riconducibilità o meno al notorio e sulla possibilità di vincere la relativa presunzione, nessuna valenza assumono con riferimento al giudizio, pure presuntivo, avente ad oggetto l’altra concorrente condotta, la quale resta non investita da censure. Non risulta che siano state interessate da specifiche istanze istruttorie le questioni riferibili alla natura del percorso stradale, alla sua lunghezza e al mezzo, di trasporto utilizzato dal P., di talché l’eventuale accertamento medico-legale avente ad oggetto esclusivamente la compatibilità della lombosciatalgia con l’espletamento dell’attività di cameriere non avrebbe valenza determinante. Al riguardo, deve pure osservarsi che non può ritenersi estraneo al giudizio vertente sul corretto adempimento dei doveri di buona fede e correttezza gravanti sul lavoratore un comportamento che, inerente ad attività extralavorativa, denoti l’inosservanza di doveri di cura e di non ritardata guarigione cfr. Cass. n. 9474 del 2009, con cui è stata cassata la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto non contrastante con i doveri del dipendente nel periodo malattia la condotta di un lavoratore che, pendente un ciclo riabilitativo per l’insorgenza di coxoartrosi, guidava una moto di grossa cilindrata, prendeva bagni di mare e prestava attività di direttore sanitario presso altre, presidio sanitario . Circa il quinto motivo del ricorso, a prescindere dall’assenza di qualsiasi censura di ordine processuale avente ad oggetto la dichiarata decadenza dalla prova decadenza alla quale il giudice di appello non avrebbe potuto ovviare con l’esercizio di poteri istruttori d’ufficio se non in presenza di specifici presupposti, noia specie nemmeno dedotti , deve parimenti rilevarsi che i capitoli della prova testimoniale articolati in primo grado non sono stati riportati puntualmente, in violazione del principio di autosufficienza, di talché, anche solo per tale ragione, il motivo è inammissibile, in quanto non rispettoso delle prescrizione di cui al n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ Ove poi si dovesse dare rilievo a quanto sinteticamente riporta dal ricorrente nella narrativa del ricorso di legittimità, gli elementi di fatto su cui verteva la richiesta istruttoria testimoniale riguardavano sempre, ed unicamente, la circostanza di avere Lavorato per poche ore e per qualche sera presso la pizzeria di un amico con mansioni paragonabili a quelle di un direttore di sala e quindi senza la necessità di dover compiere alcuno sforzo”. In conclusione, in alcun modo è stata interessata dalla presente impugnazione la ragione di fatto costituita dalla probabilità, assunta con giudizio di verosimiglianza causale, che esercitasse un’incidenza peggiorativa sulla patologia osteoarticolare il concorrente comportamento costituito dall’uso reiterato e prolungato di un mezzo di trasporto che comporta sollecitazioni dell’apparato osteoarticolare. Per tali ragioni il ricorso va respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controparte, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 40,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA.