Chiede l’integrazione del minimo pur percependo altre entrate: forse ha torto, ma l’INPS sbaglia il ricorso

L’Istituto di previdenza eccepisce soltanto in secondo grado le circostanze di fatto potrebbero dimostrare l’inesistenza del diritto del pensionato che in passato ha lavorato all’estero.

In appello, nuove argomentazioni o prospettazioni in diritto sono consentite, ma non le prospettazioni di circostanze di fatto che devono essere provate in causa, così allungandone i tempi di trattazione. È questo il principio per cui la sezione Lavoro della Corte di Cassazione nella sentenza n. 951/12, depositata il 24 gennaio scorso, ha accolto il ricorso incidentale di un pensionato contro l’INPS. Il caso. Molti anni fa, come tanti, è emigrato in Belgio. Lì ha trovato un posto come minatore, un lavoro pesante che spesso comporta conseguenze dannose per la salute. Il Belgio non è però l’unico posto in cui gli capita di vivere. Anni dopo, sempre per lavorare, si trasferisce in Svizzera. Torna infine in Italia dove decide di agire in giudizio per ottenere l’accertamento del diritto all’integrazione al minimo della pensione ottenuta in forza della Convenzione Italo Belga. Chiede inoltre che l’INPS sia condannata al pagamento dei relativi ratei a far data dal 1979. L’Istituto di Previdenza si oppone negando la sussistenza del diritto dell’attore in quanto già titolare di una prestazione Belga per malattia professionale che, ad opera della finanziaria del 2001, è da equipararsi alle rendite INAIL. Il Tribunale accoglie la domanda dell’ex minatore e l’INPS ricorre in appello. L’uomo percepisce dei soldi anche dalla Svizzera. Nel giudizio di secondo grado, l’Istituto di Previdenza eccepisce il comportamento doloso dell’uomo che avrebbe omesso di riferire di essere titolare, a partire dal 1994, di un’altra pensione in pro rata dalla Svizzera e di aver goduto dell’ integrazione al minimo sulla pensione italiana fino a quella data. La Corte territoriale rigetta il ricorso sulla base della considerazione che la pensione svizzera è assoggettata a ritenuta alla fonte a titolo di imposta e, non valendo come reddito imponibile in Italia, non influisce ai fini dell’integrazione del minimo. Di conseguenza, secondo i giudici di secondo grado, l’integrazione va ripristinata dalla data della revoca. L’INPS ricorre quindi in Cassazione, dove anche l’uomo, incidentalmente, propone dei motivi di doglianza. L’integrazione doveva essere revocata. L’Istituto di Previdenza sostiene che nel caso in cui la prestazione sia frutto di totalizzazione, l’integrazione spetta solo ove il pro rata italiano sia inferiore al minimo, com’era accaduto fino al 1994. L’integrazione va comunque revocata nel momento in cui l’interessato divenga titolare del pro rata corrisposto dall’ente previdenziale straniero. L’uomo, invece, lamenta il fatto che la Corte d’appello non ha rivelato la deduzione di una nuova eccezione da parte del ricorrente. È stato violato il divieto dello ius novorum. In effetti, nel giudizio di secondo grado, la preclusione alla integrazione al minimo sul pro rata italiano non veniva più fondata sul trattamento per malattia professionale erogato dall’ente assicuratore Belga, ma veniva fondata sulla diversa circostanza della percezione della pensione pro rata dalla Svizzera. La Suprema Corte rileva dunque come la Corte territoriale abbia commesso un errore allorquando è entrata nel merito dell’impugnazione senza rilevare che la questione era preclusa. Il ricorso incidentale è dunque accolto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 novembre 2011 – 24 gennaio 2012, n. 951 Presidente Canevari – Relatore La Terza Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Lecce G.C. chiedeva l'accertamento del suo diritto ad ottenere l'integrazione al minimo sulla pensione ottenuta in forza della convenzione italo Belga fin dalla sua originaria decorrenza del primo gennaio 1979, con condanna dell'Inps al pagamento della differenza dei relativi ratei, pur essendo titolare, quale ex minatore in Belgio, di una prestazione belga per malattia professionale nel contraddittorio con l'Inps - che si opponeva alla domanda per la equiparazione legislativa, ad opera della legge finanziaria del 2001, di detta prestazione con le rendite Inail - il Tribunale accoglieva la domanda. L'Inps appellava, eccependo che l'assicurato aveva dolosamente omesso di riferire di essere titolare anche di altra pensione in pro rata dalla Svizzera dal dicembre 1994 e di avere goduto della integrazione al minimo sulla pensione italiana fino a quella data, allorquando l'integrazione era stata revocata. L'assicurato si costituiva eccependo di non accettare il contraddittorio su questa nuova eccezione e la locale Corte d'appello rigettava il gravame dell'Istituto, sul rilievo che la pensione svizzera è assoggettata a ritenuta alla fonte a titolo di imposta e, non valendo come reddito imponibile in Italia, non influisce ai fini dell'integrazione al minimo, per cui l'integrazione andava ripristinata dalla data della revoca. Avverso detta sentenza l'Inps ricorre con un motivo, mentre lo G. resiste con controricorso e ricorso incidentale con due motivi. Motivi della decisione Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi in quanto proposti avverso la medesima sentenza ex articolo 335 cod. proc. civ Con il ricorso principale l'Inps denunzia violazione dell'articolo 9 della convenzione italo svizzera ratificata con legge n. 1781 del 1973 e dell'articolo 8 legge 153/69, eccependo che, ai sensi della citata disposizione del 1969, l'integrazione al minimo, ove la prestazione sia frutto di totalizzazione, spetta solo ove il pro rata italiano sia inferiore al minimo, com'era accaduto nella specie, ma che poi la medesima integrazione va revocata quando l'interessato divenga titolare, del pro rata liquidato dall'ente previdenziale straniero, com'era avvenuto, nel caso di specie, nel 1994 con il pagamento della pensione svizzera. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denunzia violazione degli arti 416 e 420 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale rilevato che l'Inps aveva dedotto una nuova eccezione in appello la preclusione alla integrazione al minimo non era più costituita dalla prestazione belga, come dedotto in primo grado, ma dalla pensione erogata dall'ente assicuratore svizzero né l'Istituto poteva invocare il dolo da parte sua nel non avere riferito della pensione svizzera, non avendo offerto alcuna prova sul punto, di talché la Corte d'appello non avrebbe potuto decidere nel merito della pretesa, ma rigettare l'impugnazione per divieto dello ius novorum . Con il secondo motivo si censura la sentenza per difetto di motivazione, perché la Corte non aveva espresso le ragioni che lo avevano indotto a rigettare la sua eccezione preliminare. Il ricorso incidentale è fondato. Invero la Corte territoriale ha deciso nel merito della causa, pur rigettando l'impugnazione dell'Inps, senza considerare che l'Istituto aveva dedotto in appello una questione di fatto nuova la preclusione alla integrazione al minimo sul pro rata italiano non veniva più fondata sul trattamento per malattia professionale erogato dall'ente assicuratore del Belgio, ma veniva fondata su una circostanza del tutto diversa e cioè che lo G. , dal 1994 percepiva una pensione in pro rata dalla Svizzera, di talché, da quella data in poi, la integrazione al minimo sul pro rata italiano era stata, e doveva essere revocata. Non vi è dubbio che con questo motivo di impugnazione l'Istituto sia incorso nel divieto di nuove eccezioni in appello. Si trattava infatti, non già di una nuova argomentazione o prospettazione in diritto che sono consentite, ma di una circostanza di fatto, che doveva essere provata in causa, così allungandone i tempi di trattazione. La Corte territoriale quindi non avrebbe dovuto entrare nel merito dell'impugnazione dell'Inps, ma rilevare che la questione era preclusa. Ne consegue che il ricorso incidentale dello G. va accolto, e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ex articolo 382 ultimo comma cod. proc. civ. perché il processo non poteva proseguire in appello sula base del motivo d'impugnazione dedotto dell'Istituto, mente risulta assorbito quello principale. Le spese del giudizio d'appello e del presente giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso incidentale, assorbito il principale. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna l'Istituto al pagamento delle spese, liquidate per il grado d'appello in Euro duemilacinquanta milleduecento onorari e ottocento diritti e per il presente giudizio in Euro 30,00 per esborsi e duemila per onorari, oltre spese generali Iva e CPA per ciascuna liquidazione.