La Cassa ostruzionista lede l’integrità psico-fisica dell’iscritto

Il comportamento ostruzionistico della Cassa dei Geometri e l’esigenza di tutela giurisdizionale del libero professionista contestualizzano nell’ an il danno non patrimoniale.

Il fatto. Un geometra, libero professionista, regolarmente iscritto nel corso della sua attività professionale alla rispettiva cassa previdenziale, una volta giunto in dirittura di arrivo dell’ambita e sudata pensione di anzianità, in virtù della retrodatazione dell’iscrizione previdenziale a tutto il quinquennio ‘1961/1966’ deliberata dal predetto ente previdenziale, si vedeva revocato il provvedimento di retrodatazione con la richiesta da parte della Cassa del pagamento di una data somma, al fine di mantenere quel trattamento pensionistico già in essere pensione di anzianità . Trattamenti previdenziali contributivi e condizioni di accesso. Il diritto alle prestazioni pensionistiche è subordinato alla condizione generale del verificarsi dell'evento protetto, che si risolve nel compimento di una determinata età, nonché al possesso da parte del professionista-iscritto di determinati requisiti contributivi e assicurativi Per quanto concerne il regime previdenziale conosciuto come pensione di anzianità” l’accesso a tale provvidenza è assicurato con due diverse opzioni con almeno 35 anni di contribuzione e 58 anni di età, oppure con almeno 40 anni di contribuzione indipendentemente dall'età circa, invece, l’altro emolumento previdenziale definito pensione di vecchiaia” la legislazione attuale contempla il seguente calendario per l’entrata a pieno regime per l’anno 2011-2012 occorre il compimento del 65° anno di età ed almeno 33 anni di contribuzione che diventeranno 34 per l’anno 2012-2013 e poi, 35 per la definitiva entrata a regime nell’anno 2015. Il predetto geometra optava per il conseguimento della pensione di vecchiaia in luogo di quella di anzianità, all’uopo riscrivendosi nuovamente all’albo professionale. La Cassa, con ulteriore provvedimento, annullava il precedente provvedimento di concessione della pensione di anzianità, rivendicando la ripetizione delle somme già erogate al professionista a tale titolo e subordinando l’erogazione della pensione di vecchiaia al versamento del predetto indebito pensionistico di anzianità. Il professionista si vedeva pertanto costretto ad adire la magistratura del lavoro, azionando il diritto all’erogazione della pensione di vecchiaia per maturazione dei presupposti sin dall’anno 1999, nonché l’insussistenza della pretesa creditoria avanzata dall’Ente previdenziale, con riferimento al debito pensionistico di anzianità, oltre, infine al risarcimento dei danni e differenze previdenziali. In primo grado, il Tribunale rigettava il ricorso del professionista, rilevando che nelle more del giudizio la Cassa aveva provveduto alla liquidazione della pensione di vecchiaia relativamente poi, alla pretesa risarcitoria il primo giudice riteneva non provato il nesso eziologico tra il danno alla salute asserito dal professionista e la mancata concessione della pensione di vecchiaia, ed infine, in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale dell’ente previdenziale, condannava il professionista al rimborso delle somme indebitamente percepite a titolo di pensione di anzianità. Il geometra proponeva gravame innanzi alla Corte territoriale che riformava la sentenza impugnata, condannando la Cassa al risarcimento dei danni nel quantum debeatur liquidati secondo equità. Natura giuridica della pronuncia secondo equità. Sembra utile allo scrivente chiarire la portata del termine giudizio equitativo” nel contesto tecnico-giuridico, precisando che con tale espressione si intende il potere del giudice di applicare una norma di diritto positivo da egli stesso creata”. Invero, tale potere giudiziale di creazione del diritto è espressione del c.d. principio di interferenza funzionale” nel contesto della tripartizione dei poteri legislativo-giudiziario-esecutivo in virtù del quale, in casi tassativamente previsti dal legislatore, in assenza di una fonte normativa il giudice può invadere” il potere legislativo cui è deputato per antonomasia il parlamento e creare esso stesso il diritto da applicare al caso concreto. La Corte territoriale aveva fondato il suo convincimento sull’accertata condotta illegittima tenuta dalla Cassa Previdenziale, rilevante quale inadempimento del rapporto previdenziale intercorso tra le parti con riferimento alla pensione di anzianità la Cassa aveva dapprima iniziato ad erogare tale trattamento pensionistico sul presupposto della retrodatazione della iscrizione da essa medesima deliberata e poi, successivamente, aveva revocato ed annullato il predetto provvedimento di retrodatazione, costringendo il professionista ad operare un radicale cambiamento di stile di vita poiché costui si era visto costretto ad optare per l’altro trattamento pensionistico e quindi a riscriversi all’albo professionale, riprendendo l’attività lavorativa produttivo come tale di danni non patrimoniali per lesione dell’integrità psico-fisica ovvero per diritti della personalità garantiti a livello costituzionale. La Cassa impugnava innanzi alla Suprema Corte di Cassazione la sentenza di appello, lamentandosi in primis del fatto che i giudici avevano accolto una pretesa risarcitoria in materia di danno non patrimoniale scaturita da atti della Cassa, inerenti la pensione di anzianità, che risultavano anteriori alla domanda giudiziale ab origine promossa dal professionista, fondata invece sulla pretesa risarcitoria per mancata erogazione della pensione di vecchiaia. Vaglio tenue e vaglio rigido per l’ammissibilità del ricorso in Cassazione. La Cassazione con la sentenza in commento ha dichiarato l’inammissibilità del presente vizio invero, allorchè si censura l’operato in punto di fatto svolto dai giudici del gravame, ipotesi riconducibile al motivo di ricorso ex-articolo 360 co.1 nr.5 c.p.c., il vizio va formulato specificando il fatto controverso per cui la motivazione della sentenza impugnata possa apparire omessa, contraddittoria o insufficiente. La norma ex articolo 366 bis c.p.c, nonostante sia rimasta in vigore nel periodo circoscritto dal 2/03/2006 al 4/04/2009 allorquando è stata abrogata per effetto della neo-riforma del processo civile approntata con la legge nr.68/2009 risulta applicabile ratione temporis al giudizio oggetto della sentenza in commento. Posto, pertanto, che la predetta norma istituiva una sorta di requisito legale di cui doveva essere fornito il ricorso in Cassazione a pena di inammissibilità, nel caso di specie, il Supremo Consesso ha ritenuto carente il ricorso di tale requisito e pertanto ne ha statuito in relazione a tale punto, la conseguente inammissibilità. Per esaustività espositiva è doveroso precisare che il legislatore con la neo-riforma del processo civile L.68/2009 in vigore dal 4/07/2009 , ha introdotto la disposizione ex-articolo 360 bis c.p.c. che contempla nuovamente un filtro” per la proposizione dei ricorsi in Cassazione dal seguente tenore letterale Il ricorso è inammissibile 1 quando il provvedimento impugnato ha deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa. 2 Quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo . Qual è il bene giuridico leso dalla condotta ostruzionistica della Cassa? Con altro motivo di ricorso la Cassa censurava la sentenza d’appello sull’asserito presupposto che il geometra, ricorrente in primo grado, non aveva allegato e provato il bene giuridico inciso e/o leso dalla condotta della Cassa medesima, non potendo tale bene essere ravvisato nella c.d. integrità psico-fisica, consistente nel caso di specie, nel complesso di patemi che il libero professionista aveva dovuto subire in occasione del mutamento dello stile di vita, intervenuto al momento della scelta del trattamento pensionistico di pensione di vecchiaia in luogo di quello della pensione di anzianità, in quanto sempre secondo l’ente previdenziale, tale scelta era stata liberamente operata dal geometra-assistito perché ritenuta più conveniente in ordine al risparmio dei contributi previdenziali ancora da versare. Danni non patrimoniali per violazione dei diritti inviolabili della persona la sussistenza è subordinata alla mera allegazione del nocumento delle generali condizioni di vita personali e sociali. In realtà la S.C. ha disatteso tale impostazione di parte, ravvisando al contrario nello sconcertante comportamento ostruzionistico tenuto dalla Cassa a danno del libero-professionista-iscritto con la conseguente necessità di quest’ultimo di ricorrere alla tutela giudiziale, un motivo configurabile in astratto quale verificazione di un danno non patrimoniale e quindi, stante l’accertamento nelle precedenti fasi di merito del complesso di patemi” subito dal professionista a seguito dell’illegittimo comportamento della Cassa, la Corte di legittimità ha statuito la sussistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa con conseguente violazione, altresì, dei principi di diritto enunciati dalla medesima Corte di Cassazione in tema di danno non patrimoniale derivante dalla violazione di diritti della personalità di rango costituzionale, e contenuti ex plurimis nelle sentenze a S.U. nnumero 26972/2008 e 3677/2008.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 novembre – 1° dicembre 2011, n. 25691 Presidente Roselli – Relatore Bandini Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Firenze il geometra B.G. convenne in giudizio la Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti qui di seguito, per brevità, anche indicata come Cassa e premesso che - la convenuta, in un primo tempo, gli aveva riconosciuto il diritto alla retrodatazione dell'iscrizione al regime previdenziale anche per gli anni 1961/1966 e, previo versamento dei contributi relativi a tali anni, gli aveva liquidato la pensione di anzianità - la Cassa aveva poi revocato il relativo provvedimento, prospettandogli il pagamento ex art. 13 legge n. 1338/62 della somma necessaria per il mantenimento del trattamento pensionistico in corso - egli aveva allora optato per il conseguimento della pensione di vecchiaia che gli sarebbe stata riconosciuta con decorrenza 1.11.1999 , iscrivendosi nuovamente all'Albo, e ciò aveva comportato la sospensione del trattamento di anzianità - successivamente la Cassa aveva annullato il provvedimento di concessione della pensione di anzianità, chiedendo la restituzione della somma complessiva erogata a tale titolo e subordinando a tale restituzione l'erogazione della pensione di vecchiaia sulla base di tali premesse chiese l'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo di restituzione delle somme già riscosse e del proprio diritto a percepire la pensione di vecchiaia dal novembre 1999, nonché la condanna della Cassa al pagamento delle relative differenze e al risarcimento del danno. Avendo nel frattempo la Cassa provveduto alla liquidazione della pensione di vecchiaia, il Giudice adito rigettò le domande del B. in particolare ritenendo l'infondatezza della domanda risarcitoria, per non essere stato fornito alcun elemento di prova in ordine al nesso di causalità tra il dedotto danno alla salute e la mancata concessione della pensione e, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla Cassa, lo condannò al pagamento di quanto ancora dovuto per l'indebito pensionistico. La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 19.5 - 9.6.2006, accolto per quanto di ragione il gravame proposto dal B., condannò la Cassa al risarcimento dei danni, equitativamente determinati, oltre interessi legali dalla domanda. A sostegno del decisum , per ciò che ancora qui specificamente rileva, la Corte territoriale ritenne quanto segue - la illegittimità della condotta della Cassa - oggetto della specifica domanda di cui al n. 4 delle conclusioni del ricorso di primo grado e fonte di responsabilità contrattuale in ragione del rapporto previdenziale in essere tra le parti - aveva prodotto un indubbio danno di natura non patrimoniale , oggetto della domanda di cui al n. 5 delle conclusioni di primo grado - tale danno poteva essere individuato a nell'aver dovuto l'appellante proseguire un'attività lavorativa per provvedere alle proprie necessità vitali, dopo che lo stesso aveva a suo tempo optato per una ben diversa scelta di vita b nell'usura fisica cui si dovette indubbiamente sottoporre e nelle inevitabili ricadute di natura psicologica che una vicenda come quella in esame non può non indurre in un soggetto che abbia incolpevolmente fatto affidamento sulle determinazioni assunte dal proprio ente di previdenza si pensi alla questione della retrodatazione, alla cessazione dell'attività professionale, alla liquidazione della pensione di anzianità, alla sospensione prima ed alla revoca poi di tale trattamento, alla necessità di dover ricominciare, dopo quasi due anni, l'attività, con sforzi fisici ed economici ben intuibili e nello sconcerto indotto dal comportamento ostruzionistico della Cassa, che gli negò l'erogazione della pensione di vecchiaia pure maturata d nella necessità di dover promuovere un'azione legale con conseguenti spese ed ulteriore stress per vedersi finalmente corrisposto il trattamento di vecchiaia, maturato da ben due anni” - tale complesso di patemi, di sofferenze, che hanno indubbiamente riguardato vari ambiti della vita di relazione dell'odierno appellante, sono conseguenza diretta della evidenziata condotta illecita della Cassa e il danno derivatone poteva essere equitativamente liquidato, ai sensi dell1 art. 1226 cc, parametrandolo all'ammontare annuo della pensione di vecchiaia. Avverso tale sentenza della Corte territoriale la Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L'intimato B.G. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia error in procedendo , violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, deducendo che le due prime circostanze individuate nella sentenza impugnata come generatrici di danno attenevano a questioni che, nel ricorso introduttivo del giudizio, non avevano formato oggetto di domanda, nel mentre la domanda risarcitoria era stata ricollegata per l'effetto alla dedotta illegittimità della mancata erogazione della pensione di vecchiaia anche con il ricorso d'appello, del resto, la richiesta di condanna risarcitoria era stata ricollegata all'illegittimo comportamento tenuto dalla Cassa in relazione all'erogazione della pensione di vecchiaia il vizio di motivazione andava al contempo ravvisato nella mancata spiegazione della ritenuta devoluzione delle circostanze fattuali già indicate nella contraddittorietà dell'assunto secondo cui il danno sarebbe dipeso dall'aver dovuto il professionista proseguire la propria attività dopo che lo stesso aveva optato per una diversa scelta di vita, benché in altra parte della pronuncia fosse stato dato atto che l'opzione per la pensione di vecchiaia al posto di quella di anzianità era stata assunta dall'interessato in base ad un calcolo di convenienza e, comunque, in epoca anteriore al diniego della pensione di vecchiaia nell'avere apprezzato l'illegittimità della condotta relativa all'erogazione della pensione di vecchiaia in base a fatti diversi ed anteriori rispetto a quelli oggetto del capo di domanda. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge art. 2697 cc , nonché vizio di motivazione, deducendo che il danno non patrimoniale richiede la prova della lesione del bene inciso e della derivazione causale di tale lesione dall'illecito allegato, nel mentre la Corte territoriale aveva ritenuto che il danno fosse in re ipsa, reputando l'esistenza di situazioni lesive usura fisica, stress, patemi, sofferenze, stress da promozione di azione legale non provate, così come non provata era la sussistenza della conseguenze dannose che ne sarebbero derivate sul piano dell'integrità psico fisica, delle generali condizioni di vita, delle relazioni sociali o altro il vizio di motivazione doveva essere ravvisato, per illogicità e contraddittorietà, nella parte in cui era stata individuata la prova del nesso causale tra danno alla salute e mancata concessione della pensione nelle allegazioni di cui al ricorso introduttivo, le quali, viceversa, o concernevano circostanze anteriori e autonome rispetto ai fatti di causa, o contenevano mere affermazioni prive di riscontro probatorio, o, addirittura, erano di natura confessoria a danno del deducente ancora il vizio motivazionale era ravvisabile nell'elencazione di voci di danno fantasiose , semplicisticamente e genericamente riferite a vari ambiti della vita di relazione , nella mancata indicazione del bene effettivamente leso una volta esclusa l'integrità psicofisica , nel non avere tenuto conto che la scelta di proseguire l'attività era stata dettata da ragioni di convenienza, nell'enfatizzazione della somma necessaria per riscattare i periodi già oggetto di retrodatazione, nell'avvenuto disconoscimento del fatto che essa ricorrente aveva più volte rimesso in termini il professionista. 2. Osserva preliminarmente la Corte che l'art. 366 bis cpc è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore 2.3.2006 del dl.vo 2 febbraio 2006, n. 40 cfr, art. 27, comma 2, dl.vo n. 40/06 e anteriormente al 4.7.2009 data di entrata in vigore della legge n. 68 del 2009 e, quindi, anche al presente ricorso, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 9.6.2006. In base alla norma suddetta, nei casi previsti dall'articolo 360, primo comma, numeri 1 , 2 , 3 e 4 , cpc, l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall'articolo 360, primo comma, n. 5 , cpc, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l'orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto dall'art. 366 bis cpc, deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta - negativa od affermativa - che ad esso si dia, discenda in modo univoco l'accoglimento od il rigetto del gravame cfr, ex plurimis , Cass., SU, n. 20360/2007 , mentre la censura concernente l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità cfr, ex plurimis , Cass., SU, n. 20603/2007 . Nel caso che ne occupa entrambi i motivi sono stati svolti anche in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cpc ossia per vizio di motivazione , ma non contengono il richiesto momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali, cosicché, per quanto inerenti a tali vizi, le doglianze sono inammissibili. 3. Con riferimento agli altri profili di censura, i motivi possono essere esaminati congiuntamente, siccome fra loro connessi. Deve al riguardo convenirsi che effettivamente, con le conclusioni del ricorso introduttivo di primo grado, il risarcimento del danno era stato richiesto come conseguenza della ritardata erogazione della pensione di vecchiaia, sicché esulano dalla dedotta causa petendi della pretesa risarcitoria quei pregressi comportamenti della Cassa che, fossero stati o meno illegittimi, concernevano aspetti della complessa vicenda estranei all'indebito ritardo con cui la pensione di vecchiaia era stata poi erogata ne consegue che erroneamente - trattandosi di circostanze che esulavano dal thema decidendi - la Corte territoriale ha valorizzato, ai fini de quibus , le emergenze fattuali connesse alla retrodatazione dell'iscrizione, alla sua revoca e alla conseguente ripresa dell'attività lavorativa da parte del professionista quali specificamente riportate sotto le lettere a e b della motivazione sul punto . Al contempo deve osservarsi che lo sconcerto per il comportamento ostruzionistico della Cassa e la necessità di promuovere un'azione legale possono essere astrattamente idonei per l'insorgenza di un danno non patrimoniale - ove si traducano in una grave violazione dei diritti inviolabili della persona -, sempreché sia provato e, prima ancora, allegato, ad onere della parte istante, l'atteggiarsi in concreto della lesione in termini di violazione dell'integrità psicofisica ovvero di nocumento delle generali condizioni di vita personali e sociali. Viceversa, nel caso all'esame, la genericità del mero riferimento svolto nella sentenza allo stress conseguente alla necessità di intraprendere un'azione legale si traduce nella sostanziale affermazione di un danno in re ipsa , con conseguente violazione dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza a Sezioni Unite di questa Corte in tema di risarcimento del danno non patrimoniale e, in particolare, di quelli concernenti la necessità dell'esistenza di un grave danno, cagionato da fatto illecito, a diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale cfr, ex plurimis , Cass., SU, n. 26972/2008 , e dell'allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere in concreto l'esistenza e l'entità del pregiudizio cfr, ex plurimis , Cass., SU, n. 3677/2009 . I motivi all'esame, sotto i dedotti profili di violazione di norme di diritto, sono dunque fondati. 4. In definitiva il ricorso va accolto nei termini anzidetti. La sentenza va conseguentemente cassata in relazione alle doglianze accolte e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda. Avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie, effettivamente caratterizzata da un comportamento illegittimo della Cassa, si ravvisano giusti motivi per compensare fra le parti le spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda spese dell'intero processo compensate.