Coronavirus e chiusura totale: canone di locazione ridotto fino a marzo 2021 per il ristoratore

Vittoria importantissima per la persona che gestisce un’attività di ristorazione nella Capitale. Riconosciuto il suo diritto ad ottenere una riduzione sul canone di locazione, non solo per i mesi di aprile e maggio di quest’anno, ma anche per il periodo che va da giugno di quest’anno a marzo dell’anno prossimo. Rilevanti non solo le difficoltà economiche provocate dall’emergenza sanitaria ma anche la scarsa flessibilità mostrata dai proprietari dell’immobile.

Canone di affitto ridotto per tutelare il ristoratore messo in difficoltà dalla chiusura dovuta all’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus. Per i Giudici, però, il taglio va applicato non solo per due mesi di blocco totale in Italia, cioè aprile e maggio di quest’anno, ma anche per il periodo che va da giugno di quest’anno a marzo del prossimo anno. Alla base di questa decisione la constatazione sì delle difficoltà economiche affrontate dal ristoratore ma anche della scarsa flessibilità mostrata dal proprietario del locale. Tribunale di Roma, ordinanza del 27 agosto 2020 . Scenario della vicenda è la città di Roma. Lì un ristoratore si trova ad aver preso in affitto due immobili in forza di contratto di locazione ad uso commerciale – per attività di ristorazione – per un canone annuo di 96mila euro da una società. Il contratto risale al 2017, ma, ovviamente, il fitto mensile da pagare diventa un peso eccessivo a marzo di quest’anno, a causa della chiusura forzata dell’attività commerciale, provocata, come noto, dal coronavirus. Ecco spiegata la decisione del ristoratore di chiedere al Tribunale di vedersi riconosciuto un taglio” del canone, una volta preso atto della scarsa disponibilità della società proprietaria dei locali a rivedere il contratto. E proprio su questo tasto batte il ristoratore, sostenendo la violazione dei canoni di buonafede in senso oggettivo e della solidarietà da parte dei proprietari dei locali nella fase successiva alla stipulazione del contratto di locazione . Più precisamente, il ristoratore sostiene che la società non ha ottemperato all’obbligo, derivante dalla clausola generale di buonafede e correttezza , di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all’insorgere della pandemia per COVID-19 . In premessa, in Tribunale, viene richiamato il testo normativo dell’articolo 1467, comma 3, c.c., secondo cui la rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l’ azione di risoluzione , in quanto il contraente a carico del quale si verifica l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione non può pretendere che l’altro contraente accetti l’adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite . Tuttavia, viene poi aggiunto, deve ritenersi che lo strumento della risoluzione giudiziale del contratto squilibrato, volta alla cancellazione del contratto, nella misura in cui quest’ultimo non contenga alcuna clausola di rinegoziazione derogatrice della disciplina legale, soprattutto per i contratti commerciali a lungo termine, possa in alcuni casi non essere opportuna e non rispondente all’interesse della stessa parte che, subendo l’aggravamento della propria posizione contrattuale, è legittimata solo a chiedere la risoluzione del contratto squilibrato e non anche la sua conservazione con equa rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate . E, passando ai dettagli della vicenda, è evidente, secondo il Giudice, che la crisi economica dipesa dalla pandemia provocata dal COVID e la chiusura forzata delle attività commerciali – ed in particolare di quelle legate al settore della ristorazione – devono qualificarsi quale sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale . Ebbene, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale , quale quella determinata dalla pandemia da COVID-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto , in base al dovere generale di buona fede oggettiva o correttezza nella fase esecutiva del contratto art. 1375 c.c. , chiarisce il Giudice. Inoltre, sulla ammissibilità di un’ azione riduzione in via equitativa dei canoni di locazione in ragione del mancato rispetto dei canoni di buonafede e correttezza, proposta in via principale senza previa domanda di risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità va chiarito che la buonafede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingano lo squilibrio negoziale oltre l’alea normale del contratto , e, nello specifico, le suddette circostanze vengono a verificarsi nel caso dei cosiddetti contratti relazionali implicanti un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto e all’interno della suddetta categoria sembrano poter rientrare anche i contratti di locazione di beni immobili per l’esercizio di attività produttive . In tal caso, infatti, l’eventuale risoluzione del contratto per eccessiva sopravvenuta onerosità comporterebbe inevitabilmente la perdita dell’avviamento per l’impresa colpita dall’eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell’attività economica . Ciò significa che in determinate ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola generale di buonafede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto . In sostanza, la clausola generale di buonafede e correttezza, ha la funzione di rendere flessibile l’ordinamento, consentendo la tutela di fattispecie non contemplate dal legislatore . Certo, in questo caso specifico, sono state previste a livello statale alcune misure volte a ridurre l’impatto finanziario delle pandemia sulle attività produttive e tra tali misure rileva in particolare la previsione di cui all’articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, numero 18, convertito in legge numero 27 del 2020 di un credito di imposta del 60% sui canoni di locazione pagati nel marzo 2020 . Però, nonostante lo sforzo fatto dal legislatore , le suddette misure non sembrano tuttavia essere sufficienti, almeno in questo caso, a riportare in equilibrio il contratto entro la sua normale alea, atteso che nella fattispecie, a fronte del recupero di poco più della metà del credito di imposta per un solo mese si sono verificate delle perdite nette dei ricavi per i mesi di marzo, aprile e maggio di euro 136.555,11 rispetto al corrispondente periodo di gestione dell’anno precedente . Ecco perché, osserva il Giudice, anche in presenza dell’intervento generale del legislatore per fare fronte alla crisi economica causata dal COVID-19 , deve ritenersi doveroso in tale ipotesi fare ricorso alla clausola generale di buonafede e di solidarietà sancito dall’articolo 2 della Carta Costituzionale, al fine di riportare il contratto entro i limiti dell’alea normale del contatto . Nella situazione di emergenza sanitaria vissuta dall’Italia non sembra possa dubitarsi in merito all’obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di ripotare l’equilibrio negoziale entro l’alea normale del contratto , osserva il giudice, mentre invece pare essere stato violato da parte della società il canone di buonafede in senso oggettivo . Essa difatti ha dedotto di essersi resa disponibile a ridurre del 30 per cento l’importo dei canoni di locazione per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 ma tali asserzioni sembrano tuttavia sfornite di un adeguato impianto probatorio a sostegno . Di conseguenza, vista la mancata ottemperanza della società proprietaria degli immobili ai doveri di contrattazione derivanti dai principi di buonafede e solidarietà , sembra necessario, secondo il Giudice, fare ricorso alla buonafede integrativa per riportare in equilibrio il contratto nei limiti dell’alea negoziale normale, disponendo la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 , anche tenendo presente che pure dopo la riapertura dell’esercizio commerciale l’accesso della clientela è contingentato per ragioni di sicurezza sanitaria . Inoltre, viene anche disposta la sospensione della fideiussione bancaria , stipulata a garanzia del contratto di locazione, fino ad una esposizione debitoria del conduttore di 30mila euro . Per concludere, il Giudice motiva ulteriormente la propria decisione, spiegando che le perdite potenziali derivanti dall’escussione della fideiussione e il pagamento dei canoni in misura integrale sono idonei ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria del ristoratore, portandolo alla cessazione .

Tribunale di Roma, sez. VI Civile, ordinanza 18 - 27 agosto 2020 Giudice Grauso Fatto 1. Con ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c., depositato in data 25 giugno 2020, QGL Gestioni s.r.l. - premesso di condurre in locazione gli immobili siti in Roma, piazza omissis e via omissis , in forza di contratto di locazione ad uso commerciale per attività di ristorazione stipulato in data 10 gennaio 2017 con Gemma s.r.l., per un canone annuo di € 96.000, e di aver stipulato, a garanzia del puntuale e corretto adempimento delle obbligazioni nascenti del predetto contratto di locazione, in data 06.03.2017, con l'istituto di credito Banca Carige, apposita fideiussione bancaria a garanzia dell'importo massimo di € 72.000, poi ridotta, dal 30.11.2017, all'importo massimo di € 48.000 - ha adito questo Tribunale chiedendo 1. con decreto inaudita altera parte, ordinare all'odierna resistente, Gemma S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., i di non escutere la fideiussione n. omissis , prestata da Banca Carige, in favore di Gemma s.r.l., a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto di locazione, ii disporre la riduzione del 50% del canone di locazione mensile a decorrere dal mese di aprile 2020 e fino all'ordinanza iii o, in subordine, disporne la sospensione nella stessa misura, o nella diversa misura che riterrà di giustizia, a decorrere dal mese di aprile 2020 e fino all'ordinanza disporre ogni altro provvedimento d'urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo a eliminare il pregiudizio subito e subendo dalla conduttrice per tutti i motivi meglio dedotti nel corpo dell'atto e, contestualmente, fissare l'udienza di comparizione delle parti assegnando al ricorrente termine per la notificazione del ricorso e dell'emittendo decreto e, a tale udienza, confermare i provvedimenti emanati con detto decreto e sopra richiesti. 2. Ove non siano ritenuti sussistenti i presupposti per l'emissione del decreto inaudita altera parte, fissare la comparizione delle parti in contraddittorio, procedendo nel modo ritenuto opportuno agli atti di istruzione ritenuti indispensabili e, con ordinanza a ordinare all'odierna resistente, Gemma S.r.l., di non escutere la fideiussione n. omissis , prestata da Banca Carige, in favore di Gemma s.r.l., a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto di locazione b disporre la riduzione del 50% del canone di locazione mensile a decorrere dal mese di aprile 2020 e fino al mese di marzo 2021, o nella diversa misura e fino alla diversa data che riterrà di giustizia in subordine, disporre la sospensione del 50% del canone di locazione mensile dovuto dall'odierna ricorrente alla Gemma S.r.l. dal mese di aprile 2020 e fino alla mensilità di marzo 2021 e prevedere contestualmente un piano di rientro delle somme dovute in numero 48 rate a cadenza mensile con decorrenza da aprile 2021 o nella diversa misura e fino alla diversa data che riterrà di giustizia 3. disporre ogni altro provvedimento d'urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo a eliminare il pregiudizio subito e subendo dalla conduttrice”. 2. Con decreto in data 24 luglio 2020, ritenuti non sussistenti i presupposti per l'emissione di un decreto inaudita altera parte, questo giudice ha fissato l'udienza di discussione del ricorso al 6 agosto 2020, con trattazione scritta, poi differita al 18 agosto 2020 per tentativo di bonario componimento a seguito di proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c 3. Con comparsa di costituzione del 6/08/2020 si è costituita Gemma s.r.l., che ha chiesto il rigetto delle domande, deducendo l'inammissibilità delle doglianze proposte per mancata indicazione delle domande di merito, e la sua infondatezza nel merito in ragione dell'assenza di fumus boni iuris. 4. Occorre preliminarmente rigettare l'eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata indicazione delle domande di merito. Invero queste possono desumersi per tabulas dallo stesso ricorso introduttivo in ragione della implicita coincidenza tra le suddette domande e quelle poste ex art. 700 c.p.c 5. Il ricorso è suscettibile di favorevole considerazione sotto il profilo del fumus boni iuris e del periculum in mora. La QGL Gestioni s.r.l., infatti, pone a sostegno della sua domanda la violazione dei canoni di buona fede in senso oggettivo e della solidarietà da parte della Gemma s.r.l. nella fase successiva alla stipulazione del contratto di locazione in oggetto. Secondo le prospettazioni della ricorrente, invero, la resistente non avrebbe ottemperato all'obbligo, derivante dalla clausola generale di buona fede e correttezza, di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all'insorgere della pandemia per Covid-19. Orbene, questo giudice non ignora che in base al testo normativo dell'art. 1467, comma 3, c.c. e all'orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte sul punto, la rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate” può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l'azione di risoluzione, in quanto il contraente a carico del quale si verifica l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione non può pretendere che l'altro contraente accetti l'adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite. Tuttavia deve ritenersi che lo strumento della risoluzione giudiziale del contratto squilibrato” volta alla cancellazione del contratto, nella misura in cui quest'ultimo non contenga alcuna clausola di rinegoziazione derogatrice della disciplina legale, soprattutto per i contratti commerciali a lungo termine, possa in alcuni casi non essere opportuna e non rispondente all'interesse della stessa parte che, subendo l'aggravamento della propria posizione contrattuale, è legittimata solo a chiedere la risoluzione del contratto squilibrato” e non anche la sua conservazione con equa rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate”. Certamente la crisi economica dipesa dalla pandemia Covid e la chiusura forzata delle attività commerciali - ed in particolare di quelle legate al settore della ristorazione - devono qualificarsi quale sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale invero, nel caso delle locazioni commerciali il contratto è stato stipulato sul presupposto” di un impiego dell'immobile per l'effettivo svolgimento di attività produttiva, e segnatamente nel caso di specie per lo svolgimento dell'attività di ristorazione. Ciò posto, si ritiene che pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine, in applicazione dell'antico brocardo rebus sic stantibus”, debbano continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del Covid-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva o correttezza nella fase esecutiva del contratto art. 1375 c.c. . Orbene, sulla questione dell'ammissibilità di un'azione riduzione in via equitativa dei canoni di locazione in ragione del mancato rispetto dei canoni di buona fede e correttezza, proposta in via principale senza previa domanda di risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità, si rileva come secondo un diffuso orientamento dottrinale cfr., ex aliis, V. Roppo, Il contratto, 2011, Giuffré condiviso da questo giudice, la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingano lo squilibrio negoziale oltre l'alea normale del contratto. Nello specifico, secondo il citato orientamento, le suddette circostanze vengono a verificarsi nel caso dei cosiddetti contratti relazionali implicanti un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto. All'interno della suddetta categoria sembrano poter rientrare anche i contratti di locazione di beni immobili per l'esercizio di attività produttive. In tal caso, infatti, l'eventuale risoluzione del contratto per eccessiva sopravvenuta onerosità comporterebbe inevitabilmente la perdita dell'avviamento per l'impresa colpita dall'eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell'attività economica. In siffatte ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola generale di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell'alea normale del contratto. La clausola generale di buona fede e correttezza, invero, ha la funzione di rendere flessibile l'ordinamento, consentendo la tutela di fattispecie non contemplate dal legislatore. Si evidenzia peraltro che, come è stato evidenziato dalla resistente, sono state previste a livello statale una serie di misure volte a ridurre l'impatto finanziario delle pandemia nelle attività produttive. Tra le suddette misure rileva in particolare per il caso che qui ci occupa la previsione di cui all'art. 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n. 27/2020 di un credito di imposta del 60% sui canoni di locazione pagati nel marzo 2020. Nonostante lo sforzo fatto dal legislatore, la suddette misure non sembrano tuttavia essere sufficienti, almeno nel caso di specie, a riportare in equilibrio il contratto entro la sua normale alea atteso che nella fattispecie a fronte del recupero di poco più della metà del credito di imposta per un solo mese si sono verificate della perdite nette dei ricavi per i mesi di marzo, aprile, maggio di euro 136.555,11 rispetto al corrispondente periodo di gestione dell'anno precedente. Tanto rilevato, anche in presenza dell'intervento generale del legislatore per fare fronte alla crisi economica causata dal Covid-19, deve ritenersi doveroso in tale ipotesi fare ricorso alla clausola generale di buona fede e di solidarietà sancito dall'art. 2 della Carta costituzionale al fine di riportare il contratto entro i limiti dell'alea normale del contatto. In tali situazioni non sembra possa dubitarsi in merito all'obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di riportare l'equilibrio negoziale entro l'alea normale del contratto. A tal punto sembra prima facie essere stato violato da parte della resistente il canone di buona fede in senso oggettivo. Quest'ultima ha infatti dedotto di essersi resa disponibile a ridurre del 30 per cento l'importo dei canoni di locazione per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020, impegnandosi a non escutere la fideiussione sino a quando la situazione debitoria sarà inferiore al 30.000 euro. Tali asserzioni sembrano tuttavia sfornite di un adeguato impianto probatorio a sostegno. In particolare le dichiarazioni di disponibilità circa la volontà di non voler escutere la fideiussione e di ridurre del 30 per cento l'importo dei canoni sembrano inoltre essere effettuate per la prima volta dal difensore della resistente in questa sede in assenza di idonea procura per disporre in questo giudizio della res sostanziale di cui si controverte. Pertanto, in ragione della mancata ottemperanza della parte resistente ai doveri di contrattazione derivanti dai principi di buona fede e solidarietà, sembra necessario fare ricorso alla buona fede integrativa per riportare in equilibrio il contratto nei limiti dell'alea negoziale normale, disponendo la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 si rileva al riguardo che, anche dopo la riapertura dell'esercizio commerciale, l'accesso della clientela è contingentato per ragioni di sicurezza sanitaria. Si dispone altresì la sospensione della fideiussione in oggetto fino ad una esposizione debitoria del conduttore di 30.000 euro. Alle medesime conclusioni si perviene qualificando la suddetta fattispecie come peculiare ipotesi di impossibilità della prestazione della locatrice resistente di natura parziale e temporanea cfr. Tribunale di Roma, sezione V civile, ordinanza del 29 maggio 2020, r.g. n. 18779/2020 , attesa la sostanziale impossibilità di utilizzazione dei locali locati per l'attività di ristorazione, idonea ad incidere sui presupposti alla base del contratto, e che dà luogo all'applicazione del combinato disposto degli articoli 1256 c.c. norma generale in materia di obbligazioni e 1464 c.c norma speciale in materia di contratti a prestazioni corrispettive . Le conseguenze di tale vicenda sul contratto - ferma la circostanza che alcuna delle parti ha manifestato la volontà di sciogliersi dal vincolo contrattuale - non sono dunque né solamente quelle della impossibilità totale temporanea che comporterebbe il completo venir meno del correlato obbligo di corrispondere la controprestazione si veda in tal senso Cass. 9816/2009 né quelle della impossibilità parziale definitiva che determinerebbe, ex art. 1464, una riduzione parimenti definitiva del canone . Trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull'obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c. una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita. 4.1. Il ricorso sembra inoltre essere fondato sotto il profilo del periculum in mora, posto che le perdite potenziali derivanti dall'escussione della fideiussione e il pagamento dei canoni in misura integrale sono idonei ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria della resistente portandola alla cessazione. 5. L'assoluta novità ed il documentato contrasto giurisprudenziale tra svariati tribunali italiani giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio. P.Q.M. Alla luce delle superiori considerazione il giudice, in via cautelare 1 accoglie la domanda cautelare disponendo la riduzione dei canoni di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20 % per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 dispone la sospensione della garanzia fideiussoria fino ad un'esposizione debitoria di 30.000 euro 2 compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.