Non è sufficiente affermare “c’è stata l’emergenza COVID” per invocare i rimedi contrattuali

L’ordinanza emessa in sede cautelare dal Tribunale di Pisa il 30 giugno 2020 merita di essere segnalata perché, nell’affrontare la tematica degli effetti del rispetto delle misure di contenimento per l’emergenza COVID-19 sui contratti, ha avuto modo di affrontare in modo chiaro e assolutamente condivisibile un aspetto processuale molto delicato l’onere della prova che deve assolvere la parte che invoca l’eccessiva onerosità sopravvenuta durante l’esecuzione di un contratto a causa dell’emergenza COVID-19.

Peraltro, l’ordinanza del Tribunale di Pisa – unitamente anche ad un precedente del Tribunale di Roma del 29 maggio 2020 sul medesimo tema – aiuta senz’altro a definire meglio quali siano gli effetti sui contratti del rispetto delle misure di contenimento e la loro dinamica processuale. Ed infatti, molto spesso, si è letto che la parte onerata e si citano solitamente due provvedimenti inaudita altera parte uno del Tribunale di Venezia e l’altro di Bologna pubblicati anche dalla stampa generalista potrebbe sospendere le prestazioni e/o ottenere una rinegoziazione del contratto per l’insorgenza di una situazione di impossibilità o di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione intendendo per ottenere una sorta di diritto potestativo alla rideterminazione del corrispettivo del contratto ma è propriamente e sempre così od occorre muoversi con attenzione? Il caso . Prima di tutto, però, ricostruiamo il caso deciso un affittuario di un’azienda nel caso di specie di abbigliamento aveva proposto un ricorso ex art. 700 c.p.c. per sentir inibire all’affittante di escutere la fideiussione bancaria a prima richiesta che aveva rilasciato al momento della sottoscrizione del contratto avvenuta nel 2013. Secondo l’affittuario il canone di locazione non era più economicamente sostenibile” del resto – aveva affermato nel ricorso la crisi del settore lo aveva portato a chiedere più volte senza ottenerla la riduzione del canone rivedere più volte l’importo del canone fino a comunicare all’inizio di quest’anno il recesso dal contratto. Nonostante questo aveva corrisposto il canone di febbraio anche se – si evince dalla motivazione – fra i mesi di gennaio e febbraio 2020 la crisi delle vendite e l’insostenibilità dei complessivi costi di gestione aziendale, si fosse aggravata in ragione degli effetti della pandemia da Covid-19 e che dagli inizi di marzo 2020 l’esercizio dell’attività era stato completamente interdetto per effetto dei provvedimenti del contenimento del contagio epidemico, aggravando ancora di più la condizione economica dell’affittuario . Per il ricorrente, quindi, doveva ritenersi giustificata ” la sospensione del pagamento del canone per i mesi di marzo, aprile e maggio e, quindi, giustificata” la richiesta inibitoria dell’escussione della fideiussione in attesa di una sentenza di merito che si pronunciasse sul merito del diritto alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta così è stata interpretata la domanda di merito da parte del giudice della cautela . Eccessiva onerosità sopravvenuta . Senonché, per il Tribunale di Pisa la tesi del ricorrente – anche alla luce delle difese dell’affittante – non hanno meritato accoglimento. Per giungere a questa conclusione il Tribunale ha mosso prima dalle norme sostanziali in materia di eccessiva onerosità sopravvenuta perché questo rimedio sembra essere stato quello invocato nel caso di specie . Ebbene, l’eccessiva onerosità comporta una notevole alterazione del rapporto originario fra le prestazioni, determinando una situazione di squilibrio di valori a causa di avvenimenti straordinari ed imprevedibili determinino un aggravio patrimoniale che altera l’originario rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra, ovvero facendo diminuire l’utilità della controprestazione e che senz’altro non sono le oscillazioni di valore delle prestazioni prodotte dalle regolari e normali fluttuazioni del mercato . O nere della prova . Se questa è la premessa di diritto sostanziale, però occorre chiedersi come tutto questo si rifletta sul piano processuale. Il problema che si pone è, infatti, quello dell’onere della prova ma prima quello di allegazione dei fatti che giustificano la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta . Ebbene, in queste azioni l’onere della prova spetta a chi invoca l’eccessiva onerosità sopravvenuta [che deve quindi] dimostrare i presupposti di cui all’art. 1467 cc per tutto l’arco di tempo intercorrente tra il momento in cui doveva avvenire l’esecuzione del contratto e quello in cui viene richiesto l’accertamento dell’eccessiva onerosità . Ebbene, nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto che, a livello di fumus boni juris , non vi fossero i presupposti per l’invocata tutela di merito anche perché dalle parole del ricorrente sembra che l’onerosità del contratto non sia circostanza sopravvenuta, essendo invece le condizioni economico contrattuali note e consapevolmente accettate dal contraente, odierno ricorrente, fin dalla stipulazione del contratto in esame . D isciplina COVID-19 . Per il Tribunale la soluzione non cambia neppure quando passa ad esaminare l’argomentazione difensiva secondo cui l’eccessiva onerosità sarebbe stata causata dalla sopravvenuta emergenza sanitaria che avrebbe reso insostenibili i costi di gestione aziendale. Tuttavia – e questo mi sembra un aspetto importante da mettere in evidenza – non è sufficiente invocare l’ insostenibilità o l’ eccessiva onerosità mettendola in relazione talvolta meramente cronologica con l’emergenza sanitaria per poter ottenere la tutela rimediale. Né questa conclusione può cambiare semplicemente invocando il comma 6 bis del d.l. 6/2020 che ha previsto che il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 cc, della responsabilità del debitore anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi adempimenti . che però non autorizza sospensioni . Ed infatti, come precisa in maniera assolutamente condivisibile il Tribunale di Pisa, ciò non significa che il legislatore ha introdotto il diritto del conduttore alla sospensione del pagamento del canone locativo nella locazione di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione, ma ha consentito di valutare l’incidenza dell’emergenza sanitaria esclusivamente sotto il profilo della scusabilità dell’inadempimento contrattuale ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c. . Nello stesso senso si era già pronunciato il già citato precedente cautelare del Tribunale di Roma del 29 maggio 2020 secondo cui, per quel che in questa sede più rileva, non è [] possibile applicare in questa sede alcuna norma sospensiva dell’obbligo di pagamento di canoni di affitto di azienda tratta dalla disciplina emergenziale ad oggi adottata, per la ragione – tanto semplice quanto decisiva – che una norma di tal fatta non esiste non vi è di conseguenza spazio per una misura cautelare di mero differimento dei termini contrattuali di pagamento del canone di affitto di azienda . Ma soprattutto – ha proseguito il Tribunale – in ogni caso servono sempre prove che dimostrano l’esistenza dei presupposti delle tutele invocate ed il nesso di causa salvo poi chiedersi a chi debba essere accollato il rischio della c.d. causa ignota . Nel caso di specie è stato ancora una volta un problema di assolvimento dell’onere prova che ha fatto propendere il Tribunale per il rigetto della domanda secondo le affermazioni infatti, il ricorrente non ha offerto alcun dato obiettivo da cui desumere un peggioramento della propria condizione patrimoniale tale da precludergli – in quanto eccessivamente oneroso il pagamento del canone concordato, discorrendo sempre e solo in termini astratti dell’aggravamento delle propria situazione patrimoniale .

Tribunale di Pisa, sez. Civile, ordinanza 30 giugno 2020 Giudice Golia Con ricorso depositato in data 1.6.2020, FG Retail srl chiedeva all’intestato Tribunale di ordinare, inaudita altera parte a Catherine srl , di non escutere od incassare alcun pagamento da BPER banca in forza della fideiussione numero 13/2031613 del 18.12.2013 e alla BPER banca di non pagare nemmeno in parte la somma garantita di Euro 14.700,00, in caso di escussione di detta fideiussione e comunque di non esercitare il regresso o la surroga contro la ricorrente. A sostegno del ricorso adduceva -di aver stipulato in data 27/11/2013, con scrittura privata autenticata per notaio Fabio Turchini di Firenze rep. numero 28647 – racc . 8918 contratto di affitto di ramo di azienda del settore abbigliamento, con Ro. Pa ., titolare della ditta individuale Catherine, che a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte con il contratto, l’affittuario forniva una fideiussione bancaria pari a tre mensilità del canone di affitto, rilasciata dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna soc . Coop.va BPER con la quale la stessa si costituiva fideiussore solidale della soc . FG Retail s.r.l. in favore della Catherine di Ro. Pa ., fino alla concorrenza di Euro 14.700,00 con contestuale rinuncia al beneficio della preventiva escussione di cui all’articolo 1944 c.c. e ad ogni eccezione anche in caso di opposizione del debitore principale -che il Foglia, in ragione della crisi del settore, tentava inutilmente di rivedere più volte l’importo del canone -che in data 01/01/2020 consegnava racc.ta comunicando il recesso dal contratto alla Catherine s.r. di aver corrisposto anche il canone di Febbraio 2020 nonostante fra i mesi di gennaio e febbraio 2020 la crisi delle vendite e l’insostenibilità dei complessivi costi di gestione aziendale, si fosse aggravata in ragione degli effetti della pandemia da Covid-19 che dagli inizi di marzo 2020 l’esercizio dell’attività era stato completamente interdetto per effetto dei provvedimenti del contenimento del contagio epidemico, aggravando ancora di più la condizione economica dell’affittuario che con PEC 11/03/2020 il Foglia informava la Catherine che a causa delle ricadute disastrose sulla propria attività non poteva sostenere i costi gestionali dell’azienda, per cui sospendeva il pagamento del canone -che, ciononostante, in data 22/05/2020 la Catherine dava incarico al suo legale Avv. Ra . Si. di intimare con Raccomandata PEC in pari data il pagamento IMMEDIATO della somma di Euro 18.494,49, per canoni di marzo – aprile e maggio 2020 -di aver avvisato delle predette circostanze la BPER, invitandola, qualora il beneficiario avesse escusso la fideiussione, di non aderire alla richiesta di pagamento dell’importo garantito. Con decreto dell’8.06.2020 questo Giudice, ritenuto di instaurare il contraddittorio prima di ogni provvedimento, assegnava al ricorrente termine per la notifica del ricorso nei confronti delle controparti e disponeva lo svolgimento mediante trattazione in forma scritta del procedimento in epigrafe, assegnando a tal fine termine per il deposito di note autorizzate. Con comparsa depositata in data 24.06.2020 si costituiva la resistente Catherine srl che concludeva, preliminarmente, per l’inammissibilità del ricorso per difetto di strumentalità e nel merito per il rigetto della domanda cautelare in quanto infondata in fatto e in diritto per le ragioni meglio indicate nell’atto introduttivo. Non si costituiva, invece, nonostante la regolarità della notifica, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna Soc . Coop.va BPER di cui, pertanto, va dichiarata la contumacia. Depositavano, poi, entrambe le parti costituite nei termini concessi le note autorizzate. Così brevemente ricostruiti i fatti e lo svolgimento del processo occorre ricordare che i provvedimenti di urgenza hanno natura strumentale e funzione cautelativa del tutto provvisoria, in quanto volti ad evitare che la futura pronunzia del giudice possa restare pregiudicata nel tempo necessario per ottenerla. Tale essendo la ratio, nel ricorso devono indicarsi a pena di inammissibilità del ricorso stesso non soltanto la causa petendi ed il petitum mediato, ma anche le specifiche conclusioni della futura causa di merito. L’indicazione degli elementi costitutivi dell’ instauranda azione di merito assolvono alla specifica funzione di consentire al giudice adito in sede cautelare di verificare la competenza e di valutare il carattere anticipatorio o meno del richiesto provvedimento cautelare nonchè di tutelare il soggetto destinatario del provvedimento cautelare anticipatorio, il quale deve poter essere in grado di intraprendere il giudizio di merito attraverso il mero richiamo al provvedimento ed al ricorso cautelare, chiedendo il rigetto della domanda di controparte già virtualmente formulata nello stesso ricorso. Ecco perché In caso di omissione o incompletezza degli elementi oggettivi di identificazione della domanda cautelare e della mancata indicazione della domanda di merito il ricorso cautelare deve ritenersi inammissibile ed insuscettibile di sanatoria ai sensi dell’articolo 164 c.p.c ”. cfr. ex multis Ordinanza Tribunale di Torino, 15.10.2018 L’indagine sulla individuazione della causa di merito, funzionale alla verifica del postulato nesso di strumentalità, è rimasta infatti inalterata pur dopo la riforma introdotta dalla legge numero 80/2005, che ha reso soltanto eventuale, per i procedimenti ante causam , l’introduzione del giudizio di merito. Ebbene nel caso di specie il ricorrente, pur non con la compiutezza dovuta e solo nel corpo del ricorso, ha dichiarato di riservarsi la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, così lasciando intendere, ancorché non limpidamente, che sarebbe stata questa la successiva azione di merito. Da ciò consegue l’ammissibilità del ricorso. Ad ogni modo ai fini della concessione della misura cautelare d’urgenza di cui all’articolo 700 c.p.c. è necessario che ricorrano gli ulteriori seguenti requisiti a il diritto azionato in sede cautelare è possibile oggetto di un giudizio ordinario di cognizione Trib . Civ . Civitavecchia, 03/08/2007 Trib . Civ . Bari, 30/03/2006 b il diritto non è tutelabile mediante l’esperimento di una misura cautelare tipica c la sussistenza del fumus bonis iuris, consistente nell’apparente titolarità del diritto azionato all’interno del processo ordinario di cognizione, e del periculum in mora, concretantesi nel pregiudizio che l’istante subirebbe qualora non venisse concessa l’agognata misura cautelare nelle more dell’ottenimento della tutela di merito. Ebbene, nel caso di specie, sembrano difettare tanto il fumus boni iuris quanto il periculum in mora. Infatti, la sussistenza del fumus rispetto al diritto alla risoluzione del contratto a norma dell’articolo 1467 cc come invocato a pag. 3 del ricorso non risulta provata. È noto, infatti, che l’eccessiva onerosità comporta una notevole alterazione del rapporto originario fra le prestazioni, determinando una situazione di squilibrio di valori. Tale situazione si verifica allorquando gli avvenimenti straordinari ed imprevedibili determinino un aggravio patrimoniale che altera l’originario rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra, ovvero facendo diminuire l’utilità della controprestazione. Invero, nei contratti a prestazioni corrispettive, ad esecuzione continuata o periodica o differita, ciascuna parte assume su di sé il rischio che gli eventi alterino il valore economico delle rispettive prestazioni, entro i limiti rientranti nell’alea normale del contratto, da tenersi pertanto presenti da ciascun contraente al momento della stipulazione, alla stregua della dovuta diligenza. Ne consegue che non assume al riguardo rilievo la sopravvenienza di circostanze prevedibili che rendano comunque eccessivamente gravoso – e pertanto inesigibile l’adempimento della prestazione vertendosi in tal caso non già in tema di alterazione dell’economia contrattuale bensì d’inadempimento cass . 12235/2007 . In detta prospettiva, l’alea normale di un contratto che a norma dell’articolo 1467 co. 2 cc non legittima la risoluzione per sopravvenuta onerosità, è il rischio non prevedibile né espressamente assunto dalle parti che il contratto comporta a causa delle sue caratteristiche e comprende anche le oscillazioni di valore delle prestazioni prodotte dalle regolari e normali fluttuazioni del mercato. Spetta, dunque, a chi invoca l’eccessiva onerosità sopravvenuta a dimostrare i presupposti di cui all’articolo 1467 cc per tutto l’arco di tempo intercorrente tra il momento in cui doveva avvenire l’esecuzione del contratto e quello in cui viene richiesto l’accertamento dell’eccessiva onerosità. Tanto posto, nel caso di specie il ricorrente ha, innanzitutto, affermato dall’inizio del contratto di aver sempre adempiuto regolarmente e puntualmente al pagamento del canone di affitto, anche se particolarmente oneorso ” cfr. pag. 1 numero 3 così lasciando intendere che l’onerosità del contratto non sia circostanza sopravvenuta, essendo invece le condizioni economico contrattuali note e consapevolmente accettate dal contraente, odierno ricorrente, fin dalla stipulazione del contratto in esame. In secondo luogo, la medesima FG Retail srl ha invocato l’avvento della crisi del settore, nonostante la quale avrebbe comunque sempre regolarmente adempiuto, circostanza, questa, che di certo può farsi rientrare per quanto sopra esposto nella normale alea contrattuale di cui all’articolo 1467 co. 2 cc. Da ultimo, l’istante ha richiamato la sopravvenuta emergenza sanitaria da Covid-19 che avrebbe reso tra Gennaio e Febbraio 2020 insostenibili i costi di gestione aziendale. Ebbene, anche tale ultima circostanza non pare corroborare il fumus boni iuris posto che nel periodo invocato Gennaio-Febbraio non vi era alcuna conclamata emergenza sanitaria che sarebbe stata infatti dichiarata solo il successivo mese di Marzo con tutti i ben noti effetti pregiudizievoli sotto il profilo economico-commerciale. D’altronde lo stesso ricorrente afferma di aver corrisposto anche il canone di Febbraio e di aver sospeso il pagamento da Marzo, invocando peraltro quale norma legittimante tale condotta l’articolo 3 dl 6/2020 ove afferma che il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 cc, della responsabilità del debitore anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi adempimenti” . Si osserva, in proposito, che l’intervento normativo de quo non ha affatto introdotto il diritto del conduttore alla sospensione del pagamento del canone locativo nella locazione di immobili destinati ad uso diverso dall'abitazione, ma ha consentito di valutare l’incidenza dell’emergenza sanitaria esclusivamente sotto il profilo della scusabilità dell’inadempimento contrattuale ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c. Ebbene, anche se si volesse valorizzare tale la novella, il ricorrente non ha offerto alcun dato obiettivo da cui desumere un peggioramento della propria condizione patrimoniale tale da precludergli – in quanto eccessivamente oneroso il pagamento del canone concordato, discorrendo sempre e solo in termini astratti dell’aggravamento delle propria situazione patrimoniale. Per converso, parte resistente ha affermato, fornendo documentazione anche fotografica a sostegno rimasta incontestata dal ricorrente che quest’ultimo avrebbe non solo riaperto la propria attività dal 18 maggio 2020, ma anche, di aver trasferito da giugno 2020, il negozio in altri locali commerciali. Se, dunque, il ricorrente si fosse effettivamente trovato in sopravvenute difficoltà economiche allo stato non documentate non avrebbe verosimilmente continuato a svolgere la propria attività in altri locali, onerandosi dei costi del relativo trasferimento e del pagamento di un altro canone di locazione. Non appare, pertanto, sussistere l’invocato fumus boni iuris né rispetto al diritto alla risoluzione per eccessiva onerosità di cui all’articolo 1467 cc né rispetto alla scusabilità dell’inadempimento ex articolo 3 co. 6 dl 17/2020 con la conseguenza che la domanda cautelare già solo per questo andrebbe rigettata. Difetta in ogni modo anche il periculum in mora solo genericamente individuato in quei danni che verrebbero a prodursi a suo carico in aggiunta a quelli ingenti e irrecuperabili quali? già prodotti dall’emergenza sanitaria con ricadute nefaste sia per la stessa sopravvivenza dell’impresa che per l’attività lavorativa delle sue dipendenti.”. Per i motivi esposti, la domanda cautelare va rigettata e le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente e liquidate come dispositivo, tenuto conto dei parametri di cui al D.M. 55/2014, in favore del resistente Catherine srl . Stante, invece, la contumacia della BPER, posso compensarsi nel rapporto tra questa e il ricorrente. P . Q . M . RIGETTA il ricorso proposto da FG RETAIL SRL CONDANNA il ricorrente al pagamento in favore del resistente Catherine srl delle spese di lite che si liquidano in 1618,00 Euro, oltre rimb . forf . 15%, IVA e CPA come per legge COMPENSA le spese tra il ricorrente e BPER Manda la Cancelleria per le comunicazioni e gli adempimenti di rito.