Reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi: è sufficiente l’adeguamento unilaterale?

Con l’ordinanza n. 7105 depositata il 12 marzo 2020 la Prima Sezione Civile della Suprema Corte risponde al seguente interrogativo l’adeguamento, da parte degli istituti di credito, alla Delibera CICR del 9 febbraio 2000 in materia di reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi ha comportato un peggioramento oppure un miglioramento alle condizioni contrattuali in precedenza applicate ai correntisti?

È cruciale sciogliere questo nodo perché consente di risolvere, sul piano giuridico, la connessa problematica frequentemente dibattuta nel contenzioso bancario occorre cioè per il correntista l’approvazione specifica di un nuovo accordo al riguardo con l’istituto di credito, oppure è sufficiente un adeguamento unilaterale della banca? Reputa la Prima Sezione Civile che la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all’assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica ha comportato un peggioramento delle condizioni in precedenza applicate al conto corrente, sicché sarebbe stato necessario un nuovo accordo espresso fra la banca ed il cliente. I fatti di causa. Due correntisti proposero opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca per la somma di euro 10.272,24 a titolo di saldo negativo di conto corrente e residuo finanziamento contestando, tra l’altro, la capitalizzazione trimestrale degli interessi, la sua estensione alle commissioni di massimo scoperto e la natura usuraria degli interessi applicati. Il Tribunale di Pavia, a seguito di consulenza tecnica contabile, accolse parzialmente l'opposizione, condannando i correntisti al pagamento di euro 9.936,24 oltre accessori. La Corte di Appello di Milano, rinnovata la CTU, accolse parzialmente l'appello principale dei correntisti, condannandoli alla minor somma di euro 3.681,66, con rigetto dell'appello incidentale interposto dalla banca. È seguito il ricorso dei correntisti in parte accolto dalla Suprema Corte di Cassazione. Anatocismo e adeguamento dei contratti bancari stipulati prima della Delibera CICR del 9 febbraio 2000. Per quanto qui di interesse, col decimo motivo di ricorso, è stata censurata la violazione degli artt. 1283, 1284 c.c. e 117 T.U.B., per essere stata applicata la capitalizzazione trimestrale degli interessi dopo l’entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000, nonostante il relativo art. 7 la legittimasse solo a condizione di reciprocità tra banca e cliente e in presenza di un patto scritto nella specie mancante e sebbene la disposizione transitoria prevedesse l'adeguamento dei contratti stipulati prima della delibera come quello per cui è causa mediante patto scritto in caso di peggioramento delle condizioni precedentemente applicate peggioramento che, ad avviso dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe erroneamente valutato in concreto. Questo motivo viene accolto dalla Corte di Legittimità. Rammenta anzitutto la Suprema Corte che il declassamento da uso normativo a uso negoziale della prassi bancaria in materia di anatocismo ha reso nulle, per contrasto con l'art. 1283 c.c., le clausole in forza delle quali gli interessi debitori venivano periodicamente capitalizzati, sicché, una volta dichiarata nulla la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati in un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000 data di entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000 , il giudice deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione Cass. n. 24156/2017 Cass. n. 24153/2017 Cass. n. 17150/2016 . Precisa inoltre la Prima Sezione che le disposizioni dettate con la sopra menzionata delibera trovavano fondamento normativo nel d.lgs. n. 342 del 1999, art. 25, commi 2 e 3, i quali avevano rispettivamente disposto aggiungendo nell'art. 120 t.u.b. i nuovi commi 2 e 3 i che il CICR stabilisse modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria , purché con la stessa periodicità del conteggio di interessi debitori e creditori nelle operazioni in conto corrente ii che le clausole anatocistiche contenute nei contratti stipulati anteriormente al 22 aprile 2000 dovessero essere conformate alle indicazioni del CICR, che con gli artt. 2 e 7 della delibera medesima ha imposto la descritta reciprocità e previsto la possibilità di adeguamento delle condizioni applicate entro il 30 giugno 2000, mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e comunicazione scritta alla clientela alla prima occasione utile comunque, entro il 31 dicembre 2000 , salva la necessità dell'approvazione specifica del correntista, con perfezionamento di un nuovo accordo, qualora le nuove condizioni contrattuali avessero comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate cfr. Cass. n. 6987/2019 . Orbene, ad avviso della Suprema Corte, l’art. 7 della citata disposizione interministeriale è una norma transitoria correlata, per comunanza di fini, all'art. 25, comma 3, d.lgs. 342/1999, che ha introdotto nell'art. 120 t.u.b. il comma 3, sicché, essendosi di questo dichiarata l'illegittimità costituzionale Corte Cost. sentenza n. 425 del 2000 , la nullità dell'anatocismo praticato dalle banche che l'art. 25, comma 3, cit. aveva tentato di comprimere ha ripreso tutto il suo vigore, risultando perciò difficile negare che l'adeguamento alle disposizione della delibera CICR delle condizioni in materia figuranti nei contratti già in essere, comportando una regolazione ex novo dell'anatocismo, segnatamente laddove esso si riverberi in danno delle posizioni a debito, non determini un peggioramento delle condizioni contrattuali Cass. n. 26769/2019 e Cass. n. 26779/2019 . Reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi e peggioramento delle precedenti condizioni contrattuali. Nel solco del richiamato orientamento di legittimità, ritiene la Corte che la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all'assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rappresenti un evidente peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente sicché, proprio in applicazione dell'art. 7, comma 3 della delibera CICR per cui nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela sarebbe stato necessario, nella fattispecie in esame, un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale. I precedenti di legittimità in materia richiamati nella ordinanza in esame. Si registrano, sempre emesse dalla Prima Sezione Civile, le seguenti decisioni Cass. n. 26769 del 21 ottobre 2019, ove statuito che in tema di anatocismo, la possibilità di adeguare i contratti di finanziamento in essere alla data di entrata in vigore della Delibera CICR 9.2.2000 è esclusa a seguito della declaratoria di incostituzionalità del terzo comma dell'art. 25, d.lgs. n. 342/1999, e comunque sul presupposto che l'introduzione della clausola anatocistica comporta un peggioramento delle condizioni contrattuali a danno del cliente, con la conseguenza che tale previsione deve essere espressamente approvata dalla clientela” Cass. n. 26779 del 21 ottobre 2019, secondo cui la reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi in luogo di altre forme di capitalizzazione le cui clausole siano colpite da nullità non è configurabile quale miglioramento delle condizioni praticate, in quanto il raffronto non va fatto tra il regime dell'annualità e quello della trimestralità degli interessi creditori, ma tra la capitalizzazione e l'assenza di capitalizzazione degli interessi debitori. Questo orientamento di legittimità non convince la giurisprudenza di merito che continua a discostarsene, criticando il ragionamento dei Supremi Giudici. Conviene ricordare come la questione affrontata nell’ordinanza in commento sia ampiamente dibattuta al punto che parte della giurisprudenza di merito continua a ritenere ammissibile l’adeguamento unilaterale della banca alle nuove condizioni contrattuali, non configurandosi alcun peggioramento rispetto a quelle precedenti. Sul punto, recentemente e con ampia motivazione, cfr. Trib. Roma, n. 5019 del 10 marzo 2020, secondo cui non era necessaria alcuna formale adesione per iscritto da parte dei correntisti circa la variazione delle modalità di capitalizzazione operate dalla banca a far data dal giugno 2000, in quanto la necessità dell’approvazione del cliente delle nuove condizioni contrattuali era richiesta per la sola ipotesi in cui le stesse avessero comportato un peggioramento rispetto a quelle precedenti citato art. 7, 3° comma, delibera CICR , ipotesi non ricorrente nella fattispecie in parola, atteso che la citata disposizione, che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi creditori, dava vita ad un trattamento di maggior favore rispetto a quello precedente. In tale contesto non può essere condivisa la tesi secondo la quale le pattuizioni contrattuali precedenti erano nulle e pertanto si aveva l’applicazione di capitalizzazione semplice, con la conseguenza che anche la previsione di una capitalizzazione trimestrale sarebbe condizione peggiorativa rispetto a quella precedente detta tesi non può essere condivisa, in quanto non può essere presa come metro di riferimento una situazione patologica, da cui derivava la nullità della clausola sull’anatocismo, dovendosi invero il raffronto porre fra elementi omogenei, ossia fra le pattuizioni precedenti, che prevedevano una differente periodicità fra interessi attivi ed interessi passivi, e quelle successive, che prevedevano invece una analoga periodicità. Non ignora di certo il Giudice l’esistenza di detto differente orientamento, per il momento minoritario anche se avallato da recente ordinanza della Cassazione, in base al quale invece si avrebbe un peggioramento delle condizioni, ma si ritiene opportuno ribadire la giurisprudenza dell’Ufficio e seguire l’orientamento maggioritario anche in considerazione della non persuasività della motivazione addotta dalla Cassazione cfr. Cass. ord. 26769/2019 si ribadisce che il raffronto deve essere posto fra elementi contrattuali omogenei [ ] Deve inoltre essere ribadito come da giurisprudenza dell’Ufficio che va presa in considerazione, ai fini della verifica della corrispondenza a legge, la pari periodicità della liquidazione degli interessi e non l’entità, in ipotesi del tutto legittimamente differente, del tasso degli interessi attivi e di quello degli interessi passivi ovvero la sproporzione fra l’uno e l’altro tasso. In conclusione, non essendo una condizione peggiorativa, non era necessaria l’approvazione per iscritto da parte della correntista, mentre risultano osservate, da parte della banca, le altre formalità di legge in ordine all’intervenuto adeguamento art. 7 della citata delibera CICR 9/2/2000 ”. Nello stesso senso, cfr. Trib. Roma, n. 2735 del 6 febbraio 2018 secondo cui non era necessaria alcuna formale adesione da parte dei correntisti circa la variazione delle modalità di capitalizzazione operate dalla banca a far data dal giugno 2000, in quanto -come detto la necessità dell’approvazione del cliente delle nuove condizioni contrattuali era richiesta per la sola ipotesi in cui le stesse avessero comportato un peggioramento rispetto a quelle precedenti citato art. 7, 3° comma, delibera CICR , ipotesi non ricorrente nella fattispecie in parola, atteso che la citata disposizione, che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi creditori, dava vita ad un trattamento di maggior favore rispetto a quello precedente”. Ancora, cfr. Trib. Roma, n. 8921 del 4 maggio 2018 App. Milano, n. 4113/2018. Più di recente, App. Lecce, n. 372/19 ove ribadito che appare chiaro che il nuovo sistema di calcolo che sostituisce la precedente capitalizzazione trimestrale dei soli interessi a debito è assolutamente migliorativo per la posizione della cliente e quindi non richiede una specifica approvazione per iscritto”.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 27 giugno 2019 – 12 marzo 2020, n. 7105 Presidente De Chiara – Relatore Velia Fatti di causa 1. I signori Pe. e Ca. proposero opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da Sanpaolo Imi S.p.a. per la somma di Euro 10.272,24 a titolo di saldo negativo di c/c e residuo finanziamento contestando, tra l'altro, la capitalizzazione trimestrale degli interessi, la sua estensione alle commissioni di massimo scoperto e la natura usuraria degli interessi applicati. All'esito di c.t.u. contabile, il Tribunale di Pavia accolse parzialmente l'opposizione, condannando gli opponenti al pagamento di Euro 9.936,24 oltre accessori. 2. La Corte d'appello di Milano, rinnovata la c.t.u., ha accolto parzialmente l'appello principale degli attori, condannandoli alla minor somma di Euro 3.681,66 ed ha rigettato l'appello incidentale di Intesa Sanpaolo S.p.a. sulle spese della fase monitoria. 3. I ricorrenti censurano detta decisione con 12 motivi di ricorso, corredati da memoria difensiva la banca resiste con controricorso. Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. in quanto la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto che oggetto del contendere fosse la ripetizione di indebito limitatamente al periodo dal 25.2.1998 al 30.6.2000 quando invece la domanda riguardava l'intero periodo decorrente dall'apertura del c/c n. omissis sino al 26/05/2005. 4.1. La censura è inammissibile per difetto di specificità. Invero, a fronte dell'affermazione che si legge nella sentenza impugnata - per cui è corretta la ricostruzione del rapporto di dare/avere fra le parti operata dal CTU nominato da questa Corte a decorrere dall'anno 1998 , senza indicazione di una data finale - sarebbe stato onere di parte ricorrente enucleare quest'ultima, chiarendo su quali basi la decisione fosse stata effettivamente limitata al periodo febbraio 1998 - giungo 2000. Del resto, la Corte territoriale ha espressamente accolto l'eccezione di ius novorum con riguardo alla nullità delle commissioni di massimo scoperto per difetto di causa e ai rapporti diversi dal c/c n. omissis , mentre dagli atti di causa emerge che essa commissionò al c.t.u. un duplice conteggio, uno sino al 30 giugno 2000, data di entrata in vigore della relativa delibera CICR, e uno sino all'estinzione del conto. 5. Il secondo e il terzo mezzo denunziano rispettivamente la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 ce. e 324 c.p.c. nonché la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 342-345 e 346 c.p.c. con riguardo al giudicato interno e al principio tantum devolutum quantum appellatum sulla questione delle commissioni di massimo scoperto, non avendo la banca impugnato con l'appello incidentale il capo della sentenza di primo grado che le escludeva dal calcolo delle somme dovute dal correntista di conseguenza, il giudice di secondo grado non avrebbe dovuto conteggiarle nel calcolo delle somme dovute alla banca. 5.1. I suddetti motivi vanno accolti, poiché per un verso è pacifico che l'appello incidentale della banca non riguardasse le commissioni di massimo scoperto, per altro verso l'affermazione della Corte territoriale per cui la censura si era incentrata in primo grado unicamente sulla loro illegittima capitalizzazione e non già sulla nullità per difetto di causa non risulta aderente agli atti, dai quali emerge come in sede di opposizione a decreto ingiuntivo fosse stata invocata la nullità dell'art. 7 del contratto di conto corrente ex art. 1283 ce e/o 1815 ce cfr. conclusioni trascritte a pag. 2 del ricorso e come il tribunale avesse espressamente statuito che, perché la banca possa pretendere somme a titolo di commissione di massimo scoperto, è necessario non solo che esista una espressa pattuizione che la preveda e ne determini l'ammontare, ma inoltre che il calcolo sia effettuato sulla somma messa a disposizione e non già su quella utilizzata , sicché deve escludersi che sussista il diritto della banca di pretendere somme a tale titolo, posto che non risulta alcuna specifica pattuizione nel contratto di apertura di credito e inoltre, come si evince dagli estratti conto prodotti, risulta erroneamente calcolata ogni trimestre sulla massima esposizione del periodo v. trascrizione a pag. 11 del ricorso . 6. Con il quarto motivo si lamenta la violazione degli artt. 1224 e 1284 ce, poiché, in mancanza di pattuizioni sulla misura degli interessi, si sarebbero dovuti applicare i soli interessi legali sino al saldo, senza alcuna capitalizzazione - come peraltro indicato dalla stessa Corte d'appello - e non il tasso del 7,41% come deciso con la sentenza impugnata alla pagina 12 punto 19 e con il dispositivo . La medesima questione viene posta nei motivi quinto e sesto, che deducono la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. non essendo vero che gli appellanti non avevano impugnato il capo della sentenza di primo grado relativo alla misura del tasso sostitutivo del 7,41% e per difetto assoluto di motivazione, stante la sua assoluta contraddittorietà e apparenza. 6.1. La censura motivazionale va accolta - con assorbimento dei restanti profili - poiché effettivamente la motivazione presenta evidenti contraddizioni tra il dispositivo e il punto 19 da una parte e il punto 13, a pag. 9-10 dall'altra , dove nei primi si applica il tasso del 7,41% stabilito dalla sentenza di primo grado in quanto sul punto asseritamente non gravata e nel secondo si dichiara invece di aderire all'opzione del c.t.u. con applicazione dei soli interessi legali. L'oggettiva incomprensibilità della motivazione la rende nulla, rendendo necessaria una nuova delibazione sul punto. 7. Il settimo mezzo integra un'ulteriore censura di nullità per difetto assoluto di motivazione circa l'affermata esclusione del superamento del cd. tasso soglia, che secondo la Corte d'appello emergerebbe inequivocabilmente dal conteggio riepilogativo a pag. 17 della relazione peritale v. pag. 11 sentenza , mentre a pag. 10 e 11 dell'elaborato peritale il c.t.u. avrebbe dato conto del superamento del tasso soglia in ben nove trimestri v. trascrizione in nota 13, pag. 23 s. del ricorso . 7.1. La censura merita accoglimento poiché la vaghezza della motivazione sul punto - centrale nella controversia - la rende meramente apparente, anche alla luce degli ulteriori rilievi di parte controricorrente, per cui il giudice d'appello avrebbe erroneamente affermato che l'accertamento dell'usurarietà dei tassi applicati dalla banca era stato ingiustificatamente omesso dal giudice di prime cure v. pag. 15 controricorso e, soprattutto, che nel conteggio riepilogativo di pag. 17 il c.t.u. avrebbe esposto diverse opzioni , rimesse alla valutazione del giudice, sicché l'esito cui la Corte territoriale rinvia con motivazione per relationem non appare affatto inequivocabile. Ricorre pertanto una evidente anomalia motivazionale riconducibile alla violazione di legge costituzionalmente rilevante, tuttora deducibile col ricorso per cassazione Cass. Sez. U, 8053/2014 . D'altro canto, la questione sarà influenzata anche dalle valutazioni che dovranno essere effettuate in sede di rinvio in esito all'accoglimento degli altri motivi di ricorso. 8. Dall'accoglimento del settimo motivo restano assorbiti i successivi ottavo e nono, in quanto afferenti la medesima questione della soglia usuraria degli interessi, sotto il profilo, rispettivamente, della violazione di legge artt. 1339 e 1815, co. 2, ce. - in relazione allo ius variandi della banca per il tasso degli interessi a debito del cliente, che esulerebbe dal tema della cd. usura sopravvenuta - e dell'omesso esame di fatto decisivo, con riguardo alle risultanze della c.t.u. aspetto già considerato nel settimo motivo . 9. Con il decimo motivo si censura la violazione degli artt. 1283, 1284 ce. e 117 t.u.b., per essere stata applicata la capitalizzazione trimestrale degli interessi dopo l'entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000, nonostante il relativo art. 7 la legittimasse solo a condizione di reciprocità tra banca e cliente e in presenza di un patto scritto nella specie mancante e sebbene la disposizione transitoria prevedesse l'adeguamento dei contratti stipulati prima della delibera come quello per cui è causa mediante patto scritto in caso di peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, peggioramento che erroneamente la Corte territoriale avrebbe inteso valutare non in astratto, ma in concreto. 9.1. Il motivo va accolto. 9.2. Come questa Corte ha avuto più volte occasione di precisare, il declassamento da uso normativo a uso negoziale della prassi bancaria in materia di anatocismo ha reso nulle, per contrasto con l'art. 1283 cod. civ., le clausole in forza delle quali gli interessi debitori venivano periodicamente capitalizzati, sicché, una volta dichiarata nulla la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati in un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000 data di entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000 , il giudice deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione Cass., Sez. 1, 24156/2017, 24153/2017, 17150/2016 . 9.3. Al riguardo, le disposizioni dettate con la sopra menzionata delibera trovano fondamento normativo nel D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25, commi 2 e 3, i quali hanno rispettivamente disposto aggiungendo nell'art. 120 t.u.b. i nuovi commi 2 e 3 i che il CICR stabilisse modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria , purché con la stessa periodicità del conteggio di interessi debitori e creditori nelle operazioni in conto corrente ii che le clausole anatocistiche contenute nei contratti stipulati anteriormente al 22 aprile 2000 dovessero essere conformate alle indicazioni del CICR, che con gli artt. 2 e 7 della delibera medesima ha imposto la descritta reciprocità e previsto la possibilità di adeguamento delle condizioni applicate entro il 30 giugno 2000, mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e comunicazione scritta alla clientela alla prima occasione utile comunque, entro il 31 dicembre 2000 , salva la necessità dell'approvazione specifica del correntista, con perfezionamento di un nuovo accordo, qualora le nuove condizioni contrattuali avessero comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate cfr. Cass. 6987/2019 . 9.4. Orbene, l'art. 7 della citata disposizione interministeriale è una norma transitoria correlata, per comunanza di fini, all'art. 25, comma 3, D.Lgs. 342/1999, che come detto ha introdotto nell'art. 120 t.u.b. il comma 3, sicché, essendosi di questo dichiarata l'illegittimità costituzionale Corte Cost. sentenza n. 425 del 2000 , la nullità dell'anatocismo praticato dalle banche - che l'art. 25, comma 3, cit. aveva tentato di comprimere - ha ripreso tutto il suo vigore, risultando perciò difficile negare che l'adeguamento alle disposizione della delibera CICR delle condizioni in materia figuranti nei contratti già in essere, comportando una regolazione ex novo dell'anatocismo, segnatamente laddove esso si riverberi in danno delle posizioni a debito, non determini un peggioramento delle condizioni contrattuali Cass. Sez. 1, 26769/2019 e 26779/2019 . 9.5. In effetti, la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all'assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rende evidente che vi sia stato un peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è causa, sicché, proprio in applicazione dell'art. 7, comma 3 della delibera CICR per cui nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela sarebbe stato necessario nella fattispecie in esame un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale. 10. Restano assorbite le censure veicolate con i motivi undicesimo e dodicesimo, in quanto afferenti le spese processuali. 11. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio in accoglimento dei motivi secondo, terzo, quarto, settimo e decimo stante l'inammissibilità del primo e l'assorbimento dei restanti , oltre che per la statuizione sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.