Nessun termine? Il recesso non è libero se la negoziazione della restituzione è meritevole di tutela

Nel contratto di comodato ove le parti abbiano vincolato l’efficacia del contratto al venire meno dell’uso del bene come pattuito o al venire meno degli scopi statutari del comodatario , l’assenza di una determinazione di durata non comporta automaticamente la qualificazione del contratto come precario con la possibilità per il comodante di recedere ad nutum, essendo richiesto al giudice del merito di verificare se l’assetto negoziale individuato dalle parti sia riconducibile ad un accordo negoziale di natura atipica, meritevole di tutela ex art. 1322 c.c., avente ad oggetto la regolazione del potere del comodante di chiedere la restituzione del bene, sottraendogli il potere discrezionale, con la conseguenza che il recesso potrà essere da questi esercitato solo al verificarsi dei presupposti pattuiti e, in caso di contestazione, dietro prova degli stessi.

Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 9796/19, depositata il 9 aprile, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti di causa. La sentenza in commento decide su un ricorso con cui viene impugnata la sentenza di appello che, per quanto qui rileva, qualificato come precario un contratto di comodato, non essendo rinvenibile un termine nemmeno dal richiamo all’uso cui il bene in comodato era stato destinato, ne ha accertato la cessazione dell’efficacia e condannato il comodatario al rilascio dell’immobile. Questi ricorre in Cassazione e con il primo motivo contesta la decisione per violazione degli artt. 1803 e 1809 c.c. spiega in primis che un termine è rinvenibile dall’uso cui il bene è stato destinato a contratto, le finalità culturali, con conseguente esclusione della libera recedibilità di cui all’art. 1810 c.c., e poi che, in ogni caso, pattuizioni contrattuali specificamente richiamate conferiscono alla convenzione elementi di atipicità tali da giustificare l’allontanamento dalla detta disciplina di cui all’art. 1810 c.c La distinzione codicistica comodato a termine e comodato liberamente recedibile. Il ricorso è accolto il primo motivo è ritenuto fondato ed assorbente di tutti gli altri . I giudici sposano la tesi del ricorrente, rifacendosi alla pregressa giurisprudenza di legittimità. Ed invero, spiegano come, secondo consolidata giurisprudenza, le norme prevedano due distinte figure di comodato il comodato a termine ed il contratto non a termine. Nel primo, il termine può anche non essere espresso, ma desumibile dall’uso cui il bene è destinato a contratto se il comodato è a termine, il comodatario è obbligato a restituire il bene quando il termine è scaduto o se ne è servito in conformità al contratto la restituzione dev’essere immediata solo in caso di urgente e imprevedibile bisogno del comodante ex artt. 1803 e 1809 c.c. . Nel secondo caso, previsto dall’art. 1810 c.c., il comodatario deve restituire il bene non appena gli venga richiesto. I Giudici rilevano che sulla base di tali distinzioni, parte della dottrina è stata indotta ad escludere che la durata sia un elemento essenziale del contratto di comodato, con il connesso potere di restituzione. Ma, osservano essi Giudici, tali conclusioni comportano il rischio di un pericoloso scivolamento verso la categoria degli atti atipici di liberalità, che per esigenze sistematiche è da evitare il pericolo dato dal combinarsi di due elementi, la gratuità tipica del comodato, con l’indeterminatezza della durata, è stato evitato osservando che nel modello tipico di contratto di comodato del nostro codice il termine è elemento essenziale. Una diversa conclusione contrasterebbe con il principio che prevede, normalmente, il libero recesso nei contratti senza previsione di termine, nonché con la gratuità tipica del comodato, perché la durata illimitata si tradurrebbe in un sacrificio illimitato per il comodante in tal senso aveva già statuito Cass. n. 4790/1989, richiamata in sentenza . Il termine, spiegano, può anche essere lunghissimo, come spesso accade nei comodati riguardanti beni destinati ad abitazioni familiari così è stato statuito, tra le altre, dalle sentenze di legittimità nn. 2103/12, 13592/11, 3072/06 richiamate in sentenza e può anche desumersi dall’uso cui la cosa è destinata, ma la sua incertezza dev’essere limitata al quando, non può riguardare l’ an un termine incerto nell’ an sarebbe una contraddizione in radice, peraltro la certezza del verificarsi è ciò che distingue il termine dalla condizione così si è espressa Cass. n. 2750/1994, citata nel provvedimento . Ne consegue, si afferma, che non sia ammissibile un comodato senza termine qualora poi l’uso cui la cosa è destinata non consenta di individuare una durata predeterminata, allora il comodato va qualificato a tempo indeterminato, dunque precario, ed il comodante può, in applicazione dell’art. 1810 c.c., recedere ad nutum principio affermato da SS.UU. n. 3168/2011, menzionata in sentenza . Il principio della libera recedibilità cede di fronte alla libera volontà delle parti. Ma, c’è un ma. Oltre al comodato a termine e quello non a termine si è ravvisata un’altra figura, quella del comodato atipico un contratto privo di termine, ma per il quale non è ammesso il recesso ad nutum in quanto gli interessi perseguiti siano meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, quale esplicazione dell’autonomia negoziale riconosciuta dall’art. 1322 c.c L’idea si è affacciata” nella sentenza n. 6678/08 e di recente riaffermata da Cass. n. 8571/18 . In quella sentenza si affermò il principio di diritto secondo cui quando in un contratto di comodato immobiliare le parti prevedono che la restituzione dell'immobile da parte del comodante debba avvenire nel caso che il comodante ne abbia necessità, il contratto si connota come una figura atipica, che non è riconducibile nè al modello legale del comodato a termine, nè a quello del comodato senza limitazione di durata, quali espressi rispettivamente nelle norme dell'artt. 1809 e 1810 c.c In tal caso il comodato è, invece, da intendere convenuto senza determinazione di tempo salvo quello che ex lege può discendere dall'applicazione dell'art. 1811, e salvo che un termine non risulti altrimenti in relazione all'uso pattuito , ma, ai sensi dell'art. 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile - nel senso indicato nella relazione e nella motivazione della presente - che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata . Detto contratto, spiegarono i Giudici, va inteso come privo della indicazione della durata salva applicazione dell’art. 1811 c.c. o di un termine rinvenibile dall’uso pattuito - essendo l’evento che può giustificare la richiesta di restituzione incerto nell’an -, ma, al contempo, non liberamente recedibile ex art. 1810 c.c., per via di una determinazione esercitata liberamente dalle parti ai sensi dell’art. 1322 c.c. è richiesta infatti una situazione di necessità che va dichiarata e, nel caso, provata dal comodante. In tale approccio ricostruttivo, rilevano i giudici nella sentenza in commento e già lo hanno fatto nella sentenza n. 8571/18, qui citata , l’attenzione non si focalizza sulla derogabilità del termine limite non superabile per i motivi suesposti , dunque non sul profilo temporale del rapporto, ma nel rendere negoziabile il potere di restituzione , sottraendolo alla discrezionalità del comodante e prevedendo che sia esercitabile solo alle condizioni previste dalle parti una modulabilità , per via della valorizzazione della volontà delle parti del potere di restituzione della cosa che il comodante di regola esercita liberamente . Il recesso libero solo se cessate le finalità culturali è autonomia contrattuale meritevole di tutela? Applicando dette conclusioni al caso di specie, e dunque una volta ricondotto lo stesso alla fattispecie atipica suindicata, avendo le parti espressamente legato l’efficacia del rapporto contrattuale all’espletamento delle finalità culturali per cui il comodato era stato stipulato, conclude la Corte che i giudici dell’ appello hanno errato nel non valutare se detta pattuizione che vincolava la recedibilità ad nutum al venire meno dell’espletamento delle finalità culturali o dello scopo statutario , fosse meritevole di tutela ex art. 1322 c.c., dunque richiedesse la verifica della prova dei detti presupposti. Pertanto, la sentenza è cassata con rinvio alla corte territoriale in diversa composizione, la quale dovrà uniformarsi al principio sancito dalla Corte e sinteticamente riportato in massima.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 novembre 2018 – 9 aprile 2019, n. 9796 Presidente Armano – Relatore Dell’Utri Fatti di causa 1. Con sentenza resa in data 6/2/2015, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Provincia Religiosa Salernitano-Lucana dell’Immacolata Concezione dei Frati Minori, ha accertato l’intervenuta cessazione di efficacia del contratto di comodato stipulato dalla Provincia Religiosa con la Fondazione Centro Studi Giovanbattista Vico ONLUS in relazione a taluni locali di proprietà della Provincia siti nel complesso-convento omissis , con la conseguente condanna della Fondazione convenuta al rilascio del complesso immobiliare concesso in godimento. 2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, attraverso il contratto dedotto in giudizio, le parti avessero dato vita a un rapporto di comodato precario, attesa la mancata apposizione di un termine di durata del rapporto negoziale, nella specie neppure rinvenibile, per implicito, dal richiamo operato dalle parti all’uso cui l’immobile concesso in comodato era stato destinato. 3. Sotto altro profilo, il giudice a quo ha rilevato come la Fondazione appellante non avesse neppure fornito la prova del ricorso dei presupposti per il conseguimento del rimborso delle spese sostenute per la ristrutturazione e la manutenzione dell’immobile ricevuto in godimento, là dove gli oneri dalla stessa assunti per la realizzazione dei lavori eseguiti sul bene in nessun modo avrebbero potuto dirsi espressione di un’eventuale forma di corrispettività per il ridetto godimento, sì da derivarne la totale infondatezza della pretesa della Fondazione di qualificare il rapporto contrattuale in esame alla stregua di un contratto di locazione. 4. Avverso la sentenza d’appello, la Fondazione Centro Studi Giambattista Vico ONLUS propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione. 5. La provincia Religiosa Salernitano-Lucana dell’Immacolata Concezione dei Frati Minori resiste con controricorso. 6. Riservato in decisione per l’adunanza in camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 12594 del 22/5/2018 il ricorso è stato rimesso dinanzi all’odierno Collegio per la trattazione in pubblica udienza. 7. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, la Fondazione ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1803 e 1809 c.comma in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 , per avere la corte territoriale erroneamente affermato che le parti, attraverso il contratto dalle stesse concluso, avessero inteso instaurare un rapporto di comodato precario, atteso che il termine di durata del rapporto doveva ritenersi agevolmente desumibile dal riferimento operato con la clausola dell’art. 5 alle finalità culturali stabilite per l’uso dell’immobile concesso in godimento uso di per sé sufficiente a rendere determinabile il tempo della ridetta concessione, così come confermato dalle restanti pattuizioni specificamente richiamate in ricorso, in ogni caso inclini a dotare la convenzione in esame di elementi di atipicità tali da giustificare l’allontanamento della relativa disciplina dalla puntuale applicazione delle norme dettate dall’art. 1810 c.comma in materia di comodato senza determinazione di termine. 2. Con il secondo motivo, la ricorrente, in via subordinata al mancato accoglimento del primo motivo, censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1571 e ss. e della L. n. 392 del 1978 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 , per avere la corte territoriale ravvisato il carattere gratuito della convenzione stipulata tra le parti, laddove gli oneri di carattere economico contrattualmente assunti dalla Fondazione dovevano ritenersi vincolati da un legame di corrispettività con la concessione in godimento dell’immobile, con la conseguente qualificazione in termini di onerosità della causa del contratto. 3. Con il terzo motivo, la ricorrente, in via subordinata all’accoglimento dei primi due motivi, censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1808 c.comma e dell’art. 346 c.p.comma in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 , per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che le spese sostenute dalla Fondazione per la manutenzione e la conservazione dell’immobile fossero imputabili a una mera necessità della stessa al fine di servirsi della cosa concessa in godimento, e non fossero già spese straordinarie necessarie e urgenti per la relativa conservazione, il cui rimborso era stato contrattualmente rinunciato dalla Fondazione in relazione ai soli casi di cessazione definitiva dell’impiego dell’immobile concesso in godimento per le finalità convenute, o di inadempimento della fondazione, con il conseguente diritto di quest’ultima a ottenere il pagamento della somma rivendicata, non essendosi verificato nella specie nessuna delle due evenienze descritte, tenuto altresì conto dell’erroneità della negata ammissione delle prove rivendicate dalla fondazione, dovendo ritenersi validamente avanzata la ridetta ammissione nel corso del giudizio. 4. Con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 , per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla questione concernente la mancata ammissione delle prove richieste, siccome non reiterata in sede di discussione la corrispondente istanza, nonostante la parte avesse espressamente dedotto la richiesta di ammissione delle prove con uno specifico motivo di appello. 5. Il primo motivo è fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza delle restanti censure. 6. Osserva preliminarmente il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la disciplina positiva del comodato può ritenersi articolata sulla falsariga del codice civile del 42 secondo il duplice modello 1 del comodato con prefissione di termine per il quale l’art. 1803 c.c., sulla scia del prestito ad uso riconosciuto dall’art. 1805 c.comma 1865, stabilisce che la consegna della cosa essenzialmente gratuita avvenga per un tempo o per un uso determinato, di modo che il comodatario sia obbligato alla sua restituzione alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza, quando se ne è servito in conformità del contratto, e ciò, sempreché, non sopravvenga un urgente ed impreveduto bisogno del comodante che, in tal caso, può esigerne la restituzione immediata ex art. 1809 , e 2 del comodato senza determinazione di durata, estraneo anche in considerazione dell’autonomia accordata alla figura del c.d. precario alla disciplina del codice civile del 1865, ed ora invece regolato dall’art. 1810 c.comma in base al principio che se non è stato convenuto un termine, nè questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede. 7. Da questo assetto normativo si è tratta - segnatamente in dottrina - la convinzione che, mentre costituiscono elementi essenziali del comodato la realità, la unilateralità e la gratuità nel senso che il convergente e contestuale concorso di essi ne definisce l’identità quale autonomo tipo contrattuale , tale non sarebbe, viceversa, la predeterminazione della durata con il connesso potere di restituzione, giacché, per effetto di quanto previsto dall’art. 1810 c.c., il legislatore si è dato cura di ricomprendere nello schema del comodato tipico anche la fattispecie caratterizzata dalla mancata determinazione di una durata. 8. Nondimeno, l’esigenza avvertita sul terreno sistematico di evitare pericolosi sconfinamenti del tipo in direzione degli atti atipici di liberalità, cui fatalmente lo condurrebbe la naturale gratuità del rapporto, in uno con la sua indeterminata protrazione nel tempo, ha suggerito l’osservazione che l’apposizione di un termine espresso o tacito, in vista del quale l’obbligo di restituzione possa trovare modo di essere adempiuto, costituisce un requisito imprescindibile del modello negoziale messo a punto dal codice civile, posto che, diversamente, un godimento che si prolunga nel tempo senza l’indicazione di un termine finale si porrebbe, da un lato, in contrasto con i principi generali in tema di contratti di durata senza prefissione di un termine di scadenza, per i quali è normalmente previsto il recesso ad nutum, e, dall’altro, con il carattere di gratuità del negozio che mal si concilia con un sacrificio illimitato del comodante cfr. Cass., Sez. III, 13/11/1989, n. 4790 . 9. E questo termine, che non necessariamente deve sostanziarsi in un’indicazione temporale puntuale e che bene può essere desunto dall’uso cui la cosa è destinata, non opponendosi in questa guisa neppure alla concessione di un godimento longissimi temporis - come avviene nel caso assai frequente della destinazione di un bene immobile ad abitazione del nucleo familiare Cass., Sez. III, 14/02/2012, n. 2103 Cass., Sez. III, 21/06/2011, n. 13592 Cass., Sez. II, 13/02/2006, n. 3072 - occorre tuttavia che sia correlato ad un evento certo nel suo futuro verificarsi, un evento che, per quanto possa essere incertus quando - ed appunto la casistica giurisprudenziale testè richiamata ne è la riprova -, non può essere in ogni caso incertus an. 10. Ed invero - come già affermato da questa Corte - l’obbligo di restituzione non può prescindere dalla fissazione di un termine, che, in quanto tale, deve per definizione essere certo nel suo futuro verificarsi la fissazione di un termine incertus an è contraddittoria in radice, essendo la certezza dell’accadimento requisito caratterizzante del termine, rispetto alla condizione v. Cass., Sez. I, 22/03/1994, n. 2750 . 11. La naturale conclusione di questo discorso è che non sia ammissibile un comodato senza termine, tanto che, sebbene il termine finale possa essere determinato in funzione dell’uso cui la cosa è destinata, la circostanza che l’uso non abbia in sé una durata predeterminata nel tempo qualifica il rapporto come a tempo indeterminato, sicché il comodato deve intendersi a titolo precario e deve ritenersi che il comodante possa recedere da esso ad nutum a mente dell’art. 1810 c.comma Cass., Sez. U, 9/02/2011, n. 3168 . 12. E tuttavia come già acutamente osservato dalla recente Cass., n. 8571/2018 , rispetto all’’ineluttabilità di questa conclusione, nella giurisprudenza di questa Corte si è affacciata l’idea v. Cass., Sez. III, 12/03/2008, n. 6678 che, accanto ai due modelli tipici di comodato, sia configurabile una sua declinazione d’indole atipica, attraverso la quale il prestito d’uso può atteggiarsi e può rendersi, in grazia degli interessi perseguiti, meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, in quanto esplicazione dell’autonomia negoziale che esso riconosce ai privati a mente dell’art. 1322 c.c 13. Si è così osservato come si connoti come figura atipica, siccome non riconducibile nè al modello legale del comodato a termine art. 1809 c.c. , nè a quello del comodato senza limitazione di tempo art. 1810 c.c. , il contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel caso che il comodante ne abbia necessità . In tale ultima ipotesi, infatti, il comodato è da intendere convenuto senza determinazione di tempo salvo quello che ex lege può discendere dall’applicazione dell’art. 1811 c.comma e che un termine derivi in relazione all’uso pattuito , e tuttavia, ai sensi dell’art. 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione e dunque il recesso ad nutum possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell’immobile - nel senso di un bisogno di riavere la cosa per goderne in uno dei modi consentiti dal proprio titolo - che sia incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata. 14. Ed invero come meglio chiarisce la motivazione di Cass., Sez. III, 12/03/2008, n. 6678, cit., chiamata a pronunciarsi in merito alla qualificazione di un rapporto di comodato in cui era stato convenuto che la restituzione sarebbe avvenuta a richiesta del comodante nel caso che ne abbia necessità , in presenza di una clausola come quella da ultimo menzionata, il comodato non è a termine, per la ragione che la verificazione della necessità che il comodante può addurre come motivo di rilascio è evento incertus an. 15. Detto comodato, dunque, deve ritenersi senza determinazione di tempo ad eccezione di quello che ex lege può discendere dall’applicazione dell’art. 1811 c.c., o che un termine non risulti altrimenti in relazione all’uso pattuito , con la decisiva peculiarità che le parti hanno convenuto, ai sensi dell’art. 1322 c.c., che il potere di richiedere la restituzione può esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione del immobile che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e dimostrata, in caso di contestazione. 16. Come già osservato da questa Corte v. Cass., n. 8571/2018, cit. , quello indicato nella vicenda affrontata da Cass. 6678/2008 per sottrarre la pattuizione al suo esame all’altrimenti ineludibile rigidità della contrapposizione tra comodato a termine e comodato senza predeterminazione di durata, e alla conclusione, in qualche modo obbligata, della risolubilità ad nutum del rapporto, per il fatto che nessun termine di durata era stato nella specie convenuto rappresenta un approccio ricostruttivo che, di fronte alla specie del comodato senza prefissione di termine, pone al centro del proprio incedere, non già la derogabilità del termine giacché in questa direzione la dicotomia di cui sopra, più volte rimarcata dall’orientamento di impronta tradizionale, costituisce un ostacolo non superabile ma la sua modulabilità in funzione di una valorizzazione della volontà delle parti del potere di restituzione della cosa che il comodante di regola esercita liberamente. 17. La specialità di tale figura atipica di comodato non sta dunque nell’apprestare un particolare statuto giuridico che agisca sul profilo temporale del rapporto, ma nel rendere negoziabile il potere di restituzione, sottraendolo alla regola dell’esercizio discrezionale e facendo sì che il comodante possa farne uso solo al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti. 18. Il principio della libera recedibilità in tronco del rapporto, che costituisce uno dei naturalia negotii del comodato senza termine, cede di fronte alla diversa volontà negoziale delle parti che intendono regolare lo scioglimento di esso per iniziativa del comodante secondo uno schema che salvaguarda l’assetto degli interessi da esse impresso al negozio all’atto della sua costituzione. 19. E proprio tale modello schematico rende esattamente il comodato atipico, poiché il prestito d’uso che vi è convenuto, non essendone commisurata la durata ad un termine prefissato neppure in maniera implicita , e non potendo perciò integrare la figura del comodato disciplinata dall’art. 1809 c.c., rifluisce naturalmente nell’alveo del comodato a cui si applica l’art. 1810 c.c., ma da esso si dissocia, in ciò manifestando la sua atipicità, poiché il potere di restituzione non è liberamente esercitabile dal comodante. 20. Ciò premesso - una volta ricondotta la fattispecie contrattuale oggetto dell’odierno giudizio a tale schema atipico, avendo la Fondazione ricorrente e la Provincia religiosa avversaria espressamente vincolato l’efficacia del rapporto contrattuale in esame e dunque il potere di recesso ad nutum della Provincia comodante al persistente espletamento delle attività culturali per le quali gli immobili erano stati concessi in prestito alla Fondazione come, peraltro, testualmente riconosciuto dalla corte territoriale, cfr. pag. 5 della sentenza impugnata - la quaestio iuris che il giudice a quo avrebbe dovuto affrontare consisteva nel verificare se quella pattuizione che vincolava la risolubilità ad nutum del rapporto al venir meno dell’effettivo espletamento delle attività culturali della Fondazione, come prevede l’art. 5 del contratto, o al venir meno dello scopo statutario della stessa, come indicato nell’art. 10 potesse ritenersi, in quanto esplicazione dell’autonomia negoziale dei privati riconosciuta dall’art. 1322 c.c., meritevole di tutela consentendo, com’è noto, detta norma, al comma 2, che le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico v., sul punto, in termini, Cass., n. 8571/2018, cit. , ed altresì nel verificare, in caso di contestazione dei presupposti per l’esercizio del potere di recesso, l’effettiva dimostrazione, da parte del comodante, del relativo ricorso. 21. Non avendo il giudice a quo provveduto all’esecuzione di tali specifiche indagini - essendosi, viceversa, erroneamente limitato alla riconduzione del rapporto de quo, sic et simpliciter, allo schema del c.d. precario una volta esclusane la natura di comodato con determinazione di durata, e del tutto trascurando la volontà espressamente manifestata dalle parti in ordine al dedotto vincolo del potere di recesso ad nutum della Provincia comodante al persistente espletamento delle attività culturali per le quali gli immobili erano stati concessi in prestito alla Fondazione -, in accoglimento del primo motivo del ricorso ed assorbiti i restanti , dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, cui è rimesso di provvedere, sulla base degli elementi di fatto acquisiti al processo, all’esecuzione delle indagini indicate e all’adozione delle conseguenti statuizioni , in applicazione del seguente principio di diritto In tema di comodato, nel caso in cui le parti abbiano vincolato l’efficacia del rapporto al venir meno dell’utilizzazione del bene concesso in godimento secondo gli accordi convenuti ovvero al venir meno degli scopi statutari dell’ente comodatario , la circostanza che i termini dell’accordo non consentano di individuarne un’ipotesi di comodato con determinazione di durata, ai sensi dell’art. 1809 c.c., non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di un contratto di comodato senza determinazione di durata con potere di recesso ad nutum del comodante, ai sensi dell’art. 1810 c.c., spettando al giudice di merito il compito di verificare se l’assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile a un accordo negoziale di natura atipica, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., avente a oggetto la regolazione del potere del comodante di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, attraverso la sua sottrazione alla regola dell’esercizio discrezionale ad nutum , in modo che lo stesso comodante sia autorizzato ad esercitarlo unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti ricorso, la cui dimostrazione incombe, in caso di contestazione, sul comodante. 22. Al giudice del rinvio è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il primo motivo e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al principio di diritto di cui in motivazione, oltre a provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.