Le diverse nullità del contratto di locazione stipulato non in forma scritta

Il contratto di locazione ad uso abitativo, stipulato non in forma scritta, secondo l’art. 1 l. n. 431/1998, deve considerarsi affetto da nullità assoluta, rilevabile sia su impulso di parte che d’ufficio, dal giudice, con l’unica eccezione dell’ipotesi in cui la forma verbale sia stata in qualche modo imposta dal locatore, in sede di stipula. In questo caso, non si ha nullità assoluta, ma piuttosto nullità relativa di protezione, denunciabile dal solo conduttore, cui spetta la scelta fra la riconduzione del contratto alle condizioni conformi a quanto previsto dagli accordi di categoria e la restituzione di quanto pagato in eccesso, rispetto alle somme effettivamente dovute, in forza dei suddetti accordi.

Nel caso in cui l’adozione della forma verbale sia stata liberamente concordata dalle parti, invece, il locatore può chiedere il rilascio dell’immobile, occupato senza alcun titolo, mentre il conduttore può solo chiedere la restituzione parziale delle somme eccedenti, rispetto al canone concordato. Questo è il principio affermato dalla Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, con l’ordinanza n. 5794/19, depositata il 28 febbraio. Il fatto. La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato dalla conduttrice di un immobile, che affermava di aver corrisposto, nel periodo fra marzo 2011 e agosto 2012, canoni di locazione eccedenti, rispetto all’originaria pattuizione verbale, sulla scorta di due successivi contratti di locazione, entrambi registrati il primo stipulato da sua figlia ed il secondo recante la firma della stessa ricorrente, benché successivamente disconosciuta. Ella sosteneva che i canoni pattuiti, con precedente accordo verbale, fossero inferiori a quelli indicati in entrambi i contratti e per tali ragioni, chiedeva la restituzione delle somme indebitamente pagate. La domanda, tuttavia, veniva rigettata sia in primo grado che in appello, ove veniva ritenuto che non vi fosse stato un esborso superiore al dovuto e conseguentemente non vi poteva essere alcuna ripetizione d’indebito. Avverso detta pronuncia, la conduttrice aveva proposto ricorso in Cassazione. La nullità del contratto di locazione verbale e le sue eccezioni. La Suprema Corte, intervenendo sul punto, si è pronunciata, innanzitutto, sulla questione inerente la nullità del contratto di locazione, per difetto di forma. Il principio richiamato dalla Corte di Cassazione è quello già affermato, con una precedente pronuncia delle Sezioni Unite sentenza n. 18214/05 , nella quale si afferma che il contratto di locazione ad uso abitativo, stipulato non in forma scritta, debba considerarsi affetto da nullità assoluta, secondo la previsione dell’art. 1 l. n. 431/1998 e che essa sia rilevabile sia su impulso di parte che d’ufficio, dal giudice, con l’unica eccezione dell’ipotesi in cui la forma verbale sia stata i qualche modo imposta dal locatore, in sede di stipula. In questo caso, non si ha una nullità assoluta, ma piuttosto una nullità relativa di protezione, denunciabile dal solo conduttore. La diversa natura della nullità ed i rimedi offerti. La Corte di Cassazione, pertanto, distingue fra due ipotesi quella in cui l’adozione della forma verbale sia stata liberamente concordata dalle parti, nel qual caso, inevitabilmente, il contratto è da ritenersi nullo e quella in cui la scelta di instaurare un rapporto di fatto e quindi abusivo, sia riconducibile alla volontà del solo locatore, che l’ha perseguita con la coercizione o l’inganno del conduttore. Secondo la Suprema Corte, in quest’ultimo caso il conduttore potrà scegliere fra la riconduzione del contratto alle condizioni conformi a quanto previsto dagli accordi di categoria e la restituzione di quanto pagato in eccesso, rispetto alle somme effettivamente dovute, in forza dei suddetti accordi. Nel caso in cui la forma verbale sia stata adottata di comune accordo, invece, troveranno applicazione i principi generali in tema di nullità. Il locatore potrà agire in giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile, occupato senza alcun titolo, mentre il conduttore potrà solo chiedere la restituzione parziale delle somme eccedenti, rispetto al canone concordato. Il ruolo del giudice nell’accertamento della volontà delle parti. Il compito del giudice, quindi, dev’essere quello di accertare, anche d’ufficio, che sia stato effettivamente stipulato un contratto in forma verbale, in violazione dell’art. 1 l. n. 431/1998 e che detta scelta non sia stata adottata liberamente da entrambi i contraenti, ma sia stata, piuttosto, in un certo qual modo imposta dal locatore al conduttore ed infine determinare il canone effettivamente dovuto, sulla scorta dei vigenti accordi di categoria. Nel caso di specie, quindi, la Suprema Corte ha ritenuto che i giudici di merito avrebbero dovuto accertare l’esistenza, fra le parti, di un accordo di locazione verbale, che era stato ingannevolmente imposto dal locatore, che, successivamente, aveva falsificato la firma della conduttrice, apponendola su un contratto scritto, per poi registrarlo. Conseguentemente avevano anche errato nel rigettare la domanda di ripetizione delle somme indebitamente pagate, avanzata dalla stessa.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 marzo 2018 – 28 febbraio 2019, n. 5794 Presidente Scarano – Relatore Moscarini Fatti di causa S.A. , conduttrice di un immobile in Comune di Camaiore, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Lucca C.F. , locatore, rappresentando di aver corrisposto al locatore somme indebite dal marzo 2011 all’agosto 2012, al canone di Euro 900 quando, da marzo 2012, in base ad un contratto registrato di cui però disconosceva la sottoscrizione aveva pagato Euro 400 mensili. Assumendo che tra le parti era stato pattuito un canone inferiore anche ad Euro 400 mensili, e pari al triplo della rendita catastale, chiese la restituzione delle somme indebitamente pagate. Il Tribunale rigettò la domanda. La Corte d’Appello di Firenze, per quanto rileva in questa sede, ha rigettato l’appello, previa ricostruzione del quadro dei rapporti intercorsi tra le parti con riguardo al periodo marzo 2011-marzo 2012, ha ravvisato l’esistenza di un primo contratto di locazione stipulato e registrato nel 2007 tra il locatore e la figlia della S. , con la quale essa conviveva nonché di un secondo contratto, stipulato tra il locatore e la ricorrente, registrato in data 5/3/2012, prevedente un canone di Euro 400 mensili. La Corte d’Appello ha ritenuto che la domanda della S. di riconoscimento di un canone inferiore ad Euro 400 mensili, e pari al triplo della rendita catastale, non fosse fondata né provata che non vi fosse stato alcun esborso superiore al dovuto, ed ha conseguentemente rigettato l’appello, confermando il diniego di ripetizione dell’indebito. La Corte d’Appello ha ritenuto che il contratto di locazione intercorso tra le parti non possa essere ascritto alla categoria dei contratti non registrati entro il termine stabilito dalla legge , essendovi prova che il contratto, concluso nel marzo 2012, fu subito dopo registrato, di guisa da imporre tra le parti il canone di Euro 400 mensili. Avverso la sentenza di rigetto dell’appello, S.A. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Nessuno resiste al ricorso. Il P.G. conclude per il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione Con unico motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, e dell’art. 1, comma 59, della legge finanziaria 2016 e delle norme da questo richiamate D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 3, comma 8, e L. 80/149, art. 1, comma 1 . Assume che la Corte d’Appello, pur avendo riconosciuto l’esistenza di un contratto verbale, non ne ha tratto la conseguenza della nullità per violazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, di cui ha erroneamente negato l’applicazione, laddove avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto ed affermare che nulla era dovuto al locatore. Il motivo è per quanto di ragione fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Atteso che la questione è, in questa sede, limitata - per quanto ancora di interesse - alla nullità del secondo contratto di locazione dal marzo 2012 per difetto di forma la questione in ordine alla tardività della registrazione non fa più parte della controversia , va osservato che la Corte di merito ha erroneamente interpretato ed applicato la sentenza delle S.U. n. 18214 del 2015, ove si è affermato chef il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta L. n. 431 del 1998, ex art. 1, comma 4, è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all’evasione fiscale, con la sola eccezione dell’ipotesi prevista dal successivo art. 13, comma 5, in cui la forma verbale sia stata abusivamente imposta dal locatore, nel qual caso il contratto è affetto da nullità relativa di protezione, denunciabile dal solo conduttore. Nella richiamata pronuncia le S.U. hanno distinto tra 1 l’ipotesi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di fatto abusivamente imposto, mediante coazione idonea ad influenzare il processo di formazione della volontà del conduttore, condizionando alla forma verbale l’instaurazione del rapporto di locazione in violazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4 2 contratto la cui forma verbale sia stata liberamente concordata tra le parti. Solo nel primo caso il conduttore può chiedere a la riconduzione del contratto a condizioni conformi art. 2, comma 3 , e cioè a quanto previsto in relazione ad accordi definiti ai sensi dell’art. 2, comma 3 dalle associazioni locali della proprietà e degli inquilini, ovvero ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3 b la restituzione dell’eccedenza pagata rispetto al dovuto in base a quanto previsto dai suindicati accordi. Ergo, il giudice deve anche d’ufficio 1 accertare l’esistenza del contratto stipulato verbalmente in violazione dell’art. 1, comma 4 2 accertare che la forma verbale sia stata imposta dal locatore al conduttore 3 determinare il canone dovuto ex tunc alla stregua dei suindicati accordi di categoria. Per l’ipotesi di contratto a forma verbale liberamente concordata tra locatore e conduttore le S.U. hanno affermato che 1 trovano applicazione i principi generali in tema di nullità, anziché la disciplina speciale dedotta dalla L. n. 431 del 1998 2 il locatore può agire in giudizio per il rilascio dell’immobile occupato senza alcun titolo 3 il conduttore può ottenere la parziale restituzione delle somme versate a titolo di canone in misura eccedente quella del canone concordato. Orbene, nell’impugnata sentenza la Corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi. In particolare là dove 1 ha dato atto che il secondo contratto marzo 2012 è stato registrato con firma apocrifa della conduttrice che ha disconosciuto la firma 2 ha accertato la sussistenza del rapporto di locazione di fatto 3 ha erroneamente escluso che il contratto verbale sia stato abusivamente imposto dal locatore, il quale ha falsamente sottoscritto il contratto di locazione e l’ha registrato, sulla base del contraddittorio ed illogico rilievo dell’essere stato proprio il locatore, e non già il conduttore, a chiedere la registrazione e che solo in questa seconda ipotesi si sarebbe potuto parlare di contratto imposto . Orbene tale circostanza semmai conferma e non smentisce la volontà e la condotta dolosa del locatore che ha formato il contratto falso, l’ha firmato apocrifamente e l’ha registrato. La Corte d’Appello ha, quindi, erroneamente applicato la disciplina del contratto verbale di locazione concordato dalle parti ipotesi B della richiamata sentenza delle S.U. , ed ha erroneamente escluso la ripetizione di quanto pagato in più dal conduttore, facendo riferimento a quanto concordato tra le parti anziché al canone concordato dalle associazioni di categoria. Il ricorso va pertanto accolto per quanto di ragione e la sentenza va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione del disatteso principio in ordine alla disciplina del contratto in forma verbale abusivamente imposta dal locatore al conduttore ipotesi A della suindicata sentenza delle S.U. . Il giudice del rinvio provvederà in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.