Il locatore deve motivare adeguatamente la disdetta della locazione commerciale

Ai sensi dell’art. 31 l. n. 392/1978, il locatore che intenda disdire alla prima scadenza il contratto di locazione ad uso non abitativo deve fornire adeguata motivazione in ordine alle eccezionali ragioni che giustifichino il sacrificio della stabilità dell’attività commerciale esercitata dal conduttore.

Così l’ordinanza della Cassazione n. 4714/19, depositata il 19 febbraio. Il fatto. Il conduttore conveniva in giudizio il locatore affermando che, stando il mancato rinnovo del contratto di locazione di un immobile ad uso panetteria, aveva diritto all’indennità di avviamento commerciale ai sensi dell’art. 34 l. n. 392/1978 ed al risarcimento dei danni per non aver la controparte adibito l’immobile a propria abitazione entro 6 medi dal rilascio. La domanda veniva accolta dal Tribunale, ma la sentenza veniva confermata solo in parte in appello, dove veniva escluso il risarcimento del danno. Il conduttore ricorre dunque in Cassazione. Disdetta. L’art. 31 l. n. 392/1978 prevede che la disdetta data dal locatore alla prima scadenza del contratto di locazione ad uso non abitativo deve essere sorretta da adeguata motivazione in ordine alle eccezionali ragioni che giustifichino il sacrificio della stabilità dell’attività commerciale esercitata dal conduttore. In altri termini, e per utilizzare le parole della Corte, solo la ricorrenza di esigenze abitative proprie o dei familiari giustifica la cessazione della locazione alla prima scadenza, con un meccanismo normativo che, al fine di disincentivare l’abuso di disdetta alla prima scadenza, prevede la sanzione del ripristino del contratto o del risarcimento del danno . Ne consegue che la motivazione della disdetta non può essere generica ma deve indicare la particolare destinazione che il locatore intenda dare all’immobile. In conclusione, l’art. 31 l. n. 392/1978 integra una responsabilità da inadempimento contrattuale, inquadrabile nella disciplina generale degli artt. 1176 e 1218 c.c. [] sicchè la responsabilità del locatore deve essere valutata anche in relazione all’elemento soggettivo dell’imputabilità del ritardo al locatore medesimo , secondo i generali principi in tema di onere della prova della responsabilità da inadempimento contrattuale. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 marzo 2018 – 19 febbraio 2018, n. 4714 Presidente Scarano – Relatore Moscarini Fatti di causa G.L. , conduttore, con ricorso del 22/11/2012 convenne davanti al Tribunale di Termini Imerese P.C. , locatore, chiedendo accertarsi che, stante il mancato rinnovo del contratto di locazione di un immobile ad uso di un’attività di panetteria, egli aveva diritto all’indennità di avviamento commerciale ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 34, ed al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 31 stessa legge, per non avere il locatore adibito l’immobile, nel termine di 6 mesi dal rilascio avvenuto in data 22/12/2011 con apposito verbale di consegna , a propria abitazione. Istituitosi il contraddittorio, il Tribunale adito, con sentenza del 3/5/2013, dichiarò che il G. aveva diritto, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 34 all’indennità di avviamento commerciale nella misura di Euro 10.962,00 ed al risarcimento del danno per l’importo di Euro 29.232,00, e condannò il locatore a versare le suddette somme con interessi e rivalutazione. Il P. propose appello e la Corte d’Appello di Palermo, per quanto ancora rileva in questa sede, con sentenza del 2015, riformò in parte la sentenza di primo grado, confermando solo la statuizione sull’indennità di avviamento commerciale ma rigettando la domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 34 in base ai seguenti rilievi 1 pur essendo scontato ed anzi pacifico tra le parti che il P. non ha destinato l’immobile a propria abitazione secondo le previsioni della L. n. 392 del 1978, art. 34, lo stesso non deve essere tenuto responsabile non essendo passibile di un giudizio di responsabilità oggettiva o di una presunzione di colpa 2 pur dando atto che il P. ha richiesto l’autorizzazione per il cambio di destinazione d’uso in data 15 maggio 2012 e dunque dopo quasi 5 mesi dal rilascio dell’immobile , il Comune ha rilasciato l’autorizzazione solo in data 16 dicembre 2012 sicché il ritardo nell’adibire l’immobile ad abitazione propria era da imputare all’Amministrazione 3 solo dopo il rilascio del provvedimento il P. ha potuto attuare il suo proposito di abitare l’immobile. Avverso la sentenza il G. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste il P. con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 31, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta che, dopo aver ritenuto pacifico tra le parti ed essere emerso anche dall’interrogatorio formale di controparte che, dopo la disdetta, il P. non aveva adibito l’immobile all’uso per il quale ne aveva ottenuto il rilascio, erroneamente la Corte di merito non ha assegnato decisivo rilievo alla circostanza che il medesimo, solo 5 mesi dopo il rilascio, ha inoltrato la domanda di variazione della destinazione d’uso dell’immobile, lasciando pertanto inutilmente trascorrere tale lungo lasso di tempo. 1.1 Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, la L. n. 392 del 1978, art. 31, prevede che la disdetta data dal locatore alla prima scadenza di un contratto di locazione ad uso non abitativo deve essere adeguatamente motivata con riguardo alle ragioni eccezionali, giustificanti il sacrificio della stabilità dell’attività commerciale esercitata nell’immobile dal conduttore. In altri termini, solo la ricorrenza di esigenze abitative proprie o dei familiari giustifica la cessazione della locazione alla prima scadenza, con un meccanismo normativo che, al fine di disincentivare l’abuso di disdetta alla prima scadenza, prevede la sanzione del ripristino del contratto o del risarcimento del danno. Tale essendo la ratio legis della normativa indicata, appare evidente che la motivazione, posta a base della disdetta, non può essere generica ma deve indicare quale particolare attività il locatore intenda svolgere, sia perché - in mancanza - il conduttore non è in grado di valutare la serietà dell’intenzione indicata né il giudice può verificare in sede contenziosa la sussistenza della condizione per il riconoscimento del diritto al diniego di rinnovo sia perché viene impedito il successivo controllo sull’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato, ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 31 Cass., 3, n. 8669 del 4/4/2017 Cass., 3, n. 1050 del 21/1/2016 . La L. n. 392 del 1978, art. 31, integra, pertanto, una responsabilità da inadempimento contrattuale, inquadrabile nella disciplina generale degli artt. 1176 e 1218 c.c. Cass., 3, n. 11014 del 19/5/2011 Cass., 3, n. 23794 del 7/11/2014 Cass., 3, n. 1050 del 21/1/2016 , sicché la responsabilità del locatore deve essere valutata anche in relazione all’elemento soggettivo dell’imputabilità del ritardo al locatore medesimo. Secondo i principi generali della responsabilità da inadempimento contrattuale l’onere della prova dell’esistenza di cause che giustifichino la disdetta alla prima scadenza, consentendo di superare la presunzione di responsabilità posta dalla legge, grava sul locatore, il quale deve giustificare ed indicare le ragioni della tardiva destinazione dell’immobile alla finalità indicata al momento della disdetta Cass., 3, n. 23794 del 7/11/2014 Cass., 3, n. 1050 del 21/1/2016 . In questo quadro normativo la sentenza impugnata non dà idonea motivazione delle ragioni che hanno provocato il differimento della richiesta di modifica della destinazione d’uso dell’immobile per ben 5 mesi. Nell’impugnata sentenza il ritardo emerge essere, invero, ascritto piuttosto al Comune di Termini Imerese in ragione del tempo impiegato per il rilascio dell’autorizzazione al cambio di destinazione dell’immobile, solo a seguito della quale il locatore ha provveduto ai provvedimenti manutentivi necessari per adeguare l’immobile alla nuova destinazione. Nulla risulta, viceversa, indicato relativamente alla condotta del locatore e in particolare come mai, ottenuto il rilascio dell’immobile, abbia atteso ben 5 mesi prima di inoltrare la domanda di avvio del procedimento amministrativo per il cambio di destinazione. Tale comportamento appare allora da valutare proprio ai fini dell’invocata applicazione della disciplina di cui L. n. 392 del 1978, art. 31. Diversamente, qualunque condotta dilatoria del locatore strumentalmente posta in essere per eludere la finalità della normativa che consiste nel subordinare il rilascio dell’immobile alla prima scadenza, con interruzione delle attività ivi avviate, alla eccezionale ragione di dover disporre dell’immobile per finalità abitative proprie o dei familiari potrebbe trovare invero giustificazione. 2. Dell’impugnata sentenza si impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso, cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.