Maggiorazione del canone ed effetti sul contratto di locazione ad uso non abitativo

In tema di locazione immobiliare ad uso diverso da abitazione, è nullo il patto con cui le parti concordino un canone superiore a quello dichiarato e, trattandosi di nullità vitiatur sed non vitiat, è il solo patto di maggiorazione ad essere colpito da insanabile nullità a prescindere dall’avvenuta registrazione.

Sul tema la Corte di legittimità con la sentenza n. 29016/18, depositata il 13 novembre. Il fatto. La Corte d’Appello di Napoli respingeva il gravame proposto da una S.n.c. avverso la sentenza di prime cure con cui era stata rigettata la domanda riconvenzionale con cui chiedeva alla controparte la restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto al canone di locazione dovuto. La S.n.c. ricorre dunque in Cassazione lamentando che la pattuizione dell’aumento del canone era eccedente rispetto a quanto previsto dagli indici ISTAT e che la Corte territoriale aveva dichiarato la nullità della controdichiarazione coeva al contratto ritenendo che il diritto a non erogare le somme eccedenti sorga al momento della conclusione del contratto. Pattuizione del canone. La giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che, in tema di locazione immobiliare ad uso diversa da abitazione, è nullo il patto con cui le parti concordino un canone superiore a quello dichiarato e, trattandosi di nullità vitiatur sed non vitiat , è il solo patto di maggiorazione ad essere colpito da insanabile nullità a prescindere dall’avvenuta registrazione. Il principio è stato disatteso dalla Corte territoriale che ha escluso la nullità per essere stato il canone pattuito in sede di stipulazione del contratto, negando dunque di essere in presenza di un aumento” del canone stesso. Precisa inoltre la Corte che, per effetto della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobile ad uso diverso da abitazione, è legittima la clausola con cui si determini un canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, se ancorato ad elementi certi e predeterminati e sempre che non risulti una sottostante volontà delle parti volta in realtà a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria e ad eludere i limiti del c.d. equo canone”. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 gennaio – 13 novembre 2018, n. 29016 Presidente Spirito – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 18/12/2012 la Corte d’Appello di Napoli ha respinto il gravame interposto dalla società Panificio C. di Cr.An. & amp C. s.n.c. nei confronti della pronunzia Trib. Torre Annunziata 4/4/2012, di rigetto della domanda proposta in via riconvenzionale nei confronti del sig. C.G. di restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto al canone dovuto giusta contratto di locazione ad uso diverso da abitazione tra di essi intercorso, avente ad oggetto immobile sito in omissis . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Panificio C. di Cr.An. & amp C. s.n.c. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi. Resiste con controricorso il C. . Già chiamata all’udienza del 7/6/2016, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte in tema di validità o meno della controdichiarazione, coeva o successiva alla stipula del contratto di locazione, recante un ammontare del canone di diverso da quello in quest’ultimo indicato. Motivi della decisione Con il 2, logicamente prioritario, motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 79 l. loc., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Lamenta che nella specie la pattuizione ha avuto ad oggetto aumenti del canone eccedenti il canone dovuto corrispondente a quanto contrattualmente pattuito con la maggiorazione ex indici Istat, e che erroneamente la corte di merito ha dichiarato la nullità della controdichiarazione coeva al contratto, ritenendo che il diritto a non erogare somme eccedenti sorga al momento di conclusione del contratto. Si duole che erroneamente non sia stata nell’impugnata sentenza prevista quantomeno la nullità della scrittura del 13.6.2006 . che prevedeva, nel corso del rapporto di locazione, un aumento del canone da Lire 3.000.000 mensili a Lire 4.000.000, e quindi la pertinente condanna della parte resistente alla restituzione delle somme pagate indebitamente pari ad Euro 516,45 mensili a partire dal giugno 2006 a tutt’oggi, maggiorate di interessi e rivalutazione delle singole scadenze all’effettivo soddisfo . Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini e limiti di seguito indicati. Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare in tema di locazione immobiliare ad uso diverso da abitazione, è nullo il patto con il quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone è insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione v. Cass. Sez. Un., 9/10/2017, n. 23601. E, conformemente, Cass., 2/3/2018, n. 4922 . Orbene, nella specie, in presenza di un contratto di locazione ad uso diverso da abitazione dall’odierna ricorrente originariamente stipulato con il locatore sig. C.G. , la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio. In particolare là dove, dopo avere dato atto che nella specie il locatore sin dall’inizio della locazione, e, in particolare, sin dal 16-6-98, aveva chiesto ed ottenuto dalla stessa conduttrice un canone di Lire 4.000.000 pari ad Euro 2.065,82 , ha affermato essere noto . che il canone di locazione relativo ad immobili ad uso commerciale è nella disponibilità delle parti, che possono liberamente concordarlo , sicché la pattuizione, sin dall’inizio del rapporto, di un canone maggiore di quello indicato in contratto non incorre . nella sanzione di nullità di cui all’art. 79 L. n. 392/78, invocato dalla conduttrice , non vertendosi in ipotesi di aumento di canone nel corso del rapporto . Ancora, là dove ha aggiunto che nemmeno la pattuizione orale di un canone maggiore di quello risultante dal contratto registrato incorre nella nullità stabilita dalla legge 30-12-2004 n. 311, trattandosi di fatti anteriori all’entrata in vigore della richiamata legge finanziaria . Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, va osservato come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, per effetto della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso diverso da abitazione, sia legittima la clausola con cui si convenga una determinazione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, purché ancorata ad elementi certi e predeterminati idonei ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto della moneta , e sempre che non risulti una sottostante volontà delle parti volta in realtà a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria, e ad eludere pertanto i limiti quantitativi posti dall’art. 32 della legge c.d. sull’equo canone , incorrendo conseguentemente nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79 l. loc. v. in particolare Cass., 5/3/2009, n. 5349. Cfr. altresì Cass., 24/3/2015, n. 5849 . Orbene, nella specie la pattuizione de qua si appalesa in effetti volta a perseguire proprio siffatta vietata finalità, unitamente a quella di risparmio fiscale per il locatore. Con particolare riferimento alla finalità fiscale dell’operazione negoziale nella specie posta in essere dalle parti, va posto in rilievo come questa Corte abbia già avuto modo di osservare con riferimento ad analoga pattuizione, relativa a contratto di locazione ad uso abitativo v. Cass., 3/1/2014, n. 37 , che ai fini della relativa interpretazione decisivo rilievo assume la sua natura sostanziale , della quale sicuro indice rivelatore è anche la causa concreta del negozio, altro e diverso dal contratto scritto e già registrato, dalle parti coevamente ma anche successivamente o financo anteriormente stipulato. In quanto contemplante un canone superiore rispetto all’importo a tale titolo indicato nel contratto scritto e registrato, tale patto risulta in realtà funzionalmente volto a realizzare il risultato di garantire al locatore di ritrarre dal concesso godimento dell’immobile un reddito superiore rispetto a quello assoggettato ad imposta nel caso, di registro . Esso costituisce allora lo strumento dal locatore piegato al conseguimento di un risparmio d’imposta. La causa concreta di tale patto consente tuttavia di disvelare siffatta finalità di elusione fiscale, deponendo per la conseguente relativa nullità. Siffatto patto non può infatti riconoscersi come valido ed efficace, impingendo nella violazione dell’interesse pubblicistico sotteso alla norma fiscale elusa v. Cass., 5/8/2016, n. 16604 . Come questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha in diverse fattispecie ma in termini generali avuto modo di affermare, la norma tutelante interessi pubblicistici si profila per ciò stesso come imperativa ed inderogabile, non soltanto nei rapporti tra P.A. e privato cfr. Cass., Sez. Un., 17/6/1996, n. 5520 ma anche nei rapporti tra privati v. Cass., Sez. Un., 17/12/1984, n. 6600. V. altresì Cass., 17/12/1993, n. 12495, e, in tema di locazioni, Cass., 4/2/1992, n. 1155. Contra v. peraltro Cass., 22/3/2004, n. 5672 Cass., 20/3/1985, n. 2034. V. anche Cass., 15/12/2003, n. 19190, e, in tema di locazioni, Cass., 17/12/1985, n. 7412, nonché, da ultimo, Cass., Sez. Un., 17/9/2015, n. 18219 . Gli interessi pubblicistici sono infatti indisponibili da parte dei privati, cui non può ritenersi concesso di vanificarli mediante l’adozione di schemi negoziali idonei a pervenire in concreto ad un risultato corrispondente a quello vietato dal legislatore cfr., Cass., 7/10/2008, n. 24769 . A tale stregua, ricostruendo la vicenda in argomento come affermato dalla corte di merito nell’impugnata decisione e ammesso anche dallo stesso locatore nei propri scritti difensivi in termini di pattuizione complessa volta a perseguire e realizzare un’elusione fiscale a vantaggio del locatore, l’operazione simulatoria il contratto di locazione e la pattuizione orale di un canone maggiore di quello risultante dal contratto registrato posta in essere dalle parti emerge con tutta evidenza nella sua intima realtà di strumento negoziale funzionalmente volto ad eludere i diritti di terzi, e in particolare del Fisco. In considerazione dello scopo pratico dalle parti e in particolare di una di esse, il locatore con tale stipulazione appunto perseguito, e pertanto della relativa causa concreta causa concreta che come questa Corte ha già avuto modo di affermare si sostanzia nell’interesse o scopo pratico anche tacitamente obiettivato che l’operazione contrattuale è specificamente diretta a soddisfare per l’accoglimento della teoria della causa concreta, con superamento del tradizionale orientamento che ravvisava nella causa l’astratta funzione economico sociale del contratto, v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973 Cass., 7/10/2008, n. 24769 Cass., 24/4/2008, n. 10651 Cass., 20/12/2007, n. 26958 Cass., 11/6/2007, n. 13580 Cass., 22/8/2007, n. 17844 Cass., 24/7/2007, n. 16315 Cass., 27/7/2006, n. 17145 Cass., 8/5/2006, n. 10490 Cass., 14/11/2005, n. 22932 Cass., 26/10/2005, n. 20816 Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Cass., 7/5/1998, n. 4612 Cass., 16/10/1995, n. 10805 Cass., 6/8/1997, n. 7266 Cass., 3/6/1993, n. 3800. Più recentemente v. Cass., 25/2/2009, n. 4501 Cass., 12/11/2009, n. 23941 Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947 Cass., 18/3/2010, n. 6538 Cass., 1/4/2011, n. 7557. E, da ultimo, Cass., 29/9/2015, n. 19220 Cass., 26/8/2015, n. 17115 Cass., 28/1/2015, n. 1625 Cass., 14/1/2015, n. 405 Cass., 3/4/2013, n. 8100 Cass., 8/2/2012, n. 1875 Cass., 10/01/2012, n. 75 , essa si rivela come imprescindibilmente connotata dalla vietata finalità di elusione fiscale, e pertanto conseguentemente affetta da invalidità. Finalità che si pone in contrasto con il generale principio antielusivo desumibile già dall’art. 53 Cost. cfr., con riferimento alla relativa tutela mediante il ricorso alla figura dell’abuso del diritto, Cass., 9/3/2011, n. 5583 Cass., Sez. Un., 23/12/2008, n. 30055 Cass., 21/4/2008, n. 10257 Cass., 29/9/2006, n. 21221, ove si sottolinea che in tal caso non è nemmeno in defettibilmente necessario farsi luogo all’accertamento della simulazione o del carattere fraudolento dell’operazione, assumendo al riguardo piuttosto decisivo rilievo la valutazione della sua intima essenza, non potendo al riguardo influire ragioni economiche meramente marginali o teoriche, inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell’operazione rispetto al mero risparmio fiscale, come tali quindi manifestamente inattendibili o assolutamente irrilevanti rispetto a tale finalità , e pertanto anche anteriormente all’emanazione della richiamata L. n. 311 del 2004 illecita. Il negozio posto in essere al fine di realizzare la vietata finalità di evasione o elusione fiscale non può dunque sotto plurimi profili continuare a ritenersi ammissibile e lecito cfr. Cass., 5/8/2016, n. 16604 . È al riguardo altresì da porsi in rilievo come rispetto alla maggiore tassazione del singolo contratto faccia invero premio l’esigenza di porre in essere una disciplina che proprio in ragione della sua indefettibile applicazione risulti idonea a rendere le parti contrattuali avvertite dell’imprescindibilità dell’assolvimento dell’obbligo fiscale su di esse incombente v. Cass., 5/8/2016, n. 16604 . A tale stregua, l’imposta dovuta va allora senz’altro determinata con riferimento all’importo del canone indicato nel contratto scritto e registrato, e al locatore non è comunque consentito percepire legittimamente un canone maggiore di quello originariamente assoggettato ad imposta. Ne consegue che, a parte quanto già più sopra osservato in ordine alla possibilità per le parti di originaria determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto ovvero con variazione in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati cfr., da ultimo, Cass., 28/7/2013, n. 19802 , solamente in caso di successivo nuovo accordo, novativo rispetto al precedente contratto scritto e registrato, risulta per le parti possibile modificare il precedente assetto negoziale, con conseguente relativo assoggettamento alla corrispondente imposizione fiscale. In tal caso deve peraltro trattarsi non già come nella specie di una soluzione costituente mero escamotage per realizzare una finalità di elusione fiscale, bensì di una contrattazione rispondente alla volontà delle parti rivelata dalla relativa causa concreta, non sostanziantesi nel mero risparmio d’imposta cfr. Cass., 5/8/2016, n. 16604 . Assorbito ogni altro e diverso profilo, e dichiarati inammissibili gli altri motivi con i quali la ricorrente denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c., dolendosi che con motivazione insufficiente e contraddittoria la corte di merito abbia affermato che trattandosi di locazione ad uso diverso, le parti ben potevano accordarsi liberamente in ordine al canone e quindi ben potevano accordarsi liberamente in ordine al canone e quindi convenire con la controdichiarazione senza data un canone di Lire 4.000.000 in luogo di Lire 1.200.000 come invece previsto nel contratto iniziale lamentando non essersi dalla corte di merito riconosciuta la dovuta e decisiva importanza all’ulteriore circostanza pur rilevata peraltro pacifica e provata dalla allegazione degli assegni bancari che a distanza di un anno dalla data del contratto di locazione 16.6.98 , e dalla stessa controdichiarazione qualora la si voglia ritenere presuntivamente intervenuta contestualmente al predetto contratto, come si sostiene nell’impugnata sentenza il canone effettivamente pagato dalla società conduttrice, precisamente a partire dal 16.6.99, era stato non già di Lire 4.000.000, ma di Lire 3.000.000 e tanto non per qualche mese soltanto, ma addirittura fino al maggio 2006, quindi per ben sette anni dolendosi, ancora, non essersi dalla corte di merito tenuto conto che a partire dal 16.6.99 era intervenuto un nuovo accordo che prevedeva una riduzione del canone mensile da Lire 4.000.000 a Lire 3.000.000 accordo da ritenersi perfettamente valido ed efficace in applicazione dello stesso principio richiamato dalla Corte della libera determinazione del canone vigente in materia di locazione ad uso diverso , sicché la corte di merito avrebbe dovuto conseguentemente considerare affetta da nullità ex artt. 32 e 79 legge 392/78 quanto meno la scrittura intervenuta tra le parti in data 13.6.2006 che prevedeva, senz’ombra di dubbio, nel corso del rapporto di locazione, un illegittimo aumento del canone mensile pagato dalla società conduttrice per ben sette anni da Lire 3.000.000 mensili pari ad Euro 1.549,37 a Lire 4.000.000 pari ad Euro 2.065,82 , in quanto a formulati in violazione dell’art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c. atteso che la ricorrente in realtà prospetta doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c. v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , nel caso ratione temporis applicabile, sostanziatesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omesso, contradditorio e a fortiori erroneo esame di determinati elementi probatori v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 b formulati in violazione dell’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c., atteso che la ricorrente pone a loro fondamento atti e documenti del giudizio di merito es., il nuovo accordo , i verbali d’udienza e menoria conclusionale pag. 12 , la racc.ta a/r datata 01.12.2008 , le note autorizzate alla pagine 15 e 16 , a quanto dedotto alle pagine 15 e 16 dell’atto di appello limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente per la parte d’interesse in questa sede - riprodurli nel ricorso ovvero puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in ricorso, risultino prodotti, laddove è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta alla Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v. Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239 Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr. Cass. Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 , dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il 2 motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.