Essenzialità di clausola nulla ex lege: opera il rispetto della regola a tutela di interessi collettivi preminenti

Non rileva che le parti abbiano convenuto il venir meno dell'intero negozio, in caso di invalidità anche solo di una clausola, perché l'essenzialità di tale pattuizione è esclusa dalla stessa previsione ex lege della sua sostituzione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20974/18 depositata il 23 agosto. Il caso. Si deve permettere che il presente giudizio dinanzi alla Suprema Corte discende da un processo afferente alla esecuzione di una sentenza del Tribunale, a cui si era rivolta una locatrice al fine di ottenere l'intimazione per finita locazione contro il proprio conduttore. In questo giudizio, la donna esponeva di aver concesso in locazione ad uso diverso con due contratti il proprio immobile ad un inquilino, con il quale aveva espressamente concordato di stipulare il contratto di locazione alla luce della disciplina dell'art. 11, comma 2, l. n. 359/1992, id est della legge sui patti in deroga, ritenuta applicabile. Il Tribunale in primo grado aveva accertato che il contratto era da ritenersi la fonte esclusiva del rapporto locativo attualmente vigente tra le parti e che nello stesso la durata della locazione era determinata in due anni con previsione di rinnovo automatico in difetto di disdetta nonché che la previsione di una durata inferiore a quella di 6 anni -prevista dalla normativa di settore l. n. 359/1992 era stata convenzionalmente voluta sul presupposto esplicitato, alla clausola 16 del contratto stesso, della ammissibilità anche per le locazioni commerciali dei patti in deroga di cui all'art. 11 e, stabilendo, infine, che l'eventuale invalidità di tale clausola avrebbe determinato la invalidità dell'intero contratto. In virtù di quanto analizzato, il Tribunale accertava la inapplicabilità alle locazioni commerciali della disciplina dell’art. 11 della legge sui patti in deroga e, quindi, la nullità della clausola che limitava la durata del contratto ad un periodo inferiore 2 anni anziché 6 a quello previsto dell'art. 27 – e che comportava l'automatica eterointegrazione del contratto con la norma imperativa, che nello specifico fissava la durata delle locazioni ad uso diverso in 6 anni ancorché le parti avessero stabilito che l'invalidità di detta clausola determinasse la nullità dell’intero contratto. Diversamente, infatti, si sarebbe vanificata la stessa disciplina dell'art. 1419 c.c. e, in conclusione, dichiarava la risoluzione del contratto. Questa sentenza veniva posta in esecuzione dalla locatrice, esecuzione che, a sua volta, diveniva oggetto di opposizione da parte del conduttore con un processo che si concludeva con la sentenza, confermativa di quanto stabilito in primo grado, da ultimo, impugnata in Cassazione. Automatica eterointegrazione del contratto ed esigenza sociale ritenuta meritevole di preminente tutela giuridica. La Suprema Corte ricorda come il primo comma dell'art. 1419 c.c. prevede che la nullità parziale della singola clausola non comporta la nullità totale del contratto a cui accede, salvo che non risulti che i contraenti non avrebbero concluso il regolamento negoziale senza quella parte colpita da nullità. Tale disposizione viene interpretata prediligendo un approccio di stampo oggettivo, vale a dire che la sua essenzialità come clausola viene valutata alla luce delle economie del regolamento di interessi, non rimanendo ancorato rigidamente alla matrice volontaristica. Invece, il secondo comma della medesima norma disciplina il fenomeno della conservazione del contratto tramite la inserzione automatica, per volontà della legge, in ipotesi di clausole nulle. Si comprende come il secondo comma costituisca una eccezione al campo di operatività del primo, per l'appunto limitato dalla presenza di clausole contrattuali imposte per legge e non derogabili neppure sotto l'habitus della essenzialità voluta ed espressamente dichiarata dalle parti. Già in altre occasioni gli Ermellini hanno affermato che la disposizione prevista nel secondo comma dell'art. 1419 c.c. per costante giurisprudenza si riferisce all'ipotesi in cui specifiche disposizioni, oltre a combinare la nullità di determinate clausole contrattuali, ne impongono anche la sostituzione con una normativa legale mentre tale disposizione non si applica quando il legislatore nello statuire la nullità di una clausola non ne abbia espressamente prevista la sostituzione con una specifica norma imperativa. La suddetta disposizione trova applicazione -secondo la Suprema Cassazione nel caso di specie atteso che si tratta di una locazione non abitativa convenuta per una durata inferiore a quella legale che richiede l’automatica eterointegrazione del contratto, che giustifica la limitazione dell'autonomia contrattuale in vista di un’esigenza sociale ritenuta meritevole di tutela preferenziale. Con la presente pronuncia, in concreto, la Suprema Corte intende dar seguito a tale giurisprudenza. In particolare, tale orientamento ha affermato -altresì che solo successivamente alla conclusione del contratto, quando il conduttore non si trova più in una posizione di debolezza per il timore di essere costretta a lasciare l'immobile dove svolge l'attività commerciale, vi è la possibilità per le parti di negoziare in ordine ai diritti nascenti dal contratto ed, anche, in ordine al diritto di indennità di avviamento. Infatti, la normativa dei patti in deroga non impedisce alle parti, al momento della cessazione del rapporto, di addivenire a una transazione in ordine ai rispettivi diritti e, in particolare, non impedisce al conduttore di rinunciare alla indennità per la perdita dell'avviamento commerciale. In conclusione. Il ritenere, come aveva deciso la Corte di Appello, che la nullità della clausola travolgeva l'intero contratto, avrebbe consentito al locatore, con un accordo preventivo nullo”, di eludere la normativa vigente e, per tali motivi, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello competente in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 7 novembre 2017 – 23 agosto 2018, numero 20974 Presidente Chiarini – Relatore Armano Fatti del processo Con ricorso ex articolo 615 comma 2 c.p.c. M.D. e M.V. hanno proposto opposizione all’esecuzione intrapresa da C.L. per il rilascio di un immobile da loro condotto in locazione ad uso diverso. Con i motivi dell’opposizione hanno dedotto l’improcedibilità dell’esecuzione per violazione dell’articolo 34 legge 392/ 78, con il conseguente accertamento che la locazione in oggetto rientra fra quelle disciplinate dall’articolo 34 della predetta legge e dichiarazione che il locatore è tenuto al pagamento dell’indennità di avviamento. Si è costituita C.L. deducendo fra l’altro che in base alla clausola numero 11 del contratto di locazione le parti dichiaravano non applicabili alla locazione in oggetto gli articoli 36, 38, 39 e 40 della legge 392/78 che, ai sensi della successiva clausola numero 13 il conduttore dichiarava di rinunziare al termine del contratto a qualsiasi indennità titolo di perdita di avviamento che la clausola numero 15 statuiva i contraenti dichiarano che il presente contratto è favorevole ad entrambi ed espressamente si confermano soddisfatte dell’accordo raggiunto che la clausola numero 16 recitava le parti danno atto che si sono determinate alla stipulazione del presente contratto unicamente sul presupposto che i patti in deroga al contenuto della legge 392/78 sono possibili e leciti anche nell’ambito delle locazioni ad uso diverso dall’abitativo. Pertanto essi dichiarano che le eventuali nullità di patti in deroga sopra indicati per l’inapplicabilità dell’articolo 11 comma 2 della legge 359/92 alla locazione a uso diverso, importa la nullità dell’intero contratto ai sensi dell’articolo 1419 comma uno c.c. che non sarebbe stato concluso senza quella parte del suo contenuto affetta dalla nullità. Comunque le parti dichiarano di voler considerare risolto e non più produttivo di nessun effetto il presente contratto qualora venga dichiarata la nullità dei patti derogati per il motivo indicato . Il Tribunale di Taranto ha dichiarato cessata la materia del contendere, stante l’avvenuto rilascio dell’immobile da parte dei M. ,ed ha rigettato l’opposizione ex articolo 615 c.p.c A seguito di impugnazione dei M. , la Corte d’appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - con sentenza pubblicata il 2-3-2015 ha confermato la decisione di primo grado. Avverso questa decisione hanno proposto ricorso M.D. e M.V. . T.M.A. , T.C.C. , T.S. quali eredi di C.L. , non hanno presentato difese. Ragioni della decisione 1. Senza motivare sulla nullità o meno delle clausole derogative alle norme dell’equo canone in particolare in materia di indennità di avviamento,il Tribunale di Taranto nel giudizio di primo grado ha esaminato direttamente l’applicabilità alla fattispecie dell’articolo 1419 c.c. comma 1 c.c., che prevede che la nullità delle singole clausole comporta la nullità dell’intero contratto se risulta che i contraenti non l’avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità. Il giudice di primo grado ha affermato che, poiché nella fattispecie ricorreva l’ipotesi della volontà espressa delle parti di non volere il contratto senza la parte colpita da nullità, ha rigettato in motivazione la domanda proposta dai M. per ottenere il pagamento dell’indennità di avviamento. 2.La Corte d’appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - ha confermato la decisione di primo grado ritenendo vero che la rinunzia all’indennità avrebbe dovuto trovare una giustificazione all’interno del sinallagma contrattuale, giustificazione di fatto non riscontrabile, era altrettanto vero però che la deroga all’articolo 11 comma 2 della legge 359/1992 era inapplicabile alla locazione ad uso diverso da quello abitativo. Tuttavia la nullità della clausola, a mente dell’articolo 79 legge 392/78, aveva travolto l’intero contratto ai sensi dell’articolo 1419 comma 1 c.c., secondo la chiara previsione stabilita dall’articolo 16 della scrittura specificatamente approvata dalle parti. In questa prospettiva,ha concluso la Corte di Appello, nulla può competere a titolo di indennità di avviamento integrando tale preteso diritto l’effetto di un contratto nullo . 3. È necessario premettere che la esecuzione oggetto del presente giudizio riguarda la sentenza numero 21/07 del Tribunale di Taranto, Sezione Distaccata di Manduria,a cui si era rivolta la locatrice C.L. con un’intimazione per finita locazione alla scadenza del 22 febbraio 2007 o, in difetto, al 1 aprile 2007. In tale giudizio la C. esponeva di aver concesso in locazione ad uso diverso con due contratti il primo del 22 febbraio 1995 ed il secondo e del 1 aprile 2007 l’immobile a M.D. che i contratti erano stati stipulati alla luce della disciplina dell’articolo 11 comma due legge 359/92 ritenuto applicabile che all’originario conduttore era subentrato il figlio V. . Il giudice del Tribunale di Taranto ha accertato che il contratto del 1 aprile 1997 era da ritenersi la fonte esclusiva del rapporto locativo attualmente vigente tra le parti che nel detto contratto era stata determinata la durata della locazione in anni due a partire dal 1 aprile 1997, con la previsione del rinnovo automatico in difetto di disdetta che la previsione di una durata inferiore a quella di sei anni prevista dall’articolo 27 della legge 392/78 era stata convenzionalmente voluta dalle parti, sul presupposto esplicitato alla clausola 16 del contratto dell’ammissibilità anche per le locazioni commerciali dei patti in deroga di cui all’articolo 11 legge 359/ 92. Le parti, peraltro, avevano stabilito che l’eventuale invalidità di tale clausola avrebbe determinato l’invalidità dell’intero contratto. Il Tribunale con la sentenza 21/07 ha accertato l’inapplicabilità alle locazioni commerciali della disciplina di cui all’articolo 11 comma 2 legge 359/92 e di conseguenza la nullità della clausola che limita la durata del contratto di locazione ad un periodo inferiore a quello previsto dall’articolo 27 ai sensi dell’articolo 1402 20 comma c.c. che comporta l’automatica etero - integrazione del contratto con la norma imperativa di cui all’articolo 27 comma 4 della citata legge, che fissa in se anni la durata delle locazioni ad uso diverso, ancorché le parti abbiano stabilito che l’invalidità di detta clausola determini la nullità dell’intero contratto, giacché diversamente si vanificherebbe la stessa disciplina dell’articolo 1419 c.c In conclusione ha dichiarato la risoluzione del contratto alla data al 1 aprile 2009. Questa sentenza è stata poi posta in esecuzione dalla C. , esecuzione oggetto di opposizione da parte dai M. , conclusa con la sentenza oggi impugnata. 4.Con l’unico motivo di ricorso si denunzia nullità della sentenza ex articolo 360 n 3 e numero 5 c.p.c. per violazione degli artt. 34 e 79 legge 392/78, nonché violazione falsa applicazione dell’articolo 1419 c.c. nullità della sentenza per insussistenza, insufficienza, contraddittorietà, illogicità della motivazione, nonché per omesso esame di un punto decisivo della controversia giudicato formatosi con la sentenza numero 21/07 prospettato dall’appellante e rilevabile d’ufficio. 5. Preliminare è l’esame del profilo del motivo con cui si deduce l’omesso esame del giudicato esterno costituito dalla sentenza numero 21/07 del Tribunale di Manduria. La censura è inammissibile. Infatti dall’esame degli atti risulta che il ricorrente ha prodotto una copia della sentenza numero 21/07 senza l’attestazione di cui all’articolo 124 disp. att. c.p.c Questo Collegio, pur non ignorando un risalente precedente di questa Corte secondo cui nel presupposto pacifico che entro il termine annuale dalla data di deposito di una sentenza regolarmente esibita non sia stata proposta alcuna impugnazione, legittimamente può considerarsi acquisita la prova del passaggio in giudicato della medesima, indipendentemente dalla apposizione da parte del cancelliere della formula esecutiva Cass. numero 1554/1971, o il recente arresto Cass. numero 4803/2018 secondo cui la parte che eccepisca la definitività di una sentenza resa in altro giudizio, qualora la controparte ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno, non ha l’onere di produrre la decisione munita della certificazione di cui all’articolo 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, come invece avviene nell’ipotesi di mera non contestazione del giudicato, cui non può attribuirsi il significato di ammissione della definitività della decisione , ritiene di aderire all’indirizzo maggioritario secondo il quale la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendola, ma anche corredandola della idonea certificazione ex articolo 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità Cass. numero 6024/2017 numero 19883/2013 numero 10623/2009 Nnumero 22664 del 2004. Di conseguenza l’omesso esame denunziato non ha il requisito della decisività come richiesto dall’articolo 360 numero 5 c.p.c nella formulazione applicabile al presente procedimento. 6. Il profilo del motivo relativo alle erronea applicazione dell’articolo 1419 c.c. è fondato. A tale proposito occorre esaminare il rapporto fra il primo e il secondo comma dell’articolo 1419 c.c. onde pervenire all’individuazione di una chiave di lettura di sistematica che consenta un’interpretazione armoniosa della norma. Il primo comma dell’articolo 1419 c.c. prevede che la nullità parziale o della singola clausola non comporti la nullità totale del contratto cui accede, salvo che non risulti che i contraenti non avrebbero concluso il regolamento negoziale senza quella parte colpita da nullità. La dottrina e la giurisprudenza dominante interpretano tale disposizione prediligendo un approccio di stampo oggettivo, che punta all’economia del regolamento di interessi e che non rimane ancorato rigidamente alla matrice volontaristica dei contraenti. L’essenzialità della clausola è valutata così in senso oggettivo. 7. Il secondo comma invece disciplina il fenomeno della conservazione del contratto tramite l’inserzione ex lege delle clausole nulle. A riguardo la Relazione al Libro delle Obbligazioni Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni1941 esplicita che Là dove risulta che i contraenti non avrebbero voluto il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità, la nullità parziale trascina nei suoi effetti tutto il contratto, diversamente il contratto resta valido. Si contempla, però, un’eccezione quella in cui è previsto che norme imperative sostituiscono di diritto singole clausole contrattuali. Tale ipotesi si ha in modo particolare nei contratti individuali di lavoro, e nei casi in cui si è trascurato di determinare per iscritto la misura ultralegale dell’interesse civile allora la volontà stessa della norma esclude che si possa considerare essenziale la clausola nulla, tenuto conto che le parti non potevano ignorare la norma proibitiva e che, se si proclamasse in tali casi la nullità del contratto nel suo complesso, si renderebbe impossibile la stessa inserzione automatica nel rapporto delle disposizioni imperative . 8. Si comprende allora come il secondo comma dell’articolo 1419 c.c. costituisca un’eccezione al campo di operatività del primo, limitato, appunto, dalla presenza di clausole contrattuali imposte ex lege e non derogabili nemmeno sotto l’habitus dell’essenzialità. 9. In questo senso, anche la giurisprudenza di legittimità che, a partire da Cass. civ. 6308/1991 ha affermato che la disposizione prevista nel secondo comma dell’articolo 1419 cod. civ. - secondo cui la nullità delle singole clausole non importa la nullità del contratto quando le clausole nulle sono costituite di diritto da norme imperative - per costante giurisprudenza, si riferisce all’ipotesi in cui specifiche disposizioni, oltre a comminare la nullità di determinate clausole contrattuali, ne impongano anche la sostituzione con una normativa legale, mentre tale disposizione non si applica qualora il legislatore, nello statuire la nullità di una clausola o di una pattuizione, non ne abbia espressamente prevista la sostituzione con una specifica norma imperativa. Pertanto, la suddetta disposizione trova applicazione nel caso di specie, atteso che a norma dell’articolo 27, quarto comma, della legge numero 392 del 1978, ove in una locazione non abitativa sia convenuta una durata inferiore a quella legale, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti . Cass. 7822/1997 – 9458/95 Trattasi, con ogni evidenza, di un’ipotesi di automatica eterointegrazione del contratto, che giustifica la limitazione dell’autonomia contrattuale in vista di un’esigenza sociale ritenuta meritevole di tutela i preferenziale. Inoltre con Cass. numero 645/1999 si è affermato che la disposizione dell’articolo 1419, secondo comma, c.c., a norma della quale la nullità di singole clausole contrattuali non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative, impedisce che al risultato dell’invalidità dell’intero contratto possa pervenirsi in considerazione della sussistenza di un vizio del consenso cagionato da errore di diritto essenziale, avente ad oggetto la clausola nulla in rapporto alla norma imperativa destinata a sostituirla, poiché l’essenzialità di tale clausola rimane esclusa dalla stessa prevista sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico. 10. Quindi riguardo il regime di inserzione automatica, è ormai affermato l’orientamento per cui Cass. numero 6364/2011, 14046/2013 ai fini dell’operatività della disposizione di cui al secondo c ma dell’articolo 1419 c.c., il quale contempla la sostituzione delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili, con la normativa legale, non si richiede che le disposizioni inderogabili, oltre a prevedere la nullità delle clausole difformi, ne impongano e dispongano, altresì, espressamente la sostituzione. Infatti, la locuzione codicistica sono sostituite di diritto va interpretata non nel senso dell’esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell’automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina così superato il procedimento di cui Cass. numero 8794/2000 . 11. Tale principio è stato applicato anche da ultimo nella sentenza Cass. Sez. U, Sentenza numero 23601 del 2017 che ha affermato che è nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione. Ed ancora in tema di locazione ad uso non abitativo, ove le parti abbiano concordato una durata del contratto inferiore al sessennio imposto per legge, la relativa clausola è destinata ad essere sostituita di diritto, ex articolo 1419, secondo comma, cod. civ., dalla norma imperativa di cui all’articolo 27, quarto comma, della legge 27 luglio 1978, numero 392, senza che ne resti travolto l’intero contratto. Né rileva che le parti abbiano convenuto il venir meno dell’intero negozio in caso di invalidità anche di una sola clausola nella specie, per essere il consenso viziato da errore di diritto essenziale , atteso che l’essenzialità di tale clausola è esclusa dalla stessa previsione della sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico. Cass. Sentenza numero 24843 del 21/11/2014 numero 7927 del 2004 numero 19156 del 2005 9467/1997 12. Questo Collegio intende dare seguito a tale giurisprudenza che è perfettamente concorde con i principi espressi da questa Corte in materia di nullità ex articolo 79 L. 392/78. Si osserva che la prevalente giurisprudenza di legittimità interpreta l’articolo 79 della legge 392/78 come norma volta a tutelare alcuni diritti imprescindibili del conduttore, specificamente individuati, da qualsiasi possibilità di elusione degli stessi. L’articolo 79 costituisce una norma di chiusura della legge cosiddetta dell’equo canone, ancora oggi vigente con modifiche relative solo alle locazioni ad uso diverso con canone annuale superiore ad Euro 250.000,00, che prevede la sanzione della nullità a tutela di alcuni diritti ritenuti oggetto di particolare protezione, in perfetta concordanza con l’intero impianto e con la filosofia sottesa alla legge 392/78. In particolare la giurisprudenza prevalente di legittimità ha affermato che solo successivamente alla conclusione del contratto, quando il conduttore non si trova più in una posizione di debolezza per il timore di essere costretto a lasciare l’immobile dove svolge l’attività commerciale, vi è la possibilità per le parti di negoziare in ordine ai diritti nascenti dal contratto ed in particolare in ordine al diritto all’indennità di avviamento. Si è affermato che l’articolo 79 della legge 27 luglio 1978, numero 392 non impedisce alle parti, al momento della cessazione del rapporto, di addivenire ad una transazione in ordine ai rispettivi diritti ed in particolare non impedisce al conduttore di rinunciare all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale tale rinuncia può, peraltro, essere anche implicita, in quanto il citato articolo 79 è volto ad evitare la preventiva elusione dei diritti del locatario ma non esclude la possibilità di disporne, una volta che essi siano sorti. Cass. Sentenza numero 24458 del 24/11/2007 Cass. Sentenza numero 2148 del 31/01/2006 Cass. Sentenza numero 4714 del 25/02/2008 . Di conseguenza il ritenere, come ha deciso la Corte di Appello, che la nullità della clausola travolgerebbe l’intero contratto, consentirebbe al locatore con un accordo preventivo nullo di eludere la normativa vigente e di privare il conduttore di quei diritti inderogabili che il legislatore del ‘78 ha inteso tutelare con la nullità di cui all’articolo 79 L. 392/78. Il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.