Anche per gli ex conviventi, cointestatari di un conto corrente, vale la presunzione di appartenenza dei titoli in parti uguali

In caso di somme di denaro relative a quote societarie depositate sul conto corrente cointestato di due conviventi, i quali successivamente hanno posto fine alla loro relazione, deve operare la presunzione di appartenenza dei titoli in parti uguali ai cointestatari, e quindi ciascun convivente deve ottenere la metà di quanto percepito dall’altro a titolo di rimborso di quote azionarie.

Sul punto la Cassazione con ordinanza n. 20135/18, depositata il 30 luglio. Il caso. La vicenda traeva origine dalla relazione di convivenza intercorsa tra le parti che aveva comportato l’apertura di un comune conto corrente. Il cointestatario, in seguito alla scioglimento di detta convivenza, otteneva il sequestro conservativo delle somme di pertinenza dell’altra cointestataria a garanzia di un credito derivante dal prelievo, da parte di quest’ultima, di somme dal conto corrente, con conseguente pignoramento di tali somme depositate, poi, in un altro conto cointestato con la di lei madre. Successivamente l’interessato chiedeva la condanna al pagamento delle somme di suo spettanza dovute e la madre della pignorata sosteneva, al contrario, che le somme interessate del sequestro fossero di sua esclusiva proprietà e, per questo motivo, proponeva opposizione all’esecuzione. Il primo grado di giudizio si concludeva con sentenza del Tribunale di rigetto dell’opposizione. La Corte d’Appello, adita dai soccombenti, dichiarava la nullità del sequestro e del pignoramento. Secondo la Corte territoriale la pretesta dell’originario cointestatario non sussisteva posto che dalle risultanze delle consulenza tecnica emergeva che lo stesso aveva prelevato complessivamente una somma superiore alla metà dei risparmi da ritenersi di comune spettanza. Tale decisione è impugnata per cassazione dall’ex convivente pignorante. La cointestazione rende solidale il credito. L’unico motivo di ricorso ritenuto fondato dalla Suprema Corte è il quarto, con il quale il ricorrente si duole del rigetto delle domanda di rimborso della metà della somma relativa al rimborso di alcune quote di una società. Tale rimborso era stato accreditato alla sola ex convivente nonostante le quote erano cointestate con il ricorrente. La Cassazione, in primo luogo ha ritenuto esclusa la violazione dell’art. 112 c.p.c. Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato in quanto si tratta di una pronuncia di rigetto implicita derivante dalla decisione della Corte territoriale. In secondo luogo i Giudici di legittimità hanno osservato che assume rilievo l’autonomia di tale voce di credito rispetto a quello vantato in ordine al conto corrente ordinario. Ciò in applicazione della presunzione di appartenenza dei titoli in parti uguali ai cointestatari , la quale non è vinta dalla sola prova di aver avuto la proprietà esclusiva del denaro utilizzato per l’acquisto dei titolo, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito . Conseguentemente, secondo la Suprema Corte, è fondata la pretesa del ricorrente volta ad ottenere la metà di quanto percepito dall’altra cointestataria a titolo di rimborso di dette quote azionarie. In conclusione la Cassazione, rigettando i restanti motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alle uniche doglianze accolte con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 8 novembre 2017 – 30 luglio 2018, n. 20135 Presidente Giancola – Relatore Campanile Fatti di causa 1. C.S.G. , ottenuto il sequestro conservativo delle somme di pertinenza di B. Teresa Michela a garanzia di un credito derivante dal prelievo, da parte della stessa, di somme relative a un conto corrente bancario cointestato, con conseguente pignoramento delle somme depositato su altro conto corrente bancario cointestato alla stessa B. e alla di lei madre P.M. , chiedeva la condanna della prima al pagamento delle somme ritenute di sua spettanza. Nel procedimento, nel quale si era costituita la B. contestando la fondatezza della pretesa, interveniva la P. , sostenendo che le somme interessate dal sequestro erano di sua esclusiva proprietà. 2. Con sentenza del 9 marzo 2004 l’adito Tribunale di Cagliari dichiarò inammissibile l’intervento della P. nonché l’opposizione all’esecuzione proposta dalla B. , che condannò al pagamento della somma di Euro 38.300,19, oltre agli interessi legali. 3. Avverso tale decisione proponevano distinti appelli la P. e la B. . 4. Con ricorso in data 7 febbraio 2005 la P. proponeva opposizione all’esecuzione intrapresa dal C. sulla base della predetta decisione. Il primo grado di tale giudizio, che interessava anche il terzo pignorato Banca Intesa S.p.a., e nel quale interveniva la B. , si concludeva con sentenza del Tribunale di Cagliari del 10 maggio 2010, con la quale l’opposizione della P. e le domande della B. venivano rigettate. Tale decisione veniva appellata dalle parti soccombenti. 5. La Corte di appello di Cagliari, riuniti tutti i giudizi di impugnazione, con la sentenza indicata in epigrafe ha dichiarato ammissibile l’intervento della P. , ha rigettato le domande proposte dal C. ed ha quindi dichiarato la nullità del sequestro e del pignoramento eseguito sul conto intestato alla P. e alla B. . 6. La corte di appello ha in primo luogo rigettato l’eccezione di tardività, per mancato rispetto del termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ., dell’appello proposto dalla B. avverso la sentenza depositata il 9 marzo 2004 si è ritenuto che, essendo la copia notificata a detta parte priva della pagina contenente la parte dispositiva, la notifica fosse inidonea ai fini della decorrenza del termine breve. L’appello doveva quindi ritenersi tempestivo in quanto notificato nel rispetto del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ 7. Ritenuta la legittimità dell’intervento in giudizio della B. in quanto interessata alla pronuncia di illegittimità del sequestro che aveva colpito le somme depositate sul conto corrente bancario a lei cointestato non essendo per altro predicabile la competenza funzionale del giudice dell’esecuzione, poiché all’epoca non era ancora intervenuta la conversione del sequestro in pignoramento , la Corte di appello, premesso che la vicenda si inseriva nel rapporto di convivenza fra il C. e la B. , nel corso della quale era stato aperto il conto corrente cointestato, dal quale la seconda, prima e dopo la cessazione del rapporto, aveva effettuato dei prelievi di somme rilevanti, ottenendo anche il rimborso, a suo esclusivo favore, di quote azionarie intestate ad entrambi, ha osservato che, dovendo trovare applicazione l’art. 1854 cod. civ., doveva tenersi conto della non dei singoli prelievi, ma della loro complessiva consistenza. Richiamate le risultanze della consulenza tecnica contabile espletata nel secondo grado del giudizio, si è quindi osservato, che, prescindendo dai movimenti di danaro non attribuibili ai singoli contestatari, ma da presumersi destinati al soddisfacimento delle quotidiane esigenze della coppia, era emerso che il C. aveva prelevato complessivamente una somma superiore alla metà dei risparmi da ritenersi di comune spettanza la sua pretesa pertanto, appariva infondata. 8. Quanto al giudizio di opposizione proposto dalla P. , si è in primo luogo rilevato che il pignoramento era nullo, in quanto basato su una pretesa riconosciuta insussistente . Si è poi osservato che dagli accertamenti svolti era risultato che le somme depositate sul conto corrente cointestato a lei ed alla figlia B. , era sostanzialmente di pertinenza quasi esclusiva della prima, avendo l’altra effettuato soltanto dei prelevamenti. 9. È stata infine rigettata, in difetto della prova del relativo pregiudizio, la domanda di condanna del C. ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ 10. Per la cassazione di tale decisione il C. propone ricorso, affidato ad otto motivi, cui resistono con distinti controricorsi la P. e la B. , le quali interpongono impugnazione incidentale, illustrata da memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si ribadisce l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dalla B. la corte distrettuale, in violazione degli artt. 153, 156, 160, 325, 326 e 327 cod. proc. civ., non avrebbe considerato che l’eccezione di nullità della notificazione della sentenza era stata sollevata tardivamente e che, in ogni caso, il dispositivo del provvedimento era noto alla parte al suo difensore, come del resto emergeva dalla completezza della proprie difese. 1.1. La censura è infondata. Premesso che la verifica della tempestività della proposizione del gravame deve essere effettuata d’ufficio dal giudice, non appare condivisibile il rilievo fondato sulla tardività dell’eccezione di nullità della notifica della sentenza. Né rileva, come sembra opinare il ricorrente, la mera conoscenza del contenuto del provvedimento impugnato, in quanto solo alla notificazione, nelle forme previste, della decisione, se ed in quanto validamente effettuata, è correlato il decorso del periodo breve di cui all’art. 325 cod. proc. civ. la nullità della notificazione preclude la decorrenza di detto termine Cass., Sez. U, 12 febbraio 1999, n. 51 id., 27 gennaio 1999, n. 1 . In maniera del tutto condivisibile, poi, la Corte territoriale ha escluso la validità della notifica, per il fine sopra indicato, in assenza del dispositivo, della sottoscrizione dei giudici e della data del deposito. 2. Con il secondo mezzo si deduce che, in violazione degli artt. 99, 112, 115, 166, 167, 180, 183, 345 e 346 cod. proc. civ., la corte territoriale avrebbe autonomamente determinato, in assenza di specifiche deduzioni della B. , quale fosse la quota di cui ciascun cointestatario del conto corrente potesse disporre. 2.1. La doglianza è infondata la considerazione del rapporto di convivenza giustifica la riconduzione dei prelevamenti di minore entità, qualificati come non attribuibili , alle ordinarie necessità della vita quotidiana della coppia sotto altro profilo le attribuzioni ai singoli contestatari, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio all’uopo espletata, sono consentanee all’oggetto del processo, come delineato proprio dalla domanda del C. , la cui definizione presupponeva la ricostruzione dei rapporti inerenti al conto corrente bancario cointestato. 3. Del pari infondata è la terza censura, con la quale si afferma che la Corte di appello, in violazione delle norme di riferimento, da un lato avrebbe omesso di applicare la presunzione di irrepetibilità dei prelievi eseguiti in precedenza dai cointestatari, dall’altro avrebbe ritenuto esistente un accordo tra le parti in base al quale i risparmi avrebbero dovuto essere ripartiti tenendo conto dei prelievi effettuati nel tempo da ciascun contestatario. 3.1. La doglianza, che investe l’ubi consistam della controversia in esame, non appare condivisibile. Ben vero, al di là della presunzione di accordi tra i contestatari in merito alla ripartizione delle somme depositate, deve rilevarsi che la questione inerente all’entità complessiva dei prelevamenti assume nella specie rilevanza decisiva. Mette conto di richiamare, a tale proposito, il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui nel conto corrente bancario e di deposito titoli intestato a due o più persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dell’art. 1289 cod. civ., comma 2, in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto Cass., 17 aprile 2015, n. 7915 Cass., 2 dicembre 2013, n. 26991 . Il dispositivo della sentenza impugnata, la cui motivazione, soprattutto per quanto attiene ai riferimenti normativi, va corretta nei termini indicati, è comunque conforme al diritto, per aver la corte distrettuale nella sostanza applicato il suddetto principio, ponendo in evidenza l’assoluta preponderanza - al netto dei prelevamenti destinati a soddisfare ordinarie esigenze di vita - dell’entità complessiva delle somme prelevate dal C. , il quale, per altro, limitandosi ad invocare solo nei propri confronti una valutazione fondata sulla presunzione - senza che ne siano indicati gli indici specifici - di un accordo di irripetibilità , neppure allega che i prelievi effettuati dalla cointestataria del conto corrente superassero l’ammontare complessivo dei propri versamenti. 4. Deve al contrario ritenersi fondato il quarto motivo, con il quale il ricorrente si duole del rigetto della domanda di rimborso della metà della somma relativa al rimborso delle quote Genercomit, accreditato alla sola B. ma cointestate al C. , in quanto, esclusa la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in presenza di una pronuncia implicita di rigetto della domanda, assume rilievo l’autonomia di tale voce di credito rispetto a quello vantato in ordine al conto corrente ordinario. Deve quindi operare la presunzione di appartenenza dei titoli in parti uguali ai cointestatari Cass., 24 febbraio 2010, n. 4496, in cui si precisa che per vincere detta presunzione non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà esclusiva del denaro utilizzato per l’acquisto dei titoli, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito , con conseguente fondatezza della pretesa del ricorrente di ottenere la metà di quanto percepito dalla B. a titolo di rimborso di dette quote azionarie. 5. Il quinto motivo attiene all’attribuzione al C. del prelievo della somma di lire 189.029.062 senza che - si sostiene - fosse stata acquisita alcuna prova, anche in merito all’utilizzazione di tali somme per scopi non concordati. La doglianza - esclusi i riferimenti alle quote del Fondo Genercomit, per i quali valgano le superiori considerazioni - è inammissibile, risolvendosi in una mera richiesta di rivalutazione del merito. Come già evidenziato, la decisione impugnata si fonda sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che vengono criticate in questa sede senza riprodurne il complessivo tenore e, soprattutto, senza indicare con quali modalità ed in quali termini anche con riferimento all’incidenza - per altro prospettata in via ipotetica - di un documento che si assume tardivamente prodotto esse siano state contestate. Premesso che il giudice del merito adempie il proprio onere motivazionale laddove dichiara di aderire alle conclusioni dell’ausiliario, le critiche alle scelte effettuate dal consulente tecnico d’ufficio, così come recepite nella decisione impugnata, per poter incidere sulla motivazione di quest’ultima, non possono risolversi nella proposizione, per la prima volta in questa sede, di censure attinenti alle valutazioni compiute dall’esperto e condivise dal giudice del merito. Con orientamento costante, questa Corte ha affermato il principio secondo cui non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argo-mentativa, tale motivazione, è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice a quo , la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità Cass. 4 maggio 2009, n. 10222 Cass. 6 settembre 2007, n. 18688 Cass. 28 marzo 2006, n. 7078 . 6. La sesta censura attiene all’opposizione all’esecuzione proposta dalla P. . Si deduce omesso esame di un fatto decisivo e violazione degli artt. 1416 e 1854 cod. civ., con particolare riferimento alla ritenuta opponibilità al C. della natura simulata della cointestazione del conto, oggetto del pignoramento presso terzi, alla P. e alla B. . Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, fondamentalmente incentrata sull’insussistenza del credito vantato dal ricorrente nei confronti della B. , a garanzia del quale erano state sequestrate e poi pignorate le somme relative al conto alle predette cointestato. 7. Analogo rilievo di inammissibilità attiene al settimo motivo, con il quale si contesta il giudizio di appartenenza alla P. delle somme depositate sul predetto conto come correttamente rilevato dal P.M., la ragione della decisione - in parte qua - va ravvisata nell’insussistenza del credito vantato dal C. nei confronti della B. , rimanendo del tutto assorbita la questione, alla prima correlata, circa gli effetti della cointestazione del conto corrente in questione. 8. La circostanza testé evidenziata disvela l’infondatezza dell’ottavo mezzo, con il quale si contesta la condanna alle spese del ricorrente nei confronti della B. anche in relazione al giudizio di opposizione la legittimazione della stessa, quale debitrice esecutata, non può essere validamente contestata Cass., Sez. U, 18 febbraio 2014, n. 3773 la valutazione della soccombenza risulta correttamente eseguita. 9. I ricorsi proposti in via incidentale, con i quale si deduce, in termini sostanzialmente sovrapponibili, l’erronea condanna in solido del soccombente C. in favore della Ba. e della B. , sono fondati, in quanto le stesse non solo avevano fatto valere distinte posizioni giuridiche, ma erano assistite da difensori diversi Cass., 13 gennaio 2009, n. 476 . Del pari fondato è il rilievo circa la liquidazione delle spese, per essersi la corte distrettuale immotivatamente discostata dalla nota spese, per altro in violazione dei parametri tariffari vigenti Cass., 2 ottobre 2017, n. 22991 Cass., 5 aprile 2017, n. 20604 . 10. L’impugnata decisione, pertanto, va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Cagliari, che applicherà i principi sopra indicati, provvedendo altresì in merito alle spese relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il quarto motivo del ricorso principale, nonché i ricorsi proposti in via incidentale. Rigetta nel resto cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di a s sello di Cagliari, in diversa composizione.