Nascondere le chiavi della cassaforte non è bastato. E l’assicuratore può negare l’indennizzo

Due casseforti svuotate durante una vacanza. Ma l’assicurato resta a bocca asciutta”. Correttamente infatti la compagnia assicuratrice ha negato l’indennizzo, posto che i ladri furono agevolati nella commissione del furto dalla presenza delle chiavi nell’abitazione stessa, essendo risultato inutile il tentativo di occultarle tra la cenere di un camino.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18532/18, depositata il 13 luglio. La vicenda. Il Tribunale di Torino veniva chiamato a decidere sulla richiesta di condanna a titolo di indennizzo avanzata nei confronti di una compagnia assicuratrice da parte di un assicurato a seguito del furto subito all’interno della propria abitazione coperta appunto da polizza assicurativa. L’indennizzo era stato rifiutato dall’assicuratrice poiché le casseforti murate ubicate nell’immobile erano state aperte con le chiavi custodite nell’abitazione stessa. La convenuta resisteva dunque in giudizio rilevando che – ex art. 1900 c.c. - il sinistro era stato cagionato dalla colpa grave dell’assicurato, nonostante le chiavi fossero state nascoste tra la cenere del camino. Il Tribunale accoglieva l’eccezione valutando la condotta dell’attore come colpe grave e respingendo l’argomentazione secondo cui i ladri avrebbero comunque potuto aprire le casseforti a prescindere dalla presenza delle chiavi. La Corte d’Appello adita dal soccombente condivideva la decisione di prime cure sottolineando la rilevanza, anche in materia assicurativa, del principio penalistico della conditio sine qua non . Il comportamento dell’assicurato quale conditio sine qua non dell’evento dannoso. L’assicurato ricorre dunque dinanzi alla Corte di legittimità lamentando la violazione dell’art. 1900 c.c La norma esclude infatti l’indennizzo assicurativo in caso di sinistri causati da dolo o colpa grave dell’assicurato, condotta consistente nel comportamento di chi operi con straordinaria negligente omettendo anche quella minima diligenza osservata da tutti. Il ricorrente deduce che il suo comportamento non possa essere interpretato in tal senso, essendo al più configurabile una colpa ordinaria che tenga conto della sua qualifica di consumatore e che, in caso di dubbio sull’interpretazione di una clausola negoziale, comporta la prevalenza dell’interpretazione più favorevole al consumatore. Egli infatti afferma di ave assicurato i cancelli di accesso con catenaccio e serratura, di aver installato un idoneo sistema di allarme, nonché finestre e serrande dotate di inferiate, di aver nascoste le chiavi delle casseforti nelle ceneri di uno dei camini presenti nell’abitazione e di ave ubicato le medesime casseforti nel bagno di servizio. Analizzando la censura, la Corte evidenzia come il ricorso miri sostanzialmente ad una rilettura dei fatti rispetto a quella operata dai Giudici di merito esponendosi dunque alla dichiarazione di inammissibilità. Correttamente infatti la sentenza impugnato ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1900 c.c., non è elemento indispensabile il fatto che la condotta dell’assicurato abbia costituito la causa unica del verificarsi del danno poiché, in base al nesso di causalità materiale tra la condotta dell’assicurato e il danno, occorre far riferimento al principio penalistico della conditio sine qua non , temperato da quella della regolarità causale. Ne consegue dunque che, laddove l’evento danno sia derivato da una pluralità di comportamenti, tutti hanno eguale valore causale senza distinzione tra cause mediate ed immediate, dirette od indirette.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 2 marzo – 13 luglio 2018, n. 18532 Presidente Vivaldi – Relatore Positano Fatto e diritto Rilevato che G.G. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Torino, la compagnia Saxa Assicurazioni S.p.A. chiedendone la condanna al pagamento dell’importo di Euro 65.000, pari al massimale assicurato, a titolo di indennizzo per il furto subito in data 9 gennaio 2010 all’interno della propria abitazione e coperto da una polizza stipulata tra le parti il 24 novembre 2009, anche a garanzia del furto interno all’immobile. L’assicuratore aveva rifiutato di indennizzare il valore degli oggetti contenuti in due casseforti murate, ubicate nell’immobile, poiché le stesse erano state aperte con le chiavi rinvenute all’interno dell’immobile svaligiato. Costituitasi la compagnia chiedeva il rigetto della domanda ai sensi dell’articolo 13, lett. C, delle condizioni generali del contratto e dell’articolo 1900 c.c. rilevando che il sinistro era stato agevolato dalla colpa grave dell’assicurato. La lite riguardava esclusivamente il profilo della valutazione della condotta dell’assicurato e, in particolare, se la circostanza di lasciare le chiavi delle casseforti in casa, pur celate in un mucchio di cenere nel camino, costituisse o meno colpa grave tale da escludere, ai sensi della polizza, l’obbligo di indennizzo il Tribunale di Torino con sentenza del 6 dicembre 2012 valutava in termini di colpa grave la condotta dell’attore, richiamando un precedente della Corte di legittimità in termini, respingendo l’argomentazione di parte attrice circa l’irrilevanza causale della presenza delle chiavi, in quanto i ladri avrebbero comunque potuto aprire le casseforti, considerando tale ultimo profilo privo di dimostrazione ed entrando nell’ambito delle condotte alternative ipotetiche avverso tale decisione il G. proponeva appello con atto di citazione notificato il 4 giugno 2013 ribadendo la tesi dell’insussistenza della colpa grave e lamentando la violazione dell’articolo 1900 c.c. sotto il duplice profilo della sussistenza di dati probatori rappresentati dalle fotografie attestanti il tentativo dei ladri di operare lo scasso del muro per asportare le casseforti, oltre che l’errata valutazione in fatto riguardo alla presunta mancanza di prova della rimozione dal muro delle due casseforti. La compagnia di assicurazione chiedeva il rigetto dell’appello con sentenza del 18 novembre 2015 la Corte d’Appello di Torino rigettava l’impugnazione richiamando il precedente di questa Corte di legittimità n. 7765 del 2005 secondo cui anche in materia assicurativa opera il principio penalistico della conditio sine qua non per cui quando l’evento dannoso consegue a una pluralità di comportamenti, tutti hanno eguale valore causale e in questi termini il rinvenimento delle chiavi nel caminetto ha certamente agevolato l’apertura delle due casseforti. In concreto, la circostanza di avere lasciato le chiavi sotto la cenere del camino costituiva, secondo la Corte territoriale, una condotta grave tenuto conto delle circostanze di tempo di luogo e dell’ingente valore dei beni depositati nelle casseforti avverso tale decisione G.G. Propone ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo e la compagnia Axa Assicurazioni S.p.A. deposita controricorso e successiva memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. Considerato che con l’unico motivo di ricorso G. lamenta la violazione dell’articolo 1900 c.c. con riferimento all’esimente della colpa grave, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c Tale condotta consiste nel comportamento consapevole di chi operi con straordinaria negligenza omettendo anche quel grado minimo di diligenza osservato da tutti. Al contrario, nel caso di specie, il ricorrente aveva assicurato i cancelli di accesso con apposito catenaccio e serratura, aveva dotato la casa di idoneo sistema di allarme, di serrande e finestre munite di inferriate, aveva nascosto le chiavi delle casseforti all’interno delle ceneri di uno dei camini e sistemato le due casseforti nel bagno di servizio. Pertanto, sarebbe prospettabile al più la colpa ordinaria, che deve anche tenere conto della qualifica di consumatore del ricorrente, che consente il caso di dubbio sull’interpretazione di una clausola negoziale, di ritenere prevalente l’interpretazione più favorevole al consumatore. In definitiva, il profilo della prevedibilità o meno del rinvenimento delle chiavi non consente di prospettare una condotta gravemente colposa il motivo è inammissibile poiché parte ricorrente pur denunciando, formalmente, ipotetiche violazioni di legge che vizierebbero la sentenza di secondo grado, perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità sollecita a questa Corte una nuova ed inammissibile valutazione delle risultanze di fatto ormai definitivamente cristallizzate sul piano processuale sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così strutturando il giudizio di cassazione in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai consolidatosi, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa odi quella ricostruzione probatoria, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata - quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità in particolare, il ricorrente censura la ricostruzione in fatto operata dai giudici di merito, evidenziando i profili di cautela adottati attraverso l’apposizione di un catenaccio, di una serratura, del sistema d’allarme, di serrande e inferriate oltre che per la peculiarità di nascondere le chiavi delle casseforti nelle ceneri di uno dei camini, richiedendo alla Corte di legittimità di valutare la congruità di tali condotte e l’inquadrabilità in termini di colpa ordinaria o colpa grave, prospettando anche le condotte alternative che l’assicurato avrebbe potuto porre in essere portare con sé le chiavi in viaggio, eccetera rispetto alla ricostruzione in fatto adottata dalla Corte territoriale nel valutare in concreto la condotta dell’assicurato in termini di colpa grave, quest’ultimo oppone una ricostruzione alternativa che non consente di superare le analitiche valutazioni del giudice di appello, il quale ha evidenziato che nelle condizioni contrattuali di polizza è prevista l’esclusione dei danni agevolati con colpa grave dal contraente, per cui la verifica della sussistenza della colpa grave è stata rapportata alla funzione di agevolazione o meno, del furto, attraverso la scelta di lasciare le chiavi nascoste nella cenere del camino. La Corte territoriale ha valorizzato la circostanza della particolare situazione logistica dell’immobile, villetta in zona periferica, isolata, che avrebbe consentito ai ladri, così come puntualmente è avvenuto, di agire in assoluta tranquillità per lungo tempo, al fine di ricercare tutti gli oggetti di valore e le chiavi delle cassaforte ha ribadito che non è indispensabile che la condotta dell’assicurato costituisca la causa unica della verificazione dell’evento di danno, in quanto,sulla base del nesso di causalità materiale tra la condotta dell’assicurato e tale evento occorre fare ricorso al principio penalistico della condictio sine qua temperato da quello della regolarità causale, con la conseguenza che quando l’evento dannoso è derivato da una pluralità di comportamenti, tutti hanno eguale valore causale senza distinzione tra cause mediate e immediate, dirette e indirette ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza. Infine, va dato atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, n. 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della L., 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.T.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.