Il turista gravemente malato che rinuncia al pacchetto “all inclusive” ha diritto alla restituzione

Gli artt. 1463 Impossibilità totale e 1256 Impossibilità sopravvenuta escludono che l’impossibilità sopravvenuta alla prestazione debba essere necessariamente ricollegata al fatto di un terzo e hanno la funzione di proteggere la parte impossibilitata a fruire della prestazione pattuita con lo scopo di ricostruire il sinallagma contrattuale compromesso. Senza in nessun modo spostare l’ambito contrattuale della responsabilità .

Così la Cassazione con sentenza n. 18047/18, depositata il 10 luglio. La vicenda. Il Giudice di Pace di Bologna accoglieva la domanda di restituzione della somma pagata formulata da un turista che, a causa di una grave e improvvisa patologia, aveva dovuto rinunciare al pacchetto turistico all inclusive ” acquistato dalla società convenuta. Il Tribunale respingeva l’appello promosso dalla società soccombente in primo grado. Successivamente quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione, lamentando con la prima doglianza la violazione degli artt. 1463 Impossibilità totale , 1256 Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea e 1345 c.c. Motivo illecito . La causa del contratto. La ricorrente sostiene che il Giudice di merito abbia fatto confusione tra la causa del contratto e i motivi di esso. Secondo la Cassazione tale rilievo è infondato, in quanto il Tribunale correttamente ha inquadrato la fattispecie nell’ipotesi in cui la causa del contratto, consistente nella fruizione di un viaggio con finalità turistica, diviene inattuabile per una causa di forza maggiore, non prevedibile e non ascrivibile alla condotta dei contraenti . Ricorda sul punto la Suprema Corte che la causa in concreto, ossia lo scopo pratico del contratto, conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell’economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili dall’altra . Da quanto premesso consegue che il Tribunale, valutando la causa e i motivi dell’acquisto del pacchetto turistico congiuntamente, ha riscontrato il gravissimo impedimento che non aveva consentito alla fruizione della prestazione contrattuale ed ha correttamente applicato i richiamati principi con i quali la previsione di cui all’art. 1463 c.c. risulta perfettamente compatibile, con riferimento a tutti i contraenti . Impossibilità sopravvenuta e responsabilità. Gli Ermellini si sono occupati poi del secondo aspetto del motivo di ricorso della ricorrente riguardante le diverse ipotesi di impossibilità sopravvenuta per fatto ascrivibile a terzi e non alle parti. Secondo la ricorrente il mancato viaggio non era dipeso da fatti relativi all’esercizio dell’attività imprenditoriale , ma da un impedimento soggettivo del fruitore delle prestazione che non poteva determinare un effetto completamente liberatorio/risolutorio in suo favore . Sul punto la Cassazione ha evidenziato che deve escludersi che l’impossibilità sopravvenuta debba essere necessariamente ricollegata al fatto di un terzo, in quanto la non imputabilità al debitore art. 1256 c.c. non restringe il campo delle ipotesi ma, per quanto sopra argomentato, consente di allargare l’applicazione della norma a tutti i casi, meritevoli di tutela, in cui sia impossibile, per eventi imprevedibili e sopravvenuti, utilizzare la prestazione oggetto del contratto . Infine conclude la Corte, rigettando integralmente il motivo di ricorso, l’art. 1463 c.c. ha la funzione di protegge la parte impossibilitata alla fruizione della prestazione pattuita, non spostando in nessun modo l’ambito contrattuale della responsabilità. In conclusione i Giudici di legittimità, ritenendo infondati anche i restanti motivi, ha rigettato il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 febbraio – 10 luglio 2018, n. 18047 Presidente Chiarini – Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. A.A. e L.L. convennero in giudizio, dinanzi al giudice di pace di Bologna, la Settemari Spa e, premesso di aver acquistato presso la società un pacchetto turistico all inclusive al quale avevano dovuto rinunciare a causa della grave ed improvvisa patologia che aveva colpito l’A. , domandarono la condanna della società alla restituzione della somma da loro pagata come prezzo dell’intera prestazione pattuita. 2. Il giudice di pace accolse la domanda il Tribunale di Bologna, per ciò che interessa in questa sede, respinse l’appello della società, compensando parzialmente le spese del grado. 3. Ricorre per la cassazione della sentenza la Becana Srl in liquidazione già Settemari Spa affidandosi a cinque motivi illustrati anche con memoria. 4. La parte intimata ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, la società ricorrente deduce ex art. 360 n. 3 cpc la violazione degli artt. 1463, 1256, 1325, 1345 c.c ed art. 3 Cost. nonché, ex art. 360 n. 5 cpc, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Al riguardo a. contesta l’interpretazione degli artt. 1463 e 1345 c.c., assumendo che il giudice d’appello aveva confuso la causa del contratto con i motivi di esso b. deduce l’inconferenza degli arresti di legittimità richiamati, riguardanti la diversa ipotesi di impossibilità sopravvenuta per un fatto ascrivibile a terzi e non alle parti assume che non era stato considerato che la mancata partecipazione al viaggio non era dipesa da fatti relativi all’esercizio dell’attività imprenditoriale, ma ad un impedimento soggettivo del fruitore della prestazione che non poteva determinare un effetto completamente liberatorio/risolutorio in suo favore c. assume che l’art. 1463 c.c. non prescriveva una regolamentazione inderogabile né l’inserimento di clausole che potessero implicare uno sbilanciamento del sinallagma contrattuale con trasferimento del rischio solo a carico dell’operatore turistico. 1bis. Il motivo è complessivamente infondato. Circa il primo rilievo, si osserva che il Tribunale ha fatto corretta applicazione delle norme sopra richiamate, inquadrando la fattispecie in esame nell’ipotesi in cui la causa del contratto, consistente nella fruizione di un viaggio con finalità turistica, diviene inattuabile per una causa di forza maggiore, non prevedibile e non ascrivibile alla condotta dei contraenti. Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che la causa in concreto - intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello negoziale utilizzato - conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell’economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili dall’altra . cfr. Cass. 8100/2013 Cass. 12069/2017 . Pertanto il Tribunale, nella congiunta valutazione della causa e dei motivi che avevano indotto all’acquisto del pacchetto turistico, ha dato forma al concetto di causa concreta del contratto attinente all’aspetto della funzione economico - sociale del negozio giuridico posto in essere cfr. anche in motivazione Cass. 26958/2007 e, valutando il gravissimo impedimento che non aveva consentito ai contraenti di fruirne, ha correttamente applicato il principio sopra enunciato con il quale la previsione di cui all’art. 1463 c.c. risulta perfettamente compatibile, con riferimento a tutti i contraenti. E, tanto premesso, anche il secondo rilievo non è condivisibile. Questa Corte ha affermato che la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell’art. 1463 cod. civ., può essere invocata da entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta possibile. In particolare, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione . cfr. Cass. 26958/2007 . Tale arresto che, per gli aspetti fattuali, risulta sovrapponibile al caso in esame contiene principi ai quali questo collegio intende dare seguito, dovendosi escludere che l’impossibilità sopravvenuta debba essere - come prospettato dal ricorrente - necessariamente ricollegata al fatto di un terzo la non imputabilità al debitore v. art. 1256 c.c. non restringe il campo delle ipotesi ma, per quanto sopra argomentato, consente di allargare l’applicazione della norma a tutti i casi, meritevoli di tutela, in cui sia impossibile, per eventi imprevedibili e sopravvenuti, utilizzare la prestazione oggetto del contratto. Anche il terzo rilievo non può essere condiviso. La società ricorrente lamenta, infatti, che la decisione impugnata contiene argomentazioni che si traducono in uno sbilanciamento del sinallagma contrattuale e nel trasferimento del rischio dell’evento accidentale a totale carico del tour operator, con conseguente costituzione di una sorta di responsabilità oggettiva. L’assunto è infondato. L’art. 1463 c.c. assume una funzione di protezione in relazione alla parte impossibilitata a fruire della prestazione pattuita e ciò è funzionale, in linea generale, proprio alla ricostituzione del sinallagma compromesso, non spostando l’ambito contrattuale della responsabilità. 2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1463 e 2033 c.c. assume che la malattia dell’A. si era verificata il giorno prima della partenza quando la prestazione era già iniziata, e che la società aveva iniziato ed in parte completato l’esecuzione del contratto. Si configurava, in tal modo, a suo carico un’ipotesi di indebito arricchimento in favore della parte attrice. Il motivo è infondato. Le parti contraenti, infatti, non hanno minimamente fruito della prestazione al riguardo questa Corte ha avuto modo di chiarire che l’azione generale di arricchimento ingiustificato, avendo natura sussidiaria, può essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale fondare un diritto di credito Cfr. Cass. 26199/2017 nel caso di specie, le pretese dell’odierna parte controricorrente si fondano legittimamente sull’applicazione dell’art. 1463 c.c. e trovano pertanto un fondamento specifico che non consente neanche di ipotizzare l’ipotesi di cui all’art. 2033 c.c 3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n° 3 cpc con riferimento all’art. 1385 c.c. ed alla direttiva comunitaria 90/314 in tema di recesso del viaggiatore lamenta altresì l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti e consistente nella mancata stipula della polizza assicurativa che era stata offerta ai contraenti per garantire gli derivanti da inconvenienti imprevedibili. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. La censura, infatti, è espressamente riferita agli artt. 90 e 91 del Codice del Consumo sui quali il Tribunale ha congruamente argomentato cfr. pag. 6 della sentenza il ricorrente, chiede, dunque, pur denunciando formalmente il vizio di violazione di legge, una rivisitazione del merito e della motivazione della controversia sul punto, preclusa in sede di legittimità in presenza di motivazione logica e sufficiente. Né la mancata stipula, da parte dei contraenti, della polizza assicurativa volta a coprire eventi imprevedibili come quello in esame, sposta i termini della decisione. Tale possibilità, infatti, all’epoca in cui venne acquistato il pacchetto turistico costituiva una mera facoltà sia per il cliente che per l’operatore turistico ciò non incide, dunque, sulla valutazione dell’impossibilità sopravvenuta alla prestazione, secondo quanto sinora argomentato. Vale al riguardo rilevare che proprio la recente Direttiva Comunitaria del 2015/2302 sui pacchetti turistici, richiamata dal ricorrente, è stata recentemente recepita ma non è ancora in vigore nel nostro ordinamento ciò rafforza la dimostrazione che all’epoca della controversia prevaleva la disciplina correttamente applicata dal Tribunale, la cui interpretazione deve tenere conto sia del rischio generale connaturato all’attività imprenditoriale sia del dovere di solidarietà sociale universalmente applicabile Cass. 14662/2015 . 4. Con il quarto motivo, la ricorrente, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1463 e 1672 c.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, consistente nell’applicazione delle norme relative al contratto di trasporto ed al contratto di mandato censura, altresì, il richiamo del Tribunale all’art. 1672 c.c., ritenendolo inconferente rispetto al caso in esame. Il motivo è inammissibile. Nonostante la formale evocazione del vizio di violazione di legge, il ricorrente chiede una diversa motivazione della sentenza prospettando un vizio che non può più trovare ingresso in sede di legittimità, vista la modifica dell’art. 360 n. 5 introdotta con al L. 134/2012. Circa la postulata applicazione degli artt. 1686 e 1720 c.c., si osserva, poi, che la censura risulta nuova e quindi inammissibile. 5. Infine, con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 cpc, dell’art. 91 cpc chiede la compensazione delle spese anche del primo grado visto che l’appello era stato parzialmente accolto. Il motivo è inammissibile, in quanto, in presenza di parziale soccombenza in appello la statuizione di compensazione delle spese di primo grado non è sindacabile in sede di legittimità cfr. ex multis Cass. 18236/2003 Cass. 4799/2006 Cass. 30599/2017 In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma ibis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere del grado che liquida in Euro 1400,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi oltre accessori e rimborso spese generali nella misura di legge. Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.