Quando il contratto di assicurazione è annullabile per reticenza dell’assicurato

Il contratto di assicurazione è annullabile per reticenza dell’assicurato laddove quest’ultimo abbia coscientemente e volontariamente omesso di riferire alla controparte, dietro espressa domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che ha poi dato luogo al sinistro.

Sul tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13399/18, depositata il 29 maggio. Il caso. A seguito di un sinistro, la compagnia assicuratrice presso cui era assicurata la danneggiata rifiutava l’indennizzo per la tardiva denuncia dell’evento, affermando inoltre che, sul piano fattuale, non c’era prova della natura e del nesso causale tra le pregresse patologie invalidanti e la sopravvenuta invalidità civile totale. In particolare, l’assicurata aveva sottaciuto in sede di stipula della polizza le pregresse patologie di cui era affetta, circostanza che aveva portato la compagnia assicurativa ad eccepire l’invalidità del contratto ex art. 1892 c.c. Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave . Il Tribunale di Udine rigettava la domanda dell’assicurata, decisione confermata poi anche in appello. La soccombente ricorre dunque per cassazione. Annullabilità del contratto di assicurazione. La ricorrente sostiene che l’affermazione generica di non soffrire di malattie gravi in sede di stipula della polizza, proprio per la sua genericità, non è idonea ad identificare le circostanze rilevanti per l’assunzione del rischio con conseguente inapplicabilità dell’art. 1892 c.c In tema di oneri di informazione da parte dell’assicurato, la Corte di Cassazione richiama la sentenza n. 19520/17 con cui i medesimi Giudici di legittimità avevano statuito che il contratto di assicurazione è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte laddove l’assicurato abbia coscientemente e volontariamente omesso di riferire alla controparte, su espressa domanda di quest’ultima, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che ha poi dato luogo al sinistro. La precedente sentenza n. 25011/08 afferma inoltre che la conoscenza da parte dell’assicuratore della reticenza o inesattezza delle dichiarazioni fornite dall’assicurato, rilevante ai fini dell’annullamento del contratto, non può essere confusa con quella dei soggetti che non hanno il potere di rappresentarla, il cui stato soggettivo è irrilevante ai sensi dell’art. 1391 c.c Peraltro non può escludersi che, anche in assenza del potere rappresentativo come nel caso di espletamento della relativa attività da parte di procacciatore d’affari o agente privo di rappresentanza , possa verificarsi un trasferimento di conoscenze acquisite in relazione al rischio assicurato dall’incaricato alla compagnia di assicurazioni, sua mandante, ma, ai fini del recesso, è necessario che tale trasmissione di conoscenze sia concretamente provata . Non essendosi la Corte territoriale adeguata a tali principi, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 6 marzo – 29 maggio 2018, numero 13399 Presidente De Stefano – Relatore Fiecconi Svolgimento in fatto 1. La vicenda da cui origina la controversia inerisce a un sinistro assicurato da una polizza sottoscritta il 12.9.2003 da M.A. , che prevedeva, tra i rischi assicurati, le affezioni conseguenti a morsi e punture di animali, evento denunciato con lettera raccomandata il 9.5.2007 alla propria compagnia assicuratrice AXA. La compagnia assicuratrice ha rifiutato l’indennizzo perché il sinistro era già stato accertato il omissis e dunque la denuncia era tardiva inoltre ha dedotto che, sul piano fattuale, non vi era prova della natura e del nesso causale tra la condizione di invalidità acquisita dall’assicurata già invalida civile al 70% e la malattia neurologica derivata dal morso di zecca che l’aveva condotta a una invalidità civile del 100%. la compagnia ha dedotto altresì che l’assicurata all’epoca della stipula aveva sottaciuto le pregresse patologie invalidanti da cui era affetta e pertanto eccepiva l’invalidità della polizza ex art. 1892 cod. civ Ne nasceva una controversia instaurata dall’assicurata nei confronti dell’assicuratore innanzi al tribunale di Udine che, con sentenza n47/12 del 23.5.2012, rigettava la domanda sulla base delle risultanze di una CTU. Con sentenza 209/2016 pubblicata il 12.4.2016, la Corte d’appello di Trieste, dopo avere esperito una nuova CTU, confermava la sentenza di primo grado numero 47/12 del 23.5.2012 e respingeva la domanda di M.A. di indennizzo in virtù delle polizze assicurative i stipulate con AXA, in relazione a un sinistro accertato il 18.4.2006 neuroborelliosi da morso di zecca che la aveva condotta a una invalidità neurologica del 100%. Il giudice di seconde cure, nel respingere la domanda, si discostava dalle valutazioni svolte dal CTU e accoglieva l’eccezione preliminare di AXA di perdita del diritto di indennizzo per avere la M. sottaciuto le proprie pregresse patologie, ritenute come neurologiche, al momento della sottoscrizione della polizza, che la avevano resa invalida al 70% sin dal 17.1.2003, non comunicate all’atto di sottoscrizione della polizza. 2. La ricorrente M.A. , con ricorso notificato a mezzo posta il 13.6.2016 ricorre in cassazione avverso la sentenza n 209/2016 depositata il 12.4.2016, e notificata a mezzo PEC il 13.4.2016, deducendo due motivi di nullità della sentenza. Parte resistente ha notificato controricorso e ha dedotto l’inammissibilità e infondatezza del ricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ Il Pubblico Ministero ha concluso per l’inammissibilità del primo e del secondo motivo. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si deduce il vizio ex art. 360 numero 4 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 132, comma 4, e 115 cod. proc. civ., non avendo la Corte indicato le ragioni per le quali ha ritenuto di disattendere tutti gli accertamenti, le valutazioni e le conclusioni racchiuse nella relazione peritale svolta in grado di appello. Il motivo è fondato per l’assoluta pretermissione delle puntuali argomentazioni della CTU in ordine alla irrilevanza del quadro pregresso sulla finale gravità dello stato di salute riscontrata. La CTU svolta in appello ha limitato nella misura del 55%, al netto della rimanente situazione di comorbilità, il quantum della invalidità contratta per effetto del morso della zecca causativa della neuroboreliosi tardiva cronica , escludendo analoga incidenza neurologica da parte delle malattie pregresse da cui era affetta la vittima. La Corte di merito, nel valutare tale incidenza, ha considerato come neurologico il quadro patologico pregresso mielite trasversa e neurite ottica , senza però confrontarsi con il diverso esito della CTU in ordine alle cause dell’invalidità riscontrata per effetto del morso di zecca. Sulla necessità per il giudice del merito di svolgere un’adeguata motivazione, si cita veda Cass. Sez. 3, Sentenza numero 13922 del 07/07/2016, ove si afferma che il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, numero 5, cod.proc.civ., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in un giudizio per il risarcimento dei danni cagionati ad un neonato in occasione del parto, aveva disatteso i rilievi tecnici formulati dal CTU, secondo i quali gli interventi praticati durante il travaglio ed il parto non corrispondevano ai protocolli della corretta assistenza, senza indicare le ragioni per cui aveva ritenuto erronei tali rilievi, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione contrastante con essi . In tal senso si veda anche Cass. Sez. 3, Sentenza numero 20125 del 07/10/2015, ove si sancisce che il giudice d’appello, qualora dissenta dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nominato in secondo grado e accolga quelle del consulente tecnico d’ufficio designato in primo grado, deve enunciare le ragioni della scelta,contestando le contrastanti argomentazioni della seconda consulenza. 2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1892,1337 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360 numero 3 cod. proc. civ.e la violazione degli artt. 132, comma 4, cod.proc. civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 numero 4. cod. proc. civ., per la parte in cui il giudice ha dichiarato inefficace l’assicurazione stipulata per avere l’assicurata taciuto le proprie pregresse patologie ai sensi dell’art. 1892 cod. civ., in quanto la condizione di patologia generale avrebbe indotto l’assicuratore a desistere dal consenso. La ricorrente sul punto deduce che l’affermazione generica di non soffrire di malattie gravi, minorazioni anatomiche o funzionali o imperfezioni fisiche, per la sua genericità, non vale ad identificare le circostanze rilevanti per l’assunzione del rischio oltretutto il CTU avrebbe indicato che gli effetti invalidanti su un corpo perfettamente integro e sano sarebbero stati i medesimi pertanto è stata erroneamente ritenuta fondata l’eccezione dell’assicuratore in carenza di un formulario ed in presenza di un quadro clinico irrilevante e comunque noto all’assicuratore ed al suo agente riferisce infine la ricorrente che l’agente che ha stipulato la polizza era del tutto a conoscenza della situazione in cui versava l’assicurata. Osserva la Corte che nel caso specifico la considerazione avrebbe dovuto svolgersi tenendo conto delle circostanze del caso e non in astratto. In materia di oneri di informazione da parte dell’assicurato occorre fare riferimento al precedente stabilito da Cass. Sez. 3 -, Ordinanza numero 19520 del 04/08/2017, ove si sancisce che il contratto di assicurazione è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c. quando l’assicurato abbia con coscienza e volontà omesso di riferire all’assicuratore, nonostante gli sia stata rivolta apposita domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria anche la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro . Sul ivi punto, rileva anche il precedente di cui a Cass., Sez. 3, Sentenza numero 25011 del 10/10/2008, ove si afferma che la conoscenza da parte dell’impresa assicuratrice della reticenza dell’assicurato o dell’inesattezza delle sue dichiarazioni, rilevante ai fini dell’annullamento del contratto di assicurazione, non può essere confusa con quella dei soggetti che non hanno il potere di rappresentarla, il cui stato soggettivo è irrilevante ai sensi dell’art. 1391 cod. civ Peraltro non può escludersi che, anche in assenza del potere rappresentativo come nel caso di espletamento della relativa attività da parte di procacciatore d’affari o agente privo di rappresentanza , possa verificarsi un trasferimento di conoscenze acquisite in relazione al rischio assicurato dall’incaricato alla compagnia di assicurazioni, sua mandante, ma, ai fini del recesso, è necessario che tale trasmissione di conoscenze sia concretamente provata dall’assicurato, anche mediante presunzioni . Le valutazioni svolte dalla Corte di merito non hanno tenuto conto di tali parametri di valutazione per sancire l’inefficacia del contratto di assicurazione. Pertanto il motivo è fondato. 3. Conclusivamente vengono accolti il primo e secondo motivo, pertanto la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste affinché giudichi in diversa composizione anche sulle spese di questo giudizio. P.Q.M. accoglie il primo e secondo motivo cassa con rinvio alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, anche per le spese.