Sul collegamento negoziale fra il contratto di mutuo e quello di conto corrente

L’accreditamento, da parte della banca, della somma mutuata sul conto corrente intestato al mutuatario non altera la natura del contratto di mutuo e non è idoneo, di per sé, a dimostrare il collegamento negoziale con il contratto di conto corrente.

Con la sentenza n. 404 dell’8 maggio 2018 il Tribunale di Castrovillari si è occupato del tema, sempre più dibattuto nelle aule di giustizia, del collegamento negoziale fra contratto di mutuo e contratto di conto corrente. La fattispecie. Una società ed i suoi fideiussori proponevano opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Castrovillari col quale era stato loro ingiunto il pagamento, a favore della banca, di una somma pretesa a titolo di saldo debitore del conto corrente intestato alla società. A sostegno della richiesta di revoca del decreto ingiuntivo, parte opponente assumeva che la produzione in giudizio, da parte della banca, di alcuni estratti conto non era idonea a provare il credito preteso in ingiunzione. Veniva inoltre eccepita l’usurarietà degli interessi applicati sul conto corrente, l’illegittimità dell’anatocismo e delle pretese a titolo di commissioni di massimo scoperto e di spese non pattuite. Gli attori, con separati atti di citazione, proponevano, altresì, opposizione avverso i decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Castrovillari con i quali era stato loro ingiunto il pagamento a favore della banca della somma pretesa in forza dei contratti di mutuo stipulati dalla medesima società. A sostegno di questa opposizione, veniva eccepita la nullità del contratto di mutuo poiché stipulato al sol fine di ripianare l’esposizione debitoria del conto corrente il cui saldo debitore doveva ritenersi inquinato dall’illegittima applicazione di interessi ultra legali, usura, anatocismo, commissioni di massimo scoperto ed altri addebiti non dovuti. La parte opponente denunciava la mancata traditio della somma mutuata che, attraverso l’accredito sul conto corrente con saldo negativo, di fatto non sarebbe mai entrata nelle disponibilità del mutuatario. Si costituiva in giudizio la banca chiedendo il rigetto delle opposizioni, poi riunite, e la conferma dei decreti ingiuntivi. In relazione al contratto di conto corrente accolta l’opposizione al decreto ingiuntivo non avendo la banca fornito la prova del credito. In riferimento al rapporto di conto corrente, osserva il Tribunale che, alla iniziale incompletezza della documentazione posta a fondamento della richiesta di ingiunzione, la banca creditrice non ha rimediato nel corso del giudizio, avendo la stessa omesso di depositare gli ulteriori estratti conto relativi ai primi otto anni del rapporto di conto corrente. Tale omissione, a fronte della contestazione da parte del correntista del debito in ragione della denunciata illegittimità degli interessi applicati in misura superiore al tasso soglia, del praticato anatocismo e dell’applicazione di commissioni di massimo scoperto ed altri oneri non pattuiti, non consente – ad avviso del Giudice – di ricostruire esattamente il rapporto dare-avere tra le parti e, quindi, la correttezza e la legittimità della pretesa creditoria vantata dalla banca. In buona sostanza, l’incompletezza della documentazione prodotta in giudizio dalla banca, impedendo l’esatta ricostruzione del rapporto, non consente di determinare il saldo finale del conto corrente e rende infondata la pretesa creditoria. A niente potendo rilevare né l’insussistenza dell’obbligo della banca di conservare le scritture contabili per oltre dieci anni Cass. n. 13258/17 che attribuisce al creditore l’onere di provare tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto , né il ricorso a criteri presuntivi e approssimativi per dimostrare l’entità del proprio credito Cass. n. 20693/16 . In relazione ai contratti di mutuo respinta l’opposizione al decreto ingiuntivo non avendo gli opponenti fornito la prova del collegamento negoziale fra il contratto di mutuo e quello di conto corrente. In relazione ai contratti di mutuo, osserva il Tribunale che le doglianze incentrate sul collegamento negoziale tra i contratti di mutuo e quello di conto corrente non sono fondate. Innanzitutto viene rilevato che l’accreditamento della somma mutuata su conto corrente intestato al mutuatario non snatura il contratto di mutuo, ritenuto, dunque, validamente perfezionato. E ciò perché la tradito rei può essere realizzata attraverso l'accreditamento in conto corrente della somma mutuata a favore del mutuatario, perché in tal modo il mutuante crea, con l'uscita delle somme dal proprio patrimonio, un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario Cass. n. 2483/01 . Soggiunge il Giudice che, nella fattispecie, tale modalità di consegna è l’unico elemento di collegamento tra i contratti di mutuo ed il contratto di conto corrente, secondo le allegazioni dell’opponente che ha mancato di indicare ulteriori dati univocamente diretti a provare tale nesso di interdipendenza. Viene ricordato che gli elementi costitutivi del collegamento negoziale, in aderenza all’insegnamento della Suprema Corte di Legittimità, sono rappresentati sia da un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale Cass. n. 11974/10 . Con la precisazione che non è sufficiente che quel fine sia perseguito da una delle parti all'insaputa e senza la partecipazione dell'altra Cass. n. 13580/04 . Nel caso di specie, gli elementi addotti dall’opponente non comprovano univocamente né l’intento delle parti di collegare in un’unica e complessa fattispecie negoziale i contratti di mutuo al contratto di conto corrente, né la comunanza di tale intento alla banca opposta la cui condotta negoziale, osserva il Tribunale, è rimasta neutra rispetto a tale fine. In conclusione, la mancata prova del collegamento negoziale conduce il Giudice ad escludere che la nullità del contratto di conto corrente possa travolgere i successivi contratti di mutuo i quali non possono pertanto essere intaccati nella loro validità ed efficacia.

Tribunale di Castrovillari, sentenza 4 maggio – 8 maggio 2018, n. 404 Giudice Pugliese Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato gli attori indicati in epigrafe proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. omissis /2014 emesso da questo Tribunale in data 21.1.2014 e notificato il 5.2.2014, con cui era stato ingiunto ad essi opponenti, nella qualità di debitrice la società e di fideiussori le persone fisiche, il pagamento in favore della Banca dei Due Mari di Calabria Credito Cooperativo soc. coop. a r.l. della somma di Euro 14.567,15, oltre interessi, spese e competenze della procedura monitoria, pretesa a titolo di saldo debitore del conto corrente n. omissis del 19.12.1995, intestato alla società By Ar. s.n.c., di cui si erano costituiti fideiussori sino alla concorrenza di Euro 22.500,00 Ar. Gi., Ar. Fr. ed Ar. Pa. Vi A sostegno della spiegata opposizione assumeva la parte attrice che la produzione in giudizio dei soli estratti conto relativi al periodo successivo al 30.9.2003 non era idonea a provare il credito preteso in ingiunzione né il saldo negativo risultante alla data del 30.9.2003, pari ad Euro 59.000,41, mancando in atti gli estratti conto relativi al periodo anteriore e fino dall’apertura del conto corrente, risalente al 19.12.1995, ciò che determinava la necessità di considerare alla data del 30.9.2003 il saldo pari a zero eccepiva, inoltre, l’usurarietà degli interessi applicati e l’illegittimità dell’applicato anatocismo e delle pretese a titolo di commissioni di massimo scoperto e spese non pattuite. Concludeva chiedendo la revoca dell’opposto decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la condanna della parte opposta alla restituzione delle somme indebitamente trattenute dalla data di apertura del conto corrente o, in subordine, dal 30.9.2003, oltre accessori, con vittoria di spese e competenze di lite, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. Con altri due separati atti di citazione ritualmente notificati gli stessi attori indicati in epigrafe proponevano opposizione avverso i decreti ingiuntivi n. omissis emessi da questo Tribunale in data 28.1.2014 e notificati il 17-21.2.2014, con cui era stato ingiunto ad essi opponenti il pagamento in favore della Banca dei Due Mari di Calabria Credito Cooperativo soc. coop. a r.l. della somma rispettivamente di Euro 19.277,56 e di Euro 36.090,75, oltre interessi, spese e competenze della procedura monitoria, pretese in forza dei contratti di mutuo chirografario n. omissis e n. omissis dell’1.6.2010, stipulati dalla società By Ar. s.n.c., di cui si erano costituiti fideiussori sino alla concorrenza di Euro 22.500,00 Ar. Gi., Ar. Fr. ed Ar. Pa. Vi A sostegno dell’opposizione gli opponenti eccepivano la nullità del contratto di mutuo, stipulato al solo fine di ripianare l’esposizione debitoria del conto corrente n. omissis , il cui saldo debitore derivava dall’illegittima applicazione di interessi ultralegali, anatocismo, commissioni di massimo scoperto ed altri addebiti non dovuti denunciavano, inoltre, l’usurarietà dell’applicato tasso di interesse chiedevano, quindi, la revoca dell’opposto decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la condanna della parte opposta alla restituzione di quanto indebitamente versato, oltre accessori, con vittoria di spese e competenze di lite, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. Si costituiva in tutti i giudizi la Banca dei Due Mari Credito Cooperativo soc. coop. a r.l. e per essa la BCC Gestione Crediti s.p.a. quale procuratrice con rappresentanza che, contestando gli assunti attorei ed assumendo la natura autonoma della garanzia prestata dai fideiussori, dei quali eccepiva il difetto di legittimazione attiva relativamente alla domanda di ripetizione svolta in via riconvenzionale, chiedeva il rigetto delle opposizioni e di ogni altra domanda, con conferma degli opposti decreti ingiuntivi. All’udienza di prima comparizione e trattazione si costituiva in giudizio con atto di intervento ex art. 111 c.p.c. il Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo e per essa la BCC Gestione Crediti s.p.a. quale procuratrice con rappresentanza , nella qualità di cessionario dei crediti litigiosi, chiedendo l’accoglimento delle domande formulate dalla cedente Banca opposta. Riunite le cause, rigettata la richiesta di concessione di provvisoria esecuzione degli opposti decreti ingiuntivi e disposta c.t.u. contabile, all’udienza indicata in epigrafe, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Per chiarezza espositiva appare opportuno procedere all’esame delle questioni sollevate in ordine alla pretesa creditoria fondata sul rapporto di conto corrente separatamente dall’esame di quelle attinenti ai rapporti di mutuo. Ebbene, quanto al rapporto di conto corrente, la cui apertura le parti pacificamente fanno risalire al 19.12.1995, come, peraltro, risulta dalla lettera di apertura in atti, deve, preliminarmente, rilevarsi che con il decreto ingiuntivo n. omissis /2014 è stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 14.567,15 a titolo di saldo determinato alla data del 25.6.2013, oltre ulteriori interessi fino al soddisfo, sulla base degli estratti conto relativi al periodo dal 30.9.2003 alla chiusura del conto, dai quali risulta che alla data del 30.9.2003 la società opponente era debitrice della somma di Euro 59.000,41. Alla iniziale incompletezza della documentazione posta a fondamento della richiesta di ingiunzione la banca creditrice non ha rimediato nel corso del giudizio, avendo la stessa omesso di depositare gli ulteriori estratti conto relativi ai primi otto anni del rapporto di conto corrente. Tale omissione, a fronte della recisa contestazione da parte del correntista del debito indicato alla data del 30.9.2003, in ragione della denunciata illegittimità degli interessi applicati in misura superiore al tasso soglia, del praticato anatocismo e dell’applicazione di commissioni di massimo scoperto ed altri oneri non pattuiti, non consente di ricostruire esattamente il rapporto dare-avere tra le parti e, quindi, la correttezza e la legittimità della pretesa creditoria vantata dalla banca. Al riguardo deve, infatti, evidenziarsi che fondata appare la doglianza della società opponente in ordine all’eccepita illegittimità del praticato anatocismo, rimanendo assorbite tutte le altre pure sollevate questioni. In merito si rileva che l’art. 7 delle Norme che regolano i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi”, riportate nella lettera di apertura di conto corrente del 19.12.1995, prevede I rapporti di dare ed avere vengono chiusi contabilmente, in via normale, a fine dicembre di ogni anno, portando in conto, oltre agli interessi ed alle commissioni, anche le spese I conti che risultino, anche saltuariamente, debitori vengono invece chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente Gli interessi dovuti dal correntista alla Cassa si intendono determinati nella misura indicata nel presente contratto e producono a loro volta interessi nella stessa misura”. La riportata clausola contrattuale, pattuita in epoca anteriore al 22.4.2000 a cui risale l’entrata in vigore della delibera Circ che ha dato attuazione all’art. 120 T.U.B., nella formulazione modificata dall’art. 25 co. 2 D.Lgs. n. 342/1999 , prevede l’applicazione degli interessi sugli interessi, in violazione dell’art. 1283 c.c., poiché fondata su un uso negoziale, inidoneo a derogare alla citata norma, e non normativo, di cui manca il necessario requisito soggettivo costituito dalla opinio juris ac necessitatis Cass. SS.UU. n. 21095/2004 . Tale nullità non è sanata dalla successiva modifica consensuale delle condizioni contrattuali, risalente al 30.9.2008, come risulta dal documento di sintesi in atti, debitamente firmato dal correntista, ove è prevista la reciprocità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi ed attivi, in linea con il disposto dell’art. 120 T.U.B. nella formulazione ratione temporis vigente, poiché essa non può che avere effetti per il periodo successivo alla sua stipulazione. Da tale nullità, che comporta l’esclusione di ogni forma di capitalizzazione Cass. SS.UU. n. 24418/2010 n. 17150/2016 , deriva la necessità di ricalcolare il credito della banca epurato da tale voce di debito sempre che la documentazione in atti lo consenta. In proposito la Suprema Corte ha precisato che In tema di conto corrente bancario, l'accertata nullità della clausola concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista non travolge l'intero credito azionato dalla banca in via monitoria, bensì la sola parte di esso riguardante gli interessi, imponendo al giudice un nuovo calcolo degli stessi sempre che sussista la prova del credito nella sorte capitale e senza che sia possibile ricorrere al criterio equitativo ex art. 1226 cod. civ., norma eccezionale, applicabile ai fini della liquidazione del danno, ma non della determinazione del corrispettivo di obbligazioni contrattuali, salvi i casi specificamente previsti dalla legge.” Cass. n. 20688/2013 . Orbene, l’incompletezza della documentazione prodotta in giudizio dalla banca, impedendo l’esatta ricostruzione del rapporto, non consente neppure di determinare il saldo finale e ciò rende infondata la pretesa creditoria della stessa. Né in contrario può rilevare l’insussistenza dell’obbligo della banca di conservare le scritture contabili per oltre dieci anni, poiché, come chiarito dalla Corte di Cassazione, Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione relativa agli interessi a carico del correntista, la banca, per dimostrare l’entità del proprio credito, ha l’onere di produrre tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto, non potendo invocare l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, né il giudice può ritenere che la clausola invalida non abbia trovato applicazione nel periodo in cui mancano gli estratti conto, salvo che la banca abbia allegato e provato la sopravvenuta inettitudine della medesima clausola a disciplinare il rapporto bancario in conformità a quanto in essa previsto.” Cass. n. 13258/2017 . Né possono ricorrere nella ricostruzione del rapporto criteri presuntivi e approssimativi, atteso che Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto non provato l'intero andamento di un rapporto ultraventennale, avendone il correntista, gravato del corrispondente onere per aver agito ex art. 2033 c.c., prodotto, tardivamente, solo alcuni estratti conto in aggiunta a quelli relativi all'ultimo decennio depositati dalla banca, non risultando nemmeno incontroverso il saldo ad una determinata data ” Cass. n. 20693/2016 . E tra tali non ammessi criteri rientra sia quello fondato sul primo saldo disponibile nel caso di specie pari ad Euro 59.000,41 alla data del 30.9.2003 , trattandosi di saldo contestato dalla controparte e derivante anche dall’illegittima capitalizzazione degli interessi, sia quello fondato sull’azzeramento di tale primo saldo disponibile, ben potendo tale determinazione essere svantaggiosa tanto per la banca, in favore della quale, all’esito della ricostruzione integrale del rapporto eseguita escludendo gli oneri illegittimamente applicati, potrebbe risultare un saldo positivo, seppure in misura minore di quella indicata in atti, quanto per la controparte, in favore della quale, invece, all’esito della predetta ricostruzione, potrebbe anche risultare un saldo positivo. Peraltro, irrilevante rimane la mancata tempestiva contestazione degli estratti conto, poiché Ai sensi dell'art. 1832 c.c., la mancata contestazione dell'estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate con conseguente decadenza delle parti dalla facoltà di proporre eccezioni relative ad esse , ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti” Cass. n. 23421/2016 . Tutto quanto esposto rende infondata la pretesa creditoria della banca con la conseguenza che, in accoglimento dell’opposizione, deve revocarsi l’opposto decreto ingiuntivo. Tale pronuncia può spiegare effetti sia nei confronti della società opponente, debitrice principale, che nei confronti dei fideiussori, quand’anche si volesse attribuire alla garanzia prestata il carattere autonomo, poiché, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, Nel contratto autonomo di garanzia, il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative. Ne consegue che può essere sollevata nei confronti della banca l'eccezione di nullità della clausola anatocistica atteso che la soluzione contraria consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l'ordinamento vieta.” Cass. n. 371/2018 . Le medesime considerazioni portano a rigettare anche la domanda riconvenzionale spiegata dalla parte opponente e volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca in forza delle illegittime pattuizioni e operazioni di addebito, poiché l’incompletezza della documentazione si riverbera negativamente anche nei confronti dell’opponente, attore in senso sostanziale con riferimento a tale domanda. L’opponente, peraltro, come già sopra evidenziato, ha contestato il saldo risultante dal primo estratto conto in atti, risalente al 30.9.2003, ed ha chiesto che si procedesse alla determinazione del credito partendo dal saldo pari a zero, proponendo un criterio di calcolo che, per le ragioni già esposte, non si ritiene di condividere ed applicare. Deve, quindi, essere rigettata la domanda riconvenzionale spiegata dagli opponenti. Passando, ora, all’esame della pretesa creditoria azionata in ingiunzione dalla banca opposta in forza dei contratti di mutuo chirografario dell’1.6.2010 e portata dai decreti ingiuntivi n. omissis , deve rilevarsi che la parte opponente ha allegato che Il contratto di mutuo per cui è causa è stato stipulato al solo fine di ripianare l’apparente esposizione debitoria risultante sul conto corrente n. omissis intrattenuto con la stessa Banca ed il cui saldo debitore derivava da illegittime appostazioni contabili per tassi ultralegali, illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, commissioni di massimo scoperto ed altri addebiti non dovuti il mutuatario non ottiene alcun beneficio dal mutuo, a tutto vantaggio della Banca che con tale operazione ha finanziato sé stessa, peraltro con la percezione di ulteriori vantaggi economici interessi sulle rate, interessi di mora, spese di istruttoria, etc. ed ha sostituito pro domo sua un credito solo apparente quello risultante dall’illegittimo saldo del c/c con un credito certo quello risultante dal mutuo .”. Con la memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. la parte opponente ha, poi, denunciato la mancata traditio della somma mutuata che, attraverso l’accredito sul conto corrente con saldo negativo, di fatto non sarebbe mai entrata nella disponibilità del mutuatario, trasformando il rapporto in un contratto di mutuo oneroso consensuale innestato su un contratto di conto corrente, da ritenersi nullo perchè privo di causa ovvero in frode alla legge. Ebbene, le doglianze, incentrate, sostanzialmente, sul collegamento negoziale tra i contratti di mutuo ed il contratto di conto corrente e sugli effetti della nullità del secondo sui primi, non colgono nel segno. Posto che l’accreditamento della somma mutuata su conto corrente intestato al mutuatario non snatura il contratto di mutuo, da ritenersi, comunque, perfezionato, perchè la tradito rei può essere realizzata attraverso l'accreditamento in conto corrente della somma mutuata a favore del mutuatario, perché in tal modo il mutuante crea, con l'uscita delle somme dal proprio patrimonio, un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario” Cass. n. 2483/2001 , tale modalità di consegna è l’unico elemento di collegamento tra i contratti di mutuo ed il contratto di conto corrente, secondo le allegazioni dell’opponente che ha mancato di indicare ulteriori dati univocamente diretti a provare tale nesso di interdipendenza. Ed invero, a parte la riferita modalità di erogazione della somma mutuata attraverso l’accreditamento in conto corrente, come espressamente previsto nei contratti di mutuo, non si rinviene in essi altro dato testuale di collegamento con il rapporto di conto corrente. Né lo stesso emerge dall’effettivo atteggiarsi dei rapporti, poiché, se è vero che alla data di stipula e accreditamento delle somme mutuate 1.6.2003 il conto corrente presentava un saldo debitore di Euro 56.355,79, è anche vero che i contratti di mutuo sono stati stipulati per la maggiore somma di Euro 75.000,00. Inoltre, dall’estratto conto del 30.6.2003 risulta che in data 1.6.2003 è stato addebitato sul conto corrente l’importo di Euro 21.684,67 per l’estinzione totale del mutuo n. omissis , a cui le parti non hanno fatto cenno né l’opponente ha mosso doglianze. Ciò comprova che l’intento di ristrutturare le passività, manifestato dalla società opponente con la richiesta di concessione di fido del 26.5.2010, a cui la stessa banca opposta ha ricollegato la stipulazione dei successivi contratti di mutuo, riguarda una situazione debitoria che va oltre il saldo di conto corrente per coinvolgere altri rapporti bancari, non contestati. A tanto aggiungasi che il rapporto di conto corrente è incontestatamente connesso a due linee di credito per l’importo complessivo di Euro 50.000,00 come risulta anche dalla documentazione in atti , di cui alcun profilo di nullità è stato evidenziato. Ciò rende ancora più evanescente il collegamento negoziale dei contratti di mutuo con il rapporto di conto corrente, ben potendo i primi essere stati stipulati al fine non già di ripianare l’esposizione debitoria del secondo, ma di estinguere il mutuo n. omissis , le cui rate, secondo le risultanze dell’estratto conto del 30.6.2010, venivano addebitate direttamente sul conto corrente, e/o di ricostituire la provvista della linea di credito, di cui la società opponente ha, di fatto, successivamente beneficiato, poiché dagli estratti conto in atti risulta la contabilizzazione di plurime operazioni che comprovano che il rapporto è stato attivo sino alla data di chiusura, risalente al 28.6.2013. Quanto esposto evidenzia la mancata ricorrenza, nel caso di specie, degli elementi costitutivi del collegamento negoziale, consistenti, secondo la ricostruzione operata dalla Suprema Corte, sia nel requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale” Cass. n. 11974/2010 , con la precisazione che non è sufficiente che quel fine sia perseguito da una delle parti all'insaputa e senza la partecipazione dell'altra” Cass. n. 13580/2004 . Ed infatti, gli scarni elementi addotti dall’opponente e gli ulteriori risultanti in atti non comprovano univocamente né l’intento delle parti di collegare in un’unica e complessa fattispecie negoziale i contratti di mutuo al contratto di conto corrente peraltro, stipulato oltre dieci anni prima della stipula dei primi né la comunanza di tale intento alla banca opposta, la cui condotta negoziale è rimasta neutra rispetto a tale fine. La mancata prova del collegamento negoziale esclude che la nullità del contratto di conto corrente possa travolgere i successivi contratti di mutuo, che, quindi, non possono esserne intaccati nella loro validità ed efficacia. Tanto rende infondata la prima doglianza della parte opponente. Infondata appare anche l’ulteriore doglianza relativa all’usurarietà dei tassi di interesse convenuti. Al riguardo, la c.t.u., disposta anche per verificare tale profilo di nullità dei rapporti in contestazione, ha escluso il superamento del tasso soglia da parte dei tassi di interesse pattuiti, chiarendo, nelle controdeduzioni alle osservazioni svolte dalle parti, di avere eseguito il raffronto, tenendo conto del tasso soglia previsto, alla data della stipula dei contratti, per i finanziamenti alle imprese, nel cui novero rientrano i contratti di mutuo in esame, contrariamente a quanto sostenuto dagli opponenti, che hanno fatto riferimento al tasso soglia previsto per i mutui a tasso fisso. Sulla qualificazione dei contratti in esame deve chiarirsi che, secondo le istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, emanate dalla Banca d’Italia nel mese di agosto 2009, rientrano nella categoria dei mutui” i contratti di finanziamento che abbiano una durata superiore a cinque anni, siano assistiti da garanzia ipotecaria e prevedano il rimborso tramite il pagamento di rate comprensive di capitale e interessi, mentre i muti chirografari sono inclusi nella diversa categoria di altri finanziamenti”. In tale ultima categoria devono, quindi, farsi rientrare i contratti in esame, non assistiti da garanzia ipotecaria. Ebbene, per un verso, il c.t.u. ha accertato che non si è verificato alcun superamento del tasso soglia né con riferimento agli interessi corrispettivi né con riferimento a quelli moratori. Per altro verso, si evidenzia l’erroneità del proposto metodo di accertamento dell’usurarietà degli interessi applicati nella parte in cui si parametra al tasso soglia il tasso di interessi corrispettivi maggiorato del tasso di interessi moratori. Al riguardo, se è vero che lo scrutinio sull’usurarietà va effettuato con riferimento sia agli interessi corrispettivi che a quelli moratori, è anche vero che la verifica dell'eventuale superamento del tasso soglia deve essere autonomamente eseguita con riferimento a ciascuna delle due categorie di interessi, senza sommarli tra loro, al riguardo dovendo intendere il riferimento operato da Cass. n. 350/2013 alla determinazione del tasso soglia comprensivo della maggiorazione per la mora , come volto ad indicare la necessità di accertare il rispetto del tasso soglia anche in relazione agli interessi moratori Trib. Catania, 14.5.2015 . In sostanza, è necessario che siano non usurari sia il tasso di interessi corrispettivi che il tasso di interessi moratori, ma senza operare la sommatoria del primo con il secondo, atteso che detti interessi, dovuti in via alternativa tra loro, assolvono ad una diversa funzione, costituendo i primi il corrispettivo previsto per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta Cass. n. 28204/2011 , ed i secondi una liquidazione anticipata, presuntiva e forfettaria del danno causato dal ritardato adempimento di un'obbligazione pecuniaria. Peraltro, i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze con cui, in attuazione della L. n. 108/96, sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell'usura non tengono in considerazione gli interessi moratori, come chiarito dalla Banca d'Italia che ha escluso gli interessi di mora dal calcolo del TAEG, in ragione del fatto che trattasi di oneri eventuali la cui debenza ed applicazione cadono solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente Trib. Roma, 7.5.2015 . A tale orientamento giurisprudenziale, consolidatosi presso le corti di merito ex plurimis Trib. Bergamo, 6.12.2016 Trib. Milano, 29.11.2016 Trib. Livorno, 16.5.2016 Trib. Padova, 13.1.2016 , ritiene questo Giudice di uniformarsi. In conclusione, deve rigettarsi l’opposizione proposta avverso i decreti ingiuntivi n. omissis che, pertanto, acquistano l’efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653 c.p.c. Tale decisione rende infondata anche la domanda riconvenzionale di ripetizione, formulata dagli opponenti, non risultando somme indebitamente trattenute dalla banca da ripetere. Ogni altra questione rimane assorbita. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio, incluse le spese di c.t.u. P.Q.M. il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede - accoglie l’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo n. omissis /2014 che, per l’effetto, viene revocato - rigetta l’opposizione proposta avverso i decreti ingiuntivi n. omissis , che, per l’effetto, vengono confermati ed acquistano efficacia esecutiva - rigetta ogni altra domanda - compensa integralmente tra le parti le spese di lite, comprese le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto.