10 anni (e non di più) per avvalersi della clausola risolutiva espressa

Il diritto potestativo di risolvere il rapporto, in conseguenza dell'inadempimento di una parte, quando sia prevista la clausola risolutiva espressa, diritto che si esercita mediante la manifestazione di volontà di avvalersi della clausola stessa art. 1456, comma 2, c.c. , è soggetto a prescrizione ai sensi dell'art. 2934 c.c., non trattandosi di diritto indisponibile o comunque di situazione giuridica soggettiva per cui tale causa di estinzione sia esclusa dalla legge, e l'inizio della decorrenza della prescrizione coincide, secondo la regola generale dettata dall'art. 2935 c.c., con il momento in cui il diritto stesso può essere fatto valere e cioè con il verificarsi del primo inadempimento in caso di prestazioni periodiche.

Con la sentenza n. 6386 del 15 marzo 2018, il S.C. chiarisce il termine di decorrenza della prescrizione in caso di prestazioni periodiche, in relazione all’esercitazione della clausola risolutiva espressa prevista nel contratto in essere tra le parti. Il caso. Il custode giudiziale di un immobile propone azione di rilascio nei confronti del detentore adducendo l’operatività di una clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto. L’intimato si oppone sostenendo la prescrizione del diritto lamentato alla base della clausola risolutiva espressa, trattandosi di un obbligo risalente e mai fatto denunciato. In ordine alla prescrizione, la domanda viene rigettata in primo e secondo grado. La Cassazione, per contro, rileva che la domanda di risoluzione del contratto per la mancata stipula di una assicurazione, come prevista dal contratto, è avvenuta dopo 15 anni di tolleranza, ossia dopo il termine decennale di decorrenza della prescrizione, il cui dies a quo è da individuarsi al termine della prima scadenza contrattuale di tale obbligo. Clausola risolutiva espressa come e perché. Alla stregua della costante interpretazione giurisprudenziale e dottrinaria dell'art. 1456 c.c., la risoluzione di diritto di un contratto, prevista dai contraenti con apposita pattuizione quale conseguenza dell'inadempimento di una determinata obbligazione, non si verifica automaticamente, ma solo nel momento in cui il contraente, nel cui interesse la clausola sia stata pattuita, comunichi all'altro contraente inadempiente che intende avvalersi della clausola stessa. Prima di tale momento dunque, anche se l'inadempimento sussunto come oggetto della clausola risolutiva si fosse verificato, il contratto dovrebbe considerarsi tuttavia ancora pienamente efficace e vigente tra le parti e proprio per tale ragione comunemente si ritiene che l'altro contraente, che sia in ipotesi inadempiente, possa ancora adempiere alla sua prestazione, così precludendo alla controparte la possibilità di invocare la clausola risolutiva. Clausola risolutiva espressa e prescrizione. Secondo quanto precisato dal S.C. con la sentenza in esame, il diritto potestativo di risolvere il rapporto, in conseguenza dell'inadempimento di una parte, quando sia prevista la clausola risolutiva espressa, è soggetto a prescrizione ai sensi dell'art. 2934 c.c., non trattandosi di diritto indisponibile o comunque di situazione giuridica soggettiva per cui tale causa di estinzione sia esclusa dalla legge, e l'inizio della decorrenza della prescrizione coincide, secondo la regola generale dettata dall'art. 2935 c.c., con il momento in cui il diritto stesso può essere fatto valere e cioè con il verificarsi dell'inadempimento. Nel caso di specie, ossia con riferimento alla stipula di un contratto di assicurazione, è necessario verificare il primo inadempimento, avendo nel suo complesso il contratto natura sostanzialmente unitaria, quanto ad efficacia, seppur parzialmente frazionata nel tempo. Risoluzione e prescrizione nel contratto di leasing. In applicazione del principio sopra espresso, la giurisprudenza ha precisato che, con riferimento alla prescrizione del diritto alla risoluzione per inadempimento del contratto di leasing , il termine decennale ordinario decorre, ai sensi dell'art. 2935 c.c., dalla data del verificarsi del primo inadempimento, mentre il termine di prescrizione del credito per canoni locativi decorre, trattandosi di prestazioni autonome, distinte e periodiche, dalle singole scadenze di pagamento, in relazione alle quali sorge, di volta in volta, l'interesse del creditore a ciascun adempimento. Clausola risolutiva espressa e modifica della domanda. Ulteriore aspetto affrontato dalla sentenza riguarda la possibilità di modificare la domanda alla base della richiesta di risoluzione del contratto. Sul punto, la Cassazione ha precisato che la risoluzione del contratto sulla base di una clausola risolutiva espressa non può essere pronunciata di ufficio, ma postula la corrispondente e specifica domanda giudiziale della parte nel cui interesse quella clausola è stata prevista, sicché, una volta proposta l'ordinaria domanda ex art. 1453 c.c., non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell'avvenuta risoluzione ope legis ” di cui all'art. 1456 c.c., atteso che quest'ultima è radicalmente diversa dalla prima, sia quanto al petitum ”.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 luglio 2017 – 15 marzo 2018, n. 6386 Presidente Chiarini – Relatore D’Arrigo Svolgimento del processo M.M. , nella qualità di custode giudiziario dell’hotel , di proprietà della Villasimius 91 s.r.l. e sottoposto a pignoramento in una procedura esecutiva immobiliare, ha agito per ottenerne il rilascio da parte della Gest.Al s.r.l., che lo occupava in forza di un contratto indicato come affitto d’azienda, chiedendo la risoluzione del rapporto per inadempimento nel pagamento dei canoni e/o per la mancata stipula della copertura assicurativa per responsabilità civile, furto e incendio, che costituiva oggetto di esplicita pattuizione nell’ambito di una clausola risolutiva espressa. Nel giudizio sono intervenuti la Mia s.r.l., sublocataria dell’immobile, e la Nord Sud Immobiliare s.r.l., acquirente dello stesso nel corso della procedura esecutiva. Il Tribunale di Cagliari, qualificato il contratto come locazione d’albergo, ne ha dichiarato la risoluzione in forza della clausola risolutiva espressa, per non aver la Gest.Al s.r.l. stipulato l’assicurazione contrattualmente prevista, e ha rigettato la domanda relativa all’inadempimento dell’obbligo di pagamento dei canoni. La sentenza è stata appellata in via principale dalla Gest.Al s.r.l. e in via incidentale condizionata dal M. , nella su spiegata qualità, chiedendo la risoluzione di diritto o giudiziale del contratto per inadempimento all’obbligo di pagamento dei canoni, alla cui corresponsione chiedeva la condanna. La Corte d’appello di Cagliari ha rigettato l’appello principale e dichiarato assorbito l’incidentale condizionato. Propongono ricorso in questa sede la Gest.Al s.r.l., con tre motivi, e la Mia s.r.l., con ricorso successivo, sostanzialmente sovrapponibile al principale. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. La Gest.Al s.r.l. ha altresì depositato memoria difensiva. Motivi della decisione 1. Va premesso che il ricorso successivo della Mia s.r.l. - terza interventrice nel giudizio di merito in qualità di sublocataria della Gest.Al s.r.l. essenzialmente sovrapponibile a quello principale, in tutti e tre i motivi formulati, sicché gli stessi possono essere esaminati congiuntamente. 2. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 2935 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto prescritto il diritto del locatore a richiedere la stipulazione della polizza assicurativa. Infatti, poiché era possibile far valere tale obbligo del conduttore fin dal 24 novembre 1998, data di conclusione del contratto, quando il M. avviò l’azione di risoluzione 30 settembre 2013 il diritto era già prescritto. La corte d’appello ha rigettato l’eccezione di prescrizione, affermando che si tratterebbe di un inadempimento reiterato, giacché la polizza assicurativa andava rinnovata di anno in anno con la conseguenza che la prescrizione sarebbe iniziata a decorrere dalla data di ciascun inadempimento e non da quella di stipulazione iniziale del contratto di locazione. 3. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 1218, 1375 e 1456 cod. civ., consistita nell’aver ritenuto operante la clausola risolutiva espressa, nonostante dapprima la Villasimius 91 s.r.l. proprietaria e debitrice esecutata e poi il M. custode giudiziario dell’immobile pignorato avessero tacitamente rinunciato a volersene avvalere, tollerando per anni quello stesso comportamento omissivo che successivamente venne invece fatto valere come inadempimento determinante la risoluzione automatica del contratto. 4. Con il terzo motivo si denuncia nuovamente la violazione degli artt. 1218, 1375 e 1456 cod. civ., nonché dell’art. 2965 cod. civ., sostenendo che il contraente che abbia tollerato per un certo lasso di tempo l’inadempimento della controparte, prima di potersi avvalere della clausola risolutiva espressa, dovrebbe in modo univoco la propria intenzione manifestare al debitore che ha fatto affidamento sulla tolleranza dell’inadempimento. 5. I tre motivi sono strettamente connessi e devono essere trattati congiuntamente. 6. Com’è noto, mediante l’inserimento di una clausola risolutiva espressa nel regolamento contrattuale le parti conferiscono consensualmente carattere essenziale alla prestazione, così da consentire la risoluzione del rapporto per inadempimento mediante semplice dichiarazione del creditore art. 1456, secondo comma, cod. civ. . Qualora la clausola risolutiva espressa abbia ad oggetto prestazioni periodiche, il carattere dell’essenzialità che giustifica la risoluzione del contratto deve essere riferito solamente al primo 9,5r inadempimento, fermo restando il diritto del creditore a ricevere l’adempimento di tutte le prestazioni nel caso di specie, il diritto del terzo assicurato a ricevere l’adempimento dell’obbligo della stipula di polizze assicurative, di durata anche poliennale - art. 1899 cod. civ. nell’ambito della prescrizione ordinaria art. 2946 cod. civ. . Infatti, il diritto potestativo di risolvere il contratto mediante la manifestazione di volontà di avvalersi della clausola stessa, è soggetto a prescrizione ai sensi dell’art. 2934 cod. civ., non trattandosi di diritto indisponibile o comunque di situazione giuridica soggettiva per cui tale causa di estinzione sia esclusa dalla legge, e l’inizio della decorrenza della prescrizione coincide, secondo la regola generale dettata dall’art. 2935 cod. civ., con il momento in cui il diritto stesso può essere fatto valere e cioè con il verificarsi dell’inadempimento Sez. 3, Sentenza n. 26042 del 29/11/2005, Rv. 585737 Sez. 2, Sentenza n. 635 del 27/01/1996, Rv. 495591 . Il termine di prescrizione decennale delle altre singole prestazioni successive, distinte e periodiche, decorre invece dalle singole scadenze di pagamento, in relazione alle quali sorge, di volta in volta, l’interesse del creditore a ciascun adempimento. 7. Nel caso di specie, il custode giudiziario dell’immobile, secondo quanto accertato dai giudici di merito, ha agito per la risoluzione del contratto di locazione deducendo l’inadempimento dell’obbligazione principale il pagamento dei canoni e di quella secondaria la stipula di una polizza assicurativa per responsabilità civile , entrambe richiamate dalla clausola risolutiva espressa di cui all’art. 21 del contratto. La domanda di risoluzione per clausola risolutiva espressa in relazione all’inadempimento dell’obbligo di pagamento del canone è stata rigettata dal Tribunale, ritenendo che la pattuizione intercorsa fra il custode giudiziario e la Gest.Al. s.r.l. di modifica dell’importo originariamente stabilito fra le parti fosse nulla ai sensi degli artt. 32 e 79 l. n. 392 del 1978 mentre è stata accolta la domanda di risoluzione secondaria, basata sull’omessa stipulazione della polizza assicurativa. Queste statuizioni sono state confermate in appello. È incontroverso però, secondo gli accertamenti dei giudici di merito, che il M. mai avesse dichiarato alla Gest.Al. s.r.l. di volersi avvalere della clausola risolutiva la domanda di risoluzione per inadempimento di tale prestazione secondaria è stata formulata, invocando la clausola risolutiva espressa, per la prima volta, dopo quindici anni di tolleranza, direttamente con il ricorso introduttivo del giudizio. Si tratta quindi di un diritto prescritto al momento della proposizione della domanda. 8. Su tali conclusioni non incide la circostanza che il M. , pur invocando la clausola risolutiva espressa, non abbia risolto il contratto mediante la dichiarazione stragiudiziale prevista dall’ara. 1456, secondo comma, cod. civ. e, piuttosto, abbia formulato la relativa domanda in sede giudiziale. Infatti, la dichiarazione del creditore della prestazione inadempiuta di volersi avvalere dell’effetto risolutivo di diritto di cui all’art. 1456 cod. civ. non deve essere necessariamente contenuta in un atto stragiudiziale precedente alla lite, potendo essa per converso manifestarsi, del tutto legittimamente, con lo stesso atto di citazione o con altro atto processuale ad esso equiparato Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005, Rv. 581338 . 9. Occorre, a questo punto, considerare che, una volta proposta l’ordinaria domanda ex art. 1453 cod. civ., non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell’avvenuta risoluzione ope legis di cui all’art. 1456 cod. civ. e viceversa. Vi osta, in particolare, la radicale differenza delle azioni, sia quanto al petitum, perché invocando la risoluzione ai sensi dell’art. 1453 cod. civ. si chiede una sentenza costitutiva mentre la domanda di cui all’art. 1456 cod. civ. ne postula una dichiarativa sia relativamente alla causa petendi, giacché nell’ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole, nell’altra, viceversa, la violazione della clausola risolutiva espressa Sez. 3, Sentenza n. 11864 del 09/06/2015, Rv. 635478 Sez. 3, Sentenza n. 10691 del 24/05/2016, Rv. 640086 . Consegue che, avendo il M. formulato in sede giudiziale la domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione per violazione della clausola risolutiva espressa, non vi è spazio per alcun ulteriore accertamento di grave e colpevole inadempimento ai sensi dell’art. 1453 cod. civ La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, possibile decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., accogliendo l’appello principale proposto dalla Gest.Al s.r.l. e quello adesivo della Mia s.r.l., rigettando l’appello incidentale del M. e la domanda di risoluzione per clausola risolutiva espressa e dichiarando improponibile la domanda di risoluzione giudiziale, proposte dal M. e reiterata in appello. 10. M.M. , nella qualità di custode giudiziale, e la Nord Sud Immobiliare s.r.l. devono essere condannati in solido, secondo il principio della soccombenza, a favore della s.r.l. Gest Al e Mia s.r.l., al pagamento delle spese processuali dei gradi di merito nella misura liquidata dai rispettivi giudici, e del giudizio di legittimità nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. accoglie il ricorso principale e il ricorso adesivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’appello principale della Gest.Al s.r.l. e quello adesivo della Mia s.r.l. e, per l’effetto, rigetta l’appello incidentale di M.M. nella qualità di custode giudiziale dell’Hotel e la domanda di risoluzione di diritto, dichiara improponibile la domanda di risoluzione giudiziale proposta dal medesimo nei confronti della Gest.A1 s.r.l. e condanna M.M. nella qualità, e la Nord Sud Immobiliare s.r.l., in solido, al pagamento delle spese dei gradi di merito, nella misura liquidata dai rispettivi giudici e a quelle del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,0 ed agli accessori di legge in favore della Gest.Al s.r.l. e Mia s.r.l