Somma data a mutuo: prove carenti e niente restituzione

Respinta la richiesta finalizzata a riavere indietro il denaro. Per i Giudici non vi è la certezza dell’esistenza di un mutuo.

Cade l’ipotesi del mutuo. Resta solo quella del contratto. Così la persona che ha versato oltre 51mila euro a una società deve dire addio a quella somma Cassazione, ordinanza n. 180, sez. II Civile, depositata l’8 gennaio 2018 . Denaro. Altalenante l’andamento del contenzioso. In Tribunale si sostiene che la dazione di denaro sia frutto di un mutuo, mancando documenti attestanti un’operazione commerciale. In Appello, invece, si osserva che non è stata raggiunta la prova del contratto di mutuo , e ciò esclude l’ipotesi della restituzione del denaro – oltre 51mila euro – alla persona titolare di un’azienda che l’aveva ceduto a una società. La decisione assunta in secondo grado viene ora confermata dai giudici della Cassazione, i quali osservano che per chiedere la restituzione di somme date a mutuo è necessario provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il relativo titolo, da cui far derivare l’obbligo della restituzione . Inoltre, i magistrati spiegano che l’esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro . In questo caso, peraltro, nonostante la mancata produzione di fatture o altri documenti contabili , la società che ha ricevuto il denaro lo ha indicato come frutto di una compravendita.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 settembre 2017 – 8 gennaio 2018, n. 180 Presidente Matera – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. La Corte d'appello di Lecce, con sentenza depositata il 19 dicembre 2012, ha accolto l'appello proposto da Perrino s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi - sezione distaccata di Ostuni n. 41 del 2010, e nei confronti di Le. Pa. s.r.l., e, per l'effetto, ha rigettato la domanda proposta dalla società Le. di condanna della società Perrino alla restituzione dell'importo di Euro 51.645,60, ritenendo non raggiunta la prova del sottostante contratto di mutuo. 2. Per la cassazione della sentenza Pa. Le. ha proposto ricorso sulla base di due motivi. Resiste con controricorso Perrino srl. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è infondato. 1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 cod. civ., 115, secondo comma, 116 cod. proc. civ. e 6 Cedu, e si contesta che la Corte d'appello avrebbe applicato la regola del riparto dell'onere probatorio senza esaminare le numerose emergenze processuali che il Tribunale, viceversa, aveva ritenuto sufficienti a dimostrare in via presuntiva che la dazione di danaro, documentata e non contestata dalla convenuta, era avvenuta a titolo di mutuo. 2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 116, secondo comma, cod. proc. civ. e si lamenta che la Corte d'appello aveva ritenuto erronea l'applicazione della regola di riparto dell'onere probatorio da parte del giudice di primo grado. Al contrario, correttamente il Tribunale aveva ritenuto che la mancata produzione, da parte della Perrino srl, di fatture o altri documenti contabili comprovanti la vendita di olive a Le., dedotta come causale della dazione di danaro, costituiva comportamento processuale che, unitamente alle altre emergenze, contribuiva alla formazione del convincimento riguardo alla individuazione del titolo della dazione di danaro nel mutuo. 3. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate. 3.1. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte regolatrice, l'attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ai sensi dell'art. 2697, primo comma, cod. civ., a provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione. L'esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale di per sé a fondare una richiesta di restituzione allorquando l'accipiens -ammessane la ricezione - non confermi anche il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa ma ne contesti la legittimità , essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l'inversione dell'onere della prova ex plurimis, Cass. 14/02/2010, n. 3258 Cass. 24/02/2004, n. 3642 . 4. Nel caso in esame, la Corte d'appello si è conformata alla richiamata giurisprudenza di legittimità. 4.1. Sulla premessa corretta che il bonifico bancario della somma di lire 100 milioni effettuato da Le. a favore della Perrino srl non dimostrava di per sé l'esistenza di un contratto di mutuo, la Corte d'appello ha poi ritenuto che a tal fine non fosse rilevante la deposizione del teste Gi. An. -il quale si era limitato a riferire di avere appreso da altre persone l'esistenza di un accordo per la restituzione della somma -, né fosse sufficiente, in assenza di altri elementi indiziari, la mancata comparizione del legale rappresentante della Perrino srl a rendere l'interrogatorio formale. 4.2. L'apprezzamento del materiale istruttorio risulta anch'esso condotto alla stregua dei principi ripetutamente affermati da questa Corte regolatrice. La testimonianza de relato ex parte actoris può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie, che concorrano a confermarne la credibilità ex plurimis, Cass. 31/07/2013, n. 18352 Cass. 11/02/1987, n. 1492 , e l'art. 232 cod. proc. civ. non ricollega, automaticamente, alla mancata risposta all'interrogatorio formale l'effetto della confessione, ma riconosce al giudice la facoltà di ritenere come ammessi i fatti dedotti con il mezzo istruttorio, purché concorrano altri elementi di prova ex plurimis, Cass. 06/08/2014, n. 17719 . 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.