Anomalie di conto corrente e criteri di risoluzione

Il conto corrente bancario configura un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, ancorché articolato in una pluralità di atti esecutivi sicché è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e debiti delle parti tra loro.

Con la decisione n. 5002 del 30 ottobre 2017 il Tribunale di Bari ha definito una controversia fra correntista e banca, passando in rassegna, con puntuale impianto motivazionale, le varie anomalie denunciate concernenti l’operatività di conto corrente. Il caso. Il Tribunale di Bari è stato chiamato a risolvere una controversia fra correntista e banca avente ad oggetto una serie di anomalie riscontrate nell’operatività di conto corrente. In particolare, l’attore – lamentando addebiti eseguiti in applicazione di clausole nulle e oneri non dovuti interessi ultra legali non pattuiti specificamente ma con rinvio all’uso su piazza, interessi eccedenti il tasso soglia usura, interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto ha chiesto la condanna della banca alla restituzione degli importi illegittimamente addebitati, nonché al risarcimento dei danni. La banca ha contestato ogni deduzione di parte attrice, eccependo la prescrizione e comunque l’insussistenza del diritto di credito del cliente. Dopo aver svolto una consulenza tecnica, il Tribunale di Bari ha accolto la domanda del correntista scrutinando ciascuna anomalia contabile denunciata. Interessi ultra legali e clausole uso su piazza. Ricorda, anzitutto, il Giudice che l'art. 1284, comma 3, c.c., da intendersi quale norma imperativa, stabilisce che gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto altrimenti sono dovuti nella misura legale . Viene poi osservato che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la valida pattuizione di interessi ultra legali deve avere un contenuto chiaro e univoco, con la puntuale specificazione del tasso applicato. Ove tale tasso sia variabile, ai fini della sua precisa individuazione può farsi riferimento a parametri, purché fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici rinvii dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione ne consegue la nullità della clausola di determinazione degli interessi con riferimento agli usi su piazza o alle condizioni generalmente praticate dagli istituti di credito cfr. Cass. n. 2317/07, n. 17679/09, n. 22179/15 . Conclude il Tribunale che dalla nullità del tasso d'interesse ultra legale non pattuito per iscritto discende l’operatività del tasso legale, con sostituzione automatica della clausola nulla. Divieto di anatocismo. Secondo l’orientamento ormai pacifico della Suprema Corte, osserva il Tribunale di Bari, per i contratti di conto corrente negoziati dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, gli interessi a debito del correntista vanno computati senza alcuna capitalizzazione cfr. Cass. n. 17150/16 , almeno fino al 30 giugno 2000, data di entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000, in applicazione dell’art. 120 TUB. Ciò in ragione della nullità della relativa clausola per contrasto col divieto di anatocismo stabilito dell’art. 1283 c.c Commissione di massimo scoperto. Puntualizza, al riguardo, il Giudice che nel regime anteriore alle modifiche normative del 2009 e poi del 2012, la clausola che prevede la commissione di massimo scoperto, per essere valida, deve rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente, indicando quindi sia il tasso della commissione, sia i criteri di calcolo, sia la periodicità di tale calcolo. L’onere di determinatezza della previsione contrattuale va, poi, valutato con particolare rigore, posto che a tale termine non è affatto riconducibile ad un’unica fattispecie giuridica a volte individuata nel corrispettivo per la semplice messa a disposizione da parte della banca di una som-ma, a prescindere dal suo concreto utilizzo, altre volte nella remunerazione per il rischio cui la banca è sottoposta nel concedere al correntista affidato l’utilizzo di una determinata somma, anche oltre il limite dello stesso affidamento . Ad avviso del Giudice, si deve esigere, se non una sua definizione contrattuale, per lo meno la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinarla percentuale, base di calcolo, criteri e periodicità di addebito , in assenza dei quali non può nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il cliente abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell’effettivo contenuto giuridico della clausola e, soprattutto, del suo peso” economico in mancanza di ciò, l’addebito delle commissioni di massimo scoperto si traduce, secondo il pensiero del Tribunale di Bari, in una imposizione unilaterale della banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione consensuale. Prescrizione. La prescrizione applicabile alla fattispecie è, secondo il Tribunale di Bari, quella ordinaria decennale ex art. 2946 c.c., invece che quella breve di cui all’art. 2948, n. 4, c.c Quest’ultima disposizione, infatti, riguarda la sola domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, e non la restituzione di un complessivo maggior credito che includa gli stessi interessi in quanto indebitamente corrisposti. Viene inoltre ricordata la sentenza della Corte Costituzionale n. 78/12 e, in particolare, la pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione n. 24418/10 la quale ha chiarito che se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati . Rimessa solutoria e rimessa ripristinatoria. In questa direzione, ad avviso del Tribunale di Bari, il conto corrente bancario configura un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, ancorché articolato in una pluralità di atti esecutivi sicché è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e debiti delle parti tra loro. La ripetizione dell’indebito oggettivo postula un pagamento ex art. 2033 c.c. che, avuto riguardo alle modalità di funzionamento del rapporto di conto corrente, spesso si rende configurabile soltanto all’atto della chiusura del conto. È necessario, pertanto, distinguere gli atti giuridici da cui sorgono diritti di credito dalle semplici operazioni contabili di accreditamento e addebitamento, realizzate secondo la tecnica delle scritture e delle registrazioni, che si limitano a rappresentare le modificazioni oggettive e quantitative che subisce l’unico rapporto obbligatorio, nel corso del suo svolgimento. Va dunque operata, ad avviso del Tribunale di Bari, una distinzione tra rimesse con finalità solutoria, ossia rivolte a rientrare da saldi debitori, e rimesse con finalità meramente ripristinatoria dell’affidamento disponibile, atteso che, sempre in ossequio alla citata giurisprudenza di legittimità, solo in relazione alle prime la prescrizione può farsi decorrere dalla data dell’operazione. In conclusione, evidenzia il Tribunale di Bari, la Cassazione ha chiarito che i versamenti del correntista durante il rapporto possono essere considerati pagamenti o in quanto eseguiti su un conto corrente scoperto cui non eccede alcuna apertura di credito o in quanto destinati a coprire uno scoperto eccedente rispetto all’accreditamento. Usura. Viene infine respinta la censura in merito alla presunta usura in conto corrente poiché dedotta in termini inammissibilmente ipotetici ed esplorativi dal correntista, peraltro non riscontrata neppure dal consulente tecnico d’ufficio.

Tribunale di Bari, sez. IV Civile, sentenza 27 – 30 ottobre 2017, numero 5002 Giudice Ruffino Motivi I. - Per quanto strettamente rileva ai fini della decisione, giusta il disposto degli artt. 132 c.p.comma e 118 disp. att. c.p.c, le posizioni delle parti e l'iter del processo possono riassumersi come segue. I.1.- omissis ha agito dinanzi a questo Tribunale per sentire accertare, previa declaratoria di nullità parziale dei contratti di apertura di credito e conto corrente numero omissis , poi numero omissis intercorsi con la omissis d'ora innanzi, semplicemente omissis tra il 1985 e il 2000 l'estratto conto finale, al 31/12/2000, esponeva un saldo attivo di omissis l'esatto dare-avere tra le parti, epurato degli addebiti illegittimamente eseguiti in applicazione di clausole nulle e oneri non dovuti interessi ultralegali non pattuiti specificamente ma con rinvio all'uso-piazza, oltre che potenzialmente eccedenti il tasso-soglia ex L. numero 108/1996, interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, spese e giorni-valuta , e condannare la Banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate o riscosse, nonché al risarcimento dei danni ex artt. 1337, 1338, 1366 e 1376 c.c., con vittoria di spese e distrazione in favore del procuratore antistatario atto di citazione notificato il 15/7/2005 . I.2.- La omissis costituendosi in giudizio, ha contestato ogni deduzione di parte attrice, eccependo la prescrizione e comunque l'insussistenza dell'avverso credito. Ha concluso per il rigetto della domanda con vittoria di spese comparsa di risposta depositata il 15/12/2005 . I.3.- La causa, istruita con la c.t.u. del omissis Prima relazione del 14/5/2008, supplemento del 5/4-2/5/2013 e ulteriore supplemento del 16/9/2016 , è stata riservata in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe, con l'assegnazione dei termini per le memorie conclusive. II.- Deve premettersi, in fatto, che si controverte del rapporto dare/avere scaturente dal conto corrente numero omissis , con collegata apertura di credito, acceso dalla omissis presso la omissis nel 1985. Sempre in punto di fatto, merita apposita puntualizzazione, in funzione dell'occorrente delimitazione dell'oggetto del decidere, il dato temporale di riferimento del chiesto accertamento giudiziale sull'effettivo rapporto dare/avere scaturente dal detto c/c, atteso che, ad onta dell'affermazione, evidentemente erronea, contenuta nella citazione introduttiva [1] , secondo cui il rapporto in questione si sarebbe chiuso nel 2000 - segnatamente, con l'estratto conto del 31/12/2000, recante un saldo attivo per la correntista di omissis nel corso delle operazioni di consulenza tecnica [2] sono stati prodotti dal consulente di parte della Banca estratti conto successivi a quello del 31/12/2000 in particolare, quelli dal 1/1/2001 al 24/9/2003, data, quest'ultima, in cui il conto venne estinto con azzeramento del saldo creditore risultante. Tale produzione tardiva ha comportato l'effettuazione da parte del Ctu previa autorizzazione del GI all'epoca assegnatario della causa di conteggi duplicati, basati sul differente dies ad quem della ricostruzione del saldo il 31/12/2000, come originariamente dedotto e richiesto dall'attrice, o il 24/9/2003, come emerso dagli ee/cc ulteriori sottoposti dalle parti al Ctu, includendo perciò nel ricalcolo le operazioni ulteriori in esse annotate. Ciò posto, va negata, al di là delle posizioni in proposito assunte dalle parti [3] , la possibilità di estendere l'accertamento del rapporto di conto corrente de quo al periodo successivo a quello espressamente posto a base del libello introduttivo, atteso che, pur configurandosi in proposito una mera emendatio libelli, l'estensione della domanda andava comunque introdotta entro il termine decadenziale del deposito delle memorie ex art. 183 co. 5 c.p.comma nel testo vigente all'epoca di instaurazione del giudizio , il cui inutile decorso ha determinato insuperabilmente le preclusioni assertive e istruttorie e, con esse, il cristallizzarsi del thema decidendum. In causa non è sorta alcuna sostanziale contestazione in ordine vuoi all'esistenza del rapporto contrattuale controverso peraltro emergente dalle produzioni di documenti di entrambe le litiganti , vuoi all'idoneità della documentazione posta a base della c.t.u. estratti conto, la cui mancata impugnazione da parte del correntista, notoriamente, non vale a superare la nullità delle clausole relative agli interessi o, in generale, agli addebiti viziati, appunto, da difetto di causa e perciò nulli . Ciò premesso, nel merito va anzitutto esclusa - in quanto non solo dedotta in termini inammissibilmente ipotetici ed esplorativi dall'attrice, ma soprattutto non riscontrata dal c.t.u. - l'usurarietà del rapporto in tesi, solo sopravvenuta, trattandosi di c/c anteriore alla L. numero 108/1996 e, dunque, l'applicabilità della sanzione legale dell'azzeramento degli interessi per superamento del tasso-soglia. In ordine alle specifiche contestazioni ulteriori sollevate dalla correntista deve poi osservato quanto segue. II.1.- Gli addebiti per interessi passivi sono nulli anzitutto per il periodo che va dall'accensione del conto sino alla scrittura privata del 15/9/1992, integrante un contratto di apertura di credito confermata da ulteriore scrittura privata del 12/3/1996 , in cui le parti fissavano interessi passivi ultralegali intrafido ed extrafido docomma 2 fascomma attrice . L'art. 1284, co. 3, c.c., da intendersi quale norma imperativa, stabilisce che gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto altrimenti sono dovuti nella misura legale . A tal proposito, deve rilevarsi che, secondo l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la valida pattuizione di interessi ultralegali debba avere un contenuto chiaro e univoco, con la puntuale specificazione del tasso applicato. Ove tale tasso sia variabile, ai fini della sua precisa individuazione può farsi riferimento a parametri, purché fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici rinvii dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione ne consegue la nullità della clausola di determinazione degli interessi con riferimento agli usi su piazza o alle condizioni generalmente praticate dagli istituti di credito cfr. ex multis Cass. numero 2317/2007, numero 17679/2009, numero 22179/2015 . Dalla nullità del tasso d'interesse ultralegale non pattuito per iscritto discende l'operatività del tasso legale, con sostituzione automatica della clausola nulla, benché limitatamente, come detto, al periodo iniziale del rapporto e sino a tutto il 14/9/1992 mentre per tutto il periodo successivo non può che trovare applicazione il tasso di interesse passivo pattuito per iscritto tra le parti. II.2.- All'analoga conclusione in termini di invalidità deve pervenirsi in ordine alla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori operata dalla Banca a danno della correntista, che, secondo l'orientamento ormai pacifico della Suprema Corte, comporta, per i contratti di conto corrente negoziati dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, la nullità della relativa clausola per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., con la conseguenza che gli interessi a debito del correntista vanno computati senza alcuna capitalizzazione cfr. Cass. numero 17150/2016 , almeno fino al 30/6/2000, data di entrata in vigore della delibera Cicr 9/2/2000, in applicazione dell'art. 120 tub [4] . II.3.- Passando alla c.m.s., nel regime anteriore alle modifiche normative del 2009 e poi del 2012, la clausola che prevede la commissione di massimo scoperto, per essere valida, deve rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell'onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente, indicando quindi sia il tasso della commissione, sia i criteri di calcolo, sia la periodicità di tale calcolo. L'onere di determinatezza della previsione contrattuale va, poi, valutato con particolare rigore, posto che a tale termine non è affatto riconducibile ad un'unica fattispecie giuridica a volte individuata nel corrispettivo per la semplice messa a disposizione da parte della banca di una somma, a prescindere dal suo concreto utilizzo, altre volte nella remunerazione per il rischio cui la banca è sottoposta nel concedere al correntista affidato l'utilizzo di una determinata somma, anche oltre il limite dello stesso affidamento . In tal senso si deve esigere, se non una sua definizione contrattuale, per lo meno la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinarla percentuale, base di calcolo, criteri e periodicità di addebito , in assenza dei quali non può nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il cliente abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell'effettivo contenuto giuridico della clausola e, soprattutto, del suo peso economico in mancanza di ciò, l'addebito delle commissioni di massimo scoperto si traduce in una imposizione unilaterale della banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione consensuale. Nel caso di specie il contratto in atti non reca in relazione alla c.m.s. alcuna specifica indicazione dei parametri di determinazione. Vanno espunte, pertanto, le somme addebitate a tale titolo. II.4.- Considerazioni analoghe circa la nullità e la conseguente espunzione dal saldo devono farsi in ordine alle spese e competenze addebitate dalla Banca che non trovino espressa previsione contrattuale e non risultino pattuite quale remunerazione di uno specifico servizio reso in favore del correntista. II.5.- Quanto infine alla fondamentale eccezione di merito prescrizione dell'azione di ripetizione sollevata dalla Banca convenuta, mette conto di precisare, in termini generali, che la prescrizione applicabile alla fattispecie è quella ordinaria decennale ex art. 2946 c.c., invece che quella breve di cui all'art. 2948, numero 4, c.c Quest'ultima disposizione, infatti, riguarda la sola domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, e non la restituzione di un complessivo maggior credito che includa gli stessi interessi in quanto indebitamente corrisposti. Va altresì rammentato che, con la sentenza numero 78/2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto con gli artt. 3 e 117 della Costituzione, dell'art. 2, comma 61, del D.L. 29.12.2010, numero 225 cd. decreto Milleproroghe, convertito con modificazioni nella legge 26.02.2011, numero 10 che, ponendosi come norma interpretativa dell'art. 2935 c.comma con efficacia retroattiva e individuando il dies a quo del termine prescrizionale in ogni singola annotazione, infirmava la naturale unitarietà del rapporto contrattuale del conto corrente. Per effetto di tale pronuncia del Giudice costituzionale, il tema della prescrizione ordinaria decennale dei crediti derivanti dal rapporto di conto corrente deve risolversi alla luce delle statuizioni di cui alla sentenza a Sezioni Unite della Cassazione numero 24418/2010, la quale ha chiarito che se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrata. Deve ritenersi, pertanto, che il conto corrente bancario configuri un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, ancorché articolato in una pluralità di atti esecutivi sicché è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e debiti delle parti tra loro. La ripetizione dell'indebito oggettivo postula, peraltro, un pagamento ex art. 2033 c.comma che, avuto riguardo alle modalità di funzionamento del rapporto di conto corrente, spesso si rende configurabile soltanto all'atto della chiusura del conto. E' necessario, pertanto, distinguere gli atti giuridici da cui sorgono diritti di credito dalle semplici operazioni contabili di accreditamento e addebitamento, realizzate secondo la tecnica delle scritture e delle registrazioni, che si limitano a rappresentare le modificazioni oggettive e quantitative che subisce l'unico rapporto obbligatorio, nel corso del suo svolgimento. In tale prospettiva va dunque operata una distinzione tra rimesse con finalità solutoria, ossia rivolte a rientrare da saldi debitori, e rimesse con finalità meramente ripristinatoria dell'affidamento disponibile, atteso che, sempre in ossequio alla citata giurisprudenza di legittimità, solo in relazione alle prime la prescrizione può farsi decorrere dalla data dell'operazione. A completamento del quadro interpretativo in materia, la Cassazione ha altresì chiarito che i versamenti del correntista durante il rapporto possono essere considerati pagamenti o in quanto eseguiti su un conto corrente scoperto cui non accede alcuna apertura di credito o in quanto destinati a coprire uno scoperto eccedente rispetto all'accreditamento. Riportando le regole interpretative che precedono al caso di specie, emerge che, a fronte dello specifico quesito di cui era stato investito con l'ordinanza del 28/1/2016, il Ctu, correttamente applicando il criterio giurisprudenziale distintivo delle rimesse come innanzi richiamato, ha accertato che le rimesse solutorie verificatesi in data anteriore al 15/7/1995 scadenza del decennio calcolato a ritroso dalla domanda e perciò prescritte ammontano ad omissis . II.6.- In definitiva, considerato che le risultanze della Ctu devono essere fatte proprie dal giudicante in quanto non solo puntuali, esaustive ed esenti da evidenti errori logici o di calcolo, ma neppure contraddette o superate da differenti e più attendibili ricostruzioni contabili di parte, può ritenersi accertato che, conformemente all'ipotesi ricostruttiva denominata dal Ctu Ricalcolo 1.a recante applicazione dei tassi legali dal 4/3/195 al 14/9/1992 e degli interessi ultralegali di cui alla citata scrittura dal 15/9/1992 al 31/12/2000 capitalizzazione semplice esclusione di cms e spese , il saldo attivo del c/c in questione, ricalcolato alla data del 31/12/2000, corrisponde a OTI eccedente perciò di omissis rispetto al minor di omissis risultante dall'e/c in pari data e riconosciuto dalla Banca. Ne consegue che, operata la sottrazione delle rimesse prescritte per omissis il residuo credito restitutorio dell'attrice alla data del 31/12/2000 ammonta a omissis [5] . Pertanto, fatti salvi i rapporti dare/avere generati dallo stesso conto per il periodo successivo fino alla chiusura definitiva, in quanto rimasti estranei all'oggetto del presente giudizio, la domanda di condanna formulata dall'attrice deve trovare accoglimento entro i limiti del maggior saldo attivo alla data del 31/12/2000 appena indicati, senza che la chiesta ripetizione possa trovare ostacolo nella regola generale posta dell'art. 1823 c.c., inesigibilità dei crediti fino alla chiusura del conto , che non si applica alle operazioni bancarie in conto corrente, specificamente disciplinate invece dagli artt. 1852 ss. c.c cfr. Cass. numero 6658/1997 con la conseguenza che, in tema di contratto di conto corrente bancario, il credito derivante dalle rimesse del cliente è immediatamente esigibile e non occorre attendere la chiusura del conto, con la liquidazione del saldo, per ottenerne la corresponsione cfr., tra le altre, Cass. numero 4604/2017 . III.- Non possono trovare accoglimento, invece, le accessorie pretese risarcitone dell'attrice, come libellate al capo 5 del petitum introduttivo danni a vario titolo, contrattuale e precontrattuale , trattandosi di allegazioni totalmente indeterminate perfino nella loro astratta prospettazione, oltre che rimaste prive di qualsivoglia supporto probatorio in ordine sia all'esistenza, sia alla quantificazione dell'affermato pregiudizio patrimoniale. IV.- Le spese del giudizio possono compensarsi per 1/3 in considerazione della soccombenza reciproca parziale mentre per i restanti 2/3 vanno poste a carico della convenuta, a carico della quale devono invece porsi integralmente gli oneri di ctu. Alla liquidazione del compenso deve provvedersi come in dispositivo secondo i parametri fissati dal D.M. 10/3/2014 numero 55 artt. 4-5 e tab. A allegata , la cui disciplina transitoria art. 28 ne prevede espressamente l'applicazione alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore nella specie avvenuta il 3/4/2014 sicché il nuovo regolamento ministeriale prevale anche laddove si tratti di controversia iniziata e svolta, in tutto o in parte, sotto la vigenza delle abrogate tariffe professionali o del D.M. numero 140/2012, immediatamente antecedente quello da ultimo emanato in senso analogo, cfr. Cass., sez. unumero , numero 17405/2012 . Nel prospetto seguente sono riportate le voci di compenso spettanti e i relativi importi, liquidati tenendo conto della natura della causa, dell'effettivo valore che coincide con l'importo del credito riconosciuto fondato e della non rilevante difficoltà delle questioni trattate Scaglione da Euro 26.000,01 a Euro 52.000,00 FASI VALORE MEDIO RIDUZIONE IMPORTO LIQUIDATO Studio 1620 -20% 1.296 Introduttiva 1147 -20% 917 Istruttoria 1720 -20% 1.376 Decisoria 2767 -20% 2.213,60 Totale 5.802,60 2/3 3.868,40 P.Q.M. il Tribunale di Bari, quarta sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione notificato in data da omissis contro la omissis ogni contraria istanza disattesa, così provvede a ACCOGLIE la domanda dell'attrice per quanto di ragione e, per l'effetto 1. DICHIARA la nullità parziale del contratto di conto corrente e collegata apertura di credito impugnati, relativamente alla disciplina degli interessi passivi nei limiti temporali di cui in motivazione , della capitalizzazione trimestrale, della commissione di massimo scoperto e delle spese 2. DICHIARA che il saldo attivo del c/c per cui è causa ammontava ad omissis data del 31/12/2000 3. CONDANNA omissis alla restituzione, in favore dell'attrice, della maggior somma risultante a credito della correntista alla data del 31/12/2000, pari ad omissis da aumentarsi degli interessi legali dalla domanda al soddisfo b CONDANNA la omissis pagamento delle spese processuali in misura dei 2/3, parte che liquida in omissis di cui omissis per esborsi, esclusi i costi della ctu , oltre a rimborso spese forf., Iva e Cpa come per legge, con distrazione in favore dell'Avv. M.M., procuratore dell'attrice, dichiaratosi anticipatane dichiara compensate le spese per il restante terzo c PONE le spese di Ctu, come liquidate con decreti del 19/5/2008, del 7/5/2013 e del 27/9/2016, definitivamente a carico della Banca convenuta, condannando quest'ultima a rifondere l'attrice di quanto dalla stessa eventualmente versato a tale titolo. Si veda pag. 2, punto 2, dell'atto di citazione. In particolare, nel corso della riunione dell’8/7/2016. Per quanto resti irrilevante ai fini processuali, trattandosi di preclusione rilevabile d'ufficio cfr. Cass. numero 7270/2008 , va rimarcato che le parti hanno pure manifestato posizioni totalmente contrastanti circa l'estendibilità thema decidendum al periodo contrattuale dal 1/1/2001 al 24/9/2003 si vedano i verbali delle operazioni di c.t.u., quelli di causa e le comparse conclusionali. E' peraltro il caso di evidenziare che, come precisato dal c.t.u. relazione del 5/4/2013, pag. 9 , nel periodo che va dal 30/6/2000 al 31/12/2000, il conto presentava solo saldi attivi, sicché la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi non può comunque essersi verificata in concreto. Si veda la relazione suppletiva del Ctu del 26/9/2016, pag. 17.