La ripetizione contro il contraente incapace prescinde da valutazioni dell’elemento soggettivo e non implica alcuna necessità di contemperamento

L’esonero del contraente incapace dalla restituzione di cui all’art. 1443 c.c. è determinato dalla presunzione che lo stesso non abbia tratto profitto dalla controprestazione ricevuta.

La fattispecie. Un uomo il quale – prima della revoca del provvedimento da parte del Tribunale – era stato a suo tempo nominato amministratore di sostegno del figlio incapace ha citato in giudizio una agente immobiliare per chiedere l’annullamento dei contratti di compravendita preliminare e definitivo stipulati dal figlio incapace senza l’autorizzazione del Giudice tutelare e senza l’assistenza del curatore. La agente si è costituita in giudizio deducendo la buona fede nelle trattative intercorse dopo la comunicazione del figlio dell’attore della revoca della sua inabilitazione. Il Tribunale di Rovereto ha annullato i contratti ed ha condannato la agente alla restituzione dell’immobile e la Corte di Appello di Trento successivamente adita dalla convenuta soccombente ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado. Nessuna necessità di contemperamento” per l’esonero dalla restituzione dell’incapace ex art. 1443 c.c Il padre – amministratore di sostegno - ha impugnato avanti alla Corte di Cassazione la sentenza di secondo grado, affidando il ricorso a tre motivi. Per quanto qui di interesse, in particolare, il ricorrente ha rilevato la falsa applicazione dell’art. 1443 c.c. in materia di ripetizione contro il contraente incapace. Riformando parzialmente la sentenza di primo grado, infatti, la Corte di Appello di Trento ha statuito che nei casi in cui – come in quello sottoposto al suo giudizio – non sia ravvisabile un comportamento caratterizzato dalla malafede, deve ritenersi che la valutazione in ordine all’esistenza dei presupposti per la restituzione imponga un contemperamento delle posizioni, entrambe meritevoli di tutela, dell’incapace e dell’altro contraente. Accogliendo le istanze del ricorrente la Corte di Cassazione ha ribadito il proprio consolidato orientamento circa la vera ratio dell’art. 1443 c.c. disatteso dalla Corte di Appello di Trento. Secondo gli Ermellini l’esonero dalla restituzione è determinato dalla presunzione che il contraente incapace non abbia tratto profitto dalla controprestazione ricevuta. Ciò in quanto la legge presume che l’incapace abbia mal disposto del proprio patrimonio, così come che possa aver dissipato la prestazione ricevuta e pertanto il rischio di tale situazione ricade sull’altro contraente che in mala fede abbia contrattato con l’incapace e possa vedersi rifiutata la restituzione della sua prestazione ove non provi che di essa abbia tratto vantaggio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 marzo – 7 luglio 2017, n. 16888 Presidente Matera – Relatore Oricchio Fatti di causa P.B. , quale amministratore di sostegno del figlio P.C. , giusto provvedimento del 16 novembre 2006 del Tribunale di Rovereto, che aveva revocato l’inabilitazione del medesimo figlio già disposta dal 9 maggio 2002, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di quella stessa Città F.L. , agente immobiliare. L’attore esponeva che quest’ultima aveva stipulato col di lui figlio un contratto preliminare del 17 novembre 2006 seguito da contratto definitivo del 23 febbraio 2007 di acquisto dell’immobile in Rovereto p.m. 3/515/PT2245 . Chiedeva, quindi, il P.B. , nella qualità, la declaratoria di annullamento di entrambi gli anzidetti contratti perché stipulati dal figlio incapace senza autorizzazione del Giudice tutelare e senza l’assistenza del curatore. La F. , costituitasi in giudizio, resisteva all’avversa domanda, deduceva la sua buona fede nelle trattative intercorse dopo la comunicazione del P.C. della revoca della sua inabilitazione ed interponeva domande riconvenzionali relative alla restituzione della somma di Euro 180 mila. L’adito Tribunale, con sentenza n. 428/2010, annullava i succitati contratti, condannava la F. alla restituzione dell’immobile oggetto dei negozi, rigettando le domande riconvenzionali della convenuta, condannata alla refusione delle spese di lite. Avverso tale sentenza, di cui chiedeva la riforma, La f. interponeva appello, resistito dalla parte appellata, che proponeva, altresì, appello incidentale per la pronuncia di annullamento degli atti di quietanza prodotti in giudizio dall’appellante principale, della quale si domandava anche la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c La Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 226/2012, in parziale riforma della decisione del Tribunale di prima istanza,. condannava P.B. , nella qualità, alla restituzione in favore della F.L. della somma di Euro 75.587,57, oltre interessi, rigettava l’appello incidentale e compensava le spese di entrambi i gradi del giudizio. Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorre il P.B. con atto affidato a tre ordini di motivi e resistito con controricorso dalla F. . Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta una mutatio libelli asseritamente effettuata dall’appellante nel giudizio di secondo grado e si censura, quindi, il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 355 c.p.c. in relazione all’art. 360, n.ri 3 e 5 c.p.c La Corte distrettuale - secondo la prospettazione della parte ricorrente - avrebbe errato nel ritenere ammissibile la domanda che la medesima parte asserisce essere stata introdotta con la citazione di appello svolta dalla F. ed inerente la restituzione della somma versata a P.C. a titolo di acconto. La Corte territoriale qualificò siffatta domanda come ammissibile in quanto mera riduzione del petitum originario non integrante una mutatio libelli. La decisione della suddetta Corte del merito non risulta censurata dalla odierna parte ricorrente con deduzione di principio normativo od ermeneutico atto a confutare la correttezza di quanto, in punto di valutazione della domanda, ritenuto dal Giudice di appello con proprio congruo apprezzamento. Il motivo è, quindi, infondato e va respinto. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di contraddittorietà della motivazione della decisione gravata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1443 c.c. in relazione all’art. 360, n.ri 3 e 5 c.p.c. ed all’art. 111 Cost Parte ricorrente sostiene che la Corte distrettuale ha errato nel riformare la decisione del Tribunale di prima istanza in punto di applicazione, nella fattispecie, dell’art. 1443 c.c In particolare viene dedotta l’irrilevanza della buona fede del contraente con soggetto legalmente incapace irrilevanza già affermata dal Giudice di prime cure . La sentenza gravata avrebbe, quindi, fatto erronea applicazione della suddetta norma in particolare allorché affermava che Quando invece, come nel caso in esame, non si sia ravvisabile un comportamento caratterizzato da malafede, deve ritenersi che la valutazione in ordine all’esistenza dei presupposti per la restituzione imponga un contemperamento delle posizioni, entrambe meritevoli di tutela, dell’incapace e dell’altro contrante . L’assunto riportato della Corte distrettuale è errato poiché non applica correttamente la ratio della norma di cui all’art. 1443 c.c., che prescinde da una valutazione dell’elemento soggettivo e non implica l’affermata necessità di contemperamento . In effetti la corretta applicazione dell’art. 1443 c.c. non postula tale necessità giacché nell’ipotesi normativa de qua si prescinde dal riferimento all’elemento soggettivo. Per di più l’orientamento di questa Corte oggi opportunamente ribadito e tuttora valido ancorché risalente a soli due non recenti precedenti ha sempre evidenziato come, a fronte della restituzione chiesta dal contraente non incapace, si contrappone la presunzione di non profitto del contraente incapace. Al riguardo va riaffermato il principio, già enunciato da questa Corte, per cui, comunque nella fattispecie l’esonero dalla restituzione e determinato dalla presunzione che il contraente incapace non abbia tratto profitto dalla controprestazione ricevuta Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 4 marzo 1968, n. 681 . Ciò in quanto la legge presume che l’incapace ha mal disposto del suo patrimonio, così come che possa aver dissipato la prestazione ricevuta e, pertanto, il rischio di tale situazione ricade sull’altro contraente che in mala fede abbia contrattato con l’incapace e possa vedersi rifiutata la restituzione della sua prestazione ove non provi che di essa l’incapace abbia tratto vantaggio Cass. civ., Sent. 21 novembre 1975, n. 3913 . Sotto altro profilo la censura posta col motivo qui in esame deve ritenersi fondata in ordine alla carenza motivazionale circa l’avvenuto pagamento delle rate del mutuo da parte della controricorrente in favore dell’allora contraente incapace, circostanza che andava acclarata con puntuale interpretazione delle risultanze documentali. Il motivo va, quindi, accolto. 3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 115.e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n.ri 3 e 5 c.p.c., nonché all’art. 111 Cost. ed agli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c Con il motivo parte ricorrente si duole, nella sostanza, dell’errore della gravata decisione quanto all’estensione della ritenuta buona fede della F. anche al periodo successivo alla stipula del secondo preliminare del 17.11.2006 . Il motivo qui in esame, atteso l’accoglimento del precedente motivo, deve ritenersi assorbito. 4.- Il proposto ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo motivo formulato con lo stesso. La sentenza impugnata va quindi cassata con rimessione ad altra Sezione della Corte di Appello di Trento, che provvederà a decidere la controversia facendo applicazione del principio innanzi enunciato. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Trento.