Cosa si intende per «attività affini» nelle locazioni di immobili adibiti a uso commerciale?

La legge che disciplina le locazioni di immobili urbani l. n. 392/1978 prevede il pagamento di un’indennità nei confronti del conduttore uscente, da parte di quello entrante, qualora quest’ultimo svolga un’attività affine al primo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 5039/17 depositata il 28 febbraio. Il caso. Una società, conduttrice di un immobile adibito ad uso commerciale e destinato alla vendita al dettaglio di abbigliamento femminile, si risolveva consensualmente nel 2005. Un mese dopo la cessazione della locazione l’immobile veniva locato ad un'altra società, che iniziava ad esercitarvi un’attività affine a quella svolta dalla precedente conduttrice. Quest’ultima agiva in giudizio per ottenere il pagamento dell’indennità prevista dall’art. 34, comma 2, l. numero 392/1978, applicato nei casi in cui vi siano, in capo al conduttore entrante”, delle attività idonee ad intercettare la clientela del conduttore uscente” . La domanda veniva rigettata dal Tribunale di Roma e dalla Corte d’appello capitolina. Le attività diverse” dei conduttori. Motivo di doglianza era il seguente il giudice della sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che la semplice diversità dello stile dei capi di vestiario venduti dal primo conduttore rispetto a quelli venduti dal secondo fosse di per sé sufficiente ad escludere il summenzionato diritto all’indennità. La Corte d’appello aveva così deciso, a detta della società ricorrente, a causa dell’abrogazione delle tabelle merceologiche, di cui alla l. numero 426/1971, che è oggetto di rinvio recettizio ad opera dell’art. 34 dell’altra legge in esame. Il rinvio recettizio delle tabelle merceologiche. Secondo la Corte di Cassazione questa interpretazione è corretta, motivo per cui va accolto il motivo di ricorso, con la pronuncia di un principio di diritto, secondo cui il rinvio appena menzionato è recettizio. Perciò né la novazione della fonte normativa, né la sua successiva abrogazione hanno avuto effetti sulla disciplina dell’indennità dovuta al conduttore uscente. Il concetto di affinità. Inoltre, la Suprema Corte intende chiarire meglio anche il concetto di affinità” tra le attività esercitate negli immobili locate essa va accertata non già in base al contenuto oggettivo dei servizi o prodotti offerti al pubblico, ma in base alla astratta idoneità dell’attività entrante ad intercettare anche solo in parte la clientela dell’attività uscente . Il giudice di secondo grado aveva quindi violato l’art. 34, comma 2, quando aveva escluso tale affinità per il solo fatto che il conduttore uscente e quello entrante vendessero beni della stessa natura, ma di foggia, stile o marchio diversi .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 dicembre 2016 – 28 febbraio 2017, n. 5039 Presidente Ambrosio – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 2007 la società M.R. s.r.l. d’ora innanzi, per brevità, la M.R. convenne dinanzi al Tribunale di Roma la società Cherie di D.P.M. e S.F. & amp C. s.n.c. d’ora innanzi, per brevità, la Cherie , deducendo - di avere condotto in locazione, ad uso commerciale, un immobile di proprietà della Cherie, sito in omissis - che l’immobile era destinato alla vendita al dettaglio di abbigliamento femminile - che il contratto di locazione stipulato tra la M.R. e la Cherie si era risolto consensualmente, per effetto di transazione, il 30.11.2005 - che un mese dopo la cessazione della locazione l’immobile venne locato dalla Cherie alla società Liu-Jo s.p.a., che iniziò ad esercitarvi una attività affine a quella svolta dalla M.R. , ovvero la vendita di abbigliamento femminile. Chiese pertanto la condanna della convenuta al pagamento dell’indennità prevista dall’art. 34, comma 2, della l. 27.7.1978 n. 392, per l’ipotesi di adibizione dell’immobile alla medesima attività svolta dal conduttore uscente. 2. La Cherie si costituì e, per quanto qui ancora rileva, eccepì - di avere locato l’immobile di via omissis , dopo l’uscita della M.R. , non alla Liu-Jo, ma alla società NES 2005 s.r.l., che vendeva oggetti per la casa e non abbigliamento - essere trascorso più d’un anno tra lo scioglimento del contratto stipulato con la M.R. , e l’adibizione dell’immobile alla medesima attività svoltavi dal conduttore uscente - in ogni caso, che il conduttore uscente e la Liu-Jo non esercitavano attività affini. 3. Con sentenza 28.4.2008 n. 6021 il Tribunale di Roma rigettò la domanda della M.R. , sul presupposto che - non vi era prova che l’immobile, dopo la cessazione della locazione con la M.R. , fosse stato adibito alla stessa attività svoltavi dal conduttore uscente - in ogni caso non vi era prova che ciò fosse avvenuto per volontà del locatore. 4. La sentenza venne appellata dalla società M.R. . La Corte d’appello di Roma, con sentenza 22.10.2014 n. 6327 rigettò il gravame. A fondamento della propria decisione la Corte d’appello pose le seguenti considerazioni a l’art. 34, comma 2, della l. 392/78, subordina il diritto al pagamento dell’indennità ivi prevista allo svolgimento, da parte del conduttore entrante , di una attività inclusa nella medesima tabella merceologica nella quale era inclusa l’attività svolta dal conduttore uscente b tale requisito tuttavia è venuto meno per effetto dell’abrogazione delle tabelle merceologiche, disposta dal d. lgs. 31.3.1998 n. 114 c per effetto di tale abrogazione, il presupposto del diritto al pagamento dell’indennità di cui all’art. 34, comma 2, l. 392/78 va individuato nello svolgimento, da parte del conduttore entrante , di un’attività idonea ad intercettare la clientela del conduttore uscente . Ciò premesso in iure, la Corte d’appello ha ritenuto in facto che l’attività svolta dalla società Liu-jo, conduttore entrante, non fosse idonea ad intercettare la clientela che costituiva l’avviamento dell’attività svolta dalla della società M.R. , conduttore uscente e ciò in quanto doveva ritenersi notorio ex art. 115 c.p.c. che la società M.R. vendesse capi di abbigliamento di tipo diverso da quelli venduti dalla Liu-jo, e destinati ad una utenza di gusto dissimile da quella interessata all’acquisto dei capi di abbigliamento venduti dalla società Liu-Jo. 5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla M.R. , con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso la Cherie. Motivi della decisione 1. Questioni preliminari. 1.1. Va esaminata preliminarmente, ai sensi dell’art. 276, comma secondo, c.p.c., l’eccezione di giudicato sollevata dalla Cherie. Ha sostenuto infatti la controricorrente che nel presente giudizio si sarebbe formato il giudicato interno sulla mancanza di prova che l’attività affine a quella del conduttore uscente, svolta nei locali della Cherie dal conduttore entrante, sia iniziata entro l’anno dalla cessazione della locazione precedente. 1.2. L’eccezione è infondata. Il Tribunale di Roma, in esito al giudizio di primo grado, ritenne in iure che il termine annuale di cui all’art. 34, comma 2, l. 392/78, decorresse dalla cessazione di fatto dell’attività, e non dalla data di scioglimento del contratto. Ha, quindi, accertato in facto che la M.R. cessò l’attività il 30.11.2005, e che il contratto col nuovo conduttore venne stipulato il 1.12.2005 così la sentenza di primo grado, p. 10 . Tale statuizione non è stata impugnata dalla Cherie, e quindi se c’è un giudicato sulla questione del rispetto del termine annuale, esso è sfavorevole alla controricorrente. 2. Ordine delle questioni. 2.1. Il secondo motivo del ricorso va esaminato per primo, anche in questo caso in applicazione della regola dettata dall’art. 276, comma secondo, c.p.c Con questo motivo, infatti, si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha interpretato l’art. 34 I. 392/78 ritenendo che la diversità dello stile dei capi di vestiario venduti dal conduttore entrante, rispetto a quelli venduti dal conduttore uscente, fosse requisito di per sé sufficiente ad escludere il diritto all’indennità di cui all’art. 34, comma 2, L. cit Col primo motivo di ricorso, invece, la ricorrente censura la sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto notorio , ex art. 115 c.p.c., che i capi di vestiario venduti dalla società M.R. siano di tipo diverso, e si rivolgano ad un pubblico di esigenze diverse, rispetto a quelli venduti dalla società Liu-jo. È infatti evidente che, se fosse erroneo il presupposto interpretativo su cui la Corte d’appello ha fondato la sua decisione, diverrebbe ultroneo stabilire se sia stata fatto corretta applicazione del concetto di notorio . 3. Il secondo motivo di ricorso. 3.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 12, 15 disp. prel. c.c. 34, comma 2, I. 392/78 sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . La Corte d’appello - sostiene la ricorrente - ha ritenuto che per stabilire se il conduttore entrante eserciti o meno un’attività affine a quella svolta dal conduttore uscente, dopo l’abrogazione delle tabelle merceologiche l’unico criterio richiesto dall’art. 34 I. 392/78 è quello della affinità , criterio che è stato escluso per il solo fatto che i prodotti venduti dalle due imprese succedutesi nella locazione fossero identici per genere abbigliamento , ma diversi per specie foggia e taglie . Tuttavia - prosegue la M.R. - questa interpretazione dell’art. 34, comma 2, L. 392/78, è erronea sotto diversi profili a sia perché l’art. 34 L. 392/78, là dove richiama le tabelle merceologiche di cui all’abrogata L. 11.6.1971 n. 426, compie una relatio perfecta o rinvio recettizio alla norma richiamata con la conseguenza che le successive modifiche di quest’ultima non riverberano effetti sulla norma richiamante, nel cui nucleo precettivo la norma richiamata si è cristallizzata di conseguenza, l’ affinità richiesta dalla legge sussiste non solo nel caso di vendita di prodotti identici, ma anche nel caso di vendita di prodotti rientranti nella medesima tabella merceologica, come nel caso di specie b sia perché accordare il diritto all’indennità solo nel caso di vendita di prodotti della medesima foggia e stile restringerebbe l’ambito applicativo della norma sin quasi ad annullarlo, giacché qualsiasi esercizio commerciale vende prodotti di marchio o di gusto diversi da quelli degli altri. 3.2. Il motivo è fondato. L’art. 34, comma 2, L. 27.7.1978 n. 392 attribuisce al conduttore uscente il diritto al pagamento, da parte del locatore, di una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, quando ricorrano due presupposti uno indefettibile, il secondo alternativo. Il presupposto indefettibile è che la nuova attività sia iniziata entro l’anno dalla cessazione della precedente attività. Il presupposto alternativo è che la nuova attività a o sia identica a quella già esercitata dal conduttore uscente oppure, in alternativa b sia inclusa nella medesima tabella merceologica in cui rientrava l’attività svolta dal conduttore uscente, e sia a quella affine . Quando, dunque, la nuova attività non sia esattamente coincidente con quella svolta dal conduttore uscente, sono due i requisiti richiesti dalla legge perché sorga il diritto all’indennità l’inclusione nella medesima tabella merceologica delle due attività quella entrante e quella uscente , e la loro affinità principio pacifico e risalente così già Sez. 3, Sentenza n. 4225 del 20/10/1989, Rv. 463902 . 3.3. Nel caso di specie il gravame proposto dalla M.R. chiamava la Corte d’appello di Roma a risolvere due questioni di diritto a se il requisito della identità di tabella merceologica fosse venuto meno dopo l’abrogazione delle norme che prevedevano le suddette tabelle, ai fini della disciplina amministrativa del commercio b se potessero ritenersi non affini attività rientranti nella medesima tabella merceologica ed aventi ad oggetto la vendita di prodotti della medesima natura, ma di foggia e gusto differente. Ad ambedue i quesiti la Corte d’appello ha dato risposta positiva, ed ha di conseguenza concluso che l’indennità non spettasse, a causa della diversità dei prodotti venduti e della diversità di clientela cui essi si rivolgevano. Questa interpretazione dell’art. 34, comma 2, L. 392/78 non è corretta. 3.4. Non corretta, in primo luogo, è l’affermazione secondo cui l’abolizione delle tabelle merceologiche avrebbe apportato una modifica non testuale all’art. 34, comma 2, L. 392/78. Le tabelle merceologiche vennero introdotte nel nostro ordinamento dall’art. 37 L. 11.6.1971 n. 426 Disciplina del commercio . Quella legge subordinava il lecito esercizio delle attività commerciali all’iscrizione in un apposito registro, e stabiliva che l’autorizzazione all’esercizio del commercio fosse valida per tutte le attività rientranti nella medesima categoria, prevista giustappunto dalle tabelle. Le singole tabelle vennero approvate, in esecuzione della delega prevista dall’art. 37 L. cit., dal d.m. 30.8.1971 in Gazz. Uff., 6 settembre, n. 224 . Le tabelle approvate dal d.m. 30.8.1971 vennero, in seguito, abrogate dall’articolo 62 d.m. 4.8.1988, n. 375, e sostituite da quelle di cui all’Allegato 5 al medesimo decreto. Anche queste ultime, infine, sono state abrogate dall’art. 26, comma 6, d. Lgs. 31.3.1998, n. 114. 3.5. L’art. 34, comma 2, L. 392/78, come già detto subordina il pagamento dell’indennità ivi prevista al presupposto che l’attività svolta dal conduttore entrante, e quella svolta dal conduttore uscente, fossero non solo affini, ma anche incluse nella medesima tabella merceologica . L’art. 34 L. 392/78, pertanto, all’epoca in cui fu emanato conteneva un rinvio al d.m. 30.8.1971. Il rinvio da una norma ad un’altra può essere di due tipi formale o mobile , o non recettizio e materiale o fisso , o recettizio . Sul piano degli effetti, il rinvio recettizio si distingue dal rinvio non recettizio perché nel primo caso la norma richiamante incorpora la norma richiamata, restando insensibile ai successivi mutamenti di questa. Nel caso di rinvio non recettizio, invece, la norma richiamante non assorbe quella richiamata, di talché tutte le successive modifiche di quest’ultima, come pure la sua abrogazione, riverbereranno effetti sulla norma richiamante. Sul piano dell’interpretazione, il rinvio recettizio si distingue da quello non recettizio perché il primo è sempre un rinvio ad una norma o ad una disposizione. Il rinvio non recettizio, invece, è sempre un rinvio ad un tipo di fonte ad es., al diritto internazionale, alla consuetudine, alla legge ordinaria . 3.6. Nel nostro caso, l’art. 34, comma 2, L. 392/78 col sintagma tabelle merceologiche rinvia ad una disposizione precisa ed inconfondibile, ovvero l’elenco contenuto nel d.m. 30.8.1971. Il nostro ordinamento, infatti, non contemplava all’epoca altri atti definiti tabelle merceologiche , se non quelle di cui al suddetto decreto. Pertanto il rinvio a queste ultime, contenuto nell’art. 34, comma 2, L. 392/78, va inteso come rinvio recettizio alla singola disposizione che prevedeva queste tabelle. La disposizione richiamata, che per effetto del rinvio è stata recepita e cristallizzata all’interno della norma richiamante, è venuta in tal modo a formare parte integrante di quest’ultima, con la conseguenza che sulla portata precettiva dell’art. 34, comma 2, L. 392/78 non hanno prodotti effetti né l’approvazione delle nuove tabelle merceologiche di cui all’Allegato n. 5 al d.m. 4.8.1988, n. 375, né la successiva abrogazione anche di quest’ultimo decreto. Non la prima, perché anche a prescindere da qualsiasi considerazione circa la natura del rinvio recettizio o non recettizio contenuto nell’art. 34 L. 392/78, le tabelle merceologiche allegate al d.m. 375/98, per quanto riguarda la vendita di prodotti di abbigliamento, contenevano una previsione identica ad litteram a quella contenuta nelle previgenti tabelle del 1971 ovvero il § IX articoli di vestiario confezionati di qualunque tipo e pregio, compresi quelli di maglieria esterna e di camiceria . Non la seconda, perché per quanto già detto l’art. 34 L. 392/78 contiene un rinvio recettizio alle tabelle merceologiche previste dal d.m. 30.8.1971, che lo ha reso insensibile alla successiva abrogazione di queste ultime. Ancor oggi, pertanto, l’indennità di cui all’art. 34, comma 2, I. 392/78, resta dovuta se a il conduttore uscente e quello entrante hanno esercitato nell’immobile locato attività che, pur non essendo identiche, rientrano nella medesima tabella merceologica b l’attività iniziata dal conduttore entrante è affine a quella precedentemente svolta nel medesimo immobile dal conduttore uscente, costituendo l’appartenenza alla medesima tabella merceologica il perimetro entro il quale va ricondotta la valutazione dell’ affinità . Il requisito sub a , nel nostro caso, era soddisfatto, in quanto la M.R. e la Liu-jo vendevano nell’immobile di via omissis capi di vestiario, rientranti nel paragrafo IX della Tabella allegata al d.m. 30.8.1971, il quale riuniva nel medesimo gruppo gli articoli di vestiario confezionati di qualunque tipo e pregio . 3.6. Il secondo requisito richiesto dall’art. 34, comma 2, L. 392/78, perché il conduttore uscente acquisti il diritto all’indennità ivi prevista, è che l’attività da lui svolta nell’immobile locato, oltre a rientrare nella medesima tabella merceologica, fosse stata anche affine a quella ivi intrapresa dal conduttore entrante. Il concetto di affinità richiesto dall’art. 34, comma 2, L. 392/78 ovviamente non può coincidere con quello di identità , altrimenti la norma sarebbe inutile che l’indennità spetti nel caso di identità tra l’attività svolta dal conduttore uscente quella svolta dal conduttore entrante è infatti già previsto dal primo periodo del secondo comma dell’art. 34 L. cit Per spiegare il concetto di affinità tra le attività svolte nel medesimo immobile da due conduttori successivi occorre prendere le mosse dalla genesi e dalla ratio dell’art. 34 L. cit., come correttamente intuito dalla Corte d’appello, sebbene sia poi pervenuta a conclusioni non condivisibili. 3.6.1. Il diritto del conduttore d’un immobile ad uso commerciale ad una indennità allo scadere della locazione fu introdotto nel nostro ordinamento in limiti assai ristretti dall’art. 4, comma 1, n. 1, della L. 23.5.1950 n. 253. Tale norma prevedeva il diritto del conduttore ad un congruo compenso solo se l’immobile, dopo la scadenza della locazione, fosse stato adibito dal locatore allo svolgimento della propria attività professionale, identica a quella già esercitata dal conduttore. La legge soggiungeva che tale congruo compenso fosse dovuto solo se il conduttore avesse provato che il locatore si era avvantaggiato dell’avviamento creato dall’opera del conduttore. Tali ristretti limiti furono in seguito allargati dall’art. 4 della I. 27.1.1963 n. 19 tale norma attribuì al conduttore uscente il diritto di essere compensato dal locatore per la perdita dell’avviamento che l’azienda subisca in conseguenza di tale cessazione nella misura dell’utilità che ne può derivare al locatore, e comunque nel limite massimo di trenta mensilità del canone di affitto che l’immobile può rendere secondo i prezzi correnti di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche . Un ulteriore ampliamento della tutela del conduttore, infine, fu realizzato dall’art. 34 della L. 392/78, il quale ha introdotto due diversi tipi di indennità del conduttore l’indennità normale e quella ulteriore . L’indennità normale è prevista dal primo comma dell’art. 34 è una indennità dovuta sempre e comunque, volta ad indennizzare la perdita dell’avviamento del conduttore, che l’ordinamento presume juris et de jure ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 11245 del 21/11/1990, Rv. 469851 . L’indennità ulteriore è prevista dal secondo comma dell’art. 34. Essa non ha una funzione indennitaria, ma compensatrice. Non vuole indennizzare un danno presunto , ma evitare un ingiustificato arricchimento temuto . Il legislatore ha infatti ritenuto che, secondo l’id quod plerumque accidit, la prosecuzione nello stesso locale d’una attività identica a quella precedentemente esercitata, ovvero a quella affine e rientrante nella medesima tabella merceologica, fosse di per sé idonea a determinare a vantaggio del nuovo esercente il subentro in un avviamento in atto, mediante l’acquisizione della clientela che al locale affluiva principio pacifico ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 11378 del 16/05/2006, Rv. 589810 Sez. 3, Sentenza n. 3779 del 25/08/1989, Rv. 463685 nello stesso senso Corte cost., 30/01/2002 n. 2, ove si afferma che l’indennità in questione mira a riequilibrare il rapporto in considerazione dell’effettivo arricchimento del locatore per la destinazione dell’immobile alla stessa attività o ad attività analoga a quella dismessa dal conduttore . 3.6.2. La breve disamina che precede dimostra che a l’evoluzione del quadro normativo in tema di locazioni commerciali è caratterizzata da un progressivo rafforzamento della tutela del conduttore, sicché sarebbe contraria al canone ermeneutico dell’interpretazione storica una scelta che interpretativa che, invece, indebolisse tale posizione b il legislatore è passato da un sistema nel quale era il conduttore uscente a dover provare di avere patito un pregiudizio all’avviamento commerciale, ad un sistema nel quale tale pregiudizio è presunto in via generale ed astratta, e senza possibilità di prova contraria c alla prova del pregiudizio patito dal conduttore uscente il legislatore ha sostituito la diversa prova della affinità delle attività rientranti nella medesima tabella merceologica, succedutesi all’interno dell’immobile locato data tale prova, l’arricchimento del locatore è presunto juris et de jure. Se dunque son questi i presupposti dell’art. 34, comma 2, L. 392/78, per i fini in esso previsti l’ affinità tra due attività commerciali deve ritenersi sussistente in tutti i casi in cui l’attività esercitata dal conduttore entrante possa teoricamente avvantaggiarsi dell’avviamento sviluppato dal conduttore uscente. Il giudizio di affinità non postula affatto una sovrapponibilità delle clientele, come opinato la Corte territoriale pertanto va formulato, nell’ambito di attività facenti riferimento alla medesima tabella merceologica, non in base al contenuto oggettivo dell’attività svolta, ma in base all’idoneità della nuova attività a sottrarre clientela - anche solo in parte alla vecchia, se posa ritenersi che questa preferirà frequentare il nuovo esercizio, piuttosto che inseguire il vecchio nella sua nuova collocazione. Così, ad esempio, una orologeria non vende gioielli, ma può intercettare una porzione della clientela di una preesistente gioielleria esercitata nel medesimo locale e parimenti una pizzeria non vende hamburger, ma può intercettare una porzione della clientela di un preesistente pub . 3.7. La Corte d’appello di Roma non ha osservato questi principi. Essa ha infatti ritenuto che il conduttore entrante e quello uscente non svolgessero attività affini , sul presupposto che il primo vendesse abbigliamento femminile giovane e moderno poco adatto alle taglie forti , mentre il secondo offriva abbigliamento femminile di tendenza ma di nicchia, perché si rivolge a donne che . indossano taglie comode . Da ciò ha tratto la conclusione che la clientela dell’uno e dell’altro commerciante non fossero sovrapponibili. Così decidendo, però, la Corte d’appello ha errato non già nell’accertare in facto se le attività svolte dalla Liu-jo e dalla M.R. fossero affini il che costituisce un giudizio di merito non sindacabile in questa sede , ma ha errato nell’individuare in iure i criteri con cui compiere il giudizio di affinità. Dire, infatti, che se gli abiti offerti in vendita da due attività commerciali sono diversi per foggia o taglia, quelle attività hanno necessariamente clientele diverse, significa far dipendere l’ affinità tra le attività svolte dal conduttore entrante e da quello uscente dal loro contenuto oggettivo, falsamente applicando l’art. 34, comma 2, L. cit Il criterio di valutazione dell’affinità doveva essere invece invertito non già partire dalla diversità dei beni offerti per supporre che anche le clientele dei due esercizi commerciali lo fossero ma al contrario accertare in concreto se esistesse un rischio di confondibilità anche solo parziale delle clientele e quindi se una signora acquirente di abiti Alfa possa teoricamente decidere un giorno di provare anche gli abiti Beta , rispetto al quale la foggia o la taglia degli abiti offerti in vendita non possono essere altro che meri indizi. 4. Il primo motivo di ricorso. 4.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 115 c.p.c. sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Deduce che la Corte d’appello ha ritenuto che l’attività svolta dalla M.R. e quella svolta dalla Liu-Jo nel negozio di via del corso non fossero affini , e l’ha fatto ritenendo notorio ex 115 c.p.c. che i capi di vestiario commercializzati dalle due firme si rivolgessero a clientele di gusti differenti. In questo modo - prosegue la ricorrente - la Corte d’appello ha tuttavia violato l’art. 115 c.p.c., perché non può ritenersi fatto notorio quali siano i bacini di utenza di due firme della moda, né i gusti del pubblico. 4.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso. 5. I principi di diritto. 5.1. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, la quale nel riesaminare la controversia si atterrà ai seguenti principi di diritto A Il rinvio alle tabelle merceologiche , contenuto nell’art. 34, comma 2, della L. 27.7.1978 n. 392, è un rinvio recettizio alla tabella di cui al d.m. 30.8.1971, la quale è pertanto divenuta parte integrante del suddetto art. 34 I. 392/78. Ne consegue che né la novazione della fonte normativa le suddette tabelle vennero infatti abrogate e riproposte, con contenuto identico, dal d.m. 4.8.1988, n. 375 , né la sua successiva abrogazione disposta dal d. lgs. 31.3.1998 n. 114, hanno avuto effetti sulla disciplina dell’indennità dovuta al conduttore uscente ai sensi dell’art. 34, comma secondo, l. cit B La affinità tra l’attività esercitata nell’immobile locato dal conduttore uscente, e quella intrapresavi dal conduttore entrante, va accertata non già in base al contenuto oggettivo dei servizi o prodotti offerti al pubblico, ma in base alla astratta idoneità dell’attività entrante ad intercettare anche solo in parte la clientela dell’attività uscente. Viola, pertanto, l’art. 34, comma secondo, della I. 27.7.1978 n. 392 il giudice che escluda la suddetta affinità per il solo fatto che il conduttore uscente e quello entrante vendano beni della stessa natura, ma di foggia, stile o marchio diversi. 6. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione - accoglie il secondo motivo di ricorso dichiara assorbito il primo cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.