La comunicazione al traente a seguito dell’emissione dell’assegno senza provvista deve essere fatta anche al delegato di traenza

L’obbligo di comunicazione che discende dalla l. n. 386/1990 non può dirsi adempiuto mediante la sola notifica al soggetto intestatario del conto, dato che il delegato all’emissione di assegni deve essere considerato parimenti legittimato a ricevere detto avviso.

La sentenza n. 24724/16 della Corte di Cassazione, depositata il 2 dicembre, chiarifica un importante principio in tema di assegni bancari. La vicenda. Nel caso in questione un soggetto, delegato di traenza di un correntista, emetteva un assegno senza provvista. Il correntista e il delegato, quindi, ricevevano ai sensi dell’art. 2 l. n. 386/1990 una sanzione amministrativa. Secondo il ricorrente, però, tale ordinanza sarebbe stata viziata dato che egli – ossia il delegato di traenza – non aveva ricevuto il preavviso così come previsto dall’art. 9- bis della succitata legge. Aggiungeva inoltre il ricorrente come il titolo era stato comunque successivamente pagato al beneficiario. Sebbene il Giudice di Pace, adito in primo grado, avesse dato ragione al ricorrente, sottolineando come il titolo fosse stato comunque pagato al beneficiario e come effettivamente il traente non avesse ricevuto la notifica di alcun avviso che l’istituto che aveva emesso l’assegno avrebbe dovuto effettuare ex art. 9- bis l. n. 386/1990. Il Tribunale, adito in grado di appello, invece, aveva sovvertito l’esito del primo grado e aveva condannato il ricorrente dato che nel caso in esame non è in discussione la revoca ad emettere assegni di cui all’art. 9 della L. 386/1990 ma la comunicazione imposta dalla legge nell’art. 9 bis della L. 386/1990 l’art. 9 bis della predetta legge è chiaro il trattario comunica al traente” e cioè Poste Italiane avrebbe dovuto comunicare a [ omissis ] le modalità operative per il pagamento del titolo . In buona sostanza, quindi, secondo il Giudice la comunicazione effettuata dall’istituto al correntista era sufficiente e non era necessario comunicare l’assenza di provvista e gli avvisi ex l. n. 386/1990 anche al delegato di traenza. L’incostituzionalità della norma applicata. Il soggetto che aveva emesso l’assegno ricorreva quindi in Cassazione sostenendo l’illegittimità della condotta dell’istituto il quale, ai sensi dell’art. 9- bis l. n. 386/1990 si era limitato a informare dell’emissione dell’assegno senza provvista il solo correntista, ma non aveva formalmente reso edotto il delegato di traenza della situazione, consentendogli di pagare il titolo a beneficiario dell’assegno ed evitare la sanzione del blocco dell’emissione degli assegni ai sensi dell’art. 8 della succitata norma. Sosteneva, ancora, il ricorrente, come questa applicazione della norma costituisse una aperta violazione ai suoi diritti costituzionali, dato che lasciare alla diligenza del correntista l’eventuale comunicazione circa detta facoltà inserita nel preavviso di revoca pare violare il principio di eguaglianza e che anche a voler negare detta equiparazione di posizioni, la mancata comunicazione del preavviso al delegato di traenza appare del tutto irragionevole dal momento che, oltra ad essere esposto alle sanzioni di legge, e ad avere, quindi, un interesse proprio nella vicenda, pare anche il soggetto cui il delegante dovrebbe attribuire la responsabilità dell’accaduto a causa dell’emissione di un assegno privo di provvista e, tra l’altro, senza l’indicazione su di esso della qualità di delegato . La necessità di notifica dell’avviso di cui all’art. 8 l. n. 386/1990 anche al delegato di traenza. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso sopra tratteggiato e afferma come il Tribunale abbia errato nell’interpretare la norma sopra citata. Secondo la Suprema Corte, infatti, l’obbligo di comunicazione che discende dalla l. n. 386/1990 non può dirsi adempiuto mediante la sola notifica al soggetto intestatario del conto dato che il delegato all’emissione di assegni deve essere considerato parimenti legittimato a ricevere detto avviso. Dal punto di vista sanzionatorio, infatti, l’emissione di assegno senza provvista comporta due sanzioni una pecuniaria e una consistente nel divieto di emettere assegni per ventiquattro mesi e queste vengono irrogate tanto al traente quanto al delegato, che quindi deve ricevere la notifica dell’avviso di cui all’art. 8 l. n. 386/1990. Si noti che, a seguito di detto avviso, il ricevente ha sessanta giorni per provare il pagamento del titolo al beneficiario e quindi la mancata notifica al delegato di traenza può seriamente compromettere la possibilità di fornire detta prova. Da ultimo la Cassazione affermava che sussiste l’obbligo del trattario di comunicare anche al delegato di traenza”, che abbia emesso l’assegno, il preavviso di cui all’art. 9- bis della legge 386/1990 permettendogli così di far uso della facoltà prevista dall’art. 8 . Tale comunicazione costituisce presupposto per l’eventuale sanzione di cui all’art. 9 ove non intervenga il pagamento del titolo . Senza la rituale notifica dell’avviso, quindi, l’irrogazione della sanzione quanto meno verso il delegato di traenza non è valida.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 Maggio – 2 dicembre 2016, n. 24724 Presidente Petitti – Relatore Parziale Fatti di causa 1. B.G. impugna con due motivi la sentenza d’appello n. 446/14, pronunciata dal Tribunale di Pordenone in data 8/04/2014, depositata in cancelleria il 21/05/2014 e notificata il 30 luglio 2014, che aveva accolto il gravame della Prefettura, confermando l’ordinanza ingiunzione prefettizia del 30/06/2010 con cui erano state irrogate sanzioni per emissione di un assegno privo di provvista. 2. Espone in fatto il ricorrente che era stata contestata la violazione dell’articolo 2 della Legge 386/1990, per aver emesso l’assegno n. omissis sul conto corrente n. [], tratto presso le Poste italiane S.p.a., filiale di omissis , in assenza di provvista, con applicazione a B.G. , in qualità di traente docomma 1, fascicolo primo grado di parte ricorrente e a F.O. in qualità di obbligato in solido docomma 2 fascicolo di primo grado di parte ricorrente della sanzione amministrativa di 1.032,00 caro e della sanzione amministrativa accessoria del divieto di emettere assegni per la durata di ventiquattro mesi . 2. Precisa il ricorrente che aveva sostenuto che l’ordinanza era vi data in quanto non risultava essere stato inviato al traente, cioè al sig. B.G. , il preavviso di revoca previsto dall’articolo 9-bis L. 360/1990, ma che, comunque, il titolo era stato pagato in data 310112009 nelle mani del beneficiario” come da dichiarazione scritta depositata in giudizio. 3. Precisa ancora il ricorrente che il giudice di pace accoglieva l’opposizione, dopo aver rilevato che dalla documentazione in atti risulta che il sig. B. ha pagato quanto dovuto al soggetto beneficiario dell’assegno N.P. e si è fitto rilasciare una quietanza con allegata copia del documento di identità , e dopo aver individuato il traente nel sig. B.G. che ha sottoscritto l’assegno in questione sulla base dell’art. 1 del R.D. 1736/1933, il quale contempla la sottoscrizione di colui che emette l’assegno traente , motivava l’accoglimento, osservando che, oltre all’intervenuto pagamento dell’assegno, a quest’ultimo non era stato inviato il preavviso di cui all’articolo 9-bis della Legge 386-1990, preavviso che Poste italiane avrebbe dovuto comunicare al B. in quanto, appunto, traente . 4. Il Tribunale di Pordenone accoglieva l’appello della Prefettura. Osservava il giudice unico che nel caso in esame non è in discussione la revoca ad emettere gli assegni di cui all’art. 9 della L. 386/1990 ma la comunicazione imposta dalla legge nell’art. 9-bis della L. 386/1990 l’art. 9 bis della predetta legge è chiaro il trattario comunica al traente e cioè Poste Italiane avrebbero dovuto comunicare al sig. B. le modalità operative per il pagamento del titolo . 5. Rileva il ricorrente che il giudice unico osservava che il trattario - Poste Italiane - ha correttamente comunicato il preavviso di cui all’art. 9-bis della legge in esame, e ciò ha fatto nei confronti del traente, ovverosia la Sig.ra F.O. . Come infatti già anticipato in fatto, la nota dd.13.06.2010 docomma 1 delle Poste Italiane, nonché la quietanza di pagamento del beneficiario indicavano l’intestatario dell’assegno, ovvero il traente-correntista nella Sig.ra F.O. sicchè il B.G. era indicato in qualità di delegato al pagamento ovvero emittente dell’assegno protestato. Invero, Part. 8 delle Condizioni Contrattuali Generali del conto corrente Banco posta docomma 2 indica all’art. 8 che le comunicazioni previste all’art. 9 bis della L. 386/1990 saranno inviate al correntista ”. Osserva ancora il ricorrente che le Poste Italiane hanno comunicato alla Sig.ra F. , nella veste di correntista del c.comma 39423806, di provvedere a fornire la provvista per l’assegno emesso dal B. in favore del N.P. . Tale richiesta tuttavia è rimasta inattesa cosicché le Poste Italiane hanno dovuto procedere con la segnalazione alla Prefettura di Pordenone la quale ha poi emesso legittimamente l’ordinanza de qua ”. 5. Resiste con controricorso la parte intimata. Ragioni della decisione 1. I motivi del ricorso. 1.1 - Col primo motivo si deduce violazione dell’articolo 360 n. 4 codice di procedura civile in relazione agli articoli, 100, 329 comma 2, 342 e 434 del medesimo nullità della sentenza di appello per omessa declaratoria di inammissibilità violazione dell’articolo 360, comma 1, n. 3, codice di rito per inosservanza del giudicato interno art. 2909 codice civile . Osserva il ricorrente che l’appellante prefettura non aveva avanzato alcuna censura alla sentenza impugnata nella parte in cui dava per accertato l’intervenuto pagamento dell’assegno come risultante dalla quietanza dimessa in atti dai ricorrenti docomma 3 e 4 fascicolo di parte ricorrente . Secondo il ricorrente, tale premessa, proprio perché costituente un capo della decisione idoneo a sorreggerla indipendentemente dalla questione circa il preavviso di revoca, dovesse essere fatto oggetto dei motivi di appello allo scopo di evitarne il passaggio in giudicato . Rileva ancora il ricorrente che alla mancata proposizione dell’impugnazione contro l’accertato e dichiarato intervenuto pagamento, non poteva che conseguire l’acquiescenza alla parte della sentenza non impugnata art. 329, compia 2 con il conseguente passaggio in giudicato di quest’ultima . Con la conseguenza che l’appello doveva essere dichiarato inammissibile e ciò anche per l’evidente carena di interesse sopravvenuta nei confronti proposta solamente contro il diverso capo della decisione . 1.2 - Col secondo motivo si deduce violazione degli articoli 360 n. 3 codice procedura civile, 2, 8 e 9-bis della legge 15 dicembre 1990 n. 386 e dell’articolo 1 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non prescrive che il preavviso ivi previsto non venga comunicato anche all’emittente del titolo delegato dal correntista . Secondo il ricorrente, il Tribunale non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui alla legge 15 /12/1990, n. 386 e, in particolare, dell’articolo 9-bis, il quale prescrive l’obbligo, in capo al trattario, di comunicare al traente che, scaduto il termine indicato nell’articolo 8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’articolo 10-bis e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni . Tale interpretazione non consente al sottoscrittore del titolo, che ha emesso un assegno senza provvista in qualità di delegato debitamente autorizzato dal correntista - di essere formalmente reso edotto della facoltà, concessa dall’articolo 8 della L. 386/1990, che esclude l’applicazione delle sanzioni amministrative nel caso di pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente . La sottoposizione a sanzione di chiunque abbia emesso l’assegno privo di provvista non rende ragionevole escludere l’obbligo del trattario di comunicare anche al delegato di traenza il preavviso di cui all’articolo 9-bis permettendogli di usare della facoltà prevista dall’articolo 8 . Di cui l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9-bis della Legge 15 dicembre 1990 n. 386, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, sotto un duplice profilo. 11 primo perché lasciare alla diligenza del correntista l’eventuale comunicazione circa detta facoltà inserita nel preavviso di revoca pare violare il principio di uguaglianza il secondo perché anche a voler negare detta equiparazione di posizioni, la mancata comunicazione del preavviso al delegato di traenza appare del tutto irragionevole dal momento che, oltre ad essere esposto alle san’ioni di legge e ad avere, quindi, un interesse proprio nella vicenda, pare anche il soggetto cui il delegante dovrebbe attribuire la responsabilità dell’accaduto a causa dell’emissione di un assegno privo di provvista e, tra senza l’indicazione su di esso della qualità di delegato . Osserva ancora il ricorrente che la Corte Costituzionale con la decisione n. 50 del 2011 ha dichiarato inammissibile tale questione ma sul rilievo che il fatto che il c.d. preavviso di revoca non era stato inviato nell’occasione, all’ex amministratore delegato alla firma non poteva implicare in nessun modo che sulla base della normativa vigente tale comunicazione non dovesse essere atta e che tale omissione non avesse conseguenze sulla legittimità del provvedimento impugnato . 2. Il ricorso è fondato e va accolto per quanto riguarda il secondo assorbente motivo. Col secondo motivo condivisibilmente il ricorrente deduce che il Tribunale non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui alla legge 15/12/1990 n. 386 e, in particolare, dell’articolo 9-bis. Infatti il giudicante ha ritenuto che l’obbligo, in capo al trattario, di comunicare al traente che, scaduto il termine indicato nell’articolo 8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’articolo 10-bis e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni, fosse correttamente adempiuto con la sola comunicazione all’intestatario del conto e non anche al delegato alla emissione di assegni, posto che la sanzione anche nei suoi confronti irrogata ne determinava l’interesse a conoscere tale facoltà e ne discriminava la posizione ai sensi dell’art. 3 della Costituzione. Va rilevato che la legge 386/1990, riguardo al fatto illecito dell’emissione di assegno senza provvista, prevede due distinti e autonomi profili sanzionatori, entrambi condizionati alla mancata prova del pagamento del titolo neppure entro i sessanta giorni successivi alla data di scadenza del termine di sua presentazione. Va aggiunto che nel caso della delega ad emettere assegni, come pacificamente nel caso in questione, circostanza questa di cui la Banca è specificamente a conoscenza, una interpretazione del dettato normativo che escludesse la necessità di dare la comunicazione prescritta anche a colui che è autorizzato ad emettere assegni e sia stato in concreto il soggetto che ha emesso l’assegno in questione, risulterebbe non conforme al dettato costituzionale, non ponendo concretamente il soggetto in questione nelle condizioni di conoscere che si sta maturando il termine per l’integrazione di tutti i presupposti necessari per dar luogo nei suoi confronti ad una sanzione amministrativa, anche di un certo rilievo. In tal senso va affermato il seguente principio di diritto sussiste l’obbligo del trattario di comunicare anche al delegato di traenza, che abbia emesso l’assegno, il preavviso di cui all’articolo 9-bis della legge 386/90 permettendogli così di far uso della facoltà prevista dall’articolo 8 . Tale comunicazione costituisce presupposto necessario per l’eventuale sanzione di cui all’art. 9, ove non intervenga il pagamento nel termine previsto . 3. L’accoglimento del secondo assorbente motivo determina la cassazione del provvedimento impugnato. Sussistendone i presupposti, ai sensi dell’art. 384 cpc, questa Corte può pronunciare sul merito, annullando il provvedimento impugnato. 4. In relazione alla novità della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio. P.T.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la proposta opposizione. Spese compensate.