Le condizioni generali di polizza ambigue vanno interpretate “contro” l’assicurazione proponente

In tema di contratti assicurativi, secondo le comuni regole di ermeneutica prescritte dal codice civile, le clausole contenute nelle condizioni generali di polizza devono essere interpretate le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto e, ove le previsioni contrattuali predisposte dalla compagnia di assicurazione risultino ambigue, le stesse devono essere interpretate in senso sfavorevole al proponente

Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 19299 del 29 settembre 2016. Il caso. Il proprietario di un’auto aveva noleggiato il mezzo a una terza persona. Durante il noleggio il veicolo era stato rubato e il proprietario domandava il risarcimento all’assicurazione. La Compagnia rifiutava di intervenire perché il contratto si sarebbe sciolto automaticamente in virtù di una clausola che prevedeva la risoluzione in caso di vendita/cessione del veicolo a terzi. Il Tribunale e la Corte d’Appello condividevano la tesi dell’assicurazione e respingevano la richiesta di risarcimento danni. Il proprietario ricorreva allora in Cassazione. La massima. In tema di contratti assicurativi, secondo le comuni regole di ermeneutica prescritte dal codice civile, le clausole contenute nelle condizioni generali di polizza devono essere interpretate le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto e, ove le previsioni contrattuali predisposte dalla compagnia di assicurazione risultino ambigue, le stesse devono essere interpretate in senso sfavorevole al proponente. Eccezioni mai sollevate prima. In primo luogo, ad avviso del ricorrente la Corte d’appello aveva considerato eccezioni mai sollevate prima dalla Compagnia e quindi inammissibili. Infatti mai si era discusso in primo grado della clausola risolutiva espressa per il caso del noleggio. La Corte quindi aveva deciso la questione violando l’art. 112 c.p.c. per aver fondato il provvedimento su un’eccezione non sollevata dalla parte e non rilevabile d’ufficio e violando l’art. 101 c.p.c. per non aver provocato il contraddittorio tra le parti su una questione determinante. La Cassazione non condivide i motivi sopra esposti. In materia di contratti tutte le eccezioni fondate sul contratto stesso sono rilevabili d’ufficio, salvo che la legge non le riservi all’iniziativa della parte. Ciò significa che l’eccezione in senso lato può essere sollevata d’ufficio per la prima volta anche in appello e così aveva operato – correttamente – la Corte territoriale. Sotto altro profilo l’art. 101 c.p.c. non è applicabile alla fattispecie dal momento che i giudici dell’appello hanno affrontato e risolto una questione di puro diritto. In argomento però la sentenza che decide su tale aspetto senza stimolare la discussione delle parti in argomento non è nulla e può tutt’al più determinare un error in iudicando decisivo per la cassazione del provvedimento solo se l’errore si è effettivamente consumato Cass. 2984/2016 . In ipotesi di noleggio. Così pure viene ritenuta infondata la censura in base alla quale l’intermediario assicurativo avrebbe scritto al danneggiato che la polizza era operativa anche in ipotesi di noleggio. In realtà, spiega la Cassazione, la condotta dell’intermediario non vincola l’assicuratore a meno che non ne avesse la rappresentanza e avesse speso il nome del preponente nel fornire tali informazioni. Le regole di ermeneutica dei contratti. Vengono invece accolte dagli Ermellini le considerazioni in merito alla violazione delle regole di ermeneutica dei contratti. In primo luogo secondo il ricorrente la clausola il contratto non è trasferibile su altro veicolo ed in caso di cessione/vendita dell’autoveicolo a terzi viene pertanto ad estinguersi automaticamente va letta unitariamente. L’art. 1363 c.c. infatti prevede che le clausole contrattuali si interpretano le une per mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il senso che risulta complessivamente dall’atto. Nel caso di specie le proposizioni riportate sono legate da un nesso logico di consequenzialità. La Corte d’appello al contrario aveva privilegiato solo la seconda parte. Il senso complessivo era invece che il contratto di assicurazione non può essere trasferito su altro mezzo dell’assicurato, di conseguenza si scioglie se l’assicurato vende il veicolo, derogando l’art. 1918 c.c. per il quale l’alienazione delle cose assicurate non è causa di risoluzione del contratto. Sotto altro profilo, poiché l’art. 1918 c.c. riguarda specificamente le ipotesi di vendita dei beni e poiché la clausola in esame derogava l’art. 1918 c.c., si doveva dedurre che la risoluzione del contratto di assicurazione poteva in ipotesi operare solo a fronte della vendita dell’auto e non a seguito del mero noleggio a terzi della stessa. La violazione dell’art. 1370 c.c La Cassazione approva anche la censura relativa alla violazione dell’art. 1370 c.c Il ricorrente evidenzia al riguardo che il termine cessione è ambiguo, atecnico, non coerente con condizioni generali di un contratto di assicurazione per le quali ci si attenderebbe invece un elevato grado di specificità, chiarezza e tecnicismo. Il termine doveva quindi essere interpretato, nel dubbio, a sfavore del proponente. Secondo giurisprudenza costante infatti in tema di contratti assicurativi Le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore medesimo Cass. 5621/1987 . Rapporto assicurato/assicuratore. Ciò consente di rispettare anche i comuni principi di buona fede e correttezza artt. 1375 e 1366 c.c. che reggono l’intero ordinamento e in particolare i rapporti contrattuali. Si rileva infatti che il rapporto assicurato/assicuratore è sovente caratterizzato da un’asimmetria informativa a favore della compagnia e a discapito del cliente, poiché la prima conosce dettagliatamente i prodotti assicurativi che propone. In dottrina si è anzi notato che spesso i problemi di comunicazione” assicurato/assicuratore sono imputabili alla involuzione del linguaggio di certe polizze, agli scarsi investimenti delle imprese nella revisione dei testi e, a volte, all’intento di risultare fuorvianti per attirare più domande o lasciare margini di incertezza contrattuale in vista di eventuali contestazioni. La buona fede. Infine, anche a livello interpretativo, oltre all’applicazione degli artt. 1367 – 1370 c.c. sopra illustrati, la buona fede art. 1366 c.c. diviene sinonimo di ragionevolezza e plausibilità e porta ad attribuire al contratto il significato su cui una parte aveva fatto legittimo affidamento, di modo che appaia scorretta o sleale la pretesa di fare valere contro questa parte un’interpretazione diversa Così Roppo in Trattato di diritto privato , a cura di G. Iudica e P. Zatti, Giuffré, 476 . Alla luce della clausola generale di buona fede e delle regole interpretative ricordate è consentito al giudice individuare e precisare meglio i diritti e gli obblighi dei contraenti risultanti dalle pattuizioni negoziali. Anche per queste ragioni il termine cessione” non può quindi essere esteso anche ai casi di noleggio” e la clausola risolutiva espressa non poteva operare nella fattispecie in esame. La Cassazione quindi accoglie il ricorso del danneggiato e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 luglio – 29 settembre 2016, n. 19299 Presidente Chiarini – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. A.A. ha convenuto dinanzi al Tribunale di Perugia la società Fondiaria s.p.a. che in seguito muterà ragione sociale in UnipolSai s.p.a. d’ora innanzi, per brevità, sempre e comunque la UnipolSai esponendo che - nel 1998 acquistò un veicolo modello Citroen Dumper - la ditta costruttrice di tale veicolo aveva stipulato con la UnipolSai, a scopo promozionale, una assicurazione contro il furto del mezzo a beneficio degli acquirenti - quel mezzo, dopo l’acquisto, era stato dato a noleggio a Al.Na. , al quale venne rubato da ignoti - la UnipolSai aveva rifiutato il pagamento dell’indennizzo contrattualmente dovuto. Chiese pertanto la condanna della società convenuta al pagamento del suddetto indennizzo. 2. Il Tribunale di Perugia rigettò la domanda. La sentenza di primo grado venne appellata nel 2010 da A.A. . La Corte d’appello di Perugia, con sentenza 14.1.2014, rigettò il gravame. A fondamento della propria decisione la Corte d’appello rilevò in fatto che il contratto includeva una clausola di scioglimento automatico nel caso di vendita/cessione del veicolo e ne dedusse in iure che il concetto di cessione comprendeva anche il trasferimento a terzi del godimento del mezzo. Pertanto A.A. , dando a noleggio il veicolo a Al.Na. , aveva determinato lo scioglimento del contratto e la cessazione della copertura assicurativa. 3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da A.A. , con ricorso fondato su quattro motivi. La UnipolSai non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Questioni preliminari. 1.1. La società UnipolSai, pur non depositando il controricorso, ha depositato un atto denominato procura alle liti innanzi alla Suprema Corte di cassazione . Tale procura, tuttavia, è nulla. La sottoscrizione della procura, infatti, risulta autenticata dall’avvocato Fernando Ciavardini. Tuttavia questa modalità di autenticazione della sottoscrizione della procura speciale non è utilizzabile nel presente giudizio. Infatti la norma che la consente ovvero il nuovo testo dell’art. 83 cod. proc. civ., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso , si applica ai giudizi instaurati in primo grado dopo l’entrata in vigore dell’art. 45 della legge 18 giugno 2009 n. 69 ovvero il 4 luglio 2009 . Per i giudizi già pendenti a tale data, invece, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, secondo comma, cod. proc. civ. ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 18323 del 27/08/2014, Rv. 632092 Sez. 5, Ordinanza n. 7241 del 26/03/2010, Rv. 612212 . Il presente giudizio iniziò in primo grado prima del 4.7.2009, e dunque la suddetta norma non è ad esso applicabile. 2. Il primo motivo di ricorso. 2.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta sia il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. sia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Deduce, al riguardo, che la UnipolSai, costituendosi in primo grado, aveva eccepito l’inoperatività della polizza per varie ragioni, ma non aveva mai tra queste dedotto che il contratto era soggetto ad una sorta di clausola risolutiva nel caso di noleggio del veicolo. La Corte d’appello, dunque, condividendo la decisione del Tribunale ha - violato l’art. 112 c.p.c., per avere posto a fondamento della decisione una eccezione non sollevata dalla parte e non rilevabile d’ufficio - violato l’art. 101 c.p.c., per non avere comunque sottoposto la questione alle parti. Soggiunge che tali doglianze, proposte già come motivo d’appello, non erano state nemmeno esaminate dalla Corte d’appello di Perugia. 2.2. Nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. il motivo è infondato. Tutte le eccezioni fondate sul contratto sono rilevabili d’ufficio, salvo che la legge non le riservi all’iniziativa di parte così Sez. U, Sentenza n. 1099 del 03/02/1998, Rv. 515986 e, più di recente, Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013, Rv. 626194, secondo cui il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis , in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto . 2.3. Nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 101 c.p.c., il motivo è parimenti infondato. Nei gradi di merito non vi è stata contestazione tra le parti sul contenuto letterale del contratto, ma solo sul suo significato giuridico. Dunque la Corte d’appello, adottando una determinata interpretazione di un testo contrattuale non in discussione nel suo contenuto, ha affrontato e risolto una questione di puro diritto. E la sentenza che decida su di una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione, non è nulla, in quanto da tale omissione può solo derivare un vizio di error in iudicando , ovvero di error in iudicando de iure procedendi , la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato Sez. 1, Sentenza n. 2984 del 16/02/2016, Rv. 638556 . 2.4. Inammissibile, infine, è la denuncia dell’ omesso esame di fatti controversi . Il giudice d’appello che trascurasse di esaminare uno dei motivi d’appello non incorre in un vizio di omesso esame di fatti controversi , denunciabile ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. ma nel diverso vizio di omessa pronuncia, denunciabile ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. vizio non denunciato e che comunque l’odierno ricorrente non avrebbe interesse a denunciare, dal momento che per quanto detto non vi fu ultrapetizione da parte del giudice di primo grado dunque un appello sul punto, anche se esaminato, non avrebbe potuto avere alcun esito favorevole all’appellante. 3. Il secondo motivo di ricorso. 3.1. Col secondo motivo di ricorso col quale formalmente vengono denunciati i vizi di cui all’art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c. il ricorrente espone in sostanza un solo vizio la violazione delle regole di ermeneutica dei contratti. La censura è cosi riassumibile - il contratto si interpreta in base al comportamento delle parti - nella specie, una agenzia della UnipolSai aveva dichiarato per iscritto che il contratto copriva il furto anche nel caso di noleggio - la Corte d’appello aveva trascurato di considerare questo documento, e quindi la condotta della Fondiaria. 3.2. Il motivo è infondato. La condotta di un intermediario assicurativo non vincola l’assicuratore, a meno che non ne avesse la rappresentanza ed avesse speso il nome del preponente nel fornire quella interpretazione, od ancora non avesse creato una situazione di apparenza incolpevole tutte circostanze non solo non dimostrate, ma nemmeno dedotte dall’odierno ricorrente. 4. Il terzo motivo di ricorso. 4.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c È denunciata, in particolare, tra altre norme citate in modo non del tutto pertinente, la violazione degli artt. 1363 e 1370 c.c Deduce, al riguardo, che la Corte avrebbe violato gli artt. 1363 e 1370 c.c., nel ritenere che il contratto, là dove prevedeva lo scioglimento del contratto in caso di cessione del veicolo, facesse riferimento anche al semplice noleggio o locazione. E comunque, trattandosi di clausola ambigua, si doveva interpretare in senso sfavorevole al predisponente. 4.2. Il motivo è fondato, sia con riferimento all’art. 1363 c.c., sia con riferimento all’art. 1370 c.c Il contratto di assicurazione oggetto del presente giudizio includeva una clausola secondo cui il contratto non è trasferibile su altro veicolo ed in caso di cessione/vendita dell’autoveicolo a terzi viene pertanto ad estinguersi automaticamente . Tale clausola contiene due proposizioni. Il primo periodo costituisce una evidente deroga alla regola generale dettata dall’art. 1918 c.c., secondo cui l’alienazione delle cose assicurate non è causa di scioglimento del contratto di assicurazione. Il secondo periodo, legato al primo dalla congiunzione ed , soggiunge che il contratto si scioglie in caso di cessione/vendita . Le due parti della clausola contrattuale, giusta la previsione dell’art. 1363 c.c., si sarebbero dovute leggere unitariamente. Lette unitariamente, le due proposizioni sopra trascritte sono con evidenza legate da un nesso logico di conseguenzialità come a dire che siccome il contratto non può essere trasferito su altro mezzo dell’assicurato, di conseguenza si scioglie se l’assicurato vende il veicolo. Ora, se la clausola in esame, letta integralmente, deroga all’art. 1918 c.c. e se l’art. 1918 c.c. disciplina gli effetti della alienazione delle cose assicurate, il canone interpretativo di cui all’art. 1363 c.c. imponeva di concludere che per lo scioglimento del contratto era necessaria una uscita definitiva del mezzo dalla sfera di proprietà dell’assicurato, e non bastava la mera locazione, né il comodato od il noleggio. L’interpretazione della Corte d’appello quindi, scindendo in due parti una clausola unitaria e privilegiando solo il secondo periodo, senza agganciarlo a quello dal quale era preceduto, ha effettivamente violato l’art. 1363 c.c 4.3. Sussiste, in secondo luogo, la violazione dell’art. 1370 c.c Non può dubitarsi che la clausola di cui si discorre sia una clausola ambigua. Il lemma cessione , riferito ad un autoveicolo, è infatti atecnico ed ambiguo, e non ce lo si aspetterebbe in un testo contrattuale che richiede un alto tasso di tecnicismo. Il nostro ordinamento giuridico prevede infatti la cessione dell’usufrutto art. 980 c.c. del credito art. 1260 c.c. del contratto art. 1406 c.c. di capitali art. 1.872 c.c. dei beni ai creditori art. 1877 c.c. d’azienda art. 2112 c.c. , ma non un generale istituto di cessione di beni patrimoniali, quale sinonimo di trasferimento della proprietà o del godimento. Il lemma cessione è stato dunque usato nel contratto in modo atecnico e tecnicamente scorretto, dal che nasce l’ambiguità del testo negoziale. Ambiguità che, giusta l’art. 1370 c.c., andava risolta a sfavore del predisponente. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata. 5. Il quarto motivo di ricorso. 5.1. Col quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 1366 e 1370 c.c. sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 . Deduce, al riguardo, che la sentenza ha omesso di prendere in esame il fatto decisivo rappresentato dall’invocata applicazione dell’art. 1370 c.c. 5.2. Il motivo, che resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo di ricorso, è comunque infondato l’omesso esame d’una eccezione, infatti, nulla a che vedere col vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c 6. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c. - accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese.