Anche ai contratti di locazione di immobili stipulati dallo Stato si applica la disciplina del rinnovo tacito

Nel caso di contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, in presenza di una durata originaria prevista dalle parti per un periodo più lungo di quello legale di sei anni ed in mancanza di espressa previsione contrattuale in ordine alla durata del rinnovo, si applica la disciplina dettata dall’ art. 28 della legge n. 392/1978, con protrazione del rapporto di ulteriori sei anni. Tale sistema è applicabile anche per i contratti stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali.

Così si è pronunciata la Terza sezione Civile della Suprema Corte, nella sentenza n. 14367 del 14 luglio 2016, all’esito del giudizio avente ad oggetto il rinnovo tacito di un rapporto locatizio. Il caso. Invero, all’esito di un giudizio volto alla esatta determinazione della durata di un rapporto di locazione di un immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, il Tribunale di Palermo aveva ritenuto che il rapporto si era rinnovato tacitamente per la durata legale di sei anni, nonostante il termine originario pattuito in anni 9. Su istanza della locatrice soccombente, tuttavia, la Corte di appello di Palermo aveva riformato la pronuncia, statuendo che, in mancanza di espressa previsione contrattuale, il contratto andava considerato rinnovabile per la durata originaria di nove anni. Avverso tale pronuncia è stato formulato ricorso innanzi alla Suprema Corte, affidato ad un unico motivo di diritto, la violazione dell’art. 28 della l. n. 392/1978 e la falsa applicazione del contratto di locazione, atteso che lo stesso, a dire del ricorrente, non rinviava alle sole norme del codice civile, ma anche alla legislazione speciale. La Corte, dopo attento esame della doglianza, ne ha condiviso integralmente il contenuto. La rinnovazione contrattuale. Più precisamente, dopo aver rilevato che il ricorso investiva il profilo della durata temporale del rinnovo tacito, in presenza di una durata originaria prevista dalle parti per un periodo più lungo di quello legale di sei anni ed in difetto di esplicita previsione contrattuale, in ordine alla durata del rinnovo, ha osservato quanto segue. Stante il richiamo previsto nel contratto de quo, ai fini della disciplina di completamento di quanto non espressamente regolato, non solo alle norme del codice civile, ma anche alla legislazione speciale delle locazioni, al caso di specie andava applicato il dettato dell’art. 28 della legge sulle locazioni. Ciò perché la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza per una durata determinata di anni sei, deriva non da una manifestazione tacita di volontà ma direttamente dalla legge il sistema è applicabile anche per i contratti di locazione di immobili ad uso diverso di quello di abitazione, stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, proprio in forza di tale derivazione direttamente dalla legge. Essa, infatti, rende irrilevante il principio della necessaria forma scritta con la quale deve manifestarsi la volontà della P.A. In applicazione del costante orientamento giurisprudenziale, dunque, la Suprema Corte ha stabilito che in conseguenza del difetto di diniego della rinnovazione stessa, anche ove le parti abbiano stabilito una durata iniziale del rapporto superiore al minimo stabilito dalla legge, la locazione si rinnova tacitamente di anni sei in sei. Il ricorso è stato, pertanto, accolto e cassata la sentenza di appello.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 giugno – 14 luglio 2016, n. 14367 Presidente Spirito – Relatore Carluccio Fatti di causa 1. Il contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile destinato a sede del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, stipulato per la durata originaria di nove anni, fu ritenuto rinnovato tacitamente per la durata legale di sei anni dal Tribunale di Palermo. In esito alla impugnazione della conduttrice Presidenza del Consiglio dei ministri , la Corte di appello di Palermo ritenne, invece, che il contratto si era rinnovato per la durata originaria di nove anni sentenza del 18 luglio 2013. 2. Avverso la suddetta sentenza, la società locatrice Fin. Med. Spa, già Benso srl, in liquidazione propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. La Presidenza del Consiglio dei ministri resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1.La Corte di merito ha ritenuto la durata novennale del rinnovo, pari alla durata originaria del contratto, affermando che le parti nel contratto avevano fatto rinvio per la durata del contratto alla disciplina del codice civile, obbligandosi pattiziamente a tale disciplina, riferita ai contratti di durata, con conseguente rinnovo per il tempo previsto nel contratto originario. 1.1. La locatrice ricorrente invoca la violazione dell’art. 28 della I. n. 392 del 1978 e la falsa applicazione del contratto di locazione, atteso che lo stesso non rinvia solo alle norme del codice civile - come affermato dal giudice di appello - ma anche alle norme della legislazione speciale. L’unico motivo di ricorso investe il profilo della durata temporale del rinnovo tacito, in presenza di una durata originaria prevista dalle parti per un periodo più lungo di quello legale di sei anni e in mancanza di espressa previsione contrattuale in ordine alla durata del rinnovo, combinata con la presenza di una clausola generale nel contratto art. 6 , la quale, per quanto non previsto, rinvia alle norme del codice civile e alle altre disposizioni di legge in materia di locazioni di immobili. 2. La censura è fondata e va accolta. Preliminarmente, deve darsi atto che, come sostenuto nel ricorso, la clausola generale presente nel contratto rinvia, ai fini della disciplina di completamento di quanto non espressamente regolato, non solo alle norme del codice civile ma anche alla legislazione speciale in tema di locazioni. Quindi, ad una disciplina che costituisce un microsistema autonomo e speciale rispetto al sistema generale sulle locazioni disciplinato dal codice civile da ultimo, in riferimento a diversa fattispecie, collegata alla rinnovazione tacita, Sez. Un. n. 11830 del 2013 . Per il profilo del rinnovo, tale microsistema si sostanzia nella protrazione del rapporto alla sua prima scadenza per una durata determinata sei anni per le locazioni non abitative , che deriva, non da una manifestazione tacita di volontà, ma direttamente dalla legge e rende irrilevante la disdetta del locatore quando la stessa non sia basata su una delle giuste cause specificamente previste quali motivi legittimi di diniego della rinnovazione. Sistema applicabile anche per i contratti di locazione di immobili ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, proprio in forza della derivazione del rinnovo direttamente dalla legge, che rende irrilevante il principio della necessaria forma scritta con la quale deve manifestarsi la volontà della P.A. Cass. n. 16321 del 2007 . Questa Corte ha in altre occasioni affermato il principio della applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza per una durata non inferiore a sei anni art. 28 cit. , in fattispecie nelle quali il contratto originario prevedeva una durata maggiore e si voleva limitare la durata della rinnovazione sino al raggiungimento del termine complessivo di dodici anni Cass. n. 1596 del 2005 . Soprattutto, in fattispecie analoga a quella in decisione, ha già ritenuto che il contratto rinnovato ha la durata prevista dalla legge se anni . Infatti, è stato affermato il seguente principio In tema di locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, ai sensi degli articoli 27 e 28 della legge 27 luglio 1978 n. 392 va escluso che, ove le parti abbiano ab initio previsto una durata contrattuale superiore al minimo fissato dalla legge sei anni , la rinnovazione tacita del rapporto locatizio, in conseguenza del difetto di diniego della rinnovazione stessa, possa comportare una durata superiore al minimo suddetto, e cioè pari a quella stabilita convenzionalmente all’inizio del rapporto, in quanto il suddetto articolo 28 stabilisce che per le locazioni non abitative il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e per gli immobili ad uso alberghiero di nove anni in nove anni . Cass. n. 2316 del 2007 . 3. La Corte condivide il suddetto principio, cui intende dare continuità, e in applicazione dello stesso, accoglie il ricorso. Di conseguenza, la sentenza impugnata è cassata e la controversia va rimessa alla Corte di appello di Palermo, che la deciderà applicando il suddetto principio di diritto e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.