Servitù apparente insussistente: nessun risarcimento al compratore se …

In presenza di una servitù di passaggio – recte posizione di vantaggio - poi risultata insussistente su di un fondo non è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno subito dal compratore ex articolo 1489 c.c. se questi avrebbe potuto accertare l’assenza del diritto avvalendosi delle regole di ordinaria diligenza.

La Seconda sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 9967, depositata il 16 maggio 2016, si occupa della tutela risarcitoria riconosciuta ex art. 1489 c.c. al compratore nell’ipotesi in cui il bene acquistato sia gravato da oneri o diritti non apparenti, da lui non conosciuti o non conoscibili che ne limitino il godimento. Il caso è peculiare giacché il diritto di servitù di passaggio, di cui si discute, oltre ad essere apparente non esisteva realmente sul bene. Il fatto. L’acquirente di una villa a schiera citava in causa il venditore chiedendo il risarcimento del danno per avergli alienato un immobile che, dopo l’acquisto, si era scoperto essere privo della servitù di passaggio carraio e pedonale per l’accesso al bene oltre che gravato da una servitù di acquedotto non apparente. Sosteneva che tali situazioni di fatto avessero comportato un notevole decremento di valore del bene il quale, frattanto, era stato ceduto a terzi ad un prezzo inferiore rispetto al suo valore. In primo grado la domanda era rigettata. Analoga la pronuncia della Corte di appello che aveva respinto la domanda risarcitoria formulata ex art. 1489 c.c., stante l’inesistenza di un obbligo giuridico del venditore di alienare il bene con la servitù di passaggio secondo il giudice di seconde cure questa, quale opera apparente, poteva essere valutata nella sua consistenza al momento dell’acquisto. Inoltre il bene, così come risultante dall’atto di vendita, era stato venduto nello stato di fatto in cui si trovava ed infine non vi era prova della mancata fruibilità del passaggio si da giustificare il suo decremento di valore. La pretesa risarcitoria era rigettata anche sotto il profilo dell’esistenza di una servitù non apparente di acquedotto, mancando la prova del minor prezzo di realizzo ricavato dalla vendita del bene. La decisione era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione principalmente per violazione e falsa applicazione dell’art. 1489 c.c Il ricorrente riteneva raggiunta la prova dell’inesistenza della servitù di passaggio che invece al momento dell’acquisto egli aveva ritenuto sussistere stante la presenza di opere visibili e permanenti. Situazione questa che gli aveva provocato un danno patrimoniale. La sussistenza dei presupposti di applicazione dell’art. 1489 c.c La Corte di Cassazione riconosceva non contestata nel caso di specie l’astratta esistenza dei presupposti giuridici per l’applicazione dell’art. 1489 c.c Tale articolo, come noto, prevede la contemporanea presenza di tre fattori il primo la non apparenza dell’onere o del diritto, il secondo la sua non effettiva conoscenza da parte del compratore, il terzo l’assenza della loro dichiarazione in contratto. Sicché la tutela normativa prevista dall’art. 1489 c.c. risulta applicabile anche nel caso in cui, come nella vicenda che ci occupa, sul bene vi sia una apparente situazione di vantaggio la servitù di passaggio non corrispondente alla posizione di diritto e quando il compratore, pur consapevole del vantaggio abbia ignorato la sua non corrispondenza alla situazione di diritto. L’apparenza del diritto e l’indagine fattuale sull’accertamento della situazione di fatto. Tuttavia, se da un lato esiste un’astratta tutela risarcitoria, dall’altro occorre analizzare il valore che i concetti di apparenza e di mancata dichiarazione assumono nell’alveo della questione. L’assenza della dichiarazione del venditore nell’atto di compravendita in ordine all’insussistenza di una servitù di passaggio non può avere rilievo ai nostri fini ciò in quanto nella ricostruzione operata dagli Ermellini il compratore avrebbe potuto accertarsi della reale situazione di fatto del bene indipendentemente dall’apparenza del diritto. Poiché la vendita del bene comporta anche il trasferimento delle servitù attive inerenti, sebbene non specificato nell’atto di acquisto, l’acquirente avrebbe dovuto verificare la rispondenza tra la situazione di fatto e quella di diritto. Circostanza questa non verificatasi nel caso di specie. Il motivo di ricorso era dunque ritenuto infondato. Analogamente infondata era ritenuta la doglianza relativa al pregiudizio economico legato al deprezzamento del bene per effetto della presenza sul fondo di condotte di acqua non visibili, non ritenendosi raggiunta la prova del deprezzamento di valore subito dall’immobile.

Corte di cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 febbraio – 16 maggio 2016, n. 9967 Presidente Mazzacane – Relatore Abete Svolgimento del processo Con atto notificato il 16.3.1995 M.F. citava a comparire davanti al tribunale di Verona la Edilvalle s.n.c. di S.G. & amp C. . Esponeva che con atto in data 4.12.1989 aveva acquistato un immobile adibito a civile abitazione - facente parte di un complesso a schiera sito nel comune di - dalla collettiva convenuta, che, a sua volta, con atto del 15.4.1988 lo aveva acquistato dalla costruttrice, ossia dalla Rizmo s.n.c. che alcuni anni dopo l’acquisto aveva appurato che la servitù di passaggio pedonale e carraio, finalizzata all’accesso alla sua proprietà, che aveva reputato sussistente sulla strada di lottizzazione corrente sul mappale n. 359 del foglio n. 12, era in realtà inesistente, giacché la Rizmo aveva conservato la proprietà del mappale n. 359 che aveva inoltre appreso che nel sottosuolo dell’immobile correva la tubatura appartenente al Consorzio di bonifica Zerpano destinata a portare acqua a pressione alle colture a valle così sentenza d’appello, pag. 3 che le situazioni di fatto successivamente acclarate avevano gravemente deprezzato il valore dell’immobile tanto che, avendolo ceduto a terzi il 24.2.1995, ne aveva ricavato una somma minore rispetto al valore così sentenza d’appello, pag. 3 . Chiedeva che la convenuta s.n.c. fosse condannata a risarcire il danno cagionatogli, da quantificarsi in Lire 50.000.000 o nella diversa somma da accertarsi in corso di lite. Costituitasi, la Edilvalle s.n.c. di S.G. & amp C. chiedeva previamente di essere autorizzata alla chiamata in causa della Rizmo s.n.c., onde esser tenuta indenne da qualsivoglia pregiudizievole conseguenza in ogni caso instava per il rigetto dell’avversa domanda. Si costituiva altresì la Rizmo s.n.c Assunta la prova testimoniale, disposta ed espletata c.t.u., acquisite le integrazioni alla consulenza tecnica, con sentenza n. 2082/2006 il tribunale adito rigettava la domanda dell’attore e lo condannava a rimborsare le spese di lite alla Edilvalle , compensava le spese tra la convenuta e la terza chiamata. Interponeva appello M.F. . Resistevano la Edilvalle s.n.c. e la Rizmo s.n.c Con sentenza n. 238 dei 29.11.2010/15.2.2011 la corte d’appello di Venezia rigettava il gravame e condannava l’appellante a rimborsare alle controparti le spese del grado. Esplicitava la corte che, pur qualificata l’azione risarcitoria esperita in prime cure dall’appellante a norma dell’art. 1489 c.c., doveva reputarsi insussistente qualsivoglia responsabilità per l’assenza della servitù di passaggio, posto che non vi era alcun obbligo da parte del costruttore o da parte del venditore di trasferire il bene con la dedotta servitù, la quale . , essendo costituita da opere apparenti la strada di accesso all’autorimessa ben poteva essere considerata e valutata nella sua esistenza dall’ . appellante al momento dell’acquisto così sentenza d’appello, pag. 5 che, del resto, con il contratto in data 4.12.1989 era stata trasferita la proprietà del bene a corpo, nello stato in cui si trovava . così sentenza d’appello, pag. 5 che, a prescindere dal fatto che . l’acquirente avrebbe potuto e dovuto accertare la reale situazione di fatto, manca anche la prova che il passaggio non sia stato fruibile o . sia stato impedito, in modo da sostenere . la minusvalenza dell’immobile così sentenza d’appello, pag. 5 . Esplicitava ulteriormente, in relazione alla servitù non apparente di acquedotto, senza dubbio idonea a limitare la potenzialità edificatoria del fondo così sentenza d’appello, pag. 5 , che la sua sussistenza non era tale da giustificare il riconoscimento a norma dell’art. 1489 c.c. degli invocati danni, posto che non vi è prova in atti di quale sia stato il minor prezzo conseguito da M.F. all’atto della vendita del fondo a terzi così sentenza d’appello, pag. 5 che infatti non vi era possibilità di apprezzare in concreto se e quanto si sia ricavato in meno, atteso che il danno risarcibile ex art. 1489 c.c. è questo e solo questo e non il minor valore del bene in relazione alle sue limitate possibilità edificatorie, che è cosa che potrà interessare l’attuale proprietario così sentenza d’appello, pag. 5 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso M.F. ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite. La Edilvalle s.n.c. di S.G. & amp C. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo. Ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso ed in accoglimento del ricorso incidentale cassarsi parzialmente la sentenza della corte d’appello di Venezia. La Rizmo s.n.c. non ha svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria onde resistere al ricorso incidentale. Il ricorrente ha depositato inoltre memoria ex art. 378 c.p.c La controricorrente del pari ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente principale deduce illegittimità di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c., nonché degli articoli a cui esso fa riferimento, cioè degli articoli 1479 c.c., 1218 c.c. e 1223 c.c. con riferimento alla questione dell’assenza della servitù di passo così ricorso principale, pag. 9 . Adduce che è circostanza pacifica, mai contestata nei pregressi gradi di merito, che ai fini dell’accesso alla sua proprietà non beneficiava di alcuna servitù di passo così ricorso principale, pagg. 9 - 10 . Adduce che l’art. 1489 c.c. si reputa senz’altro applicabile alla ipotesi in cui il bene acquistato non possegga quegli specifici vantaggi giuridici che devono ritenersi inclusi nell’oggetto della vendita o perché promessi dal venditore o perché apparenti, in quanto ad esempio risultanti dallo stato dei luoghi così ricorso principale, pag. 12 che d’altronde il caso di scuola è proprio quello dell’inesistenza di una servitù che l’acquirente era legittimato a ritenere esistente sulla base delle opere visibili e permanenti presenti in loco così ricorso principale, pag. 12 . Adduce quindi che nel caso di specie, pacificamente, esisteva una unica strada di accesso all’immobile acquistato, immobile altrimenti del tutto intercluso ragionevolmente, quindi, . aveva fatto affidamento sul fatto che sulla medesima fosse presente un diritto di passo, ancor di più alla luce del disposto del rogito notaio Paladini . per cui il bene veniva venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova così ricorso principale, pagg. 13 - 14 che, dunque, era logico e naturale presumere che in uno alla proprietà fossero stati trasferiti pure tutti gli accessi pedonali e carrai esistenti alla stessa . così ricorso principale, pag. 14 . Adduce infine che è documentalmente acclarato un danno patrimoniale connesso all’assenza della servitù, pari al costo dell’acquisto della stessa, in uno alle spese di trascrizione dell’atto, . danno neppure . mai contestato, essendosi limitata la parte venditrice a chiamare in manleva la propria dante causa così ricorso principale, pag. 15 . Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce illegittimità di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. per motivazione contraddittoria con riferimento alla questione dell’assenza della servitù di passo così ricorso principale, pag. 17 . Adduce che la motivazione dell’impugnata sentenza è contraddittoria nella misura in cui - da un lato rileva la natura apparente della servitù . - nel contempo, in conseguenza del fatto che la servitù appariva presente, e connotata da opere materiali, anziché sanzionare il fatto che in realtà non esisteva corrispondenza tra lo stato di fatto e quello di diritto, afferma che stante l’apparenza l’acquirente avrebbe potuto e dovuto accertare la reale situazione di fatto così ricorso principale, pag. 18 che è contraddittorio sostenere da un lato che una servitù è caratterizzata da precisi riscontri materiali, tali da renderla manifesta . dall’altro lato a rimproverando al compratore di non avere fatto controlli sul punto b affermando che non vi era alcun obbligo di garanzia in capo al venditore così ricorso principale, pag. 18 . Con il terzo motivo il ricorrente principale deduce illegittimità di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c., nonché degli articoli a cui esso fa riferimento, cioè gli articoli 1479 c.c., 1218 c.c. e 1223 c.c. con riferimento alla questione della condotta acquifera consortile nonché comunque illegittimità di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. per motivazione insufficiente e/o contraddittoria sulla medesima questione così ricorso principale, pag. 19 . Adduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, che ha opinato per l’insussistenza di un danno risarcibile ai sensi dell’art. 1489 c.c., il danno al cui risarcimento ha sicuramente diritto in dipendenza della presenza della condotta acquifera, è da ravvisarsi, alla stregua dell’espletata c.t.u., in primo luogo nel deprezzamento subito dall’immobile in ragione della presenza della condotta d’acqua così ricorso principale, pag. 22 , deprezzamento quantificato in misura pari al 3,58% del valore complessivo dell’immobile, in secondo luogo nel valore, riconosciuto pari a Lire 13.981.000, delle opere edilizie, realizzate . in difformità dalle norme urbanistiche, cioè in definitiva abusive proprio in conseguenza della presenza della condotta così ricorso principale, pag. 22 e perciò da demolire. Adduce altresì che risulta per tabulas . che . , nell’alienare il bene per cui è causa, ha dovuto precisare la esistenza della servitù di condotta . , ciò ha evidentemente comportato una diminuzione del prezzo di acquisto . così ricorso principale, pag. 24 che di tale circostanza per nulla ha tenuto conto la corte di merito. Con il quarto motivo il ricorrente principale deduce illegittimità di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c. così ricorso principale, pag. 27 . Adduce che erronea è l’affermazione della corte distrettuale secondo cui il minor valore del bene in relazione alle sue limitate possibilità edificatorie, . è cosa che potrà interessare l’attuale proprietario se e nei limiti in cui riterrà di . agire nei confronti di M.F. così sentenza d’appello, pag. 5 . Adduce segnatamente che l’azione ex art. 1489 c.c. è azione contrattuale, spettante al compratore . è insomma un diritto contrattuale . che certo non viene trasferito a terzi con una eventuale compravendita successiva così ricorso principale, pag. 27 che, avendo acquistato un bene gravato da servitù non apparente, certamente ha subito un danno così ricorso principale, pag. 27 , sicché è legittimato ad agire ai sensi dell’art. 1489 c.c. nei confronti del venditore e nessun rilievo riveste . l’eventuale vendita successiva del bene così ricorso principale, pag. 28 . Con l’ unico motivo la ricorrente incidentale deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c. - omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia così ricorso incidentale, pagg. 5 - 6 . Adduce che la qualificazione operata dalla corte d’appello dell’azione ex adverso esperita in guisa risarcitoria ex art. 1489 c.c., per ciò che concerne la mancanza della servitù di passo a favore dell’immobile così ricorso incidentale, pag. 5 è erronea e, comunque, non supportata da motivazione alcuna che il punto è senz’altro decisivo perché cambia completamente il regime della prescrizione così ricorso incidentale, pag. 6 che, difatti, l’art. 1489 c.c. può essere applicato unicamente qualora sia stato il venditore a creare la situazione di vantaggio apparente che, in quanto non corrispondente alla situazione di diritto, è suscettibile di essere rimossa così ricorso incidentale, pag. 6 che, viceversa, se il venditore non è colui che ha creato la situazione, si versa nell’ipotesi dell’art. 1490 c.c. così ricorso incidentale, pagg. 6 - 7 e, nella fattispecie, è pacifico e non contestato che è stata la s n c Rizmo e non già essa controricorrente a realizzare la strada di accesso ai quattro lotti che, quindi, giacché l’azione risarcitoria correlata alla mancanza della servitù di passo è da ricondurre alla previsione degli arti. 1490 - 1494 c.c., è da confermare il riscontro della prescrizione ex art. 1495 c.c. operato dal primo giudice. Si giustifica la disamina congiunta del primo e del secondo motivo del ricorso principale . I predetti motivi invero sono strettamente connessi. Del resto è lo stesso M.F. che deduce che il secondo motivo della sua impugnazione è la naturale prosecuzione e sviluppo di quello precedente così ricorso principale, pag. 17 . Ambedue i motivi in ogni caso sono destituititi di fondamento. Non è da disconoscere che le disposizioni di cui all’art. 1489 c.c. possano trovare applicazione specificamente in relazione all’ipotesi concreta cui si correlano i primi due motivi di impugnazione. D’altronde, se è vero, in linea generale, che in tema di vendita la garanzia prevista dall’art. 1489 c.c. concerne gli oneri e i diritti dei terzi che, non essendo apparenti, non siano stati dichiarati nel contratto, salvo che il compratore ne abbia avuto conoscenza cfr. Cass. 6.8.1983, n. 5287, ove si soggiunge che alla medesima garanzia non può sottrarsi il venditore per il solo fatto che l’esistenza dei suddetti oneri o diritti, da lui taciuta, sia stata resa pubblica a mezzo della trascrizione, a meno che egli non provi che il compratore ne abbia avuto l’effettiva conoscenza cfr. Cass. 9.8.1982, n. 4458, secondo cui, in tema di vendita, la garanzia di cui all’art. 1489 c.c. concerne gli oneri ed i diritti dei terzi che, non essendo apparenti, non siano stati dichiarati nel contratto, salvo che il compratore non ne abbia avuto altrimenti conoscenza, la quale, però, per escludere tale garanzia, deve essere effettiva con onere di prova a carico di chi la allega , e non desumibile in via presuntiva , nulla osta conseguentemente a che si reputi onere non apparente quello connesso alla insussistenza di una situazione di vantaggio, in particolare di una servitù attiva di passaggio, sulla cui sussistenza, viceversa, si sia senza colpa fatto affidamento. E ciò, si badi, tanto più sulla scia dell’insegnamento n. 7336 del 12.12.1983 di questo Giudice del diritto, secondo cui, qualora il costruttore - venditore di un fabbricato abbia creato una situazione di vantaggio a favore di tale bene ed a carico del fondo limitrofo, come nel caso in cui abbia installato tubi di acqua pura o lurida a distanza inferiore a quella fissata dall’art. 889, 2 co., c.c., la situazione medesima, in quanto sia priva di un titolo giustificativo, e resti quindi esposta ad un’eventuale azione del vicino diretta a rimuoverla, si traduce in un onere gravante sul bene compravenduto cosicché al compratore, il quale non abbia avuto conoscenza di detto onere, nel senso che, pur consapevole di quella situazione di vantaggio, abbia ignorato la sua non corrispondenza con la situazione di diritto, deve essere riconosciuta nei confronti del venditore la tutela prevista dall’art. 1489 c.c Nondimeno - ed a prescindere dal profilo evidenziato dalla controricorrente, di cui in precedenza si è fatto cenno, e che giustificherebbe, a suo dire e di contro, l’operatività dell’art. 1490 c.c. - è ben evidente che ad integrar l’astratta prefigurazione di cui all’art. 1489 c.c. concorrono tre requisiti, ovvero, più esattamente, la non apparenza dell’onere o del diritto reale o personale altrui, la loro non effettiva conoscenza da parte del compratore, la loro mancata dichiarazione in contratto da parte del venditore. Nei termini testé enunciati, che evidentemente circoscrivono la disamina dei motivi de quibus a taluni passaggi della prima censura era logico e naturale presumere che in uno alla proprietà fossero stati trasferiti pure tutti gli accessi pedonali e carrai esistenti alla stessa . così ricorso principale, pag. 14 ed al presunto vizio motivazionale specificamente denunciato con la seconda - giacché la corte veneziana non ha negato in linea di principio l’operatività nella fattispecie della responsabilità risarcitoria ex art. 1489 c.c. pur qualificata l’azione come risarcitoria ex art. 1489 c.c. così sentenza d’appello, pag. 5 - deve opinarsi nel senso che la corte distrettuale ha sostanzialmente dato esaustiva e congrua ragione dell’insussistenza nel caso de quo degli estremi tutti necessari ai fini dell’operatività della garanzia ex art. 1489 c.c. e, segnatamente, dell’esperibilità dell’azione risarcitoria che alla medesima garanzia pur si correla cfr. Cass. 28.2.2007, n. 4786, secondo cui, nell’ipotesi di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri ai sensi dell’art. 1489 c.c., l’acquirente ha diritto, oltre alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, secondo quanto stabilito dall’art. 1480 c.c., anche al risarcimento del danno, fondato sulle norme generali degli arti. 1218 e 1223 c.c., in base al richiamo di quest’ultima disposizione da parte dell’art. 1479 c. c., a sua volta richiamato dall’art. 1480 c. c., cui rinvia ancora il citato art. 1489 c. c. cfr. Cass. 20.2.1982, n. 1068 . Si rimarca, innanzitutto, che la corte d’appello ha riferito, sì, mercé la categorica locuzione nient’altro , che l’atto in data 4.12.1989 non reca dichiarazione alcuna della venditrice Edilvalle s.n.c. circa l’insussistenza di qualsivoglia servitù di passaggio attivamente inerente all’immobile che M.F. ebbe ad acquistare. Tuttavia siffatto rilievo non riveste la precipua valenza che la mancata dichiarazione del venditore solitamente assume nel quadro dell’astratta previsione dell’art. 1489 c.c Invero, nella fattispecie - lo si è premesso - non si è al cospetto di un onere non apparente connesso alla sussistenza di una situazione di svantaggio di cui il compratore ha senza colpa ignorato l’esistenza sibbene al cospetto di un onere non apparente connesso all’insussistenza di una situazione di vantaggio di cui il compratore ha senza colpa - assume - supposto l’esistenza. Cosicché sarebbe stato e sarebbe eccessivo pretendere che l’alienante avesse dichiarato e dato atto dell’inesistenza di una servitù attiva di passaggio che l’acquirente avrebbe potuto ipotizzare esistente. Si rimarca, in secondo luogo, in ordine al requisito della non apparenza degli oneri o dei diritti reali o personali altrui, che questa Corte esplicita, per un verso, che dalla disposizione dell’art. 1489 c.c. si evince che, se i medesimi pesi sono apparenti , possono anche non essere dichiarati nel contratto dal venditore, giacché l’ apparenza agli effetti dell’esonero da responsabilità del venditore equivale alla conoscenza effettiva da parte del compratore cfr. Cass. 5.3.1970, n. 537 per altro verso, che il concetto di apparenza non deve essere circoscritto alle sole ipotesi di percepibilità dei pesi a prima vista , ma deve esser inteso nel senso di conoscibilità degli stessi con la diligenza normale rapportabile all’affare cfr. Cass. 30.1.1987, n. 881 cfr. altresì Cass.4.11.2005, n. 21384, secondo cui, con riferimento a un diritto personale di garanzia, è sufficiente a rendere apparente il diritto ogni indizio che lo renda facilmente conoscibile da un uomo di media diligenza . Nei termini testé esposti va pertanto condivisa l’affermazione della corte distrettuale a tenor della quale l’acquirente avrebbe potuto e dovuto accertare la reale situazione di fatto così sentenza d’appello, pag. 5 . Più esattamente, in un sistema nel quale, in virtù del cosiddetto principio di ambulatorietà delle servitù, l’alienazione del fondo dominante comporta anche il trasferimento delle servitù attive ad esso inerenti, sebbene nulla venga al riguardo stabilito nell’atto di acquisto, qualora sia stato trascritto il titolo originario di costituzione della servitù cfr. Cass. 10.10.2011, n. 20817 cfr. Cass. 20.4.1976, secondo cui l’istituto della trascrizione non ammette alcun equipollente ai fini del riscontro della sussistenza di una servitù, salvo che il contratto di acquisto dell’immobile non contenga un’espressa menzione della servitù con tutti gli estremi necessari ad identificarla , si sarebbe certamente imposto nel caso di specie, in nome appunto dell’ordinaria diligenza correlata al tipo ed alle specifiche esigenze connesse all’operando affare, che il M. in previsione dell’eseguendo acquisto avesse provveduto autoresponsabilmente” a compiere le opportune visure presso la conservatoria dei registri immobiliari. E ciò tanto più, siccome ha puntualizzato la corte territoriale, senza incorrere - si sottolinea - in contraddizione alcuna, che era stata riscontrata la presenza della strada di accesso all’autorimessa , circostanza che a maggior ragione avrebbe dovuto indurre il ricorrente alla stregua dell’ordinaria diligenza a sincerarsi della reale situazione di diritto ovvero della rispondenza dell’acclarata situazione di fatto a quella de iure. Del pari si giustifica l’esame contestuale del terzo e del quarto motivo del ricorso principale . Analogamente i motivi anzidetti sono strettamente correlati. Entrambi i motivi comunque sono privi di fondamento. Va debitamente ribadito che il diritto al ristoro del danno ed alla reintegrazione patrimoniale nasce, in tema di responsabilità civile da inadempimento di contratto, soltanto con il verificarsi di un pregiudizio effettivo e reale incidente nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato, il quale per vedere accolta la sua pretesa di risarcimento deve fornire la prova e del pregiudizio e dell’entità dello stesso nel suo concreto ammontare cfr. Cass. 13.11969, n. 1632 cfr. Cass. 25.5.2006, n. 12382, secondo cui, in tema di azione di danni, il diritto al risarcimento nasce con il verificarsi di un pregiudizio effettivo e reale che incida nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato, il quale deve provare la perdita economica subita cfò. Cass. 19.3.1980, n. 1837, secondo cui presupposto necessario per la liquidazione del danno, anche se questa sia effettuata in via equitativa ex art. 1226 c.c., è la prova, da fornirsi dalla parte che si assume danneggiata, della effettiva esistenza di un danno causato dall’inadempimento . Su tale scorta si rappresenta, da un canto, che il medesimo ricorrente ha riferito di aver alienato con atto in data 24.2.1995 l’immobile acquistato il 4.12.1989 cfr. ricorso, pagg. 2 - 3 dall’altro, che la corte di merito ha specificato - e tale affermazione non risulta in alcun modo censurata - che M.F. ebbe nel 1995 a rivendere per il prezzo di Lire 155.000.000 il cespite che nel 1989 aveva acquistato per la minor somma di Lire 120.000.000. In tal guisa, se è vero che danno ristorabile è unicamente il pregiudizio che abbia effettivamente inciso nella sfera patrimoniale del contraente danneggiato, a nulla vale dedurre - conformemente a quanto reputato dalla corte di merito danno risarcibile non è il minor valore del bene in relazione alle sue limitate possibilità edificatorie così sentenza d’appello, pag. 5 - che il consulente d’ufficio ha determinato, da un lato, il deprezzamento che l’immobile ebbe a soffrire a cagione della presenza della condotta d’acqua in misura pari al 3,58% del valore complessivo dell’immobile ed ha quantificato, dall’altro, in lire 13.981.000 il valore delle opere da demolire. Invero, è da ammettere, in dipendenza appunto della successiva alienazione del cespite ad un prezzo superiore di oltre 1/4 rispetto a quello di acquisto - alienazione, dunque, che ben rileva, contrariamente all’assunto del ricorrente - che le surriferite voci di supposto danno non abbiano per nulla inciso nella sfera patrimoniale del M. , ossia che in nessun modo si siano per lui tradotte in un pregiudizio effettivo e reale. Difetta, cioè, il riscontro, a motivo della successiva più proficua alienazione, che quelle voci di asserito danno si siano risolte in una menomazione di indubbia ontologica esistenza. D’altro canto, appieno da condividere è anche l’affermazione della corte territoriale secondo cui l’unico pregiudizio in linea di principio ristorabile sarebbe stato da identificare nella differenza tra il prezzo - Lire 155.000.000 - di alienazione del cespite ed il maggior prezzo eventualmente conseguibile se la condotta d’acqua non ci fosse stata . E nondimeno la corte d’appello ha puntualmente dato atto che difettava la possibilità di apprezzare in concreto se e quanto si sia ricavato in meno così sentenza d’appello, pag. 5 . In questi termini a nulla vale che il ricorrente adduca che nell’alienare il bene per cui è causa, ha dovuto precisare la esistenza della servitù di condotta così ricorso principale, pag. 24 , soggiungendo che ciò ha evidentemente comportato una diminuzione del prezzo di acquisto . così ricorso principale, pag. 24 . È indubitabile che tal ultima prospettazione si risolve in un’affermazione di principio che in alcun modo dà ragione né dell’ an né del quantum della menomazione asseritamente sofferta. Il rigetto del ricorso principale, segnatamente del primo e del secondo motivo, assorbe e rende vana la disamina del ricorso incidentale. Il rigetto del ricorso principale giustifica la condanna del ricorrente principale al rimborso in favore della controricorrente, Edilvalle s.n.c. di S.G. & amp C. , delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. La Rizmo s.n.c. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso principale, pertanto, nessuna statuizione nei suoi confronti va assunta in ordine alle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, in tal guisa assorbita la disamina del ricorso incidentale condanna il ricorrente principale, M.F. , a rimborsare alla controricorrente, Edilvalle s.n.c. di S.G. & amp C. , le spese del grado di legittimità che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.