Recesso dal contratto di assicurazione sulla base del d.l.: valido anche a seguito di modifiche introdotte con la legge di conversione

E’ valido ed efficace il recesso dell’assicurato da un contratto di assicurazione pluriennale, avvenuto ai sensi dell’art. 5, comma 4, d.l. n. 7/2007 c.d. decreto Bersani e perfezionatosi prima dell’entrata in vigore delle modifiche apporte alla legge di conversione. Con la sentenza del 10 maggio 2016, n. 9386, il S.C. chiarisce le modalità di applicazione del recesso ad nutum dal contratto di assicurazione pluriennale come consentito dal c.d. decreto Bersani e successivamente integrato, quanto alle modalità, dalla legge di conversione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con sentenza n. 9386/2016, depositata il 10 maggio scorso, riguarda l’efficacia del recesso da un contratto di assicurazione stipulato nella vigenza del d.l. n. 7/2007 ma prima della sua conversione, con modifiche, in legge. Sulla base del suddetto decreto legge, infatti, un assicurato aveva formulato il recesso da due contratti di assicurazione, secondo le previsioni del decreto legge ossia, ad nutum . La compagnia assicurativa si è opposta, promuovendo i diversi gradi di giudizio, sul rilievo che, avendo la legge di conversione stabilito un ulteriore requisito temporale permanenza in capo all’assicurato del contratto per almeno 3 anni il recesso fosse stato invalido o comunque inefficace ex tunc . La Cassazione, per contro, conferma la piena validità del recesso in quanto le modifiche introdotte con la legge di conversione possono trovare applicazione solo per i fatti successivi alla sua entrata in vigore. Decreto legge convertito con modifiche quid iuris? Pur nell’ambito di una serie di contrastanti opinioni, sia in dottrina che in giurisprudenza, può in linea di principio affermarsi che in caso di conversione con modifiche di un decreto legge, l’effetto ex tunc degli emendamenti contenuti nella legge di conversione si produce se si tratta di emendamenti soppressivi o sostitutivi, ma non nel caso di emendamenti modificativi, che hanno invece efficacia ex nunc , ossia dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. Decreto legge non convertito quali conseguenze. Analogamente a quanto sopra, in giurisprudenza si sostiene che il principio secondo cui il decreto legge non convertito è da ritenersi, anche per il passato, irreversibilmente inesistente vale anche in caso di caducazione soltanto parziale del decreto stesso, rispetto alle norme escluse dalla conversione per effetto di emendamenti soppressivi o sostitutivi contenuti nella legge di conversione, con la conseguenza che, se il decreto parzialmente non convertito conteneva norme abrogatrici di precedenti disposizioni legislative, queste riprendono automaticamente vigore. Mancata conversione e poteri di intervento del Legislatore. L’art. 77 Cost., infatti, ricollega alla mancata conversione del decreto legge nei 60 giorni dalla pubblicazione la sua perdita di efficacia sin dall’inizio, mentre consente alle Camere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito. Pur determinando, infatti, la mancata conversione di un decreto legge, la caducazione retroattiva degli effetti da questo prodotti, si deve ritenere che ciò trovi un limite nell'impossibilità di rimettere in discussione situazioni ormai consolidate e irreversibili. Mancata conversione del decreto legge ed atti amministrativi quale sorte. La decadenza, per mancata conversione, di un decreto legge, ai sensi dell'art. 76, comma 3, Cost., non produce effetti caducanti sugli atti amministrativi adottati nel periodo di sua vigenza, bensì, ed esclusivamente, effetti vizianti. Ne discende che gli atti amministrativi adottati sotto la vigenza della fonte primaria decaduta divengono illegittimi e, pertanto, devono essere rimossi attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione ovvero, sussistendone i presupposti, per mezzo dell'esercizio dell'autotutela. Recesso dal contratto di assicurazione le innovazioni del d.l. 7/2007. Nel caso di specie, deve rammentarsi che il primo febbraio 2007 è entrato in vigore il d.l. n. 7/2007 c.d. Decreto Bersani il cui art. 5, comma 4, ha accordato agli assicurati la facoltà di recesso ad nutum dai contratti di assicurazione pluriennali, con preavviso di 60 giorni. La legge di conversione, n. 40/2007, ha modificato il decreto legge stabilendo che il recesso dalle polizze pluriennali stipulate prima della entrate in vigore della legge stessa ossia, della legge 40/2007 fosse consentita solo se il contratto era stato in vita” per almeno tre anni. Recesso dal contratto prima della conversione del decreto legge è valido. Oggetto della controversia, come visto, era la sorte del recesso dichiarato dall’assicurato subito dopo l’emanazione del decreto legge ma prima della legge di conversione. Il S.C., come espresso dalla massima di cui sopra, sostiene che è valido ed efficace il recesso dell’assicurato da un contratto di assicurazione pluriennale, avvenuto ai sensi dell’art. 5, comma 4, d.l. n. 7/2007 c.d. decreto Bersani e perfezionatosi prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate alla legge di conversione. Sulla base dei principi in precedenza espressi in tema di decreto legge ed effetti della conversione, la Cassazione precisa che il dato normativo in questione può avere solo un significato, ossia la salvezza dei recessi avvenuti nella vigenza del d.l. n. 7/2007 ma prima della legge di conversione legge di conversione – e limite dei tre anni che si applica, in mancanza di diversa previsione, dal momento della sua entrata in vigore, ossia dal 3.4.2007.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 gennaio – 10 maggio 2016, n. 9386 Presidente Armano – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. La società M. e Figli s.r.l. olim , M. e Figli s.n.c. d’ora innanzi, per brevità, la M. e Figli nel 2005 stipulò due contratti di assicurazione con la società Assitalia che in seguito muterà ragione sociale in Generali Italia s.p.a. d’ora innanzi, per brevità, la Generali . Il primo contratto era denominato Rischi industriali , ed aveva il n. omissis il secondo era denominato Responsabilità civile ed aveva il n. omissis . Ambedue le polizze suddette avevano durata pluriennale. 2. Il 1.2.2007 entrò in vigore il d.l. 31.1.2007 n. 7 c.d. decreto Bersani , il cui art. 5, comma 4, accordò agli assicurati la facoltà di recesso ad nutum dai contratti di assicurazione pluriennali, con preavviso di 60 giorni. Il 16.3.2007 la M. e Figli, avvalendosi di tale facoltà recedette dai contratti. Il 2.4.2007 venne pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge 2.4.2007 n. 40, che convertì in legge, con modificazioni, il d.l. 7/07. La legge di conversione modificò il decreto-legge stabilendo che il recesso dalle polizze pluriennali stipulate prima dell’entrata in vigore della legge stessa e quindi prima del 3.4.2007 fosse consentita solo se il contratto era stato in vita per almeno tre anni. 3. Nel 2008 la società Generali, invocando tale previsione, contestò all’assicurata la validità del recesso, e chiese in via monitoria al Tribunale di Lodi la condanna della M. e Figli al pagamento di varie rate di premi scadute, relativi alle due polizze stipulate nel 2005, per l’importo di Euro 7.975,46. Il Tribunale accordò il richiesto decreto ingiuntivo. 4. Proposta opposizione a decreto dalla M. e Figli, il Tribunale di Lodi con sentenza 27.1.2010 n. 2758 revocò il decreto e rigettò la pretesa della Generali. Per quanto qui ancora rileva, il Tribunale di Lodi ritenne che il recesso dell’assicurato, essendo valido e consentito dal decreto legge 7/07 al momento in cui venne esercitato, aveva provocato ipso facto lo scioglimento del contratto, sicché nessun rilievo poteva avere avuto, sulla ormai avvenuta dissoluzione del contratto, la successiva legge di conversione. 5. La Corte d’appello di Milano, adita dalla società Generali, con sentenza 3.7.2013 n. 2695 rigettò il gravame. Ritenne la Corte d’appello che la legge di conversione, nulla disponendo per il passato, aveva prodotto i suoi effetti solo dal momento della sua entrata in vigore con la conseguenza che il recesso della M. e Figli dalle due polizze stipulate con la Assitalia era stata validamente compiuta vigente il decreto legge che la consentiva . 6. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla società Generali, con ricorso fondato su un solo motivo. La M. e Figli ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato, anch’esso fondato su un motivo. La società Generali ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Il motivo unico del ricorso principale. 1.1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c Si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 77, comma 3, cost. 5 l. 2.4.2007 n. 40. Deduce, al riguardo, che in virtù dell’art. 77 cost. in caso di mancata conversione in legge d’un decreto-legge, questo perde efficacia con effetto ex tunc . La medesima regola, pertanto, deve valere nel caso di conversione parziale o con modifiche anche in questo caso il testo originario della norma introdotta dal decreto-legge, ma non convertita o convertita con modifiche, deve ritenersi caducato con effetto ex tunc nella parte in cui conteneva previsioni non reiterate. Pertanto la Corte d’appello, ritenendo valido il recesso effettuato sulla base d’una norma contenuta in un decreto-legge e non confermata dalla legge di conversione, aveva violato i suddetti precetti. 1.2. Il motivo è infondato, sebbene la motivazione in iure adottata dalla Corte d’appello debba essere corretta, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c 1.3. Sulla questione dell’efficacia intertemporale di norme contenute in decreti-legge e modificate o soppresse dalla legge di conversione esistono molti contrasti in dottrina. Secondo un primo e tradizionale orientamento dottrinario, per risolvere tale questione si dovrebbe distinguere tra emendamenti soppressivi e sostitutivi da un lato, ed emendamenti modificativi dall’altro. Mentre, si sostiene, i primi travolgerebbero il decreto-legge con effetto ex tunc , i secondi hanno effetto solo ex tunc . Pertanto le norme contenute in un decreto-legge, e successivamente modificate dalla legge di conversione, continuano ad applicarsi ai fatti avvenuti sotto la loro vigenza temporale. Altri autori hanno contestato l’utilità della distinzione tra emendamenti soppressivi, modificativi e sostitutivi sia per l’oggettiva difficoltà di distinguere tra modifica e sostituzione d’una norma sia perché sul piano dogmatico sostituire una norma significa, per ciò solo, modificarla e qualsiasi modifica normativa in altro non consiste che nel sopprimere il precedente precetto e sostituirlo con uno nuovo. Chi sostiene questa tesi conclude che la norma del decreto-legge modificata , sostituita o soppressa è, in ogni caso, una norma non convertita , e che pertanto perde efficacia ex tunc . Un terzo orientamento dottrinario, infine, ritiene che l’emendamento al decreto-legge contenuto nella legge di conversione non costituisca che normale esercizio della funzione legislativa , e quindi non possa che avere efficacia ex nunc , anche quando abbia effetto soppressivo di norme contenute nel decreto. 1.4. Maggiore coerenza si registra invece nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha prevalentemente aderito al primo degli orientamenti sopra indicati. Così, in applicazione di esso, Sez. 5, Sentenza n. 8056 del 28/03/2008, Rv. 602648 ha ammesso l’effetto ex tunc dell’abrogazione d’una norma contenuta nel decreto-legge, disposta dalla legge di conversione. Allo stesso modo, Sez. 3, Sentenza n. 11186 del 26/05/2005, Rv. 581930 ricordata anche dalla ricorrente ha ritenuto che l’effetto ex tunc degli emendamenti contenuti nella legge di conversione si produce se si tratta di emendamenti soppressivi o sostitutivi, ma non di emendamenti modificativi così pure Sez. 1, Sentenza n. 3106 del 17/03/2000, Rv. 534842 . E prima ancora nel regime anteriore alle modifiche introdotte dalla 23.8.1988 n. 400 sull’entrata in vigore dei decreti-legge , Sez. 1, Sentenza n. 3605 del 15/12/1972, Rv. 361599 aveva ritenuto che la disposizione contenuta in un decreto-legge e sostituita od abrogata dalla legge di conversione perde efficacia ex tunc nell’ipotesi, invece, di mera modificazione d’una disposizione del decreto-legge, si verifica la totale conversione del decreto stesso e la nuova norma acquista efficacia ex nunc così anche Sez. 1, Sentenza n. 242 del 03/02/1971, Rv. 349678 . 1.5. Questo Collegio condivide l’orientamento appena ricordato, il quale resiste altresì alle critiche dottrinarie che gli sono state mosse. Costituisce infatti un sofisma predicare l’indistinguibilità tra norme modificate e norme sostituite, distinzione che invece a livello astratto è limpida nel primo caso modifica ci troveremmo al cospetto d’un decreto-legge contenente una fattispecie astratta alla quale la legge di conversione aggiunge o sottrae soltanto alcuni elementi costitutivi nel secondo caso sostituzione ci troveremmo al cospetto d’una legge di conversione che continua a disciplinare la stessa fattispecie concreta già disciplinata da una norma contenuta nel decreto-legge, ma lo fa in modo totalmente diverso rispetto a quest’ultimo. 1.6. Si applichino ora i suddetti principi al caso di specie. L’art. 5, comma 4, del d.l. 31.1.2007 n. 7, nel testo pubblicato in Gazzetta ufficiale, recitava al primo comma dell’articolo 1899 del codice civile, il secondo periodo è sostituito dal seguente In caso di durata poliennale, l’assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni . La legge di conversione del suddetto decreto, come accennato, aggiunse un periodo alla norma sopra trascritta, che assunse perciò la seguente forma Al primo comma dell’articolo 1899 del codice civile, il secondo periodo è sostituito dal seguente In caso di durata poliennale, l’assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni . Tali disposizioni entrano in vigore per i contratti stipulati dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per i contratti stipulati antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la facoltà di cui al primo periodo può essere esercitata a condizione che il contratto di assicurazione sia stato in vita per almeno tre anni . È dunque evidente che la norma contenuta nel testo originario del decreto legge consisteva in una fattispecie astratta così costituita a un precetto composto di due elementi, ovvero à la stipula d’una assicurazione pluriennale à’ la comunicazione del recesso dell’assicurato con anticipo di 60 giorni sulla scadenza b una sanzione rappresentata dalla liceità del recesso dell’assicurato. La legge di conversione ha lasciato immutata questa previsione, aggiungendo un terzo elemento alla fattispecie astratta ovvero la esistenza in vita sic del contratto da almeno tre anni al momento del recesso dell’assicurato. Dinanzi ad una norma che si è formata in questo modo, e che ha questo contenuto, deve trarsi la conclusione della legittimità del recesso della M. e Figli dai due contratti stipulati con la Generali, per due indipendenti ragioni. 1.7. La prima ragione è che la legge 40/07 non ha né sostituito, né abrogato la previsione astratta di cui all’art. 5, comma 4, del d.l. 7/07. L’ha semplicemente modificata , aggiungendo un terzo elemento durata triennale del contratto ai due che già componevano la fattispecie astratta introdotta dal decreto-legge. Si è trattato dunque d’un emendamento modificativo , come tale avente efficacia ex nunc. 1.8 La seconda ragione è che la previsione di cui all’art. 77, comma 3, cost., invocata dalla Generali, secondo cui i decreti non convertiti perdono efficacia ex tunc , trova applicazione solo quando il legislatore non ritenga di dettare norme di diritto transitorio ad hoc . Occorre dunque chiedersi se tali norme siano contenute nella legge 40/07 ed a tale quesito deve darsi risposta affermativa. Come accennato, infatti, il comma 4, ultimo periodo, dell’art. 5 del d.l. 7/07, come modificato dalla legge di conversione, ha operato un distinguo tra contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, e contratti stipulati prima. Per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, si è attribuita all’assicurato la facoltà di recedere liberamente dai contratti pluriennali, col solo obbligo del preavviso di 60 giorni. Per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione, la medesima facoltà è stata subordinata, oltre che al preavviso di 60 giorni, anche alla condizione che il contratto di assicurazione sia stato in vita per almeno tre anni . Una previsione così costruita, quale che fosse l’ intentio legislatoris , sul piano dell’ intentio legis può avere un solo significato ovvero la salvezza degli effetti dei recessi avvenuti nella vigenza del d.l. 7/07. Ed infatti a là dove stabilisce che il recesso è consentito, per i contratti stipulati prima della legge di conversione, quando la polizza abbia già avuto una durata almeno triennale, la legge presuppone che esista un contratto e che sia in corso, giacché non avrebbe senso accordare il diritto di recedere da . un contratto già risolto da ciò consegue che la norma contenuta nella legge di conversione non riguarda e non si applica ai contratti già risolti b la norma introdotta dalla legge di conversione, in mancanza di qualsiasi diversa previsione, si applica dal momento della sua entrata in vigore, ovvero dal 3.4.2007. Essa, infatti, nulla stabilisce per i recessi già perfezionatisi prima della sua entrata in vigore si limita a stabilire che, d’ora innanzi , il recesso dell’assicurato è consentito solo se il contratto stato stipulato da almeno tre anni. Da ciò consegue che l’art. 5, comma 4, secondo periodo, del d.l. 7/07, come introdotto dalla legge 40/07, costituisce un regolamento implicito dei recessi avvenuti sotto la vigenza del d.l. 7/07 e prima dell’entrata in vigore della legge di conversione, distinguendo tre ipotesi a contratti stipulati prima della l. 40/07, e per i quali era già avvenuto il recesso dell’assicurato ai sensi dell’art. 7/07 per tali contratti il legislatore nulla ha formalmente disposto, implicitamente ammettendo la validità del recesso b contratti stipulati prima della l. 40/07 ed ancora vigenti per tali contratti il legislatore ha accordato la facoltà di recesso all’assicurato con il limite del decorso del triennio dalla stipula del contratto c contratti stipulati dopo la l. 40/07, per i quali vi è piena facoltà di recesso dell’assicurato solo obbligo di preavviso di 60 giorni. Resta solo da aggiungere che qualsiasi diversa interpretazione porrebbe seri problemi di legittimità costituzionale, quanto meno sul piano della ragionevolezza principio, come noto, desumibile dall’art. 3 cost. , giacché esporrebbe il cittadino al rischio di conseguenze patrimonialmente svantaggiose non in conseguenza di proprie scelte illegittime od illecite, ma in conseguenza dei tentennamenti o, peggio, della irresolutezza nomopoietica del legislatore esito interpretativo che, come icasticamente e correttamente rilevato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni in pubblica udienza, trasformerebbe quest’ultimo nel Leviatano di Thomas Hobbes. Il ricorso deve dunque essere rigettato, sulla base del seguente principio di diritto È valido ed efficace il recesso dell’assicurato da un contratto di assicurazione pluriennale, avvenuto ai sensi dell’art. 5, comma 4, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, e perfezionatosi prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate dalla legge di conversione. 2. Il ricorso incidentale condizionato. 2.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la M. e Figli lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso che il credito dell’assicuratore fosse prescritto. Il motivo resta ovviamente assorbito dal rigetto del ricorso principale. 3. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c. - rigetta il ricorso principale - dichiara assorbito il ricorso incidentale - condanna Generali Italia s.p.a. alla rifusione in favore di M.E. e Figli s.r.l. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 2.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di Generali Italia s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.