Procura a donare, revocabilità e animus donandi

La procura a donare, anche in presenza di una espressa irrevocabilità, è sempre revocabile, in quanto, in ragione della particolarità del contratto che deve essere concluso, finalizzata a realizzare un’operazione che richiede un consenso sempre libero e qualificato dalla causa di liberalità.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7335/16, depositata il 13 aprile. Donazione, animus donandi e incompatibilità del notaio rogante. Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione interviene affrontando interessanti questioni in tema di donazione e atti di liberalità. La fattispecie sottesa alla pronuncia riguarda la richiesta di nullità della procura irrevocabile a donare e del conseguente atto di donazione della nuda proprietà alla figlia dell’attore e dell’usufrutto vitalizio alla moglie dello stesso per l’asserita mancanza di animus donandi e per la posizione di incompatibilità del notaio rogante, parente di una delle donatarie. Nei precedenti gradi di merito, il Tribunale rigettava sia la domanda attorea che la riconvenzionale di risarcimento del danno mentre la Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda limitatamente alla nullità della donazione dell’usufrutto vitalizio nei confronti della moglie, ritenendo sussistente l’ animus donandi sul presupposto che la procura a donare è sempre revocabile mentre la clausola di irrevocabilità in essa inserita poteva avere efficacia limitatamente al rapporto gestorio, posto che l’atto di liberalità non costituiva oggetto di un obbligo a carico del rappresentato ma semmai l’adempimento a carico del mandatario. Ciò presupposto, la Corte territoriale pronunciava la nullità parziale della procura e della conseguente donazione con riguardo all’usufrutto in favore della moglie in quanto l’atto era stato posto in essere in contrasto con il divieto di astensione di cui all’art. 28, comma 3, l. n. 89/1913 riguardante il vincolo di parente o affinità del notaio rogante. Contro la pronuncia della Corte territoriale veniva proposto ricorso e controricorso con ricorso incidentale dinanzi alla Corte di Cassazione, entrambi rigettati con la pronuncia in rassegna. Irrevocabilità della procura, spontaneità della donazione e animus donandi negli atti di liberalità. La Corte, nel rigettare il ricorso, si sofferma preliminarmente sul motivo di ricorso con cui l’attore censura la sentenza di merito per aver disatteso il rilievo secondo il quale nel caso di specie difetterebbe l’ animus donandi in considerazione della circostanza che una complessiva valutazione dell’operazione negoziale posta in essere dalle parti avrebbe consentito di affermare che la liberalità in questione era stata effettuata al solo fine di riottenere indietro dalla donataria, in un momento di forte conflittualità familiare, alcuni beni che il donante aveva in precedenza trasferito simulatamente a questa. La Corte afferma preliminarmente che in tema di donazione lo spirito di liberalità deve essere ravvisato nella consapevolezza del donante di attribuire al donatario un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale. La spontaneità dell’attribuzione patrimoniale non è tuttavia incompatibile con l’esasperata conflittualità esistente tra le parti al momento del contratto, la quale rappresenta un elemento fattuale del tutto neutro rispetto alla causa della donazione, non integrando nè un’ipotesi di cogenza giuridica, né un’ipotesi di costrizione morale, salva l’eventuale rilevanza di motivi di annullamento del contratto per vizi del consenso Cass. 8018/2012 . Ciò posto, con riguardo all’ulteriore profilo di invalidità derivante dalla nullità della procura a donare per l’espressa irrevocabilità ivi pattuita, la quale avrebbe compromesso la spontaneità dell’atto, la Corte ritiene l’assunto privo di pregio in quanto la procura costituisce atto unilaterale recettizio ed astratto, essenzialmente revocabile in quanto autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante, non potendosi peraltro sostenere l’esistenza di un mandato a donare a favore del terzo dal quale sarebbe potuta eventualmente derivare l’insussistenza dell’ animus donandi posto che la sentenza di merito ha escluso l’esistenza di un tale mandato in cui il rappresentato si era obbligato a donare nei confronti del terzo o che il mandato fosse stato concluso anche nell’interesse del mandatario, avendo la Corte territoriale chiarito che dal mandato sarebbe eventualmente scaturito solo un obbligo a carico del mandatario a ciò aggiungendosi che il donante avrebbe potuto in ogni caso impedire la stipulazione della donazione revocando la suddetta procura in quanto la clausola di irrevocabilità era da considerare nulla od inefficace. Afferma infatti la Corte che nel caso di specie viene in rilievo non una qualsiasi procura, ma una procura a donare, la quale, in ragione della particolarità del contratto che deve essere concluso, è sempre revocabile, proprio perché finalizzata a realizzare un’operazione che richiede un consenso sempre libero e qualificato dalla causa di liberalità. Incompatibilità del notaio rogante e valutazione dell’interesse sotteso all’atto. La Corte si sofferma altresì su un altro interessante profilo costituito dalla valutazione dell’interesse che l’atto rogato dal notaio è destinato a soddisfare in riferimento alla nullità di cui all’art. 28, comma 3, l. n. 89/1913, posto che un ulteriore motivo di ricorso aveva interessato la relativa statuizione del giudice di merito su tale profilo e ritenendo i ricorrenti erronea la conclusione raggiunta dalla Corte territoriale sul presupposto che la procura non era di per sé atto volto a soddisfare un interesse specifico delle parti. La Corte disattende l’affermazione e precisa che la valutazione di esistenza dell’interesse deve essere effettuata ex ante e non ex post e cioè in termini di mera potenzialità che l’atto possa essere rogato al fine di soddisfare un interesse dei soggetti indicati dalla norma, aggiungendo che detto interesse si realizza per il tramite dell’atto, come conseguenza dello stesso, e non coincide con quello regolato dall’atto medesimo, essendo formalmente esterno e ricollegabile a quello secondo la regolarità causale Cass. 26848/2013 Cass. 7028/2013 . Prosegue quindi la Corte ritenendo che la sentenza di merito ha correttamente valutato l’interesse con riguardo agli effetti giuridici esterni che la procura era obiettivamente e astrattamente idonea a produrre, atteso che la funzione di detto atto era quella di attribuire il potere di effettuare la donazione in favore di un soggetto legato al notaio da vincoli di parentela.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 febbraio – 13 aprile 2016, n. 7335 Presidente Mazzacane – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 25 novembre 1998 P. Domenico conveniva presso il Tribunale di Reggio Calabria L.V.M.L. , personalmente e quale esercente la potestà sulla figlia minore Pu.Fr.Ra. , nonché L.M. , curatore speciale della minore stessa, al fine di ottenere la declaratoria di nullità della procura irrevocabile a donare di alcuni immobili del 25 febbraio 1990 conferito a M.F. con atto redatto dal Notaio Giuseppe De Salvo di Reggio Calabria e del conseguente atto di donazione del 18 dicembre 1990 per atto Notaio Fausto Poggio di Reggio Calabria. Egli esponeva che con l’atto di liberalità in oggetto aveva donato alla figlia Francesca la nuda proprietà del bene ed alla moglie R.V.M.L. l’usufrutto su detti cespiti l’atto di donazione era privo dell’animus donandi, essendo stato posto in essere in virtù di procura irrevocabile e nullo per essere stato redatto da un notaio in posizione di incompatibilità ai sensi degli articoli 28, n. 2, 3 e 58 della legge n. 89 del 1913, atteso che il notaio rogante la procura era lo zio della Leale e pro zio della minore. Il Tribunale di Reggio Calabria rigettava la domanda attrice e la richiesta di risarcimento del danno avanzata in via riconvenzionale da L.V.M.L. . P.D. proponeva appello con cui chiedeva la riforma della sentenza di primo grado. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 381/10, accoglieva in parte l’impugnazione principale, dichiarando la nullità della procura a donare e della donazione in questione limitatamente all’usufrutto vitalizio concernente L.V.M.L. e respingeva l’appello incidentale con il quale quest’ultima aveva domandato il risarcimento dei danni subiti. A sostegno della decisione la corte distrettuale riteneva la sussistenza dell’animus donandi dell’attore sul rilievo che la procura era sempre revocabile, mentre la clausola di irrevocabilità in essa inserita potrebbe avere efficacia limitatamente al rapporto gestorio di mandato, posto che l’atto di liberalità non costituiva oggetto di un obbligo a carico del rappresentato ma semmai l’adempimento a carico del mandatario. Le circostanze dedotte dall’attore secondo cui il rilascio della procura a donare sarebbe stata la contropartita pretesa dalla moglie e dalla sua famiglia per il trasferimento all’attore dei beni fittiziamente intestati alla moglie, quando era già esplosa la crisi coniugale, non erano attinenti alla causa donandi ma alle motivazioni dell’operazione che avrebbero potuto essere allegate e provate ove si fosse discusso non di nullità ma di annullabilità per vizio del consenso. Peraltro, andava dichiarata la nullità parziale della procura e della conseguente donazione dell’usufrutto, posto che l’atto rogato dal notaio Di Salvo era in contrato con il divieto di astensione previsto dall’art. 28, n. 3 della legge n. 89 del 1913 a tutela dell’imparzialità e terzietà del notaio in relazione agli atti ai quali siano interessati il notaio o un suo parente o affine entro il terzo grado la verifica dell’interesse va compiuta ex ante con riferimento alla mera potenzialità dell’atto essendo irrilevante se poi lo stesso abbia portato o meno vantaggi al notaio o ai prossimi congiunti. Al riguardo l’interesse in esame non potrebbe essere solo quello regolato dall’atto in questione, perché in quel caso il portatore sarebbe la parte sostanziale del negozio ma allora tale ipotesi di cui al n. 3 del citato art. 28 della legge del 1913 non si distinguerebbe da quella prevista dal n. 2 dello stesso articolo, che vieta la notaio di rogare atti nei quali siano parti i soggetti ivi indicati. Per quel che riguardava la donazione della nuda proprietà, i Giudici escludevano la nullità sul rilievo che al riguardo non sussisteva alcuna incompatibilità. 2. Avverso la indicata sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria ha proposto ricorso per Cassazione L.V.M.L. , articolandolo su un motivo illustrato da memoria. Ha resistito P.D. con controricorso,e proponendo ricorso incidentale fondato su tre motivi. Pu.Fr.Ra. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione A. RICORSO PRINCIPALE. Con un unico motivo di ricorso L.V.M.L. impugna la sentenza in relazione all’articolo 28, n. 3, della legge n. 89 del 16 febbraio 1913 si duole della circostanza che la Corte di Appello di Reggio Calabria abbia ritenuto sussistere l’incompatibilità di cui all’articolo 28, n. 3, della legge n. 89 del 16 febbraio 1913 con riferimento al caso in cui l’atto rogato fosse una procura irrevocabile a donare immobili. B. RICORSO INCIDENTALE. 1. Con il primo motivo di ricorso incidentale P.D. lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 769, 778, 787, 788, 794, 809, 1723, commi 1 e 2, e 1396 cod.civ., con riferimento alla dedotta nullità della procura e della donazione summenzionate, nonché l’omessa ed insufficiente motivazione della sentenza in ordine alla nullità della stessa donazione, alla omessa considerazione del collegamento funzionale esistente fra la procura a vendere e la procura irrevocabile a donare rilasciate dalle parti ed alla mancata ammissione delle prove richieste. Egli denuncia, in particolare, che, nella specie, non vi sarebbe stato l’animus donandi necessario per una valida donazione, anche perché la procura era irrevocabile, perché conferita in rem propriam nell’interesse della moglie e della figlia, come doveva ritenersi alla luce del collegamento negoziale esistente fra le procure rilasciate dal medesimo P. e dalla L. . 2. Con il secondo motivo P.D. si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 28, n. 3, della legge n. 89 del 1913 in quanto la Corte di Appello aveva ritenuto che il trasferimento della nuda proprietà alla figlia e dell’usufrutto alla moglie rappresentassero due operazioni distinte, con la conseguenza che la nullità che colpiva il secondo non si estendeva al primo. 3. Con il terzo motivo P.D. impugna la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. ed omessa od insufficiente motivazione con riferimento alla mancata ammissione dei mezzi istruttori da lui articolati. 4. Vanno esaminati in via preliminare il primo motivo e il terzo motivo del ricorso incidentale, attesa la priorità logico giuridica. 5. I motivi sono infondati. Sostiene P.D. che, nella specie, egli avrebbe rilasciato la procura a donare non per una causa di liberalità, ma per riottenere indietro dalla moglie degli immobili a lei trasferiti simulatamente, tanto che la suddetta procura sarebbe stata rogata contestualmente ad altra finalizzata alla vendita in suo favore di tali immobili. Il collegamento negoziale fra le procure in questione avrebbe escluso ogni intento liberale, peraltro da ritenere assente pure alla luce dell’irrevocabilità della detta procura a donare e del fatto che l’intera operazione si era svolta alla presenza della famiglia della L. , che avrebbe esercitato una indebita pressione su di lui. La Corte territoriale avrebbe errato, quindi, a non ammettere le prove da lui richieste per provare il collegamento de quo. Inoltre, avrebbe omesso, a suo avviso, di valutare in maniera completa il profilo della irrevocabilità della procura, non potendo questa essere esclusa ove l’atto fosse stato rilasciato nell’interesse del terzo, come avvenuto nella specie. Egli, infatti, avrebbe accettato di donare i beni in questione solo perché L.V.M.L. aveva preteso tale trasferimento per restituire allo stesso P. altri immobili da lui acquistati, ma fittiziamente intestati alla consorte. In primo luogo, va considerato che in tema di donazione, lo spirito di liberalità che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale. In particolare, tale spontaneità dell’attribuzione patrimoniale non è incompatibile con l’esasperata conflittualità esistente tra le parti al momento del contratto, la quale rappresenta un elemento fattuale del tutto neutro rispetto alla causa della donazione, non integrando né un’ipotesi di cogenza giuridica, né un’ipotesi di costrizione morale, salva l’eventuale rilevanza di motivi di annullamento del contratto per vizio della volontà cfr. Cass. 8018/ 2012 . D’altra parte, se la prospettazione formulata dal ricorrente sembrerebbe ipotizzare che le parti avessero ideato un programma negoziale nel quale il trasferimento della proprietà del bene oggetto di donazione si inquadrerebbe piuttosto in un disegno volto a realizzare un complesso e più articolato trasferimento di immobili ovvero di ritrasferimento al ricorrente di beni fittiziamente intestati alla moglie, va osservato che il ricorrente non ha dimostrato di avere offerto la prova di tale assunto. Ed invero, il ricorso difetta di autosufficienza laddove non indica i mezzi di prova proposti per dimostrare dell’intestazione fittizia, del collegamento negoziale e, quindi, della doverosità della donazione. Al riguardo, la doglianza con la quale egli contesta il fatto di non avere potuto provare tali fatti oggetto del terzo motivo è inammissibile, dovendo ricordarsi il principio secondo cui colui che denunci in sede di legittimità il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali è tenuto ad indicare le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da dimostrare e delle prove. Afferma ancora P.D. che la nullità della procura a donare deriverebbe dalla sua espressa irrevocabilità, la quale avrebbe compresso la spontaneità dell’operazione rendendola nulla. L’assunto è privo di pregio. Innanzitutto, si osserva che la procura è un negozio unilaterale, recettizio ed astratto, essenzialmente revocabile in quanto assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante. D’altra parte, non potrebbe sostenersi la esistenza di un mandato a donare a favore del terzo - irrevocabile ex art. 1723, 2, cod. civ. - dal quale sarebbe potuta eventualmente derivare l’insussistenza dell’animus donandi. La sentenza impugnata ha escluso la esistenza di un mandato a donare in cui il rappresentato si fosse obbligato a donare nei confronti del terzo o che il mandato fosse stato concluso anche nell’interesse del mandatario, avendo chiarito che dal mandato sarebbe eventualmente scaturito solo un obbligo a carico del mandatario. La Corte ha evidenziato che P.D. ben avrebbe potuto, comunque, impedire la stipulazione della donazione revocando la detta procura, cosa che egli non aveva fatto, poiché la clausola di irrevocabilità era da considerare nulla od inefficace. Nella specie, viene in rilievo non una qualsiasi procura, ma una procura a donare la quale, in ragione della particolarità del contratto che deve essere concluso, è sempre revocabile, proprio perché finalizzata a realizzare un’operazione che richiede un consenso sempre libero e qualificato dalla causa di liberalità. 6. Deve, quindi, essere esaminato l’unico motivo del ricorso principale. Il motivo è infondato. L’articolo 28, n. 3, della legge n. 89 del 16 febbraio 1913 stabilisce che Il notaro non può ricevere atti se essi sono espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico se v’intervengano come parti la sua moglie, i suoi parenti od affini in linea retta, in qualunque grado, ed in linea collaterale, fino al terzo grado inclusivamente, ancorché v’intervengano come procuratori, tutori od amministratori se contengano disposizioni che interessino lui stesso, la moglie sua, o alcuno de suoi parenti od affini nei gradi anzidetti, o persone delle quali egli sia procuratore per l’atto, da stipularsi, salvo che la disposizione si trovi in testamento segreto non scritto dal notaro, o da persona in questo numero menzionata, ed a lui consegnato sigillato dal testatore. Le disposizioni contenute nei numeri 2 e 3 non sono applicabili ai casi d’incanto per asta pubblica. Il notaro può ricusare il suo ministero se le parti non depositino presso di lui l’importo delle tasse, degli onorari e delle spese dell’atto, salvo che si tratti di persone ammesse al beneficio del gratuito patrocinio, oppure di testamenti . La Corte di Appello di Reggio Calabria ha accolto l’impugnazione di P.D. in quanto ha ritenuto che l’interesse del parente o affine all’atto rogato vada valutato ex ante e, quindi, in termini di mera potenzialità dell’atto stesso a realizzare l’interesse de quo, prescindendo da ogni considerazione in ordine alla concreta inoffensività per le parti di detto atto. Ad avviso della corte territoriale, pertanto, la natura meramente eventuale del trasferimento dell’usufrutto alla beneficiaria, che sarebbe avvenuto solo dopo il perfezionamento della donazione, non sarebbe stata sufficiente ad escludere la ricorrenza dell’interesse di L.V.M.L. , poiché proprio la positiva conclusione dell’operazione costituiva l’assetto espressamente prefigurato nell’atto ricevuto dal notaio e tale destinazione, secondo il criterio della valutazione ex ante già richiamato, assume una potenzialità inquinante e pregiudizievole della necessaria neutralità che avrebbe dovuto indurre il notaio ad astenersi dal ricevere l’atto . Al riguardo va considerato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, il divieto in esame presidia superiori e generali interessi e non già quelli propri ed esclusivi delle parti del contratto ed assume una valenza precettiva meramente formale, laddove configura come illegittime situazioni tipiche di mera condotta, a prescindere dai danni da queste prodotti o dai vantaggi ottenuti dal notaio o dai suoi prossimi congiunti indicati dalla norma. Infatti, la norma è posta a garanzia della terzietà del notaio rispetto all’atto che roga, ed è l’equivalente, per il notaio, dell’obbligo di astensione dall’attività imposto al giudice dall’art. 51 cod.proc.civ., n. 1, ove abbia interesse nella causa. La valutazione di esistenza dell’interesse de quo va effettuata, dunque, ex ante e non ex post e cioè in termini di mera potenzialità che l’atto possa essere rogato al fine di soddisfare un interesse dei soggetti indicati dalla norma. Detto interesse si realizza per il tramite dell’atto, come conseguenza dello stesso, e non coincide con quello regolato dall’atto medesimo, essendo formalmente esterno e ricollegato a questo secondo la regolarità causale Cass. 26848/2013 7028/2011 . Correttamente la sentenza impugnata, nel verificare la incompatibilità del notaio, ha considerato la sua posizione con riferimento agli effetti giuridici esterni che la procura era obiettivamente e astrattamente idonea a produrre, attesa la funzione, che era quella di attribuire al rappresentante ivi nominato il potere di effettuare la donazione a favore di un soggetto legato al notaio da vincoli di parentela. Proprio, in considerazione del mero carattere preparatorio ed autorizzatorio della procura rispetto alla conclusione dell’atto al quale era preordinato, non sono decisivi i riferimenti sia all’eventuale negozio gestorio sottostante sia alla circostanza che la beneficiaria futura donataria potesse avere un mero interesse o un aspettativa di fatto al compimento dell’atto. Ed invero, l’obiezione che nessun diritto potesse derivarle direttamente dall’atto rogato dal notaio non è rilevante, presupponendo la norma in questione che il soggetto legato al notaio da vincoli di parentela non rivesta la qualità di parte altrimenti sarebbe stata applicabile la ipotesi di cui all’art. 28 primo comma n. 2 legge sul notariato del 1913. In effetti, la disciplina volta a garantire, come si è detto, la neutralità e imparzialità del notaio, gli impone un dovere di astensione per quegli atti ai quali siano comunque interessati i soggetti ivi indicati e nella specie la necessaria indicazione nella procura del nominativo della donataria oltre che dell’immobile da donare evidenziava che soggetto interessato all’atto era per l’appunto la nipote del notaio rogante, non assumendo sotto il profilo in esame alcuna rilevanza la revocabilità o meno della procura. Pertanto, il ricorso principale va rigettato. 7. Va quindi esaminato il secondo motivo del ricorso incidentale. La censura è infondata. Occorre considerare che in tema di contratti, agli effetti della disposizione contenuta nell’art. 1419 cod. civ. sulla nullità parziale, la prova che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte affetta da nullità, con conseguente estensione della invalidità all’intero contratto, deve essere fornita dall’interessato ed è necessario al riguardo un apprezzamento in ordine alla volontà delle parti quale obiettivamente ricostruibile sulla base del concreto regolamento di interessi, rimesso al giudice del merito Cass. 6756/2003 23950/2014 . Orbene, premesso il principio utile per inutile non vitiatur , la verifica se la nullità della donazione dell’usufrutto si fosse o meno estesa a quella relativa alla nuda proprietà introduce una questione di fatto sullo scopo perseguito delle parti che evidentemente esula dai poteri del giudice di legittimità. Ne consegue il rigetto anche del ricorso incidentale. In considerazione della soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase. P.Q.M. Rigetta i ricorsi. Compensa spese. La sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dr. Dario Cavallari.