Il parcheggio multipiano non è una variante del contratto d’appalto alla viabilità aeroportuale

Il modulo semplificato delineato dall’art. 342 l. n. 2248/1865, all. F, riguarda esclusivamente le varianti o addizionali ordinate dall’ente pubblico nell’ambito dell’esecuzione di un contratto d’appalto, stipulato in forma scritta, che presentino un nesso di complementarità con l’oggetto principale del contratto.

E’ quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 3810/16, depositata il 26 febbraio scorso. Il caso. L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile ricorre in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze, che lo condannava al pagamento del corrispettivo dell’appalto avente ad oggetto la realizzazione delle opere viarie dell’aeroporto di Pisa. Motivo del ricorso è la violazione di legge in relazione all’art. 342 l. n. 2248/1865, all. F, per aver ritenuto erroneamente valido il contratto sulla base di tale articolo, il quale prevede che il contratto di appalto in variante sia legittimo, per quanto non stipulato in forma scritta, previo ordine e approvazione da parte dell’amministrazione stessa. Contratto d’appalto in variante. Gli Ermellini rilevano che la Corte territoriale ha fondato la decisione su un orientamento cassazionista, Cass. n. 10069/08 , secondo cui nel caso di richieste dell’ingegnere – direttore dei lavori, approvate dall’amministrazione, per lavori di somma urgenza , si verifica un’ipotesi di contratto in variante che è legittimo anche se non risulta stipulato in forma scritta, essendo sufficiente il rispetto delle condizioni previste dall’art. 342 l. n. 2248/1865, all. F, consistenti nel fatto che l’ordine provenga dal direttore dei lavori e che sia stato approvato dall’ente pubblico. Nesso di complementarità tra le diverse opere. La Cassazione sottolinea che la forma scritta è ineludibile per la stipulazione dei contratti di appalto con gli enti pubblici, come appunto è l’ENAC. Inoltre afferma che, il modulo semplificato delineato dall’art. 342, l. n. 2248/1865, all. F abrogato dall’art. 358, d.P.R. n. 207/2010, ma applicabile ratione temporis , che prevede l’ordine del direttore dei lavori e la previa approvazione dell’amministrazione appaltante, riguarda esclusivamente le varianti o addizionali ordinate dall’ente pubblico nell’ambito dell’esecuzione di un contratto d’appalto stipulato in forma scritta. Nel caso concreto, evidenzia la Cassazione, è stato accertato che i lavori eseguiti dall’impresa avevano ad oggetto la realizzazione di opere riguardanti la viabilità esterna dell’aeroporto pisano, e non un parcheggio multipiano, che era stato commissionato ad altra impresa. Dunque, la realizzazione di quest’opera non configura una variante ad un contratto operante tra le parti, ma un diverso contratto. Tale contratto, non essedo stato stipulato in forma scritta e non essedo ravvisabile un generico nesso di complementarità tra le diverse opere, va considerato nullo. Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie tale motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda dell’attore che chiedeva il pagamento del corrispettivo dell’appalto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 gennaio – 26 febbraio 2016, n. 3810 Presidente Salvago – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo Il Tribunale di Pisa, con sentenza 3 agosto 2004, ha rigettato la domanda della Banca di Roma, cessionaria del credito vantato dalla curatela del fallimento P.E. Costruzioni nei confronti della Società Aeroporto Toscano Galileo Galilei SAT e del Ministero di trasporti al quale è succeduto l’ENAC , per il pagamento del corrispettivo dell’appalto avente ad oggetto la realizzazione delle opere viarie dell’aeroporto di , per mancanza della necessaria forma scritta del contratto ha compensato le spese di lite. La società Capitalia già Banca di Roma ha proposto appello, imputando al Tribunale di avere rilevato d’ufficio la nullità del contratto per difetto di forma scritta, non eccepita dalle parti, e di non avere considerato che sussistevano le condizioni, previste dall’art. 5 della legge 8 agosto 1977 n. 584, per derogare alle procedure previste per l’assegnazione dei pubblici appalti, trattandosi di lavori d’urgenza e complementari a quelli, non contestati, del contratto principale, aventi ad oggetto la realizzazione del parcheggio esterno all’aeroporto. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza 17 febbraio 2009, ha disatteso la prima censura, rilevando che la nullità del contratto è rilevabile d’ufficio, a norma dell’art. 1421 c.c. ha ritenuto, tuttavia, che il contratto fosse comunque valido, in quanto stipulato sulla base dell’ordine del direttore dei lavori e dell’approvazione finale del Ministero, in condizioni di urgenza, a norma dell’art. 342 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. F quindi, ha condannato l’ENAC, che aveva affidato direttamente l’appalto, a pagare e 333.197,04, oltre interessi legali dalla domanda, in favore di Capitalia ha confermato nel resto la sentenza impugnata e ha condannato l’ENAC alle spese del giudizio d’appello. L’ENAC ha proposto ricorso per cassazione, cui si è opposta la UniCredit Credit Management Bank, quale mandataria della Aspra Finance succeduta a Capitalia la SAT ha presentato un controricorso, sostanzialmente adesivo al ricorso dell’ENAC, e un ricorso incidentale, resistito da UniCredit. Quest’ultima e la SAT hanno presentato memorie. Motivi della decisione Il ricorso principale dell’ENAC è affidato a tre motivi. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 324 e 329, comma 2, c.p.c., per avere rilevato d’ufficio la validità del contratto, nonostante si fosse formato il giudicato sulla nullità dello stesso per mancanza della forma scritta, poiché l’appellante non aveva formulato uno specifico motivo di gravame avverso il relativo capo della sentenza del Tribunale, ma si era limitato ad affermare che si trattasse di lavori complementari ad altri costituenti oggetto di un diverso contratto e che, per tale ragione, non occorresse la redazione di uno specifico e formale contratto scritto. Il secondo motivo denuncia violazione di legge, anche in relazione all’art. 342 della legge n. 2248/1865, all. F, per avere ritenuto erroneamente valido il contratto sulla base del citato art. 342, che prevede che il contratto di appalto in variante è legittimo per quanto non stipulato in forma scritta, qualora sussistano, come nel caso in esame, l’ordine e l’approvazione dell’amministrazione. Nel terzo motivo l’ENAC imputa alla Corte d’appello violazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione, avendo considerato valido il contratto, in applicazione dell’art. 342 della legge n. 2248/1865, senza che, al riguardo, fosse stata proposta dalle parti una specifica eccezione in senso stretto. L’eccezione, sollevata da UniCredit, di inammissibilità dei predetti motivi per inadeguatezza dei quesiti di diritto, è infondata, essendo ciascun motivo corredato da quesiti formulati, ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis , in modo sufficientemente idoneo a fare comprendere gli errori di diritto denunciati in correlazione alla fattispecie del caso concreto. Si devono esaminare prioritariamente il primo e il terzo motivo, che pongono la questione, logicamente preliminare, dell’asserita violazione da parte del giudice di secondo grado di un giudicato che si sarebbe formato in primo grado sulla nullità del contratto per difetto di forma scritta. Entrambi i motivi sono infondati. Nell’atto di appello Capitalia aveva censurato l’espressa statuizione del Tribunale di nullità del contratto per mancanza del requisito essenziale della forma scritta e ciò è sufficiente per ritenere che la Corte d’appello fosse stata investita della questione della validità del contratto, sulla quale nessun giudicato si era quindi formato. L’assunta decisione di validità dello stesso non viola, quindi, i canoni processuali denunciati. Altra questione è quella delle ragioni in base alle quali la Corte ha ritenuto valido il contratto, che sono state contestate dall’ENAC nel secondo motivo, il quale è fondato. La sentenza impugnata ha citato una decisione di questa Corte la n. 10069/2008, ma può aggiungersi la n. 16046/2009 secondo la quale, nel caso di richieste dell’ingegnere – direttore dei lavori alle quali l’appaltatore dovrà tosto prestarsi , a norma dell’art. 342 della legge n. 2248/1865, all. F , fatte proprie dall’Amministrazione, per lavori di somma urgenza , si verifica un’ipotesi di contratto in variante [che è] pienamente legittimo per quanto non risulti stipulato con accordo scritto recante l’espressione contestuale della volontà delle parti, essendo sufficiente il rispetto delle condizioni previste dal medesimo art. 342, ossia l’ordine del direttore dei lavori e l’approvazione dell’ente pubblico . Non è chiaro se la Corte fiorentina abbia inteso che sia stato, in tal modo, soddisfatto il requisito della forma scritta del contratto, ovvero se abbia ritenuto di poter prescindere da tale forma e, quindi, dalla relativa verifica in sede processuale. Entrambe le ipotesi sono giuridicamente errate. Premesso che la forma scritta è ineludibile per la stipulazione dei contratti di appalto con gli enti pubblici qual è l’ENAC , il modulo semplificato desumibile dal citato art. 342 abrogato dall’art. 358 del d.P.R. n. 207 del 2010, ma applicabile ratione temporis , che consiste nell’ordine del direttore dei lavori e nell’approvazione della stazione appaltante salvo il diritto dell’appaltatore al compenso aggiuntivo per i lavori di assoluta urgenza , riguarda esclusivamente le varianti o addizioni ordinate dall’amministrazione nell’ambito dell’esecuzione di un contratto di appalto stipulato in forma scritta. Nel caso in esame, è stato accertato a pag. 7-8 della sentenza impugnata e a pag. 16 della sentenza di primo grado che i lavori eseguiti dall’impresa P. , di cui si tratta, avevano ad oggetto la realizzazione della viabilità esterna all’aeroporto di Pisa, cioè un’opera diversa da quella, concernente un parcheggio multipiano, che era stata commissionata ad altra impresa. Pertanto, non si è trattato di varianti ad un contratto operante tra le stesse parti, ma di un diverso contratto, da considerare nullo perché non stipulato in forma scritta, senza possibilità di argomentare in senso contrario sulla base del generico nesso di complementarietà tra le diverse opere. Di conseguenza, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata è cassata e, non essendovi ulteriori accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito, a norma dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., con il rigetto della domanda attorea. Il ricorso incidentale della SAT, volto ad una diversa regolamentazione delle spese di lite dei giudizi di merito, è assorbito. Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio, in considerazione della complessità della vicenda processuale. P.Q.M. La Corte rigetta il primo e terzo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il ricorso incidentale in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda attorea compensa le spese dell’intero giudizio.